Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Risultati per: abitudini

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Trattato di economia sociale: La produzione della ricchezza

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Toniolo, Giuseppe 13 occorrenze
  • 1909
  • Opera omnia di Giuseppe Toniolo, serie II. Economia e statistica, Città del Vaticano, Comitato Opera omnia di G. Toniolo, vol. III 1951
  • Economia
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Le cause che favorirono tale distacco dalla famiglia furono: intrinsecamente il disgregarsi per ragioni etico-civili delle famiglie patriarcali colle loro collettive abitudini conservatrici; lo sviluppo in esse della personalità individuale, che acquista e possiede per conto proprio, donde il peculio per i figli, la dote per le figlie già del diritto romano; il moltiplicarsi della popolazione, che si distingue e raggruppa in classi, non tanto civili quanto economiche. Ed estrinsecamente, l'accumularsi nella società del capitale mobile, più adatto a fondare imprese nuove, e in esso, il progresso tecnologico e il crescere della suppellettile stromentale, non più accomodabile alle pareti domestiche; senza dire delle cagioni più generali e remote dell'ampliarsi del mercato e dell'uso della moneta.

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E infine le applicazioni meccaniche insinuano nelle popolazioni abitudini di regolarità, di disciplina, di esattezza, ciò che ha grande valore sociale.

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. — E se il capitale suscita sul luogo bensì nuove industrie meccaniche, ma di altra specie, gli operai disoccupati ben poco potranno avvantaggiarsene, passando p. e. dall'industria cotoniera a quella metallurgica, per difetto di tirocinio e di abitudini speciali. — E se sorga pure l'industria similare, ma in altra nazione, non potranno gli operai trasferirsi in massa dall'uno all'altro Stato, come accadde agli addetti alla industria manuale del lino in Germania, sacrificati al principio del sec. XIX per la fondazione del linificio meccanico in Inghilterra.

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Bensì in parte tali abitudini si tramutano in arte professionale, e questa, per certi animali

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Negli altipiani altaici, degradanti al nord dal Turkestan verso la gelata pianura siberica o ad ovest verso le steppe del Caspio, freddi, brulli, infestati da belve (orsi, lupi); — ovvero nei lembi del territorio pianiggiano che si protende a sud-ovest lungo i deserti di Siria e dell'Arabia; — scarseggiando le praterie, le acque, il bestiame e indurendosi i corpi e gli animi negli stenti e frequenti guerriglie per i pascoli insufficienti sterili e nella lotta contro le fiere, que' pastori assumono le abitudini feroci e vagabonde dei popoli cacciatori. E così fra le popolazioni tartaro-mongoliche al nord il nomadismo e con esso il pascolo vago sono del pari sistematici e permanenti; — e nelle loro abitudini aggressive acuite dalla miseria, agglomerandosi in proporzioni rapidissime ed ingenti, come già gli unni (uralici) invasori dell'Ungheria ed Italia (431-51) sotto Attila, così colle orde di Gengiskan (m. 1227) e Tamerlano (1400), riuscirono ad imporsi colle invasioni devastatrici alla Cina nord orientale (la Manciuria) da un canto e alla Russia europea dall'altro. E similmente gli arabi dopo Maometto (che era pastore) seguiti dai saraceni e dai turchi, conquistata Asia ed Africa (632-98), percorrendo i deserti coi loro cavalli alla caccia del leone, da pastori si tramutarono facilmente in briganti assalitori (i beduini) o in drappelli mercanteggianti fino ad oggi ogni specie locale di oggetti di lusso, avori, penne di struzzo, cammelli, animali vari e carne umana (schiavi negri). La industria pastorizia così è destinata nelle antiche regioni a deperire.

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Il beneficio della presenza permanente nella campagna dei proprietari o padroni della terra può essere eliso da cause antieconomiche, p. e. le abitudini militaresche o di ozio scialacquatore o di dominio oppressivo; ma di regola esso favorisce le migliorie fondiarie. Per chi vive nel castello e nella

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Più ancora l'istruzione delle moltitudini operaie; e non solo quella acquisita empiricamente colle abitudini di famiglia, di classe o dell'ambiente in certi centri industriali, ciò che conferiva p. e. tanta elevatezza e genialità agli operai delle nostre città medioevali, in cui ogni artigiano si trovava inconsciamente converso in un artista creatore, ma ancora quella appresa nelle scuole o d'alte scienze industriali per gli imprenditori o di arti e mestieri per i lavoratori manuali. J. S. Mill diceva che se i suoi connazionali erano qualche cosa più che dei manovali, lo devono tutto non già al genio primitivo mediocre degli inglesi, ma alle cognizioni acquisite. Per tale rispetto colà, e dovunque, la proporzione dei lavoratori colti («skilled») va sempre crescendo sopra gli incolti («unskilled »), semplici braccianti.

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Nuove dottrine del lavoro, insinuate (fra tante ripugnanze del gentilesimo corrotto e del germanesimo selvaggio) nelle menti e nelle coscienze mercé il vangelo, i santi Padri, i canoni della Chiesa, i concili; nelle abitudini, mediante l'esempio di Gesù Cristo fattosi operaio, degli apostoli umili lavoratori, degli ordini religiosi specialmente occidentali (benedettini, cistercensi, umiliati), consacrati ad un tempo all'ascetismo, agli studi ed alla operosità della mano, dissodatori di terre e fondatori di industrie in tutta Europa (Montalembert). Donde a lungo andare l'alto concetto del lavoro nella pubblica opinione, il sorgere di rispettate classi di industriali e di artigiani e infine la energia produttiva divenuta abituale, potentissima, progressiva nella età medioevale; la quale, perdurando ed estendendosi indefinitamente (attraverso parziali soste e regressi) nella età moderna, forma il tratto che distingue la civiltà cristiana occidentale, attiva per eccellenza, da quella passiva delle genti orientali.

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. — Infine proporzionate virtù economiche, morali sociali.Una classe non si improvvisa e men che mai questa di piccoli proprietari; occorrono abitudini d'arte e di vita rurale, onestà di robuste famiglie, spirito di solidarietà fra conterranei, virtù tradizionali, le quali vennero meno nell'età contemporanea. L'abolizione della servitù in Russia del 1860 mirava ancora alla creazione legale di un ceto di proprietari contadini; ma mancò in questi la energia di libere e virtuose iniziative e il disinganno alimentò l'irrequietudine e l'anarchia. La prosperità della piccola proprietà della Provenza è oggi scossa nella famiglia colla teoria dei due figli e col divorzio (Joly). E in Italia, in luogo della solidarietà, spesso l'egoismo e il litigio logorano e divorano i minuti patrimoni dei nostri alpigiani.

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.); — che siano muniti di copioso capitale, di scienza, di esperienza, di abitudini agrarie; — e che perciò stesso soggiornino stabilmente e attivamente in seno ai rispettivi patrimoni, assumendone personalmente la gestione tecnico-amministrativa o affidandola ad ufficiali direttori sotto la propria immediata responsabilità, caratteristica più frequente quella della media, questa della grande proprietà coltivatrice.

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Ma questi stessi progressi produttivi sono quivi ogni dì più profondamente compromessi dall'impiego di un lavoro di braccianti ignari e grossolani («unskilled labour»), e da abitudini loro miserabili e turbolente (gli scioperi agrari), in flagrante contrasto colle esigenze di una agricoltura illuminata e di investimenti capitalistici copiosi e continuati. Provvedervi è dunque esigenza sociale di giustizia e di interesse insieme.

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Questo tipo di affitto collettivo entrato ormai con varie modalità nelle abitudini dell'economia rurale dell'Italia, porta seco per le sue crescenti e prosperose applicazioni un promettente avvenire. Non altrettanto l'affitto collettivo in forma di società cooperative di braccianti (Emilia, Romagna, Ferrara, Trapani); le quali anzi sostituiscono spesso ai piccoli fittaioli la massa dei lavoratori salariati dall'ente collettivo; e vissero di vita incerta e fortunosa (come nel Ravennate e nelle paludi d'Ostia).

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E per contrario entro le zone temperate la natura, sotto quelle influenze climateriche non essendo né troppo liberale per dispensare l'uomo dall'operosità e nutrirlo gratuitamente, né troppo avara e resistente per non cedere ad un lavoro intelligente, sospinge e tien desta di continuo l'attività umana, che poi trapassa nelle abitudini dei popoli. Così si scorge che il lavoro umano si mantiene storicamente costante e progressivo entro la zona temperata. Tutto ciò comprova che l'uomo si trova legato al cosmo (come lo spirito al corpo) e che la natura è, non meno del lavoro, un fattore integrante della produzione.

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