Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Il discorso dell'on. Degasperi a Milano

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Alcide de Gasperi 3 occorrenze

Intanto noi potremmo dire che parecchie riforme buone attuate anche da questo governo sono dovute alla nostra propaganda; cosicché sedendo nel settore di minoranza, potremmo spesso ripetere come Thiers: «al banco dei ministri siedono le idee ch'io rappresento», ma sovratutto, qualunque siano stati i nostri insuccessi, gli amici sentono che non è sconfitta l’idea e che attorno ad essa abbiamo salvato il partito, sia da compromissioni programmatiche durante la collaborazione liberale, sia dall’isolamento una volta tentato dai giolittiani, sia dalla disgregazione che voleva provocare la pressione fascista. Forse più tardi, anche chi non lo vede oggi, vedrà che in mezzo a tutte le ristrettezze abbiamo risolto positivamente il quesito che ha tormentato i cattolici di tutti i paesi nell’ultimo cinquantennio, cioè se dovesse esistere un partito clericale o, come si diceva in Francia, «parti religieux», nel senso di una organizzazione politica al servizio di un’altra forza politica dominante che faccia concessioni religiose, o un partito politico autonomo, ad ispirazione cristiana, con propria idea politica fondamentale. Fu il travaglio del Centro dopo la prima fase della lotta sua confessionale, fu il principio che distinse Lueger dai cattolici conservatori, fu la lotta che si svolse in Francia al principio del secondo impero fra due uomini, degni entrambi di grande ammirazione. Allora Veuillot celebrava clamorosamente la politica trionfante e lanciava i suoi sarcasmi contro quelli che chiamava pettegolezzi dei parlamentari e molti furono allora i discorsi sacerdotali che, proclamando la propria incondizionata adesione alla nuova politica, esaltavano il Principe «que la Providence avait suscité pour arreter sur le bord de l’abîme la France et l’Eglise». Montalembert scrisse allora un libro per biasimare i giornalisti e i politici che tripudiavano sulla «tomba provvisoria della libertà»; e non si rileggono senza emozioni le seguenti parole scritte più di 72 anni fa: «Uomini che hanno invocato per tutta la loro vita la libertà, che hanno conquistata la fiducia e la giusta ammirazione dei cattolici mostrando loro come la libertà poteva servire al bene della verità, questi medesimi uomini sono arrivati oggidì a dichiararla inutile e pericolosa. Le costituzioni, le discussioni, i parlamenti, il controllo dei legislatori, delle assemblee non provocano presso di loro che un sorriso o lo scherno. Essi hanno trovato un padrone che vuol loro bene, e sembrano affidarsi ciecamente al favore di questo padrone e alla durata di questo favore. Chiudono gli occhi, si tappano gli orecchi su azioni che hanno fatto rivoltare tutta la gente onesta, su violazioni manifeste del decalogo, sotto il pretesto che si tratta di questioni indifferenti alla religione e di rappresaglie scusabili». Lo stesso Montalembert si levò dai banchi della minoranza a difendere il sistema rappresentativo, dichiarando che les couloirs di una assemblea valgono bene le anticamere dei palazzi. Non so, dice l’oratore a questo punto, se le riforme Bianchi verranno accolte dal capo del governo. Le previsioni non sono mai caute abbastanza quando si pensi al dinamismo dell’on. Mussolini e al fatto che questa estate pareva possibile una collaborazione colla Confederazione del lavoro. Ma se il concetto imperialista prevalesse, non è dubbio che i popolari alla Camera, pochi o molti che saranno, fra Veuillot e Montalembert, sceglieranno l’atteggiamento di Montalembert.

Guardino però gli amici, specialmente i giovani che più facilmente soggiacciono alle suggestioni del momento, che sotto la stessa parola non accettino da una parte l’individualismo liberale e dall’altra il socialismo col quale abbiamo lottato da 50 anni e che oggi, invocando la libertà, non ha rinunziato alla riserva mentale del colpo di forza e della dittatura del proletariato. «Quando il potere è in piazza, dice un proverbio, finisce alla caserma». Guardando molti che oggi militano nel partito dominante, si capisce che erano pronti a salire tanto alla caserma rossa come a quella nera. E solo la circostanza politica che ha deciso, allo svolto di una via. Fra i due estremi sappiamo mantenere il nostro posto. Il tempo, disse un gran maestro della politica, sa per tutti trovare dei segreti che il genio stesso non trova. Siamo, conclude l’oratore. tutti d’accordo su questa linea strategica fondamentale? Ebbene, lasciamo da parte altre distinzioni tattiche che hanno un valore temporaneo. Non crede che tra le così dette tendenze di sinistra, centro e destra il divario sia essenziale. I Whigs, ha detto una volta O’ Connel, sono dei Tory non ancora entrati in maggioranza, e i destri sono spesso i sinistri vent’anni dopo. L’oratore preferirebbe che alla tradizionale topografia inglese si preferisse piuttosto la terminologia delle assemblee ateniesi. Colà esisteva una montagna, una pianura e… una «costa». Alla costa appartenevano in genere i negozianti, coloro che trasportavano dal mondo degli affari nella politica i loro metodi opportunisti e mercantili. Così nei partiti moderni vi sono i costeggiatori, i quali seguono ogni insenatura, girano attenti ogni scoglio e si tengono pronti ad approfittare del flusso e del deflusso. Ebbene, se ve ne sono anche nel nostro partito, noi dobbiamo trascinarli tutti verso il largo, proclamando che oramai la pessima legge elettorale ha almeno il vantaggio di disimpegnarci dalle preoccupazioni della manovra. Si va al largo, battendo bandiera propria, conquistandoci la libertà di predicare al popolo italiano che la sua salvezza sta nella democrazia cristiana. È questa libertà che i futuri deputati popolari chiederanno al potere nella Camera nuova, colla speranza di poter infondere, anche in parte di coloro che oggi ci sono nemici, la persuasione che tali principii saranno anche la fortuna della patria.

La situazione si svolse così, che il Consiglio nazionale popolare, raccolto il 20 ottobre 1922, a due anni dalla riunione che abbiamo citato nel principio, si credette in presenza di una minaccia della rivoluzione di destra, onde l’appello diceva: «Non è vano il timore che siano in pericolo le istituzioni dello Stato italiano», ma continuava «non si può tornare indietro e credere di poter governare senza mantenere saldo il regime democratico non nella forma inorganica e accentratrice di ieri, ma nella forma organizzata e decentrata di domani», e concludeva facendo appello alle nuove forze della nazione di voler decidersi a vivere entro le istituzioni costituzionali rinunciando alle organizzazioni armate. La collaborazione che venne data poi, a rivoluzione compiuta, non rinnega queste tendenze perché, come verrà proclamato a Torino, essa mira alla normalizzazione costituzionale. C’è bisogno di dire, conclude l’oratore, che anche su questo terreno, a giudicare dai risultati immediati, noi siamo dei vinti?

Votare con sincerità di spirito

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Alcide de Gasperi 1 occorrenze

Abbiamo l‘intima convinzione che i nostri amici sono senza colpa, e auguriamo che possano provare subito la loro innocenza Ieri mattina vennero bruciate lungo la via migliaia di copie del nostro settimanale. Abbiamo però assicurazione che l‘autorità interverrà di qui innanzi energicamente a proteggere la libertà di stampa. Confidiamo in queste assicurazioni, e commenteremo poi. La campagna avversaria è stata vivacissima. Tutte le correnti del fascismo locale, anche quello del ‘19, anche quello del ’21, dando tregua ai propri dissensi, si sono fuse in un blocco contro di noi, trascinando con sé anche parte dei liberali che, fino a poche settimane fa, ci tenevano a distinguere innanzi alla popolazione trentina le proprie responsabilità da quelle del fascismo locale. Nella campagna abbiamo visto fascisti che nel ’19 scrivevano e stampavano: «Noi dichiariamo la guerra, la guerra buona, senza quartiere al prete e a tutte le cose sue», predicare l’ossequio alla religione. Tutti convertiti, tutti mutati nella sincerità del loro spirito? Non giudichiamo gli uomini, non giudichiamo le coscienze. Ma un celebre storico ha scritto che in fondo ad ogni lotta politica si trova sempre un dissenso religioso. Il popolo sente istintivamente che tutta questa lotta contro il Partito popolare non avrebbe rifatta la concordia fra gli elementi più disparati, se non li unisse l’ostilità contro il prete. Si dice che si rivoltano solo contro il prete che fa politica. In realtà però lo si vuole non contenere entro i limiti che la prudenza pastorale consiglia, ma ricacciare completamente ai margini, completamente ai margini della vita pubblica. È bastato nel comizio di Vermiglio che un giovane prete si mostrasse ad applaudire, perché gli gridassero: «Vada in chiesa, non contamini la religione»! Così lo si vorrebbe spogliato dei suoi più essenziali diritti di cittadino che anche nelle recenti istruzioni ecclesiastiche sono espressamente riservati e garantiti. Confidiamo che il clero non si lasci intimidire e difenda con prudenza ma con fermezza la propria posizione d’italiani di pieno diritto. Noi protestiamo contro gl’insulti diretti contro il nostro maestro don Sturzo. (Applausi). Egli ha abbandonato da tempo il posto di segretario del partito, non ha parlato in pubblico per tutta questa campagna elettorale, non ha nessuna ingerenza nella amministrazione dello Stato; perché tanto accanimento da parte di coloro che hanno tutti i poteri? Perché l’insulto e il dileggio che abbiamo visto disegnato in questi giorni sulle nostre vie? Il popolo sente istintivamente che l’avversione è più insistente e più acre, appunto perché si tratta di un prete. Anche per questo il Partito popolare in questa campagna non ha voluto confondere le sue sorti con quelle del partito dominante. Noi non neghiamo i provvedimenti buoni del governo, né abbiamo ragione di non ammettere che molti fascisti siano religiosi, ma sentiamo che nella vasta corrente si sono convogliati elementi, dei quali dobbiamo diffidare. Può darsi che, Dio non voglia, questi elementi cerchino di preparare la lotta anticlericale in Italia. Perciò il Partito popolare deve stare in riserva. Si dice che il Partito popolare intralci con ciò l'esperimento fascista e perciò ci s‘invita a spezzare il nostro bastone ed a seguire la corrente. Ma il governo ha già assicurata, in forza del meccanismo elettorale, un’enorme maggioranza, ha la milizia; perché questa corsa sfrenata al sistema totalitario, perché negare la funzione storica e sincera dei partiti? E se l’esperimento fascista non riuscisse? Se cioè esso portasse sì a buone o non cattive novelle di legge, ma non risolvesse coi metodi il compito principale che è quello della pacificazione e della concordia nel paese? Finora questa auspicata meta non è raggiunta e crediamo che colla forza non si raggiungerà. Certi metodi la trasferiscono sempre più lontana. E allora che cosa ci riserva l'avvenire? Non è bene che vi sia un partito d’ordine, il quale distingua nettamente le responsabilità e riaffermi la legge d’amore e la giustizia sociale del cristianesimo? Parlando a quattr‘occhi, i più dicono, crollando il capo, che le cose in tal modo non possono continuare. Per ragioni d’ingenuità, d’opportunità, di debolezza finiscono tuttavia coll’approvare ed incoraggiare proprio ciò che vorrebbero biasimare. È così che il voto diventa per costoro un atto d’ipocrisia ed una menzogna convenzionale. Bisogna invece reagire alla seduzione dei tempi. Bisogna non disertare la propria coscienza, bisogna votare con sincerità di spirito e libertà di mente. (Vivissimi applausi).

Il dovere dei popolari nell'ora presente

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Alcide de Gasperi 2 occorrenze

Quest’atteggiamento realistico però, che vale per i tempi e i luoghi nei quali i risultati dei movimenti, svoltisi al di fuori di noi, sono già maturi, non implica, com’è ben chiaro, un tal quale agnosticismo o una minore nostra combattività contro dottrine e movimenti che abbiamo sempre combattuto e dobbiamo combattere. Già in una circolare del luglio scorso la direzione del partito invitava le sezioni tutte a vigilare e ad operare, affinché le caratteristiche del partito venissero nettamente e vigorosamente affermate. Bisogna insistere oggi più che mai su tale direttiva. Dopo la limitazione e, spesso, la cessazione forzata di ogni attività, conviene oggi pensare ad una ripresa generale. Se nel campo organizzativo e delle pubbliche manifestazioni dobbiamo ancora tener conto della pressione governativa, ci rimane però la possibilità di attrezzarci per le battaglie di domani. A ragione l’Avanti! ricordava nelle recenti polemiche che «il moderno movimento democratico cristiano è indubbiamente (per i socialisti) più temibile del vecchio clerico—moderatismo». Per noi trentini che abbiamo opposto all’avanzata del socialismo il baluardo delle nostre organizzazioni, che ci costarono tanti anni di lavoro, non è necessario ricorrere ad esempi lontani. La preparazione e la maturità dei nostri fu tale, che quando la proporzionale amministrativa ci portò alla collaborazione con tutti i partiti, la nostra energia propulsiva non subì attenuazioni. Ma per ricordare esempi illustri di grandi predecessori, pensate a Decurtins che poté senza compromissioni o confusioni convocare il primo congresso internazionale per la legislazione del lavoro, aprendo le porte a tutti i partiti, appunto perché aveva fatto precedere un intenso lavoro di organizzazione e di chiarificazione entro gli operai cattolici svizzeri, o rievocate il fatto eminentemente caratteristico che il più autorevole delegato del Centro il quale assieme al Gröber e al prelato Mausbach fu chiamato in un’ora grave a cercare e concludere un modus vivendi coi socialisti più temperati, alla vigilia della costituzione di Weimar, fu proprio quel canonico Hitze, al quale si deve la legislazione sociale dell’impero germanico, opera che mirava a sottrarre i lavoratori alle seduzioni del socialismo. Non cito questi esempi per farne delle applicazioni a casi concreti che in questo momento non sono oggetto delle mie considerazioni, ma per avvalorare la mia tesi che tanto più i partiti sono attrezzati a sopportare una situazione di fatto che venga imposta dai rapporti di forza sul terreno politico, quanto maggiore è la loro chiarezza e la loro fermezza sul terreno delle dottrine e quanto è più intensa la vitalità del loro programma e della loro azione autonoma. È forse questa una conclusione troppo ovvia, ma io sento il bisogno di dirla, perché si sappia che nel momento in cui esigenze imprescrittibili della vita politica e civile portano i popolari a manifestazioni comuni con uomini e con partiti lontani dalle loro dottrine, essi sentono però nel tempo stesso il dovere di assicurare al loro programma cristiano tutta la virtù intrinseca di attrazione, di assimilazione e di rigenerazione politica e sociale.

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