Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Risultati per: abbisogna

Numero di risultati: 32 in 1 pagine

  • Pagina 1 di 1

Come devo comportarmi?

172188
Anna Vertua Gentile 2 occorrenze
  • 1901
  • Ulrico Hoepli
  • Milano
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La verità sarebbe, che dormendo si abbisogna di aria pura più ancora che di giorno per abbruciare le sostanze ponogene che dànno stanchezza ai muscoli e sonno al cervello e che non v'ha bisogno di questo sibaritismo dei profumi. «Utili invece saranno i profumi al mattino nella camera da letto, giacchè questi profumi sono anche dei veri disinfettanti che sviluppano dell' azono, questo re dei disinfettanti, che non ha l'odore del catrame, dell'acido fenico, nè le proprietà velenose del sublimato corrosivo nè il lezzo del cloro e dello zolfo abbruciato. Oggi tutti sanno che le parti verdi delle piante, le foglie, esalano alla luce dell'ossigeno dopo di avere assorbito dell'acido carbonico. Così la pianta lavora a mantenere le proporzioni dell'ossigeno dell'aria, ed in una camera assai illuminata le piante faranno quello che fanno in natura; purificheranno l'aria dal soverchio acido carbonico. «Se la luce diminuisce, cessa questa funzione e rimane solamente la respirazione per cui le piante esalano nell'aria dell'acido carbonico come gli animali. «Ma questa esalazione di acido carbonico non ci deve mettere paura. «Il maggior danno delle piante negli appartamenti ove si abbondasse in questo adornamento, sarebbe l'umidità soverchia dell'aria, giacchè le foglie esalano dell'acqua e traspirano del vapore. « Ma le piante possono assorbire per le foglie i vapori ammoniacali, che si trovano sempre nell'aria delle stanze.»

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A mio avviso, più una creatura è mobile, impressionabile, facile a piegarsi al bene e al male, e più le abbisogna un'educazione seria. L'educazione seria, l'istruzione solida, nuoce alla sensibilità della donna, soffoca la sua animal... » - questo mi rispose una volta un mio egregio amico. Ma io domando a me stessa: da quando in qua la conoscenza delle belle cose, lo studio intelligente delle opere di Dio, hanno essi avuto per conseguenza di illanguidire nelle creature la facoltà del sentire e dell'amare ?... L'educazione seria, cioè quella che mette al tu per tu con la realtà delle cose e dei sentimenti; ristruzione solida, che non è quel poco di tutto che si impara a scuola, ma quel molto di alcune cose, come la storia del proprio paese, la storia letteraria e la naturale, che l'esperienza e il buon senso additano come le più atte a sviluppare e rafforzare la mente ed il cuore, correggeranno per certo la sensibilità fittizia e malata e soffocheranno forse l'ame des salons, come ebbe a dire un autore francese; ma l'anima delle figlie, delle spose, delle madri, comprese del loro dovere e dei loro nobili affetti, quella non v'ha dubbio, troverà nutrimento e sostegno nello studio profondo di ciò che castiga l'immaginazione a beneficio della ragionevolezza.

Pagina 154

L'angelo in famiglia

182131
Albini Crosta Maddalena 1 occorrenze
  • 1883
  • P. Clerc, Librajo Editore
  • Milano
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Il suo titolo L'Angelo in Famiglia, a mio avviso, si addice perfettamente al libro, per le massime ed i precetti che vi si vengono svolgendo, a guida sicura nel periodo della vita che per l'età e l'inesperienza più ne abbisogna. L'autrice lo scrisse dietro l'eccitamento di un'eminente Autorità ecclesiastica, e il Sommo Pontefice, a' cui piedi essa depose riverente il manoscritto, la confortò a non deporre la penna, usandone a pubblico beneficio. Il Santo Padre Leone XIII, volle poi dimostrarle anche cogli atti l'alta sua soddisfazione, onorandola di una medaglia d' oro e di un Breve. Dopo così autorevoli e benigni incoraggiamenti dati all'egregia scrittrice, non è da dubitare che voi, buone lettrici, accoglierete e leggerete con amore il suo libro a vostra edificazione e della vostra famiglia, per la quale sarete davvero l'Angelo della consolazione.

Pagina VII

Galateo ad uso dei giovietti

183865
Matteo Gatta 1 occorrenze
  • 1877
  • Paolo Carrara
  • Milano
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Chiesto da un forestiero di una via, di una piazza, di una locanda, non gli è grave indugiarsi un poco e con bella creanza fornirgli le indicazioni di cui abbisogna, accompagnandolo anche un breve tratto onde indirizzarlo, senza pericolo di errare, alla sua meta. Il commerciante che, oltre alla buona merce, avrà belle maniere, vedrà di giorno in giorno crescere le sue pratiche e fiorire sempre più gli interessi del suo negozio: l'avvocato, l'ingegnere e chiunque eserciti una professione liberale, colla pulitezza dei modi si acquisterà una numerosa clientela; e, a questo proposito, mi ricordo di aver inteso da parecchie signore come preferissero pagare un po' di più la stessa mercanzia in una bottega dove padroni e fattorini vi accolgono con gentile premura, che in un'altra da cui vi respingono, al solo vederle, facce burbere e modi ruvidi e bruschi. Insomma, vuoi nella fanciullezza o nella gioventù, nella virilità o nella vecchiaia, l'uomo, qual che ne sia la condizione, non deve mai somigliare nè all'istrice nè al pugnitopo.

Pagina 50

Nuovo galateo

190362
Melchiorre Gioja 6 occorrenze
  • 1802
  • Francesco Rossi
  • Napoli
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Accetta di buona grazia e senza smorfie, riserbandoti il diritto di mangiare sol quanto ti abbisogna, non quanto ti é dato; giacchè in nessun caso ti corre l'obbligo di esporti ad una indigestione per far piacere agli altri. Non farai passare ad altro convitato la vivanda, il liquore, il caffè che a te direttamente viene offerto dal padrone o da chi ne fa le veci; giacché altrimenti adoperando gli fai tacito rimprovero di violata convenienza o mancanza di riguardi. VII. Prendi quanto t'abbisogna in una sola volta, non a più riprese. VIII. Non mostrar predilezione particolare per una vivanda o per un'altra; né parlar molto di esse, il che sa troppo di sensuale e di voluttuoso. La storia non ha sdegnato di ricordare che l'imperatore Claudio, assistendo alle pubbliche aringhe in non so quale causa , interruppe gli oratori con un elogio della carne di porco, di cui era ghiottissimo. Un'altra volta l'odore d'un pranzo che da' sacerdoti Salii preparavasi nel tempio di Marte, essendo giunto alle sue narici, egli abbandonò il tribunale e andò a porsi a mensa con essi. IX. Non censurare le vivande, se non ti vanno a genio, o se qualche sbaglio successe per inavvertenza del cuoco. Certo Valerio Leone avendo invitato Cesare a pranzo in Milano, comparvero sulla mensa degli asparagi, nel condimento de'quali, in vece d'olio d'ulivo, altro olio era stato frammisto. Cesare ne mangiò senza dar segno d'essersi accorto dello sbaglio, e censurò i suoi amici che se ne mostravano offesi, dicendo loro che doveva bastare ad essi di non mangiarne, se ciò recava loro nausea, senza farne vergogna all'albergatore; e soggiunse che chi di questa inciviltà lagnavasi, dava prova d'essere più incivile egli stesso. X. Non scegliere i bocconi migliori , e soprattutto non istendere le braccia ai piatti più distanti. XI. Non magnificare i pranzi che ti furono dati in altra casa, essendo che il subito confronto può offendere il padrone. XII. Non movere sovente e senza bisogna i piedi o la testa da una parte o dall'altra. XIII. Tossire, sputare, pulirsi le nari, meno che sia possibile; e guardarsi bene di prendere tabacco. XIV. Non piegare il capo sulle vivande; ma solo un poco la testa quando dovrai portare alla bocca le cose liquide; e non imitare que' filosofi di cui parla Luciano, i quali s'abbassavano, e con tanta attenzione, sui piatti, come se vi cercassero la verità , e mostravano di volere

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Del resto, tale si é l'indole dell'uomo che d'occupazione abbisogna e di trastullo: l' uniformità lo annoia, la novità lo diletta. Gli ornamenti della persona sono una specie di trattenimento per lo stesso selvaggio: nel dipingere figure sul suo corpo, forse più al bisogno di sentire egli cede che al desiderio di piacere. Per le persone che la necessità non costringe a lavorare per vivere, crescerebbe la somma de'momenti noiosi, e quindi gli stimoli alla corruzione, se intorno a'loro abiti, a loro vezzi, a' loro gioielli seriamente non si occupassero. Se non che pria d' andare avanti confrontiamo le mode de'popoli selvaggi con quelle de'popoli inciviliti: siccome i primi vanno nudi o quasi nudi, cosi le loro mode modificano il loro corpo; i secondi andando vestiti, le loro mode cadono sui loro abiti. Le prime offendono la ragione e il senso comune, le seconde sono per lo più indifferenti, giacché si può tosto disfarsene allorché più non aggradano: ma quando, per es., si ha una volta schiacciata la testa come più tribù americane, non si può più rotondarla. In Europa non v'ha altra moda durevole contro natura fuorché quella di bucare le orecchie, giacché bucate una volta non é più possibile turarle, mentre l'uso di farsi la barba non ne impedirebbe la riproduzione cessando. Non si può dire lo stesso delle mode de'selveggi; quasi tutte sono crudeltà atroci che tendono a rendere la specie umana deforme e mostruosa: forarsi le cartilagini del naso, farsi delle aperture nelle labbra, incidersi profondamente le guance, allungarsi le orecchie tagliarne un pezzo in modo che si può introdurre due dita nel buco, accorciarsi il collo, comprimersi la testa al punto da renderla piatta o conica o sferica o cubica, strapparsi dei denti incisivi, farsi gonfiare le guance col mezzo di legature, schiacciarsi il naso, frastagliarsi tutta la perle del corpo, tagliarsi alcuni articoli dei diti ecc. ecc., tutto questo è ben altro che il portare oggi un cappello piccolo, dimani un grande, ora un abito da arlecchino ed ora uno da senatore.

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.° Non di rado la mestizia dipende da cause fisiche, e di fisici rimedi abbisogna. In questi casi mostrare d'accorgersi dell'altrui mestizia é accrescerla in vece di scemarla.

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.° E'una vera inurbanità essere largo di consigli o inutili o dubbi nell'effetto, o di effetto assai lontano, a chi essendo afflitto per miseria abbisogna di pronto sollievo.

Pagina 204

Siccome il rispetto ai magistrati favorisce l'obbedienza alla legge, e questa frutta vantaggio pubblico, quindi in tutti i tempi si procurò ai magistrati una somma di apparenze abbaglianti, di comodi, di preferenze, talchè l'idea del magistrato, senza staccarsi dall'idea della natura umana, più grande e a cosi dire più lucida apparisse agli occhi del popolo il quale abbisogna di sensazioni per giudicare. D'altra parte il rispetto essendo pe' magistrati un sentimento piacevole che allevia il peso delle loro fatiche, dispone il loro animo a subir queste per meritarsi quello ed accrescerlo. Quindi, anche nel massimo calore della libertà, Bruto dice a suo figlio nell'Alfieri:

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e getta qua la canna, là il cappello, più lungi la parrucca, ed abbisogna d'un quarto d'ora per rimettersi in carriera. 5.° « In camminando troppo dimenarsi disconviene; » nè le mani si vogliono tenere spenzolate, nè » scagliar le braccia, né gittarle, sicchè paia » che l'uomo semini le biade nel campo. 6.° » Sono alcuni che in andando levano il piede » tanto alto come cavallo che abbia lo spavento, » e pare che tirino le gambe fuori d'uno stato. Altri » percuotono il piede in terra si forte, che poco » é maggiore il rumore della carra ». In somma si debbono evitare tutti que'movimenti che essendo straordinari, ci espongono all'altrui, ridicolo, perché dimostrano o eccessiva pretensione o non comune negligenza.

Pagina 78

La giovinetta educata alla morale ed istruita nei lavori femminili, nella economia domestica e nelle cose più convenienti al suo stato

192481
Tonar, Gozzi, Taterna, Carrer, Lambruschini, ecc. ecc. 3 occorrenze
  • 1888
  • Libreria G. B. Petrini
  • Torino
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Il saccone elastico non abbisogna che d'essere alquanto colpeggiato : ciò stesso usiam fare coi materassi, col capezzale ed i guanciali, affinchè la lana non rimanga pigiata e appallottolata, ma si riesca morbida e piana. Stese poi le lenzuola, le rimbocchiamo sulle coperte; e si ha cura che le foderette durino sempre di bucato. - Nel contiguo stanzino, in cui si entra per un uscio a muro, sta la teletta, l'attaccapanni, il lavamano colla catinella e la brocca, e quant'altro occorre alla mondezza della persona: lo strigatoio , il pettine fitto, il pettine fittorado, il pettine lungo, la setola da capelli, la spazzola, la setola, il setolino grosso, la setola di pelo di capra, il setolino pe'denti, ecc. E noi abbiamo occhio a tutto, dal rifornir l'acqua ne'vasi, sino a spazzolare i vestiti. Nè questi ci sembrano uffizi ignobili e bassi. Ve n'ha forse, ove si tratti della famiglia e di render servigio a que' tanto cari che ci hanno data la vita?

Pagina 211

Giace nel mezzo la scrivania con su quanto abbisogna allo scrivere. Voglio carta, e mio padre me ne mette davanti d'ogni forma, finezza e colore. Richiedo penne? e me ne porge di oca, di corvo, di gallo d'India e di metallo. De'calamai ve n'ha due : l'uno a guazzo, l'altro a stoppaccio. E s m'avviene di far qualche sgorbio, corro al mastino o cassatoio ; quando scrivo, tra una pagina e l'altra uso mettere carta sugante perchè la polvere guasta il carattere. Nè mi si assente l'uso della falsa riga, perché a quest'ora l'occhio dev'essere avvezzo a correr diritto ; bensì mi aiuto col toccalapis a segnare i fogli dei miei quadernucci o scartabelli. E se ho talora ad inviar qualche lettera a parenti o a taluna delle mie piccole amiche, la suggello colle ostie o colla cera lacca. E di questa, come d'ogni altra cosa, posso valermi a piacer mio : unico divieto che mi sia fatto, è di non metter l'occhio su carte o libri, senza speciale licenza. Quante ore liete ho trascorse qui dentro ! Un maestro sì amabile e dotto, come mio padre, dove trovarlo fra mille? Possa io approfittare delle sue lezioni e rendermi buona e capace quanto egli mi vuole!

Pagina 214

Il prezzemolo riesce in ogni terra un po' arabile, e non abbisogna di concime se non quando allo stato di seme, se viene piantato in terra che si può solcare. In settembre si taglia rasente terra, perché nell'autunno dia nuove foglie. Queste sono verdi e tenere. Durante il gelo e la neve copresi la pianta con un gran letto di strame, oppure le si conservano le antiche foglie, che allora servono di riparo al cuore della pianta e la preservano. Nell'ottobre si fanno seccare le foglie di prezzemolo, che suppliranno le foglie verdi, le quali mancheranno nella cattiva stagione. A questo effetto si lavano, si mondano, si gettano per un momento nell'acqua bollente, si stendono al sole sopra graticci, e si espongono al forno tiepido, quindi si ritirano, si rinchiudono in un luogo asciutto, involte in sacchi di carta o in iscatole, oppure si lasciano seccare all'ombra, divise in pacchetti e sospese al soffitto. Il prezzemolo secco è però inferiore al fresco, il quale solo comunica squisitezza alle vivande. E ad averlo mai sempre fresco supplisce il vaso da prezzemolo coltivato in cucina. È desso un vaso di zinco, di legno o meglio di terra cotta, della forma di un cono tronco alla base, aperto al vertice, mezzo metro di altezza, un metro e 46 centimetri di larghezza, e forato in i 150 o 200 luoghi, nei quali si pianta il prezzemolo. A questo fine si semina in poca quantità nel marzo, e nell'autunno si forma il vaso. Disponesi sul fondo del vaso un primo strato di terra e vi s'introducono le radici del prezzemolo per modo che il collare della radice della pianta esca dal vaso. Quando la schiera inferiore dei fori è guarnita, si sovrappone uno strato di buona terra e s'inaffia lievemente. Via via dal basso all'alto ed in ogni foro s'introducono piante e terra fresca ; quando il vaso è tutto guarnito, lo si corona con qualche pianta di prezzemolo o di fiori di stagione, ed è bello e preparato. Quando la pianta ha messo radice e vegeta, s'incomincia la raccolta. Ogni qualvolta si ha bisogno di prezzemolo, lo si taglia da uno o due fori secondo la quantità che occorre. In capo a qualche settimana il ramo tagliato mette nuove foglie, e così se ne ha una provvista sufficiente per tutto l'inverno. Il vaso da prezzemolo si può trasportare da un luogo all'altro a piacere. Nell'inverno lo si porta nella serra od in cucina per sottrarlo ai grandi freddi. Per evitare che le foglie si scolorino, si espone il vaso alla luce. Si avrà cura che di mese in mese da un foro all'altro tutto il prezzemolo sia tagliato ; il secondo anno bisogna anzi tagliarlo più di sovente, perchè non si formino rami. - Si rinnovano le piante ogni due anni. Anche i semi si conservano per lo stesso spazio di tempo. S'inaffia il vaso secondo il bisogno. Per agevolare l'assorbimento lungo tutto il vaso fu immaginato un tubo stretto di terra cotta, tutto bucherato dall'alto al basso, chiuso di sotto, aperto di sopra. Lo si colloca nel vaso quando vi s'introduce la terra in cui si fa la piantagione. Per inaffiare la pianta si riempie d'acqua il tubo collocato nel centro del vaso, e l'irrigazione si espande da sè in tutto l'apparato.

Pagina 288

Donnine a modo

193935
Camilla Buffoni Zappa 1 occorrenze
  • 1897
  • Enrico Trevisini - Editore
  • Milano
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Alle più adulte fra voi incombe, se siete loro vicini di mensa, di versar loro da bere; ma ciò con bel garbo, badando di non versare il liquido sulla tovaglia; è pure vostro obbligo di tenere il piatto mentre si servono, porger loro la sedia, offrire il posapiede all'ava, incontrarli quando entrano in una stanza dove vi trovaste; badare alle correnti d'aria delle quali hanno tanta paura i vecchi; infine aver sempre presente che la loro età abbisogna di una continua vigilanza d'amore. 83. Badate di non parlare mai in loro presenza di morte non solo, ma badate anche di non farvi sentir dire di qualche loro coetaneo che é vecchio. Vi farà ridere, ma essi si credono sempre giovani, e se qualche volta accennano essi stessi alla loro vecchiaia, credete a me, è per il bisogno di sentirsi smentire. Mi ricordo un giorno che a casa nostra si era ricevuta una partecipazione di morte di una signora. La nonna mia, allora di ottan- tasei anni, si rivolse a un amico di casa che pure conosceva la defunta: «povera signora Margherita!... non era nemmeno vecchia.» A una specie di obbiezione dell'amico essa soggiunse: «avrà avuto cinque o sei anni più di me!» Ci volle del bello e del buono per non scoppiare in una risata. 84. Nella famiglia si possono trovare altri parenti, siate con tutti rispettosi e affettuosi. Specialmente con i congiunti dovuti al caso, cioè con quelli venuti in casa nostra da famiglie estranee, grazie a un matrimonio, raddoppiate di cortesia. 85. Avete dei fratelli, delle sorelle facilmente. Ai primi protezione e compatimento se di voi minori, rispetto e obbedienza se maggiori. Verso le sorelle affettuosa compiacenza, e non già litigi continui come usano molte fanciulle di mia conoscenza. 86. Se aveste perduto il padre e aveste un fratello maggiore ricordatevi che dovete ad esso quel rispetto e quella obbedienza che avreste avuto pel vostro caro defunto. 87. Ai fratelli e alle sorelle minori siate larghi di aiuti negli studi, ma in modo di far quasi loro una ripetizione di ciò che sentirono alla scuola, anzichè dettare il compito che non sapessero fare. 88. Non vi fate l'una l'altra delatrice dei falli dei fratelli e delle sorelle, che anzi dovete cercare di coprire e scusare, a meno che il vostro buon senso non vi dica che si tratta di cosa grave, e per la quale l'intervento dei genitori sia più che necessario. 89. Amatevi fra voi, anche se i vostri caratteri fossero assai diversi, e compatitevi. 90. Ora che credo avervi parlato abbastanza dei vostri rapporti con le persone della famiglia, vediamo alcune regole generali dalle quali non vi dipartirete mai nè in casa nè fuori. 91. Non canterellate fra i denti, non alzate le spalle, non fate delle dita scopetta al naso, non vi rodete le unghie, cosa contraria all'educazione a alla salute; non strappate le pipite coi denti, non parlate all'orecchio di una persona in presenza di un'altra, non dite bugie, non fate scricchiolare i denti nè le dita. 92. A'miei tempi quando una fanciulla aveva ricevuto un castigo si faceva un dovere di chiedere scusa a chi l'aveva rimproverata; oggi è tutt'altro: pare che il domandar perdono avvilisca; tornate al vecchio uso, fanciulle mie, e sentirete che la piccola umiliazione inflitta al vostro amor proprio, sarà ben compensata dalla gioia che sentirete dopo esser state perdonate. 93. Non vi mettete in ginocchio sulle sedie, non appoggiate i piedi sulla sedia occupata da un altro, non gridate nelle orecchie alle persone, parlate adagio in modo chiaro sì da non obbligare chi vi ascolta a farvi ripetere quanto avete già detto; parlate sempre la lingua nazionale, e non già i dialetti che vi abituerebbero a cadenze di voce, a un gergo che difficilmente riuscirete poi a perdere. 93. Non tenete una gamba accavallata sopra l'altra, nemmeno per lavorare. 94. Non vi mettete a leggere ad alta voce in presenza altrui se non ne siete state invitate. 95. Debbo ancora parlarvi di una circostanza nella quale vi potrete trovare di frequente: trovarvi sole in salotto quando la donna di servizio introduce una visita.Come vi diporterete? Trattandosi di un'amica di vostra madre, tanto più se ha con sè qualche bambina o bambino, vi consiglio di fermarvi, rispondendo graziosamente alle sue domande. Se si tratta di persona sconosciuta, specialmente se di un uomo, salutate con un cenno del capo, e ritiratevi. Se di persona che vedete qualche volta in casa vostra, o in casa di qualche amico della vostra famiglia salutate gentilmente, accennate alla pronta venuta dei vostri genitori, e chiedete il permesso di ritirarvi. Ma guardatevi sempre in questo caso dalle esagerazioni, come dal fuggire, dal rimanere incantate a squadrare la persona che vi sta davanti come fosse l'esemplare di una specie rara, dal tormentare il visitatore con domande che per quanto graziose, lo possono seccare. 96. Qualche volta invece la mamma vi farà chiamare per salutare chi venne a visitarla. Allora siate disinvolte senza sguajataggine, non vi permettete d'interrogare persone maggiori di voi, ma rispondete pronte alle loro interrogazioni. Non lasciate mai intravvedere che vi annoiate. 97. Se nel salotto si trova una fanciulla o un fanciulletto chiedete a chi li accompagna il permesso di portarli con voi a giuocare in un' altra stanza, e invitateli con buon garbo a seguirvi. 98. Inutile vi dica che all'ospite dovete lasciare la preferenza nella scelta dei giuochi, compiacerlo in tutto, sopportare anche qualche noia che vi potesse causare, ricordando che l'ospitalità è fino dai tempi più remoti cosa sacra. 99. Se escite di casa non dimenticate di salutare prima chi vi rimane.

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Nuovo galateo. Tomo II

194092
Melchiorre Gioia 5 occorrenze
  • 1802
  • Francesco Rossi
  • Napoli
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il militare che piú d'ogni altro abbisogna di piaceri rumorosi; il parassito che

Pagina 10

In un crocchio di persone che si stimano e si amano, cresce il sentimento della forza che in mezzo alle vicende sociali ci abbisogna. Ciascuno, conoscendo le disposizioni comuni, applica nella sua mente le forze altrui ai bisogni propri. La conversazione lo accerta che in caso di calunnia troverà degli apologisti; di rovescio, de' protettori; d'inesperienza, de' consiglieri; d'affanno, delle persone pronte a scemarlo partecipandovi. Questa persuasione abituale reagisce contro i vaghi timori che o nascono nell'immaginazione naturalmente, o dalle mosse de' nemici vengono prodotti. Probabilmente egli è questo il motivo per cui, ne' popoli che concedono molto tempo alla conversazione, non suole essere soverchia l'inquietudine sul futuro; se ne protrebbero trovare esempi a Venezia ed a Parigi.

Pagina 17

Chi legge, o per istruirsi o innocentemente intrattenersi, toglie sempre degli istanti alla corruzione, e talvolta le toglie de' capitali, per la compra de' libri di cui abbisogna. I gabinetti di lettura sono una conseguenza dello spirito socievole dello scorso secolo; si procura a tutti un mezzo d'istruzione con pochi soldi. Non tutti possono leggere tutti i libri; ciascuno è costretto a ristringersi nella sua sfera; ma nella conversazione i libri letti da uno, divengono mezzi d'istruzione per gli altri: in caso di bisogno egli vi dà in un quarto d'ora il frutto di dieci ore di lettura. II. Se nelle dispute che sogliono nascere nelle conversazioni, i due contendenti restano per lo più del loro parere, l'influenza delle dispute sulle opinioni non lascia d'essere reale; giacché 1.° Gli spettatori disinteressati formano il loro giudizio sulle ragioni allegate pro e contro da' disputanti. La voce, il gesto, il tuono di essi rendono, per così dire, più acuti i tratti del loro spirito e più profondamente nell' altrui memoria gl'imprimono; 2.° Quegli tra i contendenti che ha torto, e che nella disputa chiuse gli occhi alla verità, non conserva questa ostinazione, allorché riflette poscia di sangue freddo, e sovente s'accosta al sentimento che aveva combattuto. Intendo qui parlare delle persone di spirito e di buona fede; giacché gli spiriti falsi e vani, o gli uomini di partito, pè quali la conversazione è un'arena ove combattono da gladiatori, non aspirando di giungere alla verità ma di conseguire una apparente vittoria, questi non riescono nelle loro dispute che a raddoppiare il velo che ingombra il loro intelletto e a vie più nelle loro opinioni smarrirsi. III. In una conversazione generale, quegli che parla si vede cinto di una specie di uditorio che lo anima e lo sostiene: questa circostanza dà allo spirito maggiore attività, alla memoria maggior fermezza, al giudizio maggior penetrazione, alla fantasia de' limiti che non gli permettono di divagare. Il bisogno di parlar con chiarezza, lo sforza a dar qualche attenzione allo stile e ad esporre con qualche ordine le sue idee; il desiderio d'essere ascoltato favorevolmente, gli suggerisce tutti i mezzi d'eloquenza di cui la conversazione famigliare é capace. Quindi la conversazione é la prima e la migliore scuola per gli uomini che a parlare in pubblico si dispongono. All' opposto un uomo che vive solitario nel suo gabinetto, non stimolato a far passare le sue idee nell'altrui animo, non vedendosi avversari a fronte, non avendo obbiezioni da combattere, non impara forse giammai quest'arte delicata che sa convincere gli spiriti senza offendere l'amor proprio, e con bel garbo costringere l'altrui inerzia all'esame d'un pregiudizio, pungendola con qualche tratto piccante. Altronde sempre solo con sé stesso e senza oggetti di confronto; disposto a riguardare ciascuna idea che gli si presenta, come una scoperta; non mai esposto a queste piccole lotte di società che danno sì prontamente a ciascuno la misura delle sue forze, egli inclinerà a formarsi un'opinione esagerata de' suoi talenti e ad esporre le sue idee con aria imperiosa ed offensiva. Si può dire delle conversazioni ciò che Alfieri dice dei viaggi:

Pagina 17

E siccome nelle dette epoche o non esistevano giornali o ne era ristrettissimo il numero, e non lasciavasi eccessiva libertà alla stampa, perciò si scorge che il fanatismo non abbisogna di questi mezzi per giungere al massimo grado di ferocia. Sembra anzi che il segreto dà più forza al fanatismo, come la compressione dà più forza ai vapori; del che si vede una prova ne' notissimi Vespri Siciliani. Si può dire che le vane ciance disperdono la forza del fanatismo, come le spranghe frankliniane disperdono l'elettricità delle nubi: perciò noi temiamo i caratteri cupi e silenziosi, non temiamo i ciarlieri. III. Se l'accennata massima anticristiana è attualmente abbominata in tutti i paesi inciviliti; se tra tutte le passioni che i principi e i popoli possono temere, é distrutta la più feroce, ne ha il merito, almeno in parte, la filosofia, che difendendo i diritti della tolleranza, ha spezzato i pugnali del fanatismo religioso. A questa causa fa d'uopo aggiungere l'azione della legge generale già più volte ricordata, cioè che crescendo il numero delle affezioni, decresce la loro intensità. E' cessata a' nostri tempi la ferocia che alterava il sentimento religioso per le stesse ragioni per cui sotto lo sfregamento sparisco la ruggine che altera i metalli, per le stesse ragioni per GIOJA, Nuovo Galateo. Tom. II. 16 cui cessarono gli odii che disgiungevano le famiglie e si trasmettevano di padre in figlio ; per le stesse ragioni per cui é scemata l'intensità dell'amicizia e di tante altre affezioni delle quali ho parlato ne' capi antecedenti. Era necessario ricordare l'azione della suddetta legge generale, perché la calunnia appoggiata all'antica prescrizione, ha voluto attribuire alla filosofia l'idea di distruggere il sentimento religioso, dimenticando che quando Cartesio presentò al pubblico una nuova prova dell'esistenza dell'Ente Supremo, il protestante Voezio lo dichiarò ateo; dimenticando che quando una parte dell'orbe cristiano si staccò dalla Chiesa Romana, la rivoluzione fu fatta da miserabili teologi che credevano alle streghe,ed in cui il popolo non sapeva leggere; il che in buona logica dimostra la necessità di ricorrere ad altre cause e queste si trovano, per es., ne' gemiti di tante vittime sacrificate dal fanatismo, gemiti che risonano nell' animo de' popoli più ignoranti, ed in tanti delitti commessi a nome della religione che ti condanna, e che il semplice senso comune riconosce. In somma Fénélon faceva amare la religione; Ravaillac, Giovanni Châtel, Giacomo Clemente gli inquisitori la fecero detestare. Così la 2.ª edizione ; nella 3.ª fu modificato, e gli inquisitori l'avrebbero fatta detestare, se fosse stato possibile; lezione ritenuta nella 4.ª ma levataci la frase, e gl'inquisitori.

Pagina 270

Mostrare che degli altrui discorsi non perdete una parola, e che le affezioni risentite che il parlante tende ed eccitare, é dovere sì evidente, che d'ulteriori schiarimenti non abbisogna dopo quanto è stato detto nel libro primo.

Pagina 55

Le buone usanze

195742
Gina Sobrero 1 occorrenze
  • 1912
  • Fratelli Treves, Editori
  • Milano
  • paraletteratura-galateo
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Nessuno più dell'ufficiale di marina abbisogna del biglietto da visita; oggi qua, domani là, destinato a lasciar oggi le persone incontrate ieri, egli deve servirsi quasi quotidianamente di questo mezzo di presentazione, di ringraziamento o di congedo. Data la brevità della sua dimora nelle diverse stazioni, egli frequenta piuttosto il pubblico degli alberghi; e, ad esempio, gli americani, anzi, le americane, annettono molto valore a questo cartoncino per noi di così esigua importanza. Volendo far pervenire un biglietto ad una persona alloggiata in un albergo, o ad un membro di un circolo qualsiasi, si scrive sull'orlo superiore del biglietto il nome del destinatario; per esempio: For Mr. G. Bloomfield; pour M. le Président du Club, ecc. Purtroppo, lungi dal nostro bel paese non possiamo mai scrivere in italiano; noi che siamo stati, e che, certo, saremo sempre i primi marinai del mondo, non abbiamo saputo imporre, allo straniero, la nostra lingua: ed un indirizzo italiano corre rischio di non essere capito o male interpretato, fuori della patria nostra. Ma veramente, a questo proposito vi sarebbe molto da discutere, e, una semplice verità è pur questa: che astenendoci noi, in paese straniero, dallo scrivere e dal parlare il nostro dolce idioma, non ne facilitiamo certo la diffusione. E qui mi sia permesso modestamente di mandare una schietta parola di lode a quella Società Dante Alighieri che promuove la diffusione, o, almeno, cerca di mantener viva, la nostra lingua ovunque, in terra straniera, sono a migliaia e migliaia i nostri connazionali.

Pagina 160

Galateo morale

197809
Giacinto Gallenga 2 occorrenze
  • 1871
  • Unione Tipografico-Editrice
  • Torino-Napoli
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Ogni altro compito che non sia quello di allevare la prole, di accudire alle pacifiche incombenze della famiglia non la troverà più atta ad esercitare quella serena e benefica influenza che abbisogna, per imporsi, della quiete della vita privata: quella influenza a cui ci ribelliamo ogni qualvolta la donna si sottrae all'adempimento della missione assegnata dalla Provvidenza alla sua modesta e sensibile natura.

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Non bisogna per altro nemmeno adottare quel laconismo ridicolo che significa pretensione, desiderio di farsi credere immensamente occupato: non è stile epistolare quella specie di linguaggio telegrafico che si adopera da taluni nello scrivere, linguaggio che abbisogna di formole, di spiegazioni per essere inteso. Come diceva quella buon'anima di Stefani:

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Signorilità

199440
Contessa Elena Morozzo Della Rocca nata Muzzati 1 occorrenze
  • 1933
  • Lanciano
  • Giuseppe Carabba Editore
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La moglie di un prefetto o podestà o, comunque, in posizione ufficiale e influente, recandosi in una nuova città, ricordi queste frasi scritte da Massimo D' Azeglio alla marchesa Ricci, figliola sua e di Giulia Manzoni, primogenita di Alessandro: «La prima condizione di una vita serena, sta nella benevolenza di chi ci circonda; è come un «credito aperto», che ci procura sempre quanto ci piace e ci abbisogna. Per avere la benevolenza altrui, bisogna dare e dimostrare la nostra. Tu stai per giungere a Macerata; dopo un mese, bisogna che la società del paese si trovi convinta che il tuo carattere è benevolo, indulgente, affettuoso... che, a volerti bene e a renderti servizio a l'occasione, non è fatica buttata. Da allora, la tua posizione di moglie di tuo marito è assicurata, e l'importante è fatto. Quando una persona non ti va, il faut te donner de la peine perchè ti vada... Devi metter bene fra le persone, sempre, e non mettere male mai; non riferire mai quello che senti, fuorchè quando senti dir bene. Il faut faire de bons commmérages...». E il grande galantuomo piemontese avrebbe certamente applaudito alle parole che S. E. Mussolini pronunciò nel giugno 1928, parlando di politica estera, e dell'innovazione per cui fu reso obbligatorio il regio assenso per i matrimoni dei funzionari di carriera, appartenenti al Ministero degli Esteri: «È un provvedimento che si appalesa necessario, appena si consideri quanto la moglie del diplomatico o del console sia partecipe della vita e delle funzioni del marito. Saranno così garantite nelle famiglie dei funzionari quelle doti di decoro e di signorilità, indispensabili per rappresentare all'estero il proprio paese». Parole saggie, che ancora dimostrano l'alta intelligenza del Duce e la sua comprensione di tutti i problemi, parole che delineano nettamente la missione della moglie dei funzionari addetti a consolati e a ambasciate. Ella deve formare intorno al marito - e, in ultima sintesi, intorno all'Italia, - un'atmosfera di patria, di valore morale, di sana e viva intellettualità, di simpatia, di cordialità. Ella deve sapere tacere, tacere molto; sapere, secondo le circostanze e secondo il temperamento del marito, calmarlo, moderarlo, consigliargli serenamente o la forza o la prudenza, ma - sempre - l'equilibrio; non ostentare la sua potenza o la sua influenza al consolato, all'Ambasciata o a Roma, ma far sentire ai connazionali che ella mette tutta sè stessa, con grande amore, al servizio di ogni buona causa e dell'Italia. La sua vita non solo deve essere limpida come il cristallo, ma averne anche l'apparenza; il suo tratto deve unire la cordialità alla signorilità; il suo vestire deve unire la moda al gusto e alla correttezza, con particolari (coralli, cappelli di paglia, merletti ecc.) che rappresentino il lavoro e l'industria italiana; la sua casa deve essere una discreta esposizione del buon gusto e del lavoro italiano; la sua tavola deve essere, non solo bene imbandita, ma con squisite specialità italiane. In paesi molto sportivi, l'Ambasciatrice e la sua famiglia che eccellano nel golf, nel tennis o nell'equitazione, fanno «alzare le azioni» dell'Ambasciatore e dell'Italia sulla bilancia diplomatica; il distribuire del danaro ai connazionali poveri, non per mezzo dell'ultimo impiegato, ma direttamente dalla signora, con una parola buona, un sorriso, un conforto, fa decuplicare il valore del soccorso e «alzare azioni» dell'Ambasciata nel cuore degli italiani; la conoscenza perfetta delle lingue, permette di rendere un servizio decuplicato alla patria ecc. ecc. ecc.

Pagina 422

Eva Regina

204467
Jolanda (Marchesa Plattis Maiocchi) 9 occorrenze
  • 1912
  • Milano
  • Luigi Perrella
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Ma io credo che una mamma non possa rinunziare alla vigilanza continua sulla propria creatura nel periodo in cui più ne abbisogna e quando l'ignoranza e i pregiudizi altrui possono esserle fatali. Meglio dunque avere la balia presso di sè per sorvegliarne la pulizia personale, il regime dietetico e per guidarla in tutto ciò che riguarda il suo ufficio; e la donna di cuore farà questo con garbo, con tatto femminile, procurando di acquistarne la confidenza più che dimostrandole la propria autorità. Dobbiamo pensare che la balia è pure una mamma e che per nutrire il nostro figliuolo ha dovuto privare il suo del nutrimento naturale a cui aveva diritto : che se è di condizione inferiore e più rozza, il suo sentimento è uguale al nostro, che anch' essa può avere giornate di malinconia, nostalgie, inquietudini; e ch'è nostro dovere ed opera di gentile pietà cristiana e civile il procurare con ogni mezzo di consolarla, di rendere meno penosa la sua condizione d' esiliata e di spostata. Colei che nutre la nostra creatura non può essere lasciata al livello degli altri domestici: dovremo conferirle un trattamento speciale, tenerla con noi il più possibile, parlarle amicamente, fissarle un salario conveniente, fare in modo che abbia abiti e biancheria a sufficienza ed essere generosi in regali. Se il costume del suo paese è pittoresco, meglio lasciarglielo conservare anche negli abiti più ricchi che le faremo noi, altrimenti s' abbiglierà secondo l'uso, coi grembiali bianchi sulle vesti a colori vivaci e il largo nastro che circonda il capo e scende sul dorso. Dovremo però fare in modo che la balia sia sempre linda e decorosamente vestita anche in casa e le permetteremo il meno possibile di mescolarsi con gli altri domestici, di uscir sola, di aiutare nelle faccende di casa. Non si dimentichi mai che la sua missione è unicamente quella di allevare il nostro tesoro e farlo sviluppare florido e vigoroso. La costituzione dell' infanzia e spesso la salute di tutta la vita dipendono dal modo con cui fu compiuto l' allevamento del primo anno d' età. Non bisogna quindi trascurar nulla per ottenerlo perfetto: e questa deve essere per una buona mamma il principale e continuo pensiero.

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Provate, dunque, a misurare la forza che abbisogna per impedirgli di tradirsi con una parola, con un atto, con uno sguardo! Calcolate l'eroismo che ne sacrifica la libera e fiera espressione alle leggi, ai convenzionalismi, agli usi d'una società alla quale è mille volte superiore !... E quando un amore simile diventa dolore! Quando attraversa una di quelle crisi in cui il cuore s'infrange ; nelle quali grida vi salgono alle labbra e singhiozzi vi chiudono la gola: e intanto si deve tutto reprimere! Pensate a quello che costa in ore simili la maschera dell' indifferenza, pensate alle torture che nasconde ! Ditemi se l' ipocrisia del silenzio, la menzogna della voce tranquilla, la simulazione di vivere la vita che gli altri vivono non sono anche sacrifizio, il più doloroso che si possa esigere da un uomo, e, per conseguenza, il più nobile... » Il protagonista di questo romanzo ove domina l'ideale del dovere, come in tutti gli scritti del Rod, riceve l'annunzio della morte della donna profondamente e segretamente amata, da una persona leggera e mondana, a un pranzo d'invito. Ed egli deve contenersi, limitare il suo rimpianto, deviare, poco dopo, il discorso dal lugubre argomento perchè i commensali non ne fossero troppo funestati ; intrattenersi con loro amabilmente... Oh, che cosa diviene, a confronto di questa inenarrabile tortura il dolore più grande, ma diviso, ma liberamente espresso, ma confortato dal compianto altrui ? Non acquista il primo una grandiosità assai più tragica, assai più eroica nella sua muta tempesta non veduta, dissimulata fieramente così ? Oppure non è la morte, ma è una separazione ugualmente amara, ugualmente suprema. È la partenza della creatura amata, è il suo abbandono, è la sua dedizione a un'altra creatura. E bisogna saper tacere, sapersi separare senza disperazioni, fingere degli auguri, se è un matrimonio che si celebra, e continuare a frequentare tutti i luoghi dove si trovava lui che ora non c'è più, essere liete e sorridenti e gentili con tutti, mentre il cuore geme e l'anima naufraga: comportarsi come se nulla di grave, d'irrimediabile ci avesse colpite; come se per noi non si fosse spento il sole...

Pagina 256

Anche la macchina da cucire si tiene in guardaroba per non ingombrare le altre stanze con lavori in confezione, modelli, stoffe e quanto altro abbisogna: esposizione poco simpatica quando si vede fuori del luogo destinato a simile uso.

Pagina 291

Le macchine da cucire hanno affrancato l'operaia di biancheria dalla sproporzione fra l'enorme impiego di tempo e il risultato della sua opera, non però dalla pazienza, dalla minuzia, dalla cura che la sua opera abbisogna. Ma ora coll' aiuto della macchina e il progresso delle industrie, le cucitrici creano quei vaporosi capolavori composti dalle sapienti combinazioni della batista, del merletto, dei ricami d' ogni genere, dei nastri, che fanno somigliare l'intimo abbigliamento di una donna elegante all' onda di candida spuma da cui uscì Venere dea. Pare che una giovanile testa muliebre china su un paziente lavoro, sia sommamente suggestiva, giacchè quasi tutti i poeti le hanno dedicato qualche rima. Fra i più moderni ed eminenti, rammento il Pascoli che ne La cucitrice ci dà l'immagine della pia sorella che lavora d'ago, nel tramonto

Pagina 387

Una vedova non si fa il corredo, si limita a fornirsi di quegli abiti di cui abbisogna. Le nozze si celebrano con la massima semplicità. In chiesa e in municipio la sposa può indossare un vestito da visita, elegante, o l'abito da viaggio. Invita i parenti, compresi quelli del primo marito, che per solito si astengono dall' intervenire per delicatezza. Non porta fiori sulla persona o fra le mani, ma le amiche possono benissimo offrirle mazzi di fiori a casa, non mai mazzi completamente candidi. Negli annunzi mette soltanto il suo nome di fanciulla accanto al nome dello sposo : anche nei biglietti da visita fa scrivere solamente il suo nome di famiglia e quello del suo secondo marito. Se ha dei figliuoli, li allontana per quei giorni affidandoli a qualche stretto parente per richiamarli al ritorno ciel suo viaggio di nozze. Una vedova che si rimarita non ha demoiselles d'honneur come una signorina, ed entra ed esce dalla chiesa e dal municipio a braccio del suo sposo. Procura però che assistano rappresentanti delle due famiglie. Se il fidanzato le ha regalato dei gioielli se ne adorna, ma sarebbe di cattivissimo gusto che in quel giorno portasse gioielli donatile dal defunto marito, od anche abiti od accessori indossati durante la vita di lui.

Pagina 476

Meglio dunque far poco, fare quello che le abbisogna per un po' di tempo, non più. Sia il corredo, proporzionato ai suoi mezzi e intonato al genere della sua vita futura; ma se anche della massima semplicità contenga qualche bel capo di biancheria fine; qualche camicia più adorna, qualche sottana, qualche copribusto più guarniti. Anche nel scegliere gli indumenti più intimi abbia il pensiero di conservare intorno alla sua persona un'aureola di poesia, di grazia, d'eleganza. Metta nella biancheria personale le sue iniziali di fanciulla, perchè un matrimonio può rompersi all' ultimo momento e sarebbe ridicolo allora portare degli indumenti con iniziali che non sono le proprie, od essere costrette a disfarle ; e poi la sposa non è una schiava e non deve portare in ciò che le appartiene in proprio il marchio d'un padrone. Metta invece le iniziali del marito in quanto potrà allestire d' accordo con lui, che si riferisca alla vita comune : biancheria da tavola, biancheria da letto e da camera. Pochi abiti e pochi cappellini : quelli di stagione e basta. È gentile da parte sua, curare specialmente l' eleganza dei suoi vestiti da camera e da casa anche se sem- plici. É così che il marito dovrà vederla quotidianamente, ed essa deve studiarsi di apparire graziosa a lui. Gli abiti da uscire sono per gli estranei; ma tutto quanto dovrà indossare tra le pareti domestiche deve avere un carattere speciale di pura seduzione, di dedizione ai gusti e alle abitudini di colui a cui ha fatto il dono della sua anima e della sua vita.

Pagina 52

Chi pensa molto e lavora molto col cervello, abbisogna di un sonno prolungato. Un medico dice che il tempo rubato al sonno è infinitamente dannoso allo spirito, al corpo, alla costituzione. La tranquillità d'animo è la prima necessità per dormir bene: purtroppo, però, non è in poter nostro di possederla sempre. Ad ogni modo bisogna aiutarci per quanto è possibile : procurare allorchè ci adagiamo nel letto, di escludere dal pensiero, dalla memoria, ogni preoccupazione molesta o dolorosa. Difendiamo, con uno sforzo della volontà, l' isola dell' oblio che sta per accoglierci ; lasciamo alle soglie della vita tutto il suo carico d' amarezze e di miserie per attingere nuove forze onde combattere e vincere. Una fervorosa preghiera, un atto di abbandono alla Potenza che regge il nostro destino, aiuteranno a procurarci la calma pel nostro riposo se abbiamo l'anima afflitta o inquieta. Qualche buona ed energica risoluzione se l'anima è in lotta con sè medesima, se la coscienza ci fa qualche rimprovero, è pure, spesso, ciò che decide di un sonno ristoratore. Si eviti inoltre per quanto è possibile, alla sera, quanto può eccitare la nostra fantasia : spettacoli emozionanti, musica, letture di troppo interesse e di soggetto passionale. Gioverà molto, invece, prima di dormire, qualche lettura noiosetta; qualche preghiera formale ripetuta; contare sino a un numero alto; ripetersi adagio versi noti. Rimedi fisici contro l' insonnia, dei quali è provata l' efficacia, sono pure i seguenti : lavarsi la faccia prima di coricarsi; togliere il guanciale; cercare una posizione incomoda e dopo qualche tempo mutarla nella positura migliore, prendere un po' di latte caldo, ed evitare di coricarsi prima che la digestione dell'ultimo pasto fatto sia compiuta: badare di non aver freddo alle estremità, provocare anzi la discesa del sangue tenendo molto caldi i piedi. Anche la positura del corpo e la qualità del letto influiscono sul sonno. Le persone non use a spostarsi spesso, non possono dormire quando cambiano letto : altre use a un letto duro saranno molestate da un giaciglio troppo morbido. Se si arriva però, con una giusta attività e una vita regolata, ad ottenere il bene di un buon sonno, anche i mutamenti non lo impediranno più. Gli igienisti dicono che non si dovrebbe dormire supini, ma sul fianco destro, perchè quando il corpo è in questa posizione lo stomaco resta più libero e il fegato preme meno sui visceri. Dormendo così si eviteranno anche i brutti sogni.

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Una tavoletta dal piano pure di marmo, per i saponi, le essenze, i cosmetici, larghi bacini per le abluzioni : un meccanismo per le doccie, grandi spugne, soffici accappatoi candidi, e infine un ' armeria di quei piccoli utensili d' avorio e d' acciaio di cui la cura minuziosa del corpo abbisogna. Ecco l'ideale. Ma, specie nei quartieri delle grandi città, non è facile possedere questo ambiente prezioso ; però una tinozza si può sempre procurarsela, e col soccorso di qualche metro di tela impermeabile e d' un paravento ci si può creare un gabinetto da bagno in qualunque angolo, ed abbastanza pratico. L' importante è di dare acqua al nostro corpo, in abbondanza e con frequenza. Il bagno freddo è buono per rendere l'organismo resistente all' azione dell' atmosfera, ma non serve per la pulizia, mentre il bagno tiepido, saponoso, è eccellente sotto tutti i riguardi per la conservazione della pelle, per l' igiene e per la nettezza. All'acqua si può associare della crusca, dell'amido, del borace, o della gelatina. Il bagno di gelatina, per cui occorrono 500 gr. di glicerina neutra per bagno, si consiglia alle pelli rugose, alle carnagioni che invecchiano, a quelle che sono la sede di pluriti o che hanno tendenza alla congestione. I bagni acidi, alcalini, solforosi, dissipano le efflorescenze cutanee, le desquamazioni superficiali, ma l'uso di questi bagni deve essere strettamente subordinato alle prescrizioni mediche. I bagni di piante aromatiche, di acqua di Colonia, di tintura di benzoino, di essenza di timo, di borato di soda, sono eccellenti per combattere igienicamente le secrezioni esagerate e nauseanti della pelle. Il bagno di tiglio, poi, ha fama di essere un calmante ideale. Viene consigliato in particolare alle persone nervose ed è uno dei più piacevoli. Si impiega circa un chilogramma di tiglio che si lascia in fusione per un'ora in dieci litri di acqua bollente. Le frizioni e il massaggio debbono sempre seguire il bagno tiepido per facilitare la reazione generale. Inoltre eccitano il buon funzionamento della pelle e la normale nutrizione del tessuto cellulare. I bagni caldi, i bagni russi, bagni di vapore, l'idroterapia, l'abuso dei bagni di mare, sono piuttosto sfavorevoli alla bellezza femminile. Anticamente le dame dell'impero romano e della Grecia usavano bagni d' olio, di vino e di latte. Madame Tallien faceva, bagni di fragole e di lamponi ; qualche altra bellezza celebre s' immergeva nello Champagne : ma questi pretesi segreti di forza e di seduzione sono affatto privi d' ogni importanza scientifica che ne giustifichi il valore.

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Bandiamo le vane fantasticherie, i lunghi rimpianti che a nulla giovano se non a sfibrarci, per sostituirli con l' azione, energica, pronta, assidua, a benefizio di chi ne abbisogna. Ed ogni volta che un pensiero, un ricordo, un rammarico, un senso ribelle, sorgerà dall'intimo nostro lo combatteremo, lo debelleremo come un pericoloso nemico, come un ostacolo alla libera esplicazione delle nostre facoltà migliori — lo recideremo come un vincolo che ci trattenga dal volo. Darsi, darsi con l'anima tutta, ad una missione di bene, grande o piccina, morale o materiale ; fatta di luce di pensiero o d' azioni benefiche, ecco il divino rimedio, ecco il farmaco onnipossente contro le più acerbe sciagure, contro i danni più irreparabili. Sentite con che armoniosi versi un poeta del passato, G. B. Guarini, esalta questo altruismo generoso :

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