Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Rivoluzione e ricostruzione

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Sturzo, Luigi 2 occorrenze
  • 1922
  • Opera omnia. Seconda serie (Saggi, discorsi, articoli), vol. iii. Il partito popolare italiano: Dall’idea al fatto (1919), Riforma statale e indirizzi politici (1920-1922), 2a ed. Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2003, pp. 264-308.
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E mentre il socialismo, sia pure sgominato e ridotto, mantiene il suo posto di opposizione anticostituzionale (per usare oggi una parola meno esatta di ieri), la democrazia che ha perduto il potere dovrebbe logicamente formare l'opposizione costituzionale; e invece proprio la democrazia non manifesta alcun elemento vitale di resistenza, sia pure nel campo delle idee e delle posizioni politiche, sì da far credere che ormai sia una fase superata nella vita italiana, e che i fascisti abbiano fatto cadere solo un'impalcatura, dietro la quale c'era il vuoto.

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Tracciate così le linee della ricostruzione amministrativa, finanziaria, economica e politica dell'Italia, è superfluo riaffermare quel che abbiamo discusso, cioè che occorrono un governo e un istituto parlamentare che abbiano la fiducia del paese; però questa larga fiducia non può essere effettiva, né la ricostruzione basata su fondamento saldo e reale, senza la unificazione e la vivificazione della coscienza nazionale nei suoi valori morali e nella efficienza delle forze spirituali.

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Crisi e rinnovamento dello Stato

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Sturzo, Luigi 3 occorrenze
  • 1922
  • Opera omnia. Seconda serie (Saggi, discorsi, articoli), vol. iii. Il partito popolare italiano: Dall’idea al fatto (1919), Riforma statale e indirizzi politici (1920-1922), 2a ed. Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2003, pp. 232-263.
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Sono rimasti al parlamento i dibattiti di politica generale; a parte il giuoco dei voti politici, non si ricorda da parecchio tempo che simili dibattiti abbiano mutato o modificato il corso degli avvenimenti; ma, strano a rilevarsi, le stesse maggioranze sono state quelle che hanno cambiato ministeri e modificato atteggiamenti, come fenomeno del momento assai più che come prodotto di direttive sostanziali.

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Per avere un'economia occorre avere una politica: ebbene, mentre i socialisti hanno la loro, i popolari la loro, i liberali di destra nazionalisti e agrari la loro, (non so se i fascisti l'abbiano) i democratici, che hanno la responsabilità del potere, non hanno una politica. Essi ieri tendevano ad una alleanza con i socialisti; poi fecero la lotta e nelle elezioni generali si unirono ad agrari, fascisti e liberali di destra; perfino Salandra divenne giolittiano, o viceversa; e fecero i blocchi. L'indomani delle elezioni politiche gli stessi democratici e i loro giornali ripresero il motivo della collaborazione con i socialisti; poi di nuovo sostennero i fascisti e gli agrari; ora si riprende largamente la discussione sulla collaborazione con i socialisti; e altri sostiene il cosidetto blocco nazionale. E purtroppo da Nitti ad oggi le lamentele democratiche sono per la invadenza dei popolari, verso i quali per il fato elettorale sono costretti ad unirsi, matrimonio di convenienza con qualche elemento di ripugnanza! Ebbene, dove è l'indirizzo economico in questa altalena tendenziale?

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Si deve avere una politica favorevole alla siderurgia in Italia? Il parlamento tace, mentre Alessio decreta, e mentre l'alta finanza impegna miliardi dopo la guerra in un indirizzo industriale siderurgico, che poi costringe lo stato a intervenire con danno della economia generale. Sembra che maestranze metallurgiche ed alta banca abbiano lo stesso interesse ad imprigionare lo stato. Oggi, dopo la caduta della Banca di Sconto, il monopolio finanziario è in azione; lo stato va divenendo via via ancora più prigioniero: il socialismo procacciante ne è pronubo e parte, mentre grida allo scandalo dei pescicani. Con quale prezzo della vita economica del paese sarà pagata la collaborazione dei socialisti con i democratici? È un problema che si deve porre, ed un problema di politica interna e di politica economica insieme. Quanto costerà alla nazione un più preciso esperimento di socialismo di stato? Forse pagherà per tutti l'agricoltura, nei trattati di commercio e negli esperimenti di collettivismo e di socializzazione della terra? Forse pagherà più degli altri il mezzogiorno i cui risparmi, pompati dallo stato sotto forma di tasse, di prestiti e di buoni del tesoro, ovvero dalle grandi banche sotto forma di depositi, vanno poi ad alimentare grandi imprese statali e semistatali e grandi industrie dell'altra parte d'Italia, per continuare l'impoverimento e lo sfruttamento economico e politico della mia bella e cara terra meridionale e insulare?

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