Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNICT

Risultati per: abbigliatoio

Numero di risultati: 6 in 1 pagine

  • Pagina 1 di 1

Marina ovvero il galateo della fanciulla

193917
Costantino Rodella 3 occorrenze
  • 2012
  • G. B. Paravia e Comp.
  • Firenze-Milano
  • paraletteratura-galateo
  • UNICT
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Pagina 16

Pagina 7

Galateo della borghesia

202064
Emilia Nevers 2 occorrenze
  • 1883
  • Torino
  • presso l'Ufficio del Giornale delle donne
  • paraletteratura-galateo
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Pagina 160

toccarlo allo scopo di pulirlo senza fazzoletto, sbadigliare lungamente e senza metter la mano davanti alla bocca, sputare, insomma diportarsi come se, invece che con estranei si fosse nel proprio abbigliatoio, son cose inqualificabili, e tali da rendere la compagnia di chi se le permette tanto disgustosa da far dimenticare ogni altro suo merito morale. Ecco poco su, poco giù, quel che si deve fare. Ora vediamo quello che si deve dire; all'incirca, s'intende. Nelle visite di congratulazione si deve cominciare coi mi rallegro, informarsi con discrezione del fausto evento... ed ascoltar con longanimità i particolari se sono prolissi. Le osservazioni che potrebbero diminuire la soddisfazione degli interessati sono di cattivo genere; non è il caso di approvare o discutere. I francesi dicono giustamente: la franchise n'est bonne qu'en réponse. Il che significa che, non richiesti, non si deve dare il proprio giudizio sugli affari altrui. Se le congratulazioni hanno per oggetto la nascita d'un bimbo, bisogna trovarlo bello, anche se è calvo e grinzoso come un accademico, secondo l'espressione di Coppée: non abbiate paura di valervi dei soliti discorsi, un po' triti. Ai genitori parranno nuovi come l'ultimo articolo del Figaro. Nelle visite di condoglianza è un' altra cosa: non è il visitatore cui tocca parlare della sventura, ma l'afflitto. Taluno ama rammentare i cari perduti, e sfogarsi: altri no, bisogna regolarsi secondo il caso. Però è norma fissa il non parlare di cose gaie, di divertimenti, teatri, ecc. Nelle visite di ringraziamento e di digestione si seguono le norme di quelle di congratulazione. Nelle visite di presentazione è di prammatica che il presentato se ne vada col presentatore. Nelle visite di raccomandazione si deve parlar chiaro ed essere spicci. Nelle visite ai malati si deve evitare di avere dei profumi o dei fiori: si deve trattenersi poco, e parlare sottovoce e di argomenti sereni, ma non tali da suggerire all'infermo dei rammarichi: per esempio, se non ne chiede lui, non si parlerà di teatri, di passeggiate, di campagne; piuttosto di libri, se può leggere, o specialmente di rimedi, di guarigioni miracolose, che so io? insomma di cose che gli sollevano lo spirito. Si potrà anche accennare a mali gravi che gli facciano parere più lieve il suo. Conviene più che possibile non lasciar entrare che una persona alla volta dall'infermo, tanto per non consumare l'ossigeno già scarso d'una camera chiusa, come per non sbalordirlo, ed infine per evitare il fatto frequente che il circolo impegni un'animata conversazione, dimenticando il povero infermo che da tutto quel chiasso non ricava che il mal di testa. Non occorre dire che lo sigaro si lascierà sempre fuori di camera. Alla famiglia del malato tocca tenere la stanza più linda che possibile, dissimulare con una scena (fiomba, paravento) il tavolino su cui staranno gli strumenti o le fiale necessarie per la cura, i bacili, le biancherie, rinnovare ogni giorno le lenzuola, valendosi di questo sistema - un lenzuolo cioè che formi rimboccatura apparente, ma stia fra le due coltri piegate a vari doppi e si levi di notte: lo si scelga fino e ricamato come pure le federe. L'ammalato può fissar un'ora per ricevere; quella in cui gli par di essere più sollevato, e per quell'ora, se è un uomo, si ravvii capelli e barba, se è una signora metta una bella cuffietta, un bel corpetto bianco. L'ammalato non ha galateo: se la visita gli pesa, può dirlo schietto: farebbe un danno a sè ed un dispiacere agli amici arrischiando di peggiorare per loro. Pello stesso motivo non si deve mai insistere per vedere un infermo. D'altra parte se la visita gli sorride, non bisogna mai promettergliela e non mantenere, farlo stare in attesa, o fuggire subito, come noiati, se egli vuol trattenervi... La visita abituale, cioè quella dei ricevimenti soliti, segue le regole accennate nel principio per la durata ed il modo di presentarsi: aggiungerò che, in generale, è meglio non andare a far visite in tribù, con figli, bambini, con ciò che si chiama, con termine franco-algerino, una smala. In quanto ai rapporti tra vicini, è da notarsi che altre volte c'era più fraternità sociale, checchè se ne dica. Si conosceva meno gente, ma la si conosceva meglio: tra vicini c'era salda amicizia. Ora, nelle case a tre piani e venti inquilini, e con la confusione dei ceti, la visita consueta dell'inquilino al padrone di casa ed agli altri pigionali non si costuma più. Si correrebbe il pericolo d'essere mal accolti... (in questi tempi di democrazia!) andando così sans crier gare dal vicino che potrebbe aver in tasca due soldi più di voi. Dunque, chi vuol star strettamente attaccato al galateo, non farà quella visita così alla carlona, ma, fatto interrogare il vicino da terzi, pregherà qualche comune conoscente di presentarlo. Le domande d'informazioni, in certe città, rendono lecito il recarsi in casa d'ignoti. Convien scegliere ora debita e trattenersi il meno possibile. Per essere poi affatto inappuntabili, si dovrebbe chiedere in iscritto il permesso di presentarsi. Noterò che quando s'è ricevuta una visita bisogna renderla entro i primi otto giorni se si vuol conservare la relazione. Dopo la prima visita non c'è regola; si può lasciar passare anche un mese, anche due da una visita all'altra. Però il meglio è di imitare il sistema della persona che si visita, mettendo, poco su, poco giù, lo stesso intervallo di lei fra le visite. Nelle visite d'etichetta non si suol mai farne due di seguito; cioè prima di tornare s'aspetta che ci venga restituita: se dopo due visite la persona non ricomparisse (senza l'attenuante di viaggi, malattie o lutti) vorrebbe dire che intende di troncare la relazione. Quando una persona non è in casa si lascia sempre appunto a scanso d'equivoci) il proprio biglietto di visita. Quando una signora ha fissato un giorno per ricevere non si deve andare da lei che in quel giorno: sarebbe indiscreto far il contrario. Taluni adducono il pretesto del circolo, del desiderio di conversazioni intime, della toeletta: codeste sono scuse che non permettono di contravvenire al desiderio della persona che si va a visitare, desiderio chiaramente manifestato dalla scelta del giorno. Chi riceve non deve fissare un giorno e poi assentarsi a proprio talento, senza tener conto del disturbo di chi lo viene a trovare, facendo se occorre lungo cammino: è dovere, toltine i casi di malattia, di ricevere sempre, privandosi di passeggiate o divertimenti che cadessero nel giorno in cui si riceve. Siccome, d'altronde, il tempo delle visite si limita a tre ore, non è difficile trovarle fra le centosessantotto della settimana. In quel giorno si eviterà assolutamente che vengano operai, sarte, insomma persone che potessero disturbare, e si darà ordine alla servitù di non entrare sotto nessun pretesto in sala a chiamare la padrona. Pei bimbi, se non s'ha l'aia, e la fantesca è in anticamera, si cerca di affidarli a qualche maestrina, oppure se grandicelli, s'insegna loro ad entrare e salutare con garbo nel tornare da scuola, poi andar quietamente a far il còmpito. Tenerli in salotto sarebbe un disturbo, l'ho già detto. Nelle visite diurne in città non si danno rinfreschi, però si usa tener sulla tavola una coppa con dei dolci, e d'estate sta bene offrire una bevanda fredda. Se viene un visitatore mentre la padrona è uscita, le persone di servizio non hanno obbligo di riceverlo; possono limitarsi ad avvertire che la signora è fuori. L'introdurre in casa gente che forse non conoscono può dar luogo a furti e truffe. Però se è persona nota in casa, o vecchia, e che sembra affaticata, e specialmente se vi sono i ragazzi od altri membri della famiglia, è doveroso farla accomodare per un momento, affinchè riposi, tanto più se la via che ha fatta è lunga e le scale sono molte. Se viene gente in un giorno affatto inopportuno, s'ha il diritto di non ricevere. In Inghilterra, dove la franchezza è considerata da tutti come un obbligo perfino nelle minime cose, se si presenta un simile caso, si fa dire schiettamente che s'è occupati ed il visitatore non se ne ha per male. Da noi, si ricorre al sistema della bugia innocente. Si fa dire che s'è usciti.... Come fare? chiederete voi. Il sistema inglese è troppo secco per noi, la bugia è spesso trasparente, sì da essere ridicola e da ricordare il debitore che grida ai creditori: sono fuori di casa! lo direi di prevenire il guaio avvertendo tanto la portinaia che la servitù di dire che non si riceve. Allora se il visitatore insistesse, si darebbe da sè la patente d'indiscreto e non avrebbe il diritto di lagnarsi d'un po' di sostenutezza nell'accoglienza o d'un rifiuto. Badino, care signore, che la disinvoltura non deve rendere indiscreti e che è indiscreto insistere per penetrare in casa altrui. Se fosse per affare urgente, si scriva.

Pagina 49

Il Plutarco femminile

218234
Pietro Fanfano 1 occorrenze
  • 1893
  • Paolo Carrara Editore
  • Milano
  • paraletteratura-ragazzi
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La direttrice interruppe quì il maestro con tali parole: "Abbigliatoio è voce che molto mi piacerebbe; ma a chi riesce metterla nell' uso? "A chi riesce? - rispose il maestro. - O a chi riuscì metterci la pazza voce toelette? una pazzerella di donna cominciò: un' altra; e poi due; e poi mille le andaron dietro; e fu fatto il becco all' oca. Incominci ora una savia donna a dire abbigliatojo: dieci sciocche le rideranno in faccia, ma un' altra savia la imiterà; a poco per volta scemeranno le sciocche, e cresceranno le savie; e così l' abuso se ne andrà, per cedere luogo all' uso legittimo." "Bene, comincierò io; ed esorterò queste signorine a fare il medesimo. Lo promettono?" E tutte ad una voce: Sì, - Sì, Signora, - lo promettiamo - "Ma ci sono dei casi, nei quali non si sa proprio come dire in italiano. Per esempio, se io ordino al falegname quel tavolino, dove noi stiamo ad abbigliarci, non posso dire: fammi uno specchio; se no mi fa una spera. Così disse la signora Bettina; alla quale il maestro: "Dunque vorrà ordinargli la teletta? Ma allora, se il legnajolo sarà accorto, le risponderà, che per la teletta bisogna andare al merciajo. Fuor di celia: la gli potrà ordinare un tavolino da pettinarsi, o se lo vuoi dire tutto in una voce si faccia insegnare dagli Aretini, che usavano, e forse usano ancora, la bella voce specchiera." "Codesta mi piace, - disse la signorina; e soggiunse: O se vorrò dire che una signora è a far la toelette, come dovrò dire?" "O che fanno le signore quando fanno la toelette?" "Si vestono, si pettinano..." "Lo vede che l'ha detto senza accorgermene? Dovrà dire è su, è di là che si veste, che si pettina, che si abbiglia. E la sa bene che vestirsi, anche nell'uso, si prende per abbigliarsi affine di andare o a teatri, o a conversazioni." "O quelli che si chiamano articoli di toelette come gli chiamerò?" "Volerne! Gli chiamerà, oggetti di abbigliamento, di adornamento: e semplicemente adornamenti, secondo i casi. "Ma l' ora si fa tarda; e serberò ad un'altra volta il parlar loro della moda, e del suo linguaggio."

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