Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNICT

Risultati per: abbondanti

Numero di risultati: 8 in 1 pagine

  • Pagina 1 di 1

Dei doveri di civiltà ad uso delle fanciulle

188242
Pietro Touhar 2 occorrenze
  • 1880
  • Felice Paggi Libraio-Editore
  • Firenze
  • paraletteratura-galateo
  • UNICT
  • w
  • Scarica XML

Badate bene di non imitare quella malaccorta massaia che vorrebbe mettere sulle bilance il pane della donna di servizio, e che si mostra di malumore se gli avanzi che tornano in cucina le sembrano più abbondanti del solito: se a caso riceve qualche commensale va spiando il contenuto delle bottiglie, dei piatti, della zuccheriera man mano che son levati di tavola; e sotto le splendide apparenze del lusso fa trapelare la gretteria, la sordidezza, la diffidenza. Sfuggite questo mostruoso mescuglio di fasto ridicolo e di abbietta spilorceria. Il quale avvertimento valga sì per l'interna direzione della famiglia che per le convenienze sociali. Dobbiamo: Sfuggire ogni atto di superbia e d'orgoglio nel comandare alle persone di servizio; mostrar loro gradimento dei ricevuti servigi; riprenderle al bisogno con dolcezza; far che abbiano buona maniera e rispetto per tutti; chiamarle col nome di battesimo, senza mai usare titoli spregiativi; vigilare convenientemente le loro azioni e mostrare fiducia nella loro onestà. Non dobbiamo : Lasciarci trasportare da atti di collera contro i servi; permettere che acquistino soverchia familiarità; metterli a parte dei nostri propri affari, nè dar loro a conoscere di avere grandi segreti; permettere che siano vestiti male nè che facciano sfoggio di lusso; acconsentire che prendano parte ai nostri colloqui, che facciano domande indiscrete, che rispondano con cenni e con mal garbo; dar loro del tu, nè umiliarli con atti o parole; nè usare soverchia parsimonia nel provvedere ai loro bisogni.

Pagina 40

Gli altri fannosi ai congiunti, agli amici, in certe date epoche, per esempio, pel capo d'anno, pel giorno onomastico, od in certe particolari occasioni, come al ritorno da un viaggio, alla partenza per paese lontano, nella raccolta di alcuni frutti dopo una caccia o una pesca che siano riuscite abbondanti. I regali esser devono appropriati all'età, allo stato ed alla posizione delle persone alle quali giudichiamo doverli offrire; ed è facile conoscere la ragione per cui sarebbe quasi sempre cosa sconveniente scegliere per farne donativo un oggetto di pura necessità. La posizione sociale, il grado d'intimità, le differenze d'età; le relazioni di parentela, consentono di allargare o persuadono a ristringere i limiti del donativo. A volere che un donativo abbia tutto il suo pregio, deve giungere inaspettato: poichè perderebbe una parte di merito, se non arrecasse il piacere della sorpresa. Sarebbe assoluta mancanza di delicatezza il voler far rilevare il valore d'un regalo nell'atto di consegnarlo, e peggio il tornare a parlarne allorchè la persona che lo ha ricevuto ne ha già reso grazia e dato prova del suo gradimento. Non importerà dire che sarebbe atto d'inciviltà per parte di chi riceve un regalo il mostrarne riconoscenza relativamente al valore del medesimo. Quando si tratta di aver avuto un donativo ragguardevole, è necessario fare una visita alla donatrice, o scriverle una lettera qualora sia lontana. Non è da scordare la mancia pel servitore che ce lo porta. Del rimanente l'uso insegnerà le tante altre più minute avvertenze che rispetto al fare o ricever regali verrebbero in acconcio, ma che sarebbe impossibile enumerar tutte in questo libro. Dobbiamo: Porre ogni studio di garbatezza nel far piacere agli altri: esporre con schietta e semplice afflizione le cagioni che ci obbligano a negare un favore a chicchessia: farlo con premura quando possiamo; adattare i donativi al proprio stato ed ai propri averi; mostrare riconoscenza nel ricevere un donativo ancorchè minimo. Non dobbiamo: Fare alcuna promessa quando non abbiamo intenzione di mantenerla; menar vanto d'aver reso un servigio; essere indiscrete nel chiedere ad imprestito; offrire un regalo come ricompensa d'un servigio ricevuto; mostrar l'intenzione di fare il regalo innanzi di mandarla ad effetto, perche vi è il pericolo di togliergli il pregio; vantarne il valore; studiarci di rinnovarne la ricordanza.

Pagina 85

Il giovinetto campagnuolo II - Agricoltura

205989
Garelli, Felice 4 occorrenze
  • 1880
  • F. Casanova
  • Torino
  • Paraletteratura - Ragazzi
  • UNICT
  • w
  • Scarica XML

Ma non bastano i lavori, da soli, a farti ottenere abbondanti raccolti. Se per alcuni anni di seguito tu lavori un terreno, e lo semini, senza concimarlo, il ricolto si fa, da un anno all'altro, sempre più scarso. E perchè? Perchè ogni raccolta porta via dal terreno una parte delle sostanze nutritive ch'esso contiene; cioè porta via le sostanze che esso ha dato alle piante per farle crescere, e fruttificare. Per ciò il terreno, d'anno in anno, si impoverisce, fino a che non avrà più di che nutrire altri ricolti; esso perde la sua fertilità, e diventa sterile. Il suo magazzino di viveri a poco a poco si vuota, come si vuota una cisterna, da cui sempre si prenda acqua, senza che ne venga dell'altra a rimpiazzare quella che si toglie. 2. Che cosa dunque bisogna fare, perchè il terreno conservi la sua fertilità? Tu devi restituirgli, ogni anno, almeno altrettante sostanze nutritive, quante ne diede alle piante che hai in esso coltivate. Se trasgredisci questo precetto, rovini le tue terre, e la tua borsa. DOMANDE: 1. Basta lavorar bene il terreno per averne buon prodotto? - Le raccolte annuali non lo impoveriscono? 2. Che cosa bisogna fare per mantenerlo fertile?

Pagina 107

Dove essa non manca, specialmente in estate, si ricavano abbondanti raccolte; e si gode aria salubre. L'acqua che ristagna, si guasta; perde nel riposo ogni sua virtù; fa intristire le piante; rende malsana anche l'aria. Nei terreni acquitrinosi nemanco i prati ci reggono: là non trovi che erbe di cattiva natura. 2. Anche l'acqua che è nell'aria giova, o fa danno alle piante. Le nebbie, se frequenti nell'estate, fan bene ai prati, e male ai frutti. Le pioggie, a principio di primavera, favoriscono le seminagioni; più tardi disturbano la fioritura. Le pioggie estive ristorano la meliga, i prati; ma se un po' lunghe, danneggiano la raccolta del frumento, e la maturazione dei frutti: onde il proverbio: «Il fresco d'estate fa dolere il capo d'inverno». Le pioggie d'autunno, se lunghe, impediscono la buona maturazione dell'uva, disturbano i lavori d'apparecchio delle terre per la seminagione; epperciò si suol dire che «chi semina con l'acqua, raccoglie col paniere». La rugiada, nei climi caldi e nel periodo estivo, ristora le piante, le ravviva, e quasi supplisce al difetto delle pioggie. Dopo una rugiada abbondante, le piante si tengono fresche, anche nelle ore più calde. Ma la rugiada, se fa ancora un passo, divien brina; non ha che a provare un freddo abbastanza vivo per gelare. E le brine, specialmente tardive, fan gravissimo danno a tutte le piante, particolarmente a quelle di vegetazione precoce. La neve nei paesi freddissimi ripara il terreno, e i seminati. Le piante, coperte da questo mantello, sono assicurate dal freddo. «Sotto neve, pane». Ma il troppo nuoce; se fonde, e poi il freddo rincrudisce e l'agghiaccia, allora fa danno. Quanto alla gragnuola, tu sai la strage che mena sui raccolti: è una desolazione. Dio ne scampi le tue terre! DOMANDE: 1. Quando l'acqua si dice viva? - Morta? - Quando fa bene? - E quando fa male? 2. L'acqua dell'aria fa sempre bene alle piante? - A quali piante giovano, e a quali fan danno le nebbie? - Le pioggie primaverili? - Le estive? - Le autunnali? - Come giova la rugiada? - A quali piante fa più danno la brina? - La grandine? La neve fa bene? - Sempre?

Pagina 32

Ogni pianta ha un terreno prediletto, nel quale dà i migliori, e i più abbondanti prodotti. Coltivate in terreno, pel quale non hanno amore, le piante richiedono maggiori spese di lavori, e di concimi, per dare un buon raccolto. Di ciò ti convince ogni dì l'esperienza. 2. I terreni argillosi, non troppo compatti, convengono al frumento, al trifoglio, alle fave, alle veccie, ai cavoli, in una parola alla maggior parte delle piante coltivate. Le terre marnose sono proprie alla vite, al gelso, al castagno, al frumento, ai prati temporari di trifoglio, di erba medica e di lupinella. Le terre sabbiose, sane, si attagliano alla segala, all'avena, all'orzo, al trifoglio bianco; se profonde, al ciliegio, al castagno; se fresche e buone, al granturco, alla carota, alla barbabietola, alla rapa, e particolarmente alla patata; se ciottolose, alla vite; se umide, al salcio, al pioppo, al platano; se puramente sabbiose, al larice, al pino silvestre e marittimo. Le terre fresche, profonde, e di mezzana consistenza, sono in particolar modo convenienti alla coltivazione della canapa, e del lino. Le terre calcari convengono principalmente ai prati temporari di lupinella, e alle piante di ontano, di frassino, di nocciuolo, di cipresso, di abete, e in generale degli alberi sempre verdi e resinosi. Le terre sabbiose-calcari, bastantemente concimate, dànno buone raccolte di segala, d'orzo, di avena; se profonde, convengono pure al gelso e alla vite. Le terre vegetali di torbiera, o di palude, prosciugate e risanate, forniscono buone raccolte di orzo, e d'avena; vi fanno bene i prati, ed anche l'ontano, i salci, i pioppi. 3. Ciò ti insegna l'esperienza; e alle norme di essa devi attenerti nel coltivare le tue terre. Chi trasgredisce tali norme, non si lagni di scarsi prodotti. Se coltivi patate in terre umide, è naturale che esse infracidiscano; se pianti la vite in terre basse, è anche naturale che il vino ti riesca acquoso. DOMANDE: 1. È vero che ogni pianta ha il suo terreno prediletto? 2. A quali piante convengono i terreni mezzanamente argillosi? - I marnosi? - I sabbiosi? - Le terre fresche, profonde, e di mezzana consistenza? - Le calcari? - Le sabbiose-calcari? - Le vegetali? 3. È proficua la coltivazione di piante in terreno disadatto?

Pagina 55

Coltivando le piante che servono ai bisogni suoi, e delle industrie, l'agricoltore si propone di ricavarne i migliori, e più abbondanti prodotti con la minore spesa possibile. Questo scopo lo raggiunge coi tre mezzi seguenti: 1° Coltivando le piante meglio adatte al luogo; 2° Preparando bene il terreno; 3° Accrescendo e conservando la fertilità del medesimo. DOMANDE: 1. Qual risultato ottiene il coltivatore dalle piante addomesticate? - Se confronti le piante selvatiche con le stesse piante addomesticate, quale differenza vi trovi? - Può il coltivatore creare piante nuove? - Può modificare quelle che Dio ha create? 2. Quale scopo si propone l'agricoltore nel coltivare le piante? - Con quali mezzi ottiene il suo scopo?

Pagina 7

La giovinetta campagnuola

207773
Garelli, Felice 1 occorrenze
  • 1880
  • F. Casanova
  • Torino
  • Paraletteratura - Ragazzi
  • UNICT
  • w
  • Scarica XML

È un fatto certo che, più vi sono uccelli in un paese, più le raccolte riescono abbondanti, e meglio si conservano le piante dai guasti dei bruchi e degli insetti. Un giorno l'Inghilterra concepì la funesta idea di sterminare tutti i piccoli uccelli credendoli causa delle scarse raccolte, perchè essi bèccano qualche grano per le vie, sull'aia e nelle terre seminate; ma l'Inghilterra non tardò guari a pentirsene. Gli insetti si moltiplicarono spaventosamente, distrussero le raccolte, e avrebbero ridotto il paese alla fame, se non si fosse tosto cessata la guerra agli uccelli. Malgrado ciò, da per tutto si continua a cacciarli spietatamente con schioppo, reti, lacciuoli, e trappole d'ogni maniera. Gli stessi ragazzi campagnuoli trattano da nemici questi piccoli uccelli, che sono i veri amici, i guardiani delle raccolte; ne distruggono le loro covate; alla primavera girano lungo le siepi e nei boschi, frugano nei cespugli, e nel cavo degli alberi, per cercarvi i nidi, e rapiscono alla madre i pulcini appena nati, e fin le uova. Essi rendono male per bene. Invece di proteggerli, per l'aiuto che porgono nel distruggere gli insetti, li uccidono. E questa è una cattiva azione. Dunque si lascino vivere gli uccelli: il buon Dio li ha posti a guardia delle raccolte. Oggi i paesi civili tutelano, con leggi speciali, la conservazione degli uccelli utili, e puniscono con multe chi dà la caccia ai loro nidi.

Pagina 85

Il giovinetto campagnuolo I - Morale e igiene

215535
Garelli, Felice 1 occorrenze
  • 1880
  • F. Casanova
  • Torino
  • paraletteratura-ragazzi
  • UNICT
  • w
  • Scarica XML

È un fatto certo che, più vi sono uccelli in un paese, più le raccolte riescono abbondanti, e meglio si conservano le piante dai guasti dei bruchi e degli insetti. Un giorno l'Inghilterra concepì la funesta idea di sterminare tutti i piccoli uccelli, credendoli causa delle scarse raccolte, perchè essi bèccano qualche grano per le vie, sull'aia, e nelle terre seminate; ma l'Inghilterra non tardò guari a pentirsene. Gli insetti si moltiplicarono spaventosamente, distrussero le raccolte, e avrebbero ridotto il paese alla fame, se non si fosse tosto cessata la guerra agli uccelli. Malgrado ciò, da per tutto si continua a cacciarli spietatamente con schioppo, reti, lacciuoli, e trappole d'ogni maniera. Tu stesso, figlio di coltivatore, tratti da nemici questi piccoli uccelli che sono i veri amici, i guardiani delle raccolte; tu distruggi le loro covate; alla primavera giri lungo le siepi e nei boschi, frughi nei cespugli e nel cavo degli alberi per cercarvi i nidi, e rapisci alla madre i pulcini appena nati, e fin le uova. Tu rendi male per bene. Invece di proteggerli, per l'aiuto che ti porgono nel distruggere gli insetti, tu li uccidi. La tua è una cattiva azione. Ora che t'ho avvisato, spero che ricorderai sempre questo precetto: lascia vivere gli uccelli: il buon Dio li ha posti a guardia delle tue raccolte. Oggi i paesi civili tutelano, con leggi speciali, la conservazione degli uccelli utili, e puniscono con multe chi dà la caccia ai loro nidi. Tu, figlio di coltivatore, quind'innanzi ne rispetterai il nido, ancorchè non ti venisse minacciata una multa.

Pagina 124