Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Il Mezzogiorno e la politica italiana

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Sturzo, Luigi 2 occorrenze
  • 1923
  • Opera omnia. Seconda serie (Saggi, discorsi, articoli), vol. iii. Il partito popolare italiano: Dall’idea al fatto (1919), Riforma statale e indirizzi politici (1920-1922), 2a ed. Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2003, pp. 309-353.
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I centri urbani erano il campo dei professionisti, e questi fecero la politica; i centri rurali, per lo più agglomerati, vissero del loro campanile e della loro terra. Il linguaggio delle due Italie non si fuse nell'anima delle diverse popolazioni. I «piemontesi» (così erano chiamati tutti i burocrati mandati a «colonizzare» il mezzogiorno) ebbero l'aria di conquistatori a buon mercato; non conobbero, compatirono e oppressero. L'elemento nostrano s'irrigidì; un solo merito ebbe: superò il particolarismo regionale per sacrificarne anche i buoni effetti all'idea nazionale unitaria, e il concetto di patria prevalse sopra tutte le ragioni e i risentimenti locali; anzi, per timore che si potesse dubitare di questo lealismo politico, non si tentò mai di far prevalere interessi speciali del mezzogiorno, come se potessero essere guardati come antitetici agli interessi nazionali. Nobile il sentimento che univa la nostra gente alla patria una; ma errore pratico quel, timore che non ebbero altre regioni più sicure e più forti, dove non si prospettò mai il particolarismo come un pericolo o come un torto verso la nazione. Il nuovo regime aderì più facilmente al nord che al sud, non per maggiore o minore sentimento patrio, ma per la maggiore convergenza di interessi, la più facile solidarietà morale, il più rapido ritmo di vita, che si orientava in gran parte verso il settentrione.

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Ma bisogna aggiungere che né la politica generale, né la cultura scolastica, né l'avviamento professionale hanno contribuito assai a questa radicale trasformazione, che è tanto più difficile nel mezzogiorno, quanto minore è il capitale circolante e quanto più avverse sono le condizioni della natura, che non possono essere vinte senza grande sforzo. Però questo sforzo è, e deve essere, veramente nostro: poggiato su basi tecniche, solide, di attività e di intelletto. Dico «intelletto», perché la nostra cultura scientifica e ideologica, deve mirare, nella sua generalità, a formare una base realistica ai nostri problemi economici, tecnici e politici; perché le idee sono la prima forza, sono quelle che determinano la volontà, che creano le energie, che formano la grande sintesi dell'attività umana.

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Introduzione alla sez. "Riforma statale e indirizzi politici (1920-1922)

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Sturzo, Luigi 1 occorrenze
  • 1923
  • Opera omnia. Seconda serie (Saggi, discorsi, articoli), vol. iii. Il partito popolare italiano: Dall’idea al fatto (1919), Riforma statale e indirizzi politici (1920-1922), 2a ed. Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2003, pp. 101-131.
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Per quanto il popolarismo, come sintesi politica abbia in Italia solo quattro anni di vita; e come concezione democratica cristiana sia apparso, nella forma di un tentativo democratico cristiano, nel 1896; pure come movimento cristiano-sociale in Europa ha più di cinquant'anni; e come tradizione guelfa ha la sua origine nel pensiero dei cattolici del risorgimento. Il partito popolare italiano, come espressione e realizzazione di questo pensiero, è agli inizi; gli avvenimenti politici non si svolgeranno più al di fuori di questa concezione e di questa forza. È vero, ieri ed oggi è solo la voce di una minoranza; il fascismo trionfante non potrà né sopprimere, né negare la voce delle minoranze, che hanno una funzione naturale nella vita collettiva. Ma v'ha di più; il fascismo, nel tentativo di realizzazione, per quanto affrettata e tumultuaria, non essendo un sistema, ma un metodo, riassume parte dell'esperienza politica, che proietta secondo il proprio modo di sentire e di sintetizzare. Così alcuni degli indirizzi politici dei popolari oggi sono inclusi nel febbrile lavorìo fascista, anche quando ieri erano implicitamente o esplicitamente negati dagli stessi esponenti fascisti. Cito l'esame di stato e la libertà della scuola; la fine della lotta anticlericale alla chiesa e al suo insegnamento; il riconoscimento delle associazioni sindacali, i consigli superiori tecnici, la circoscrizione regionale scolastica, la libertà economica, l'abolizione degli enti fittizi e simili.

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