Non vorrei essere oscuro: l'elemento familiare dà il più luminoso esempio al mio dire: l'uomo che si unisce ad una donna nel sacro vincolo della società matrimoniale perde una parte della sua libertà individuale e accetta le leggi e i patti coniugali ai fini specifici: ma insieme passa in una condizione di liberazione dalle ragioni di inferiorità quale era per lui la vita del celibe (nel senso naturale della parola, a parte ogni concezione di abnegazione cristiana), ottenendo l'aiuto della donna ai fini naturali, nel mutuo amore, nella filiazione, per la continuità della specie. E tale liberazione ed insieme elevazione determina in lui, con i nuovi doveri e diritti, l'acquisto di libertà sociali, cioè la possibilità di conquistare i fini della nuova società con atti di propria volontà e sotto la propria ragione personale.
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Della stessa libertà, in ordine spiritualmente più elevato, parlava San Paolo quando, predicando il cristianesimo, mentre annunziava la legge di Cristo, che è abnegazione e mortificazione, che è giustizia e rispetto all'altrui personalità, proclamava la liberazione da una società inferiore, la società del peccato, e annunziava la libertà dei figliuoli di Dio: una libertà psicologica rinnovatrice e vivificatrice, nel vincolo di una nuova società cui si appartiene liberamente, la società cristiana. Così è in tutto lo sviluppo della vita sociale, da quella domestica a quella nazionale, da queste a tutte le forme di libere unioni: la ragione sociale è insita nell'uomo, come ragione specifica della sua esistenza; e ogni novello vincolo che egli accetta o persegue per la sua elevazione e il suo miglioramento (e perciò rispondente alle sue finalità naturali) è nuovo ausilio a superare sé stesso e le proprie deficienze, e nuovo mezzo per la liberazione da mali che si fuggono per beni che si vogliono raggiungere: è insomma un elemento di libertà organica.
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