Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Dei doveri di civiltà ad uso delle fanciulle

188242
Pietro Touhar 4 occorrenze
  • 1880
  • Felice Paggi Libraio-Editore
  • Firenze
  • paraletteratura-galateo
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Se può mai essere lecita l'ambizione di distinguersi fra le altre, abbiano soltanto quella del sapere, dell'intelletto ornato e delle buone maniere. Ma anche in ciò vuolsi moderazione grandissima, che è quanto dire, modestia, indizio certo del vero merito. Dobbiamo: Prima di seguire una nuova moda aspettare che sia generalmente accellata; vestirci con gusto, ma con semplicità e senza alcuna affettazione. Non dobbiamo: Essere le prime a seguire una moda nè le ultime a lasciarla; nè curarci d'inventarla.

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Qualora si pongano nel caso di meritare d'esser ripresi, usate prima gli avvertimenti e i consigli, scendendo alla riprensione sol per le mancanze ripetute o per la mala volontà; e tuttavia badate di non passare i limiti della moderazione, imperocchè dimenticando la vostra dignità in faccia a loro, potreste esporvi a risposte insolenti, ed una volta che vi abbiano mancato di rispetto facilmente torneranno dipoi a far lo stesso. Mentre darete loro quelle prove di bontà che si meritano, e li soccorrerete al bisogno coi vostri consigli, baderete che non si prendano troppa familiarità, altrimenti incorrereste spesso nel rischio d'avervi a pentire della vostra debolezza. Non v'è quasi mai ragione di mettere a parte dei vostri affari la servitù: nondimeno sconviene mostrare ai suoi occhi aria misteriosa, perchè ciò basterebbe a far nascere strane congetture che presto potrebbero prendere aspetto di vero nel pubblico. Il savio contegno e la garbatezza della servitù sogliono fare testimonianza delle buone qualità dei padroni; ed anche perciò molto importa impedire che la servitù in casa vostra contragga mali abiti. Non le deve esser permesso di andare vestita sconciamente, nè di fare sfoggio di lusso, di intromettersi non richiesta nei vostri colloqui, di interrogarvi su di ciò che non le appartiene sapere, di rispondervi soltanto a cenni, di ridervi in faccia mentre parlate, di assidersi in vostra presenza e nelle stanze non assegnate a sua dimora. Ciascuno deve tenere il suo posto senza orgoglio nei padroni, senza abbiezione nei servi. Nè quelli tiranni, nè questi siano schiavi. Ma devono poi essere garbati con tutti; usare convenienti attenzioni alle persone di vostra conoscenza ed a quelle che vengono a cercare di voi; e mostrar sempre in sostanza che sta loro a cuore quanto a voi stesse la buona riputazione della famiglia. E se non saprete farvi rispettar voi, non otterrete che usino rispetto verso chi ha che fare con voi. Non vi consiglio di dar loro del tu, che da un lato può sembrare effetto di soverchia alterigia, e dall'altro può addivenire incentivo di eccessiva familiarità. Chiamateli col nome di battesimo, ovvero, parlando di essi, indicateli con quello delle funzioni che sono loro assegnate; la cameriera, il cuoco, il cocchiere, la donna di servizio, ec. Monlti altri consigli sarebbero qui opportuni per le fanciulle che un giorno dovranno ritrovarsi a governare la casa. Si specchino anzitutto nel buon esempio dei genitori; si spoglino d'ogni albagia; e si rammentino che i beni della fortuna sono caduchi, e allo svanire di essi dileguansi tosto la potenza, le onoranze, le aderenze così dette illustri; chè chi rispetta è rispettato; chi è umano con gli altri ritrova umanità in tutti; e che niuno sa farsi meglio servire di chi sa al bisogno servirsi da sè medesimo. Quanto poi all'economia domestica, per lo più affidata alle donne, ognun sa che essa è fondamento d'ogni prospero stato, purchè sia fondata sull'ordine e sulla convenienza: se la soverchia liberalità ruina i patrimonii, la sordida avarizia è non meno dannosa e spregevole; e mentre quella dà pascolo ai parasiti, Parasiti, coloro che mangiano il più spesso che possono alla mensa altrui. agli adulatori, agli sfaccendati, questa si attira il biasimo delle persone di buon senso, e bene spesso cade nelle insidie degli ipocriti che osano prendere perfino le cose più sacre a pretesto delle loro ruberie. Molta ed accorta saviezza è da usare quanto all'economia domestica, massimamente verso le persone di servizio. Giova tenere gli occhi aperti sui loro andamenti, ma conviene anche saper loro accordare e mostrare quella fiducia che le incoraggisce onorandole ad essere oneste, e che è il più sicuro espediente per evitare gli abusi. Badate bene di non imitare quella malaccorta massaia che vorrebbe mettere sulle bilance il pane della donna di servizio, e che si mostra di malumore se gli avanzi che tornano in cucina le sembrano più abbondanti del solito: se a caso riceve qualche commensale va spiando il contenuto delle bottiglie, dei piatti, della zuccheriera man mano che son levati di tavola; e sotto le splendide apparenze del lusso fa trapelare la gretteria, la sordidezza, la diffidenza. Sfuggite questo mostruoso mescuglio di fasto ridicolo e di abbietta spilorceria. Il quale avvertimento valga sì per l'interna direzione della famiglia che per le convenienze sociali. Dobbiamo: Sfuggire ogni atto di superbia e d'orgoglio nel comandare alle persone di servizio; mostrar loro gradimento dei ricevuti servigi; riprenderle al bisogno con dolcezza; far che abbiano buona maniera e rispetto per tutti; chiamarle col nome di battesimo, senza mai usare titoli spregiativi; vigilare convenientemente le loro azioni e mostrare fiducia nella loro onestà. Non dobbiamo : Lasciarci trasportare da atti di collera contro i servi; permettere che acquistino soverchia familiarità; metterli a parte dei nostri propri affari, nè dar loro a conoscere di avere grandi segreti; permettere che siano vestiti male nè che facciano sfoggio di lusso; acconsentire che prendano parte ai nostri colloqui, che facciano domande indiscrete, che rispondano con cenni e con mal garbo; dar loro del tu, nè umiliarli con atti o parole; nè usare soverchia parsimonia nel provvedere ai loro bisogni.

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Se, di mezzo al crocchio di cui fate parte, due persone si allontanano e vanno a discorrere tra di loro, non dovete seguirle, ed aspetterete che abbiano finito il loro colloquio prima di rivolgere nuovamente ad esse le vostre parole. Quando la persona con cui passeggiate ne incontra un'altra a voi sconosciuta, e si forma a parlare con quella, tiratevi alquanto in disparte, fino a che non vi sia fatto cortese invito di assistere liberamente al loro colloquio. A volte anche sopra il tavolino d'un salotto da conversazione trovansi libri, fogli, stampe, e simili altre cose; non siate avide di frugare, di guardar tutto, a meno che la padrona di casa non vi dica o non vi faccia cenno che appunto quelle cose son lì schierate per chi volesse dilettarsi di esaminarle. Talune, forse per vanità, vi tengono in mostra i biglietti di visita ornati di titoli e di armi gentilizie; altre li lasciano impensatamente o sol quanto convenga per mostrare di farne quel conto che si meritano; comunque siasi non istà bene mettersi a leggerli ad uno ad uno, poichè o non importa che lusinghiate una vanità alquanto ridicola, o non dovete mostrarvi curiosa di sapere quali siano le conoscenze della padrona di casa. Ove nella stanza di conversazione fosse qualche uscio aperto, sarebbe grossolana indiscretezza lo spingere uno sguardo curioso per vedere che cosa vi sia al di là di quell'uscio. Finalmente, in qualsivoglia congiuntura, tenetevi dentro i limiti di savia riservatezza, a fine di non riuscire moleste agli altri, e di non esporvi a qualche mortificazione, a qualche spiacevole incontro, a recar alcun danno involontario a chiunque siasi. Abbiamo forse detto abbastanza per far capire quanto importi rammentarsi di questi consigli; e porremo fine a questo capitolo ripetendo, che se la curiosità può talvolta essere scusabile, l'indiscretezza è imperdonabile sempre. Dobbiamo: Scrupolosamente rispettare il segreto delle lettere, considerandole qual deposito inviolabile ancorchè siano dissigillate; usar discretezza quando ci venga dato a leggere e ad esaminare qualche cosa, ritenendolo sol quanto basti all'uopo; non essere d'impedimento a chi si sia, rispetto alle sue abitudini; ritirarci o assentarci al sopraggiungere di improvvise faccende. Non dobbiamo: Tentar di conoscere un segreto; svelarlo a chi si sia quando ci è stato confidato; Non sarà necessario avvertire che questo precetto non ha luogo ove si tratti dei doveri de' figliuoli verso i genitori, imperocchè nè ai fanciulli sogliono confidarsi segreti, e nulla aver possono i figliuoli da tener celato ai genitori. soddisfare la propria curiosità in faccia a persona estranee, aprendo una lettera od un involto senza chiederne loro licenza; toccare alcun che senza il permesso della padrona di casa; intromettersi fra le persone che fanno crocchio da sè; ove non siamo chiamate da una di esse, ec.

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D'altro lato è da scansare la prolissità, procurando di non entrare in particolari che non abbiano attinenza con l'oggetto principale. Ogni volta che dobbiamo trattare di cosa diversa dalle altre conviene far capoverso. Le seconde ammettono maggior libertà di dicitura, ed assumono convenientemente lo stile familiare, purchè sia corretto; ma sono da sfuggire con attenzione tutti quei modi incolti che spesso nella vivacità e prestezza del favellare passano inosservati. Delle ultime, quelle cioè, che hanno per oggetto ringraziamenti, scuse, congratulazioni, condoglianze, lodi, inviti, domande, raccomandazioni di persone, ec., ciascuna ha d'uopo d'una forma sua propria, e in generale devono essere brevi, o dire soltanto quello che fa duopo. Esse tengono spesso luogo di visite, necessariamente dovute per varie occorrenze, come per ringraziare di un donativo, invitare a pranzo od a conversazione, od anche chiedere scusa di non potere approfittare di tali inviti. Il tempo di scrivere le lettere in occasione di feste o pel capo d'anno è regolato come per le visite, cioè: vanno scritte anticipatamente se si tratta di congiunti; dentro la settimana agli amici; dentro un mese alle persone di semplice conoscenza. Anche i fanciulli aver possono opportunità di scrivere ai genitori in certi casi speciali, come quando hanno fatto qualche notabile avanzamento, o quando hanno ottenuto qualche ben meritata ricompensa. Il lasciare senza risposta una lettera od anco l'indugiare soverchiamente a rispondere, è trascuratezza e malgarbo imperdonabile, poichè mal giova a ricorrere a scuse inconcludenti a cui niuno presta fede. Scendiamo ora ad alcuni ragguagli sulla forma esterna ed interna delle lettere. La scelta della carta, anzitutto, non è cosa da mettere in non cale; chè, per esempio, non sarìa convenienza scrivere sopra un mezzo foglio, se non che nelle corrispondenze frequenti del negoziare, e quando occorre diminuire per tal modo le spese di posta. Saremmo anche da biasimare se usassimo carta grossolana e d'altro sesto che quella chiamata appunto da lettere. Le dimande o istanze vogliono essere scritte su carta di sesto grande e che dicesi in folio; le lettere consuete richiedono quella apposita e detta in quarto, e l'altra di sesto piccolino è per gl'inviti o pei biglietti di minore rilievo. Questa carta può bene essere liscia o cilindrata anche a lustro, ma non con dorature, smerli ed altri ornamenti che oggimai sono tenuti, e con ragione, per superfluità di cattivo gusto. Posto che avrete fine alla lettera, conviene piegarla, spianandone bene gli orli, o badando di non vi lasciare traccia delle dita sudate o conciate d'inchiostro, per lo che gioverà adoperare la stecca fatta a tale uso e da aprir libri; porrete la lettera in una busta adattata al foglio che avrete adoperato, e se scriverete ad un superiore o ad una persona di molta autorità, la sigillerete con la ceralacca. Il sigillare con la ceralacca è più confacente al rispetto che vogliamo dimostrare per la persona a cui scriviamo; la ceralacca nera serve soltanto in caso di bruno o di lotto. Non istà bene prender per sigillo l'impronta d'una moneta, o far segni a capriccio con la capocchia d'uno spillo o con la punta del temperino. Le dimande o istanze presentate al capo dello Stato, alle persone della sua famiglia ed ai ministri di Stato, non devono essere sigillate; nè convien sigillare le lettere di raccomandazione (le lettere commendatizie) allorchè le consegnamo alla persona stessa che dee valersene. Anche intorno alla sopraccarta o indirizzo occorrono alcune avvertenze. I più usano ripetere nell'indirizzo i nomi Signore o Signora, fuorchè sulle lettere di negozio o di mercatura per le quali giova in tutto andar per le brevi; e convien porvi il titolo e la qualità della persona a cui scriviamo. Può essere utile indicare il luogo, la strada e il numero della casa. Se la persona che dee ricever la lettera abita nello stesso luogo di chi la scrive, ponesi di consueto: in Città. Parliamo ora dell'interno. Scrivendo una lettera non dimenticate la data, utile soprattutto quando occorresse chiarire epoche e fatti che senza questo modo di verificazione potrebbero rimanere confusi. Nella mercatura e con gli eguali, la data ponesi in capo alla lettera; va collocata, in fondo se scriviamo ad un superiore o ad una persona autorevole. Nei semplici biglietti basta indicare il giorno, e talvolta l'ora soltanto. Il titolo in capo alla lettera deve essere più o meno distante dal corpo della medesima secondo il grado di rispetto della persona a cui scriviamo; talchè nelle più officiose la lettera incomincia fin quasi alla metà del foglio; ed è diverso secondo le persone. Nel capitolo delle Usanze in conversazione, ed in quello del Rispetto verso gli ecclesiastici, sono esposte le avvertenze occorrenti per non commettere inciviltà su questo particolare. Se scriviamo a chi ne ha più d'uno, convien mettere in capo alla lettera quello che è reputato di maggiore onorificenza, usando l'altro nel corpo della lettera. Nelle lettere confidenziali può bastare per titolo il nome di battesimo preceduto da qualche parola affettuosa, come mio caro, ec. Fra amici, molti usano porre soltanto la parola amico o caro amico; e spesso le sole iniziali C. A. (caro amico), ma bisogna allora che la familiarità sia grandissima. Sono da sfuggire certi modi comunissimi che pur trovansi suggeriti anche nelle raccolte di modelli di lettere, come: Ho ricevuto la cara vostra del dì, ec........ alla quale rispondo. Servirà la presente per rispondere alla vostra, ec. Sono con la presente, ec. Tali esordii o le chiuse dello stesso conio si lascino a chi non sa scrivere da sè una lettera, ed ha bisogno di ricorrere al così detto segretario stampato. Non è ben fatto, scrivendo a persone da più di noi chiedere che salutino a nome nostro questo o quello di loro semplice conoscenza, od inchiuder lettere da consegnarsi ad altri, quando non vi sia una ragione plausibile per farlo; nè una lettera può servire a due persone che non siano proprio di stretta familiarità con noi e tra loro; nè ci porremo a scrivere in due o in tre nella medesima lettera, qualora chi deve riceverla non fosse intimo familiare od amico nostro. Nelle lettere tra uomini e donne son pure da osservare alcune regole di ragionevole convenienza. Se un uomo scrive ad una donna, deve, così nei modi che nella scelta delle parole, attenersi a rispetto e semplicità, senza scendere per altro a quelle affettazioni che la propria dignità condanna. Mentre una donna non deve mai prendere verso l'uomo un tono troppo dimesso nè troppo disinvolto; non deve nè pregare o raccomandarsi, nè ordinare od imporre; ma sì tenersi sempre nei confini della più cauta riservatezza. Le chiuse delle lettere poi scrivonsi egualmente in vario modo, e si possono ridurre tutte a tre categorie, cioè chiuse con sentimenti di rispetto; chiuse con sentimenti d'amicizia, e chiuse con modi di confidenza. E qui parimenti conviene fino a un certo punto unifor- marsi all'uso, senza eccedere in affettazioni e senza trascurare le convenienze. Non possono su di ciò essere assegnate regole, ma piuttosto il cuore e la educazione avuta varranno a suggerire le chiuse più opportune e più naturali. Indicheremo nondimeno alcuni di quei modi che più comunemente vengono adoperati in tal caso. Esempi di chiuse con sentimenti di rispetto: Oso sperare ch'ella vorrà credermi sempre, pieno di rispetto, ec. Farò quanto sarà in me per mostrarle sempre il mio ossequio, ec. La prego di tenermi in conto di suo rispettoso, ec. Offerendomele per quel poco che io valgo, ho l'onore di dirmi suo, ec. Sono, o signore, con somma stima ed affetto, ec. Mi creda sempre pronto a farle servigio in quello che potrò, ec. Mi scusi dell'incomodo che le ho arrecato, e faccia capitale della mia gratitudine, mentre sono, ec. La prego a valersi di me in quello che sarò capace di fare, ed a considerarmi con piena stima e riconoscenza, ec. Non le dispiaccia, quando mi giudichi da tanto, di adoperarmi in suo servigio, e mi creda, ec. Ho l'onore di dichiararmi con profonda stima, ec. Sono con rispettoso affetto, ec. Molti altri ve ne sono che più o meno a questi si assomigliano; e nei quali è spesso qualche esagerazione od affettazione che soltanto possono essere compatite dal riflettere che non conviene discostarsi mai troppo dall'uso, per non parere di volerci arrogare noi stessi l'autorità d'introdurre una riforma in questa parte accessoria dello stile epistolare. A queste chiuse deve tener dietro in un verso da sè la ripetizione del titolo già scritto in capo alla lettera; poi in foredo e a destra porremo la firma preceduta per lo più dalla dichiarazione di umilissimo servitore, o devotissimo e obbligatissimo servitore. Ma questa dichiarazione di umiltà superlativa e di servitù, della quale alcuni egregi scrittori hanno giustamente biasimato l'uso, e che nondimeno tutti oramai seguono ad adottare come formula consentita dalla convenienza, di rado si addice alle donne; imperoccchè esse devono valersi di modi più semplici, e per così dire, più delicati, più consentanei alla loro naturale riservatezza. I modi da preferire saranno loro suggeriti dal loro grado di familiarità, dalla condizione sociale, dallo stato della scrivente. Se ella invia una lettera ad un uomo, ancorchè a lei superiore d'età e di grado, e per autorità ragguardevole, non è obbligata a dichiararsegli umilissima serva, ma basterà che ella gli attesti la sua stima ed il suo rispetto. Le dichiarazioni d'affetto non si addicono che tra donne e donne. I modi più semplici da preferire nelle corrispondenze frequenti possono ridursi a questi: ho l'onore di salutarla; io la saluto distintamente ec. Nelle chiuse per le lettere amichevoli l'animo della persona che scrive è più libero di scegliere quei modi che l'affetto le detta, che meglio corrispondano ai sentimenti che nutre verso la conoscente o l'amica; e quanto più spontanei e semplici saranno, tanto più si discosteranno dalla affettazione che nelle consuete frasi di affetto sviscerato, indelebile, invariabile, eterno, e via discorrendo, riscontrasi. Meglio è porre in queste chiuse gli augurii che più si addicono tra amiche, mostrare il desiderio di scambievoli uffici, del sollecito rivedersi, di nuove occasioni per invigorire l'amicizia e per far conoscere come l'animo sia disposto a corrispondere agli altrui benevoli sentimenti, a dimostrare col fatto la riconoscenza dei servigi ricevuti e la prontezza di giovare, di quello che eccedere in superlativi bene spesso ridicoli e di rado sinceri. Le chiuse di confidenza vanno per lo più brevi, come: Addio, mia cara amica; sta' sana, ed ama la tua, ec. Voglimi bene; dammi le tue nuove, ec. Ed in queste pure vi è libertà di scegliere e d'immaginare. Sonovi anco i biglietti d'invito per chiedere qualche leggiero servigio. In questi il titolo e la chiusa possono essere omessi, prendendo questa forma: Il signore e la signora......... sono pregati di far l'onore a.........., ec. Ovvero N. N......... offre od offrono i suoi od i loro complimenti al signore ed alla signora, ec......... e li prega o li pregano a volerla od a volerli onorare.............; ed anche: Il signore o la signora ........... farebbe cosa gratissima ed onorevole per...... se volesse accettare l'invito di.............; ec. Ognun vede che tali modi possono essere variati all'infinito. Un' ultima parola intorno alle spese di posta. Quando scriviamo per chiedere un servigio a persone eguali a noi e di semplice conoscenza confidenziale, e più poi se sono di condizione alquanto inferiore, la convenienza vuole che la lettera possa essere ricevuta senza spesa, come si usa comunemente, e così delle lettere inviate ai religiosi od alle religiose; ma sarebbe inciviltà includere il francobollo per avere la risposta a persone di scarsi averi, quasichè volessimo dar loco a conoscere che non vogliamo sottoporle a sì leggiera spesa; potrebbero rimanerne mortificate od umiliate. Giova ripetere in ultimo che su ciò deve essere conosciuta l'usanza più generale, e che ogni prudente persona deve uniformarvisi per non offendere la convenienza e per non rendersi singolare; ma che bisogna anche aver di mira il buon senso, ed attenerci alla sincerità dei propri sentimenti. Dobbiamo: Usar chiarezza, precisione, diligenza, schiettezza e buona lingua nello stile epistolare; adoperare carta adattata al bisogno; piegar le lettere con semplicilà, porle nella busta e sigillarle con la ceralacca a seconda delle persone a cui sono dirette; scrivere distintarnente l'indirizzo; seguire le regole più ragionevoli e dettate dal rispetto e dalla buona educazione in fatto di corrispondenze epistolari. Non dobbiamo: Lasciare una lettera senza risposta, o indugiar troppo a rispondere; sigillare una lettera di raccomandazione prima che la persona raccomandata ne abbia conosciuto il tenore; omettere la data nelle lettere; usar modi esagerati, ridicoli o triviali.

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La giovinetta campagnuola

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Garelli, Felice 1 occorrenze
  • 1880
  • F. Casanova
  • Torino
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Scegliti dunque a compagne delle fanciulle buone, giudiziose; e come tu avrai sempre a lodarti di loro, fa che esse abbiano sempre a lodarsi di te.

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Il giovinetto campagnuolo I - Morale e igiene

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Garelli, Felice 1 occorrenze
  • 1880
  • F. Casanova
  • Torino
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Fuggi dunque la compagnia dei giovanetti cattivi; scegliti a compagni dei fanciulli buoni, giudiziosi; e come tu avrai sempre a lodarti di loro, fa che essi abbiano sempre a lodarsi di te.

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