Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Il nuovo governo civile e le nostre autonomie

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Alcide de Gasperi 5 occorrenze

Nitti abbiamo colto l’occasione per plaudire al suo programma di sviluppo industriale per il nostro paese dichiarando che questo sarà il migliore programma di propaganda nazionale per tutta la regione, così non abbiamo mancato di cogliere l’occasione, poiché l’on. Credaro s’interessa in modo particolare di cose agricole, per ricordargli che nel progetto di trattato con l’Austria pubblicato recentemente manca una clausola protettiva per i vini trentini ed istriani, e per pregarlo di voler interporsi presso l’on. Tittoni, perché si voglia ancora per l’ultimo momento introdurre almeno la stessa clausola, che assicura un trattamento speciale ai vini dell’Alsazia-Lorena.

Col chiedere l’immediata partecipazione al diritto di votare con tutti gli altri cittadini italiani nelle prossime elezioni generali noi non abbiamo chiesto e ottenuto che la piena e fattiva cittadinanza italiana (applausi). Fin qui - dice l’oratore -, si tratta dunque di ottenere il diritto di dire la propria opinione in base al suffragio universale eguale e proporzionale e di stabilire la procedura perché l’esercizio di tale diritto sia assicurato nel termine più breve possibile. Fin qui dovremmo quindi essere tutti d’accordo.

Ma francamente e lealmente abbiamo chiesto al capo del governo quali erano le sue intenzioni e le sue direttive, esponendo lo stato d’animo delle nostre popolazioni, che aveva provocato preoccupazioni e proteste. E quando l’on. Nitti, dichiarando che l’on. Credaro non è massone, ha tenuto a correggere l’opinione che si ha in Italia di lui, gli abbiamo risposto che noi ultimi venuti in Italia troviamo situazioni ormai compromesse e fame fatte indipendentemente dal nostro contributo, e che è su questi elementi che noi e il popolo nostro dobbiamo fondare il nostro giudizio; che ad ogni modo le intenzioni direttive e di imparzialità che il governo assicura voler attuare dai nuovi governatori, se rese pubbliche, potrebbero attenuare almeno l’impressione che la nomina doveva fare. L’oratore si è incontrato anche con l’on. Credaro, il quale ha ripetuto le dichiarazioni di Nitti nel senso di voler venire nel nostro paese semplicemente come rappresentante dell’Italia e non come uomo di parte. Speriamo - aggiunge a questo punto l’oratore - che la sana aria trentina, quando l’on. Credaro avrà abbandonato il nostro paese, avrà guarito o la fama dell’uomo, se i suoi amici hanno torto, o l’uomo stesso, se i suoi avversari hanno ragione. Ma l’accusa che ci si fa di perdere di mira gli interessi generali del paese, per il nostro punto di vista particolare è affatto infondata.

Allora abbiamo sentito che il nostro dovere era di risalire ai di là della persona, alle cause che avevano prodotto le nostre preoccupazioni, di chiarire cioè in forma indubbia il programma che il ministero intendeva attuare con tale nomina e le direttive che la avrebbero accompagnata. Fu perciò che immediatamente per mezzo dei nostri amici della direzione e del gruppo parlamentare popolare e direttamente in un colloquio col presidente del Consiglio furono posti questi quesiti pregiudiziali: 1. Urgente necessità per le terre redente di avere la loro rappresentanza elettorale, non appena proclamata l’annessione. 2. Durante il breve periodo transitorio avere il massimo rispetto delle autonomie amministrative e scolastiche. 3. Non si deve introdurre alcun mutamento nel regime degli enti locali prima che la rappresentanza elettorale delle terre redente possa concorrervi col proprio voto.

E questo è un patrimonio sacro, che abbiamo ereditato dai nostri padri, e che vogliamo trasmettere intatto alle generazioni che verranno. Perciò diciamo ai nostri amici: Vigilate, organizzatevi e diventate forti, perché solo nella vigilanza sta la nostra forza come organismo politico, sta la garanzia che le promesse d’imparzialità e di rispetto ai nostri sentimenti vengano anche mantenute. Per questa battaglia noi daremo tutte le nostre forze ed è qui in gioco l’interesse puramente ideale superiore a qualsiasi interesse passeggero di partito. Su questo terreno non transigeremo e domandiamo solo agli avversari di combatterci colla stessa franchezza e colla stessa sincerità con cui noi accetteremo la battaglia (applausi). La guerra non ha fatto che rafforzare le nostre convinzioni in tal riguardo. L’oratore ricorda di aver letto l’ultima lettera di un soldato trentino ferito e poi morto in un ospedale di Vienna, diretta alla moglie, ove il morente riassumeva le dolorose esperienze della campagna in Galizia e della fatale trincea: «Ricordati di educare e far educare religiosamente i figlioli, perché solo con la religione li renderai capaci di spiegarsi e di sopportare la vita». Questo testamento del soldato è il testamento di migliaia e migliaia dei nostri morti e pensando questa grande guerra come un’immensa burrasca abbattutasi sul mondo, all’oratore è parso che il monito scritto dall’umile soldato possa raffigurarsi a quell’ultimo documento che l’esploratore dei poemetti di De Vigny nell’istante in cui la nave corre sugli scogli e tutto è perduto, affida ad una bottiglia lanciandola nel mare col grido: «Che Dio ci conduca a terra!». Noi oggi, arrivati finalmente su questa terra benedetta d’Italia, raccogliamo il monito scritto guidato a noi dalla mano divina, d’onda in onda e di mare in mare. Lo raccogliamo e promettiamo di trasmetterlo come norma direttiva alla nostra e alla futura generazione: in esso è contenuta la difesa del pensiero cristiano ed infine anche la difesa più pura del pensiero italiano. Il lucido discorso dell’on. Degasperi, ascoltato con vivo interesse e interrotto frequentemente da calorosi applausi, è coperto alla fine da una lunga scrosciante ovazione.

L'assemblea costitutiva del Partito popolare

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Alcide de Gasperi 6 occorrenze

Noi persone individuali abbiamo un altro destino che gli stati». Amici, scusate la lunga citazione. Ma innanzi a quello che avviene intorno a noi, è necessario risalire ai principi. Abbiamo oltrepassata la frontiera di un mondo ch’è scomparso negli abissi dei secoli e abbiamo messo il piede trepidanti in una nuova società politica. Ma l’una e l’altra società compiono quaggiù i loro destini. I nostri invece sono superiori ad entrambi. Per questo nella nostra anima abbiamo portato con noi dalla società umana che ci si è sfasciata attorno alla società nuova che ci ha accolto, un certo corredo di diritti naturali e di concetti superiori che regnano nella cittadella della nostra coscienza. Uno dei più cospicui di questi diritti è quello di professare e far insegnare liberamente la fede dei nostri padri. Ché si parla di austriacantismo, quando reclamiamo per i padri di famiglia il diritto di far insegnare il catechismo ai loro figlioli? Questo diritto era scritto nella nostra coscienza dalla natura prima che Austria o Italia fossero, al di sopra e al di fuori di ogni società umana (applausi). Ché ci accusate di tiepido amor patrio, quando reclamiamo per i tedeschi la stessa equità che abbiamo domandato per noi? È questo un sentimento di giustizia che sta in fondo della nostra coscienza e che vi soffoca ogni velleità di rappresaglia per i torti subiti. Ché ci denunciate di scarso civismo, quando protestiamo contro la Sardegna, come avevamo protestato contro Katzenau, o quando deprechiamo ogni eccesso del militarismo ovunque si trovi? La protesta s’inspira ad una concezione superiore del diritto naturale e primordiale dell’individuo di fronte a quella qualsiasi società umana che lo circonda (applausi). Vedano quindi i nostri avversari, se vogliono comprendere la nostra politica, di non scordare che al di sopra di essa noi poniamo le leggi immutabili della natura e della morale. E vediamo noi amici di non dimenticare mai che siamo entrati nella vita nazionale con questo patrimonio perenne di verità, di diritti e di principi, con questa coscienza morale che va tenuta ben in alto al di sopra del cammino dei partiti perch’essa è la lucerna che rischiara loro la via. Sovra tutto in questo momento. Questa fiaccola bisogna agitare sovratutto in questo momento, in cui lo spettacolo dell’immensa violenza patita, degli orrori e disordini del militarismo a cui hanno assistito, minaccia di travolgere il senso morale delle nostre buone popolazioni. A questo s’aggiunge l’attiva propaganda socialista.

Quante volte sovratutto abbiamo temuto di perdere l’anima di questo popolo, la sua anima onesta di lavoratore tenace e di cittadino cosciente. Abbiamo temuto, disperato mai! Ed eccovi qui, vecchi amici, a confermare di persona le nostre speranze. Usciti fuori appena di sotto alle rovine, aggrappativi testé alla riva, dopo l’immane naufragio, arrampicativi appena per il buratto infernale fin su a riveder le stelle, io vi saluto in quest’alba di un mondo nuovo, voi che, lasciate alle spalle le cure di un pauroso egoismo, vi ritrovate a riaffermare i diritti del popolo trentino e a propugnare gl’interessi collettivi del vostro paese (applausi). Molti dei nostri amici sono caduti; sorgiamo in piedi, in segno di pietà (l’assemblea assorge). L’oratore continua: Ma in piedi, amici, voi siete anche per affermare che la vostra volontà dopo tanto schianto, non è spezzata, che il vostro spirito, dopo tanto veleno, non è inquinato, che la vecchia quercia del popolo trentino ha perduta qualche fronda sì, forse qualche ramo, ma il tronco e le radici hanno resistito e tornano a metter foglie e fiori (applausi). Fra voi vedo anche amici giovani, che non conoscono le battaglie di ieri, ma si preparano con entusiasmo a quelle di domani. A loro uno speciale saluto. Il nostro partito non è recinto chiuso e porta nel suo programma i germi di una perenne giovinezza. Chi ama il nostro popolo, chi condivide ed apprezza i suoi ideali, sia il benvenuto, da qualunque parte esso venga. È il momento grave in cui tutte le forze sane devono trovarsi a bordo; solo la zavorra dell’egoismo, dell’interesse personale, delle ambizioni vili getteremo inesorabilmente nel mare! (approvazioni).

Poiché il programma autonomista, sostanziato di postulati concreti, lanciato in mezzo alla nazione, ove, come abbiamo visto, raccoglie il suffragio delle energie più sane e capaci di rinnovare l’Italia, è programma di dignità e di fierezza, esso contiene anche una forza educativa del costume politico. Solo se salverà le sue autonomie, il Trentino e i trentini avranno politicamente una personalità propria e poiché saranno forti di una maggiore libertà e di una maggiore sicurezza dei loro diritti potranno dimostrare agli altri con qual virtù si possa servire la patria, quando si e forti di una forza propria (applausi). Rifacciamoci ora di nuovo al momento della nostra liberazione politica. Con quale ansia, amici miei, abbiamo atteso la grande giornata! Quando venne finalmente, le aspre lotte per la nostra esistenza nazionale, il diuturno contrasto per dimostrare la legittimità delle nostre aspirazioni, avevano inciso nelle nostre menti un concetto altissimo di quello ch’è per l’individuo la nazione e di quanto dovesse valutarsi per noi il ricongiungimento colla madre patria. Il fatto che s’invocava non era il cambiamento di dogana, il mutamento di governo: era a traverso l’unione politica, l'unione morale colla nostra nazione. Quest’unione morale abbiamo quindi esaltato perché ci chiama ad un sentimento comune di grandezza, ci fa partecipi di un patrimonio glorioso del passato, ci associa alle conquiste civili dell’avvenire e, facendo di ciascuno di noi un figlio della grande nazione italiana, irradia su noi una luce nuova che eleva il nostro spirito e moltiplica i nostri impulsi di progresso. Nessun pericolo quindi per noi di svalutare l’opera di unificazione nazionale.

Sappiamo che queste torve teorie e questi principi sanguigni, per ragioni a cui abbiamo altra volta accennato, trovano in parte notevole del nostro popolo buon terreno. Questo fatto è inutile negare, bisogna ammettere, anche se dispiaccia. Noi avremmo certo preferito che i socialisti nostrani, seguendo l’esempio dei socialisti dell’Alsazia-Lorena, avessero collaborato in questo grave momento al rinnovamento economico democratico del paese, trovando nel riavvicinamento dei nostri programmi, in quanto riguarda le rivendicazioni politico-sociali immediate, la possibilità di procedere in una azione molto utile al popolo e per un lungo tratto parallelamente, come avviene oltre che in Austria e in Germania, nel Belgio. Ma i socialisti nostrani della nuova maniera, trovarono più facile e più redditizia la propaganda per la conquista violenta della dittatura politica che per la rivendicazione delle nostre libertà locali; entusiasmano più agevolmente col comunismo e coi soviet che con qualsiasi riforma sociale di pratica attualità; ottengono più facili trionfi nel tuonare spietatamente contro tutte le guerre piuttosto che nel propugnare provvedimenti per rimediare alle conseguenze della guerra guerreggiata in paese (applausi prolungati). Di fronte a questa propaganda massimalista, l’unico argine di resistenza è il partito popolare. A noi tocca fronteggiare questa propaganda che dilaga, con uno sforzo più intenso di organizzazione ed una diffusione più viva delle nostre idee. Il compito è aspro, tanto più che ai nostri fianchi abbiamo altri partiti minori, che, incapaci essi stessi di un programma di ricostruzione sociale, si cacciano di traverso nelle nostre file per sgominare la nostra compagine, e racimolare aderenti fra i nostri disertori. Ma questo sforzo va fatto, a costo di qualsiasi sacrificio. Non è questo il momento di risparmiarci (approvazioni). Una nuova forza è venuta del resto ad alimentare l’attrazione della nostra propaganda, ed è il senso di solidarietà con milioni di fratelli della stessa fede che combattono per il trionfo degli stessi ideali entro la nazione. Ecco cosa vuol dire, amici miei, avere finalmente una patria.

Abbiamo creduto superfluo esporre organicamente in parecchie relazioni il nostro programma. Nelle sue linee generali esso non può essere che quello già noto e formulato dal Partito popolare italiano, al quale vi proponiamo d’aderire e per quanto riguarda gl’interessi particolari della nostra terra, i problemi ed il nostro atteggiamento di fronte ad essi vennero discussi e precisati in altre adunanze, cosicché ci è parso sufficiente sottoporre alla vostra discussione ed alle vostre deliberazioni le conclusioni formulate nei brevi ordini del giorno che vi stanno dinnanzi.

È perché abbiamo fede in questa missione, in questo destino segnato così evidentemente nella storia dal dito di Dio, che dobbiamo aver fede - al di là di ogni fenomeno che ci urti presentemente - nel popolo italiano, fede nel suo avvenire, fede nella missione che la nazione nostra eserciterà in Europa e nel mondo, per la sua rinnovazione sulle basi della fratellanza, del diritto, della giustizia (acclamazioni). Il relatore prelegge e spiega gli ordini del giorno che il Comitato provvisorio raccomanda all’assemblea, la quale sottolinea spesso con approvazioni ed applausi. Ecco il testo:

Una conferenza dell'on. Degasperi a Merano. Il contraddittorio coi socialisti

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Alcide de Gasperi 2 occorrenze

Abbiamo bisogno in Italia di una altra guerra, più sanguinosa e più crudele, perché fratricida? Ha bisogno il nostro paese semidevastato che l’Italia, a cui è appena congiunta, si lanci nel caos dell’esperimento comunista, mentre c’è tanta urgenza che si riprenda il lavoro, si riordinino le finanze, si aumenti la produzione, affinché noi stessi possiamo uscire dalla crisi in cui ci ha lasciato il conflitto mondiale?

Non abbiamo difficoltà ad ammettere che la pace di Parigi non ha raggiunto l’ideale che l’umanità s’era proposto. Ammettiamo che, essendosi abbandonato il criterio assoluto dell’autodecisione e del principio nazionale, l’Italia, seguendo l’esempio delle nostre nazioni, si è adattata ad una soluzione di compromesso, in cui è commisto anche il criterio della difesa strategica. Noi trentini, che abbiamo invocato alla Camera austriaca il principio dell’autodecisione, non lo smentiamo di fronte a nessuno, per quanto converrà pur ammettere che una sua rigida applicazione per ogni lembo di territorio, per ogni città, per ogni villaggio, senza tener conto d’altri punti di vista, potrebbe condurre in pratica all’assurdo. Ma dovevamo noi nel momento in cui si rivelava che tutte le nazioni nel consesso di Parigi ricorrevano in misura ben maggiore a questo criterio di difesa strategica, con l’animo ancora atterrito per il pericolo corso esigere - anche se fosse stato in nostro potere - che proprio l’Italia, la quale si atteneva ad esso in una misura ben più trascurabile, vi rinunziasse? Proprio l’Italia che per secoli fu teatro delle invasioni dei popoli nordici, in causa anche della debolezza dei propri confini? Dal nostro punto di vista, quando alcuni di noi furono richiesti del loro parere personale, era doveroso ci limitassimo a dire che la questione della frontiera settentrionale era questione che andava risolta dai rappresentanti gl’interessi di tutta la nazione e dal punto di vista di questo legittimo interesse generale, non con riguardo alle nostre esperienze locali, le quali ci hanno permesso tuttavia di aggiungere: in ogni caso meno tedeschi ch’è possibile. Siamo qui dunque sul terreno delle relatività umane e ci basti a dire che l’Italia è più vicina alla soluzione ideale di qualsiasi altro Stato europeo. Confrontino del resto i tedeschi il loro atteggiamento col nostro. L’oratore ricorda qui, per non andar più indietro, i postulati del congresso di Sterzing del maggio 1918. A questo congresso i rappresentanti dei partiti tirolesi domandarono ad unanimità l’annessione all’Austria dell’altipiano dei 7 e 13 comuni, della valle superiore dell’Adda e dell’Oglio, di gran parte della provincia di Venezia e di Udine. Essi proclamavano l’indissolubilità e l’unità del Tirolo da Kufstein fino alla chiusa di Verona, ed il reciso diniego di ogni autonomia «del terzo meridionale della provincia, il cosiddetto Tirolo meridionale»; incameramento delle sostanze dei fuorusciti; vescovo e seminario tedesco e «completa trasformazione della scuola nel Tirolo italiano introducendo il tedesco, come oggetto obbligatorio». L’oratore vuol ricordare questo non per consigliare rappresaglie, ma appunto per dimostrare che la stampa tedesca avrebbe oggi il dovere di essere più modesta. Quando i tedeschi hanno chiesto l’autonomia, la maggioranza dei trentini ha risposto che non intende opporsi a che i tedeschi sul terreno delle autonomie locali, che i trentini reclamano anche per sé, abbiano un’amministrazione separata. I trentini non hanno mai consigliato una politica repressiva e mentre durante la guerra i tirolesi inveirono contro i nostri deputati confinati - basti ricordare l’on. Conci tenuto lontano dalla Giunta e costretto ad abbandonare perfino il convegno d’Innsbruck ove si dovevano discutere provvedimenti contro la fame — questi stessi deputati non ebbero difficoltà ad intervenire in favore di un deputato dietale, tirolese. Questo il contegno nostro, conclude l’oratore, che ci dà diritto di deplorare il contegno di certa stampa. Certo che noi non potremo mai permettere che agl’italiani dell’Alto Adige venga ostacolato il loro libero sviluppo, in nome di una dottrina di Monroe che si vuole applicata a tutto il territorio sopra Salorno. Infine un’enorme differenza — rileva il dr. Degasperi — esiste ancora in favore dei tedeschi al confronto di quella ch’era la situazione nostra rispetto allo Stato. Noi eravamo in Austria sudditi, essi in Italia sono cittadini. Sopra noi regnava l’inquisizione del pensiero, ché non ci era lecito esprimere nemmeno la nostra simpatia verso la nostra nazione e ci si educava all’ipocrisia, esigendo da noi dichiarazioni di patriottismo. I tedeschi, invece, hanno potuto liberamente proclamarsi repubblicani, criticare nei loro giornali il trattato di S. Germain, proclamare le loro riserve e proteste di diritto statale. Ai tedeschi resta libero di usare di tutte le armi della libertà politica e della democrazia; e se quest’uso non è pieno in questo periodo di transizione, come non è nemmeno per i trentini, presto verrà il tempo in cui potranno eleggere i loro rappresentanti. Si mettano francamente e apertamente su questo terreno, lascino le diatribe infeconde e nel pieno esercizio delle libertà politiche impareranno ad apprezzare le garanzie civiche che offre lo Stato italiano e ad amare l’Italia, che non conoscono ancora. Questo in sunto quanto espose in forma piana e senza pretese nella prima parte della sua conferenza l’on. Degasperi.

Costituzione, finalità e funzionamento del Partito Popolare Italiano

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Sturzo, Luigi 9 occorrenze
  • 1919
  • Opera omnia. Seconda serie (Saggi, discorsi, articoli), vol. iii. Il partito popolare italiano: Dall’idea al fatto (1919), Riforma statale e indirizzi politici (1920-1922), 2a ed. Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2003, pp. 74-87.
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Fin dall'inizio abbiamo escluso che la nostra insegna politica fosse la religione, ed abbiamo voluto chiaramente metterci sul terreno specifico di un partito, che ha per oggetto diretto la vita pubblica della nazione.

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Sarebbe illogico da ciò dedurre che noi cadiamo nell'errore del liberalismo, che reputa la religione un semplice affare di coscienza, e cerca quindi nello stato laico un principio etico informatore della morale pubblica; anzi è questo che noi combattiamo, quando cerchiamo nella religione lo spirito vivificatore di tutta la vita individuale e collettiva; ma non possiamo trasformarci da partito politico in ordinamento di chiesa, né abbiamo diritto di parlare in nome della chiesa, né possiamo essere emanazione e dipendenza di organismi ecclesiastici, né possiamo avvalorare della forza della chiesa la nostra azione politica, sia in parlamento che fuori del parlamento, nella organizzazione e nella tattica del partito, nelle diverse attività e nelle forti battaglie, che solo in nome nostro dobbiamo e possiamo combattere, sul medesimo terreno degli altri partiti con noi in contrasto.

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Il nostro programma concepito così come ragione dinamica di un intero organismo, sarà oggi il punto di partenza delle nostre discussioni sui temi specifici posti all'o.d.g. del congresso, come di fatto è stato il punto di partenza dell'azione pratica che abbiamo iniziato nei pochi mesi della nostra attività.

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A completare la nostra organizzazione di partito abbiamo costituito il gruppo parlamentare del partito popolare con diciannove aderenti e con speciale regolamento, che ne fissa la disciplina e i criteri d'azione e di responsabilità, sì da potere così formare un organismo distinto, ma soggetto alla medesima disciplina sostanziale e formale.

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Non possiamo dire, né del resto sarebbe opportuno, in quanti collegi si potrà oggi affrontare la battaglia con candidati nostri; non abbiamo nemmeno la valutazione del modo in cubi la battaglia sarà combattuta; solo possiamo affermare che un partito nuovo e giovane come il nostro che ha un avvenire davanti a sé, ha una vita popolare che freme, e non deve sciupare le sue forze in sterili tentativi, quando la sua è una responsabilità civica di primissimo ordine, e quando ad esso sono volte tante aspettative nell'ansia di un momento così duro per la patria nostra.

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Consci di questa nostra posizione e responsabilità, fin dal primo sorgere abbiamo iniziato la più viva battaglia che si sia fin oggi combattuta per le nostre riforme costituzionali a favore del collegio plurinominale con sistema proporzionale. Le affermazioni teoriche che facevano capo all'associazione proporzionalista di Milano furono col nostro passo portate su terreno politico, per una attuazione immediata; e alla nostra affermazione seguirono quelle degli altri partiti. Però taluni di questi, e più che i partiti talune coalizioni e consorterie ben note in Italia, mentre a voce mostravano e mostrano di volere la riforma, all'ombra discreta del governo le cospirano contro. L'urgenza delle elezioni, ieri a giugno oggi a ottobre, è l'argomento principale di questi anonimi oppositori che per il temuto ritardo delle elezioni affacciano non si sa quali conseguenze dannose per la nazione.

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A completare il nostro lavoro, segnato a rapidi tocchi in questa relazione e a rispondere alla necessità della formazione politica delle nostre masse abbiamo fatto appello alla stampa, e in diverse riunioni tenute con i direttori dei giornali quotidiani aderenti al partito si è visto quale forza da utilizzare abbiamo con noi. Però era necessario non solo sviluppare la propaganda con opuscoli e stampe già diffuse a migliaia, ma avere un organo di partito. Ed è già venuto alla luce il primo numero del Popolo Nuovo,accolto da generale favore come una voce continua e forte che indirizzi e guidi nell'aspra e difficile lotta.

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A questa elaborazione abbiamo chiamato anche la donna, costituendo i gruppi femminili nelle nostre sezioni e studiandone i problemi che la riguardano, perché anche la donna deve oggi contribuire con le sue forze sane e con la sua indole animatrice al formarsi della nuova società che sorge.

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Per questo abbiamo redatto un regolamento molto preciso, in cui traspira un senso di alta disciplina ed abbiamo fissato pochi temi sintetici, che diano il tono e la caratteristica del partito, e valgano a far prendere posizione netta e chiara nel dibattito sugli interessi nazionali e sulle tendenze politiche nel paese. Certo nessuno potrà presumere di aver fatto un lavoro privo di mende e di imperfezioni; e il rilievo sarà facile a quanti, e dal punto di vista generale e da quello locale, troveranno che si poteva fare in modo diverso e con risultati migliori. Quel che preme si è che il lavoro fatto fin oggi, con tanta attività e con sì vive speranze in ogni parte, non sia svalutato da un congresso che deve esserne la più alta ed insieme sincera espressione e deve poterlo sintetizzare sì da poter destare energie sopite, vincere diffidenze ingiustificate, superare difficoltà non dome, accendere entusiasmi profondi.

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