Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Relazione critica intorno all'opera "Il quadro parlante" del maestro Bacchini

261795
Fabrini, Enrico 1 occorrenze
  • 1871
  • Tipografia della Società dei compositori- tipografi
  • Firenze
  • critica d'arte
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Di queste note particolari che distinguono l’epoca della sosta in una scienza o in un’arte fra il periodo miracoloso della creazione e quello conseguente del decadimento, ovvero quell’epoca isterica la quale segna una specie di risorgimento dopo la decadenza medesima, quando gli uomini nuovi, lontani dalle lotte antiche delle scuole, giudicano a freddo gli elementi de’ quali esse si valsero, e fattane una scelta, li ricompongono, benchè disparati, in un tutto meglio che possono omogeneo, onde nacque e s’intitolò il sistema eclettico, abbiamo larghi e variatissimi esempj. Nelle scienze filosofiche, le elucubrazioni pazienti della scuola alessandrina; nell’arte pittorica i laboriosi esperimenti della scuola bolognese: e se volessimo girar l’occhio attorno, quasi diremmo nella storia d’ogni disciplina, sarebbe agevole di trovare un periodo speciale di manipolazione e d’impasto, inaugurato s’intende da uomini per animo e per intelletto robusti. Ora, poi che di questi intendimenti e di questi sistemi eclettici non è penuria ogni volta che un’arte perde la forza intrinseca per lo scadimento delle facoltà inventive, chi sa che ormai non siamo pervenuti al punto che uno di codesti debba toccare in sorte anche alla musica. L’arte de’ suoni è presso a diventare l’arte esclusiva delle armonie e de’ contrappunti: chi meglio li congegnerà, chi peggio: chi starà nel giro degli accordi consueti, chi, desiderando fare il nuovo ad ogni costo, darà nello strampalato e nel falso. Ma però anche che taluno l’impugni, la tendenza del periodo a noi contemporaneo nel quale facciamo la parte di spettatori egualmente che d’attori, è che la scolastica supplanta il bel canto, l’armonia co’ molteplici intrecci de’ suoi seducenti colori vagheggia un primato assurdo ed erroneo di fronte a’ dettami dell’estetica, l’artificio infine piglia il posto dell’arte. Siamo in breve, a quanto ci pare, pervenuti in musica al punto segnato nella storia della pittura da Michelangelo da Caravaggio: punto di depressione intellettiva e di conseguente realismo artistico.

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Il cuoco sapiente

283475
12 occorrenze
  • 1871
  • Enrico Moro Editore
  • Firenze
  • cucina
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Se volete mangiarli al brodo, non avete che a farli cuocere come le altre minestre, avvertendo solo che per ogni 4 dozzine di agnellotti occorre un litro di brodo: se invece volete farli al sugo, li lesserete prima nell'acqua, gettandoveli a pochi per volta quando questa è in piena ebullizione; indi ne li ritirerete con una mestola bucherata, a fine di farli sgocciolare, e mettendoli a strati in un gran piatto, li condirete con buon parmigiano grattato e sugo di carne, come abbiamo detto per le paste al sugo (num. 90).

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Cuocete i maccheroni nell’acqua con sale; sgocciolateli, metteteli in un gran piatto e conditeli con burro fresco e parmigiano grattato, operando in tutto come abbiamo detto sopra per i taglierini.

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Fate i ravioli come abbiamo detto al num. 100; cuoceteli nell'acqua a bollore, ritirateli con una mestola bucherata, onde possano sgocciolare, e accomodandoli a suoli in un piatto, conditeli con burro liquefatto e formaggio parmigiano grattato.

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Pestate nel mortajo un buon pugno di capperi, riducendoli come una pasta; passateli per istaccio di crine, mescolateli alla senape già stemperata come abbiamo detto sopra, e passate nuovamente per istaccio il tutto.

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Per ogni altra norma da osservarsi per il lesso, rimandiamo il lettore a quanto già abbiamo accennato parlando del brodo (V. num. 18).

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In quanto al modo di servire questi diversi ortaggi, abbiamo già detto sopra che si usa condirli come l’insalata, cioè con olio, aceto, sale e pepe; tuttavia gli sparagi da molti si preferisce condirli con burro liquefatto e parmigiano grattalo. I broccoli ed i cavoli neri si usa servirli anche con fette di pane abbrustolite, stropicciate con aglio ed inzuppate poi nell’acqua stessa in cui si son fatti cuocere i cavoli: queste fette si accomodano in un piatto, e sopra di esse si distendono i cavoli od i broccoli.

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Poscia mettete il tutto sul tagliere, unendovi gli schienali, che, come abbiamo detto, non avrete fatti rosolare; tagliate a pezzi non troppo grossi, ogni cosa separatamente; prendete 20 o 24 stecchi lunghi circa 15 centimetri (*), e ad ognuno di questi infilzate un pezzo per sorta delle suddette sostanze. Pestate infine nel mortajo tutti gli avanzi rimasti sul tagliere, unitamente ad alquanta mollica di pane inzuppata in brodo tiepido; aggiungetevi 6 tuorli d’uova e 2 chiare bene sbattuti, un buon pugno di parmigiano grattato, poca spezie, sale necessario, e, se si può avere, un tartufo sottilissimamente affettato: mescolate ben bene insieme, e di questo composto fasciale gli stecchi già preparati nel modo sopra descritto, dando loro colla mano la forma di altrettante polpette allungate, per modo però che le estremità degli stecchi restino al nudo sopravanzando da una parte e dall'altra.

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Farete cuocere i piccioni precisamente come abbiamo detto per i polli (num. 384).

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Procuratevi un bel pezzo di castrato, e di preferenza nella coscia, e fatelo arrostire allo spiede come abbiamo detto pel montone (num. 543). Anche la carne di castrato però non devesi cuocere se non quando è frollata abbastanza.

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Come abbiamo veduto, l'insalala si reca in tavola non condita, perchè ciascuno si serva a suo modo; ma accade sovente che tutti i commensali, specialmente in famiglia, s’accordino di farla condire in comune. Ecco dunque, toccando a voi un tale compito, come dovrete operare.

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Allorchè poi i maccheroni avranno prosciugato quasi tutto l’intingolo, ritirate dal fuoco la casseruola; unite ai maccheroni il piccione, l’animella e le creste, che intanto avrete tagliati a pezzi, nonchè alcuni granelli di galletto e schienali di manzo scottati semplicemente nell’acqua bollente, ed un tartufo sottilmente trinciato; mescolate il tutto, e riempiuto con questo composto il vostro pasticcio, come abbiamo già detto, lo farete cuocere al forno a moderato calore, finchè la pasta che lo ricopre sia ben rosolata. È però da avvertire, che ove il forno fosse molto caldo, si rischierebbe di vedere abbrustolire troppo il disopra del pasticcio, e rimanere quasi cruda la pasta delle pareti laterali e del fondo, come quella che non è esposta direttamente alla vampa del forno: quindi in tal caso gioverà coprire il pasticcio superiormente con un testo di lamiera, o con una grossa carta unta con burro. Questo pasticcio non si serve che caldo.

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Quanto abbiamo detto sin qui, applicasi alla preparazione di tutti gli altri sciroppi di frutta acide, dei quali perciò parleremo più succintamente.

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MILANO IN PERCORSA IN OMNIBUS COMPILATA DA GAETANO BRIGOLA ED ILLUSTRATA DA NOTIZIE STORICHE ED ARTISTICHE DA FELICE VENOSTA

683235
Brigola, Gaetano 11 occorrenze
  • 1871
  • Editore Librajo -PRESSO GAETANO BRIGOLA
  • prosa letteraria
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Nel parlare della chiesa di San Paolo, abbiamo accennato alla contessa della Guastalla Lodovica Torelli. E alla stessa che devesi questo collegio, fondato nell'anno 1557, per l'educazione civile e religiosa di donzelle milanesi nobili e povere. Esso è il più antico di questa specie.

Di rimarchevole non abbiamo altro in questo giro che l'ospedale succursale dei Fate_bene_fratelli, eretto su disegno di Nicola Dordoni, ed aperto nel 26 agosto 1860. Quivi era il vecchio convento di monache Cappuccine, sotto la protezione di Santa Maria di Loreto, fondato nel 1620 dalla famiglia Secchi. L'ordine sovrano militare Gerosolimitano mantiene in quest'ospitale 19 letti. Si ammira nella chiesa una cappella che riproduce esattamente la Santa Casa di Loreto. Nella via di San Vittore ovvi il Pio Istituto del Buon Pastore per le povere figlie traviate, iniziato privatamente pochi anni or sono da alcune pie giovani.

In Piazza Cavour abbiamo di rimarchevole l'Istituto Tecnico Superiore Creato colla legge 13 novembre 1859, ebbe principio di attuazione pel reale decreto 13 novembre 1862. _ L'edificio attuale, ricostruito con moderna architettura sotto il Regno Italico con disegno dell'architetto Pietro Pestagalli, servì a parecchi usi, che non è ufficio nostro qui rammentare. Dalla Piazza Cavour si può anche avere accesso al Civico Museo, un cui ingresso trovasi nella via Manin. _ In questa Piazza vi è da visitare Io studio dello scultore cav. Pietro Magni, il quale sta eseguendo il gran monumento a Leonardo da Vinci, che dovrà sorgere nel mezzo di Piazza della Scala. Intorno al piedestallo del medesimo, saranno le statue degli scolari del fondatore della scuola lombarda: Salaino, Boltrafiio, Marco d' Oggionno e Cesare da Sesto. Abbiamo pur quivi l'Albergo Cavour. Percorrendo la via Manin è degno di osservazione il palazzo ducale Melzi di Eril, che fu abitazione di Francesco Melzi d'Eril, vicepresidente della Repubblica Italiana, e vi morì il 16 gennaio 1816 nella età di 63 anni. In questa via è l'albergo Manin con eccellente servizio di trattoria alla carta e a pasto. Volgendo nella via Moscova devesi visitare la

Questo Riformatorio, regolato come quello di cui abbiamo parlato, era già Istituto di Santa Maria della Pace pei giovanetti traviati, fondato dal religioso comasco Paolo Marchiondi, ed aperto nel 1841. _ La chiesa è di gotica architettura; fu fondata nel 1466 da un tal Amadeo, cavaliere portoghese, frate francescano, che andava per la città gridando pace, pace onde far cessare i dissidi tra' Milanesi; e perciò detta della Pace. _ Il duca Galeazzo Maria Sforza ed altri somministrarono di poi i soccorsi per terminarla. _ Vi sono in essa pitture, pur troppo in deperimento, del Luini, del Semini, di Marco d' Oggionno; una copia della Cena di Leonardo, fatta dal Lomazzo. Presso questo luogo evvi una caserma di soldati di fanteria: era quel fabbricato già convento di monache agostiniane, dette di San Filippo. _ Fu in esso che Napoleone I fondò, nel 1810, il reale Collegio delle Fanciulle.

. _ A pochi passi abbiamo l'

Aboliti i Gesuiti nel 1773, vi subentrarono i Canonici della Cappella Regia di Santa Maria della Scala, chiesa stata chiusa il 5 agosto 1776 per fabbricare, come abbiamo veduto, il teatro grande. Soppressi parimenti questi canonici, continuò sino ai nostri giorni ad essere altra delle parrocchiali della città, conservando il titolo di Regia Cappella. Era in essa che si facevano i funerali aulici. _ L'altare maggiore di questa insigne chiesa, composto di fini marmi, di sculture e di ricca doratura, è disegno dell'architetto Pietro Pestagalli. _ Si contengono in essa chiesa pitture di Bernardino Campi, del Cerano, del Preterazzano, l'allievo del Tiziano, dei fratelli Santagostino. _ E pure da ammirarsi un bel dipinto a fresco rappresentante la Vergine, quivi trasportato dalla chiesa di Santa Maria della Scala.

Questa chiesa, che dicesi eretta sull'area di un tempio di Marte, è di antica fondazione; ebbe la sua origine nel 114 da Porzio, figlio di quel Filippo Oldano, noto per la basilica Naboriana innalzata da lui, come abbiamo accennato parlando della caserma di San Francesco, ne' propri orti. Da esso Porzio la nuova basilica fu detta Porziana. _ Essendovi poi stato nel 303 posto il corpo di San Vittore, venne da quel tempo detta di San Vittore al corpo _ Divenuta l'antica chiesa cadente dal tempo, fu nel 990 riparata dall'arcivescovo Arnolfo; ed in essa furono insediati i Benedettini neri, che vi stettero alcuni secoli; indi passò in Abbadia, e finalmente nel 1507 agli Olivetani, i quali nel 1560 posero la prima pietra dell'attuale bellissima chiesa, costruita su disegno di Galeazzo Alessi. E tutta ornata di stucchi, di fregi, di cornici allumate ad oro finissimo con nicchie, e conserva pitture dei Proeaccini, del Crespi, del Salmeggia, del Nuvolone, del Moncalvo, ecc. _ Finissimi sono gli intagli degli stalli del coro. Fu sulle soglie di questa basilica che il vescovo Ambrogio cacciò l'imperatore Teodosio, perchè macchiato del sangue dei Tessalonicesi. Il monastero di San Vittore, progetto di Giuseppe Antonio Castelli di Monza, riuscì uno dei più belli di Milano. _ Nel 1797 servì di ospedale militare; quindi, senza interruzione, di caserma di cavalleria.

Era questo poi l' edificio che comunicava col palazzo ducale, come abbiamo veduto parlando del reale palazzo. Vicino a questa casa esiste tuttora la soppressa chiesa di San Giovanni in Conca con facciata che mostra la sua antichità anteriore al secolo XII. In essa era la statua equestre di Barnabò Visconti, che vedesi nel museo archeologico. Fu in questa chiesa che il feroce Barnabò aveva fatto collocare il cadavere di sua moglie Regina degli Scaligeri. _ Dell'alta torre di San Giovanni, l'eruditissimo dottor fisico Pietro Moscati trasse profitto per formarvi un Osservatorio astronomico dei più accreditati. Lasciato in dono al Vicerè Raineri, questi lo aggregava ad uso del Liceo Beccaria. La casa vicina, che nell'ornato della porta ha i ritratti in marmo di Traiano e di Tito, era l'antico palazzo degli SforzaVisconti, edificato sull'area di quello di Barnabò.

. _ Quivi era un ospedale per gli esposti in sostituzione dello Xenodochio fondato, come abbiamo veduto, da Dateo in San Salvatore: era chiamato Ospedale di San Celso L'arcivescovo Galdino nel 1168 lo ringrandì col patrimonio del consorzio dei poveri. E qui dall'ospedale del Brolio si trasferivano gli esposti, allorchè pervenivano ai due anni; disposizione conservatasi per alcuni secoli. Questo ospedale fu anche molto favorito da Barnabò Visconti. _ Riunito il Brefotrofio nell'Ospedale Maggiore, l'edificio venne nel 1750 comperato dai monaci di Sant'Ambrogio, e nel 1765 convertito in un bellissimo monastero di Cistercensi con vago e comodo locale, e con chiesa dedicata a San Luca. Soppressi questi frati nel 1798, servì di ospedale ai soldati francesi, tedeschi e cisalpini, e quindi di quartiere alle milizie veterane cisalpine. Un cartello fu posto al sommo della porta così espresso: AI VETERANI ED INVALIDI NAZIONALI ONORE E RIPOSO ANNO IX. Nel 1801, il generale Pietro Theulié, morto il 19 giugno 1807 sotto Colberg, in allora ministro della guerra, concepì il disegno di raccogliere in San Luca i figli dei soldati orfani e bisognosi. L'Istituto di beneficenza fu aperto nell'anno 1802, e durò fino al 1839, contenendo oltre 250 alunni gratuiti, e 50 a pensione. _ Trasportato altrove l'Istituto, fu qui posta una casa di cadetti, che cessò il 22 marzo 1848. _ Servito l'edificio a diversi usi militari, nel 1859 di ospedale pei soldati feriti francesi ed austriaci, venivavi nel 1861 insediato un Collegio militare, che nel 1869 fu concentrato in quello di Napoli. Fuori della vicina Porta, chiamata Lodovica da Lodovico il Moro, che è una delle informi di Milano, trovansi, a destra, le officine della

Sorretta da quattro colonne di porfido, quelle delle quali abbiamo accennato parlando di San Maurizio, è la tribuna dell'altare maggiore, sotto il quale si rinvenne nel 1834 un magnifico avello di porfido, che forse racchiuse le ceneri di Sant'Ambrogio. Veri capolavori sono i mosaici del coro, il sarcofago sotto il pulpito e il famoso paliotto dell'altare maggiore, di massiccio argento e pietre preziose, donato nel 835 da Angilberto Pusterla, ed eseguito da Wolvino, orefice, colla spesa, che immensa doveva essere a quei tempi, di ottantamila fiorini d' oro. Contiene inoltre questo tempio di belle pitture di Ambrogio Borgognone, del Lanzani,del Tiepolo, del Porta, del Lanino, del Ferrari, del Procaccini, ecc. Nel 1002 l'arcivescovo Arnolfo vi fece collocare, su di una colonna, il serpente di bronzo, che tuttodì si vede, che egli aveva portato da Costantinopoli; vuolsi lo stesso che innalzò Mosè nel deserto a terrore degli Israeliti. La basilica Ambrosiana, dove incoronavansi i re d'Italia, è celebre nella storia; e l'archivio capitolare conserva preziose pergamene' e codici, fra cui un messale con belle miniature del 1395, dono di Gian Galeazzo, e diversi diplomi dei secoli VIII e IX. Anticamente erano due chiese, separate da muro con tre porte, dalle quali si passava nella parte della primitiva basilica di Fausta. Esse vennero riunite nel 1507, e si formò una sola chiesa. Fu la basilica piú volte ristaurata; la prima, nel 1197, dall'arcivescovo Uberto. Da qualche anno importantissimi lavori vi si stanno facendo dal Governo sotto la direzione di una Commissione. Molti illustri vennero in Sant' Ambrogio sepolti, fra cui Domenico Pagani, il cronista Pietro Candido Decembrio, il latinista Marcantonio;Miraggio, il guerriero Pietrasanta, ecc. Molte favole corsero intorno all'isolata colonna, che è sulla Piazza omonima; alcuni vollero fosse reliquia d'antico palazzo, detto Ambrosiano. Questo è certo che fino al 1500 il podestà di Milano, nel dì in cui entrava in carica, prestava su quella colonna il giuramento di mantenere integri gli statuti della città. Vicino alla basilica di Sant'Ambrogio, verso la via Lanzone, sorge l'oratorio di Sant'Agostino. Il Torre vuole che in esso questo santo abbia ricevuto le acque battesimali dal vescovo Ambrogio; ma è più facile il credere che fosse uno dei due battisteri che erano in que' tempi in Milano per dare l'acqua lustrale ai primi cristiani. Di contro all'atrio di Ansperto vedesi la chiesuola di San Sigismondo, presso la quale abitò, dall'anno 1353 al 1355, Francesco Petrarca. Prendendo la via per andare a San Vittore, giunti al ponte, dove il Naviglio disvolta alla Porta Ticinese, scorgesi una torre che conserva ancora tutti i caratteri di opera fortilizia. Essa è avanzo della pusterla di Sant' Ambrogio, eretta l'anno 1171. Fu a questa porta che Gian Galeazzo Visconti fece, il 0 maggio 1385, a tradimento, prigioniero lo zio Barnabò coi figli di lui Rodolfo e Lodovico. Macello pubblico. _ In vicinanza di questa torre presentasi la nuova via Olona, in fondo alla quale è il Pubblico macello. _ Ha questo edificio forma rettangolare, e la superficie complessiva di oltre 37,000 metri. La fronte principale prospetta la via di San Calocero. All'ingiro si trovano, oltre i locali per l'amministrazione, per la Questura e per la Finanza, le stalle di deposito per le bestie, i magazzeni, il macello di ovini e le tripperie. Al centro il parco col padiglione per l'esazione delle tasse; a ponente il macello dei suini, i porcili, il locale delle macchine per l'innalzamento delle acque al serbatojo e per lo sviluppo del vapore. Le celle macellatorie per le bestie mastre e soriane costituiscono quattro corpi di fabbricati isolati fra loro e suddivisi da strade coperte. Le celle macellatorie sono di varia dimensione ed assegnate a seconda dell'importanza de' macellai. L'acqua viene distribuita ad ogni singolo locale mediante tubi sotterranei. Fu costrutto nell'anno 1862 su disegno dell'ingegnere civico cav. Agostino Nazari per cura del Municipio, a spese di una Società privata.

Nel mezzo sta la torre, dicesi innalzata da Napo della Torre l'anno 1272; era presso il Broletto Nuovo o Municipio, stato trasferito, come abbiamo veduto, in questa Piazza nel 1228, ove era un edificio della famiglia Faroldi. _ Al tempo di Fabrizio Bossi, vicario di provvigione, fu collocato sulla torre l'orologio e la campana del pubblico. _ Ove è la torre da duecento anni, in una nicchia, inalzavasi la statua d' ottima scultura rappresentante Filippo II, re di Spagna. La statua alla venuta dei francesi nel 1796 era stata rovesciata, e mozza del capo. Lo scultore Carabelli si esibì a sostituirvi quello di Bruto. _ Venne la statua riformata il 9 luglio 1797, giorno primo della libertà Cisalpina, ponendovi ai piedi questa iscrizione: ALL'IPOCRISIA DI FILIPPO II SUCCEDA LA VIRTU' DI MARCO GIUNIO BRUTO. CITTADINI SPECCHIATEVI NEL VOSTRO PRIMO PROCONSOLE. ANNO V REPUBBLICANO XXI MESSIDORO. Questa statua fu levata all'entrare dei coalizzati (28 aprile 1799), e dal popolo deturpata. Il collegio dei Giureconsulti servì in seguito per gli Uffici della Congregazione Centrale, dell'Ispettorato delle Scuole ecc.; ora è occupato dal Comando Superiore della Guardia Nazionale, ed in parte dalla Borsa. Su questa Piazza vedesi un pozzo; nel 1767 venne ricostrutto con eleganza dal conte Nicola Visconti prefetto della città. _ Al N. 19 sono gli Uffici del Telegrafo. Nella vicina via Carlo Alberto vanno sorgendo grandiosi edifici, fra cui citiamo quelli dei fratelli Conconi, disegno dell'architetto Jodani, dei signori Galli e Rosa, disegno dell'architetto Maurizio Garavaglia, e dei fratelli Cesati e fratelli Bianchi, entrambi disegno dell'architetto Bigatti. Presso la Piazza Mercanti, in fondo alla via Ugo Foscolo, evvi il Teatro Re (vecchio) In quell'area sorgeva ancora nel 1811 l'antica chiesa di San Salvatore in Xenodochio fondata nel 787 dall'arciprete Dateo col primo brefotrofio sulle rovine di una grandiosa fabbrica romana, detta il Campidoglio e dedicata a Giove. _ L'Ospizio dei fanciulli esposti di Dateo era ancora in prospere condizioni nell'undecimo secolo. _ Nel 1811 la chiesa di S. Salvatore venne comparata all'asta bandita dalla Prefettura del Monte Napoleone da un ex_calzolajo Carlo Re, il quale vi fece erigere l'attuale teatro sul disegno del Canonica, che venne inaugurato sulla fine del 1513. Questo teatro sta per essere demolito. Nella via Santa Margherita trovansi gli uffici della

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