Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNICT

Risultati per: abbattersi

Numero di risultati: 5 in 1 pagine

  • Pagina 1 di 1

Eva Regina

204384
Jolanda (Marchesa Plattis Maiocchi) 1 occorrenze
  • 1912
  • Milano
  • Luigi Perrella
  • paraletteratura-galateo
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Se poi non ha peccato, e la casa, la famiglia, la sua dolce sovranità si sono disgregate e distrutte per l' abbattersi crudele della falce della Morte, o per la comparsa dello squallido spettro della povertà : la donna si rivolge al chiuso paradiso dei suoi anni belli, che furono così pochi e così brevi, con un accorato addio. Ma la sua coscienza pura mette nel rimpianto un elemento poetico e sacro che gli fa chiudere il ricordo di quello che fu, come una religione nel suo cuore, e accarezzare il passato con tenerezza mesta, e spesso vi attinge forza ed energia. E sogna : sogna che quando il turbine della sventura sarà passato, che qualche bimbo caro vicino a lei si sarà fatto uomo, e che con l' economia paziente, il provvido risparmio, l' indefesso lavoro, avrà potuto crearsi di nuovo una posizione indipendente, sogna di rifarsi un nido novello e più saldo, di vedere ancora spalancarsi prima della vecchiaia la porta del paradiso da cui nessuno la scacciò, ma dal quale dovette esiliarsi da sè per ricorrere al soccorso dei buoni. E piangendo sorride alla sua patria lontana. Qualche volta il paradiso che si perdette s'intravide appena, fu appena una promessa. Ma a lei affidavamo già tutti i sogni del futuro. Già conoscevamo i più bei recessi dell'incantato giardino, e non mancava che di prenderne possesso. Poi.... la unione vagheggiata con l'uomo prediletto non potè effettuarsi, e il compagno dei nostri sogni non fu quello della nostra vita. Quasi sempre il destino dispone di noi in modo diverso da quello che avremmo desiderato, che ci ostinammo a volere fino al brusco scioglimento che ad un tratto rimetteva nel suo corso normale voluto dalla Potenza misteriosa, arbitra del nostro destino, la corrente della nostra esistenza. Forse questo destino era quello di una triste solitudine, di un difficile apostolato, dell'assunzione ad una più alta sfera : ma da qualunque luogo, dall'ombra, dalle aspre roccie, dal sole, la donna rivolge gli occhi al lontano paradiso sognato, intraveduto appena, e in qualche ora gli tende le braccia con una nostalgia. Forse, nella sua realtà, il bel giardino di rose non avrebbe avverato tutti i sogni, soddisfatto tutti i desideri, ma poichè è lontano, perduto per sempre, irraggiungibile, appare ancora circonfuso di tutta la luce dell'ideale intatto.

Pagina 652

Gambalesta

215947
Luigi Capuana 1 occorrenze
  • 1947
  • Società Editrice Tirrena
  • Livorno
  • paraletteratura-ragazzi
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I palombi invece, tornando in denso stormo da lontano, vennero poco dopo ad abbattersi sui rami frondosi, e il fucile a due canne tonò, colpendone quattro. Caddero, spandendo molte penne per l'aria, con gran soddisfazione di compare Nunzio che li raccolse. E, pesandoli a uno a uno con la mano destra prima di metterli nella rete della carniera, egli disse a Cuddu: - Questo, il più grosso, sarà per tua madre. Su, marcia! Come se con questa parola compare Nunzio gli avesse stroncato le famose gambe! Così a stento Cuddu lo seguiva per la salita, quantunque quegli lo avesse sbarazzato della carniera e della gabbiola del furetto. Quando apparvero sul colle le prime case di Ràbbato, suonava l'avemmaria. Cuddu faceva sforzi per non mettersi a piangere.

Pagina 44

Il Plutarco femminile

217417
Pietro Fanfano 1 occorrenze
  • 1893
  • Paolo Carrara Editore
  • Milano
  • paraletteratura-ragazzi
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Pagina 51

Mitchell, Margaret

220992
Via col vento 1 occorrenze
  • 1939
  • A. Mondadori
  • Milano
  • Paraletteratura - Romanzi
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Come poteva la sventura abbattersi su simili donne, difese com'erano da un esercito di prodi? Vi erano mai stati uomini come questi, dalla creazione del mondo in poi: cosí eroici, giovanili, teneri e galanti? Com'era possibile che qualche cosa impedisse la vittoria di una Causa giusta come la loro? Una Causa che esse amavano non meno di quanto amavano i loro uomini; una Causa che servivano con le loro mani e i loro cuori, una Causa di cui parlavano, a cui pensavano, di cui sognavano... una Causa a cui avrebbero sacrificato quegli uomini se fosse necessario, sopportando la loro perdita con la stessa fierezza con la quale gli uomini portavano le loro bandiere sul campo. Nei loro cuori era una piena di devozione e di orgoglio, di sicurezza nella vittoria finale. I trionfi di Stonewall Jackson nella Vallata e la disfatta degli yankees nella battaglia dei Sette Giorni presso Richmond lo mostravano chiaramente. Come poteva esser diversamente, con dei capi come Lee e Yackson? Un'altra vittoria come quella, e gli yankees sarebbero in ginocchio a chieder la pace; gli uomini tornerebbero a casa accolti da risa e da baci! Ancora una vittoria e la guerra sarebbe finita! Senza dubbio, vi erano delle sedie vuote e dei bimbi che non vedrebbero mai il volto del loro babbo; e tombe senza nome presso le piccole baie solitarie della Virginia e nelle montagne del Tennessee; ma era forse un prezzo troppo grande da pagare per la Causa? Era difficile avere seta per gli abiti, e zucchero e tè; ma queste erano cose sulle quali si poteva scherzare. Del resto, quelli che attraversavano il blocco portavano di tutto, passando sotto al naso degli yankees, e rendendo il possesso di tutto ciò molto piú emozionante. Fra breve Raffaele Semmes e la Marina della Confederazione darebbero da fare alle navi da guerra yankees; e allora i porti si riaprirebbero. E l'Inghilterra aiuterebbe la Confederazione a vincer la guerra, perché le fabbriche inglesi erano inoperose non avendo il cotone del Mezzogiorno. E naturalmente l'aristocrazia inglese simpatizzava con l'aristocratica gente del Sud, contro quella razza avida di dollari che erano gli yankees. Cosí le donne facevano frusciar le loro sete e ridevano e, guardando i loro uomini col cuore gonfio di orgoglio, sapevano che l'amore diveniva piú ardente di fronte al pericolo e che la morte era doppiamente dolce per la strana eccitazione che l'accompagnava. Appena volti gli occhi sulla folla, Rossella aveva sentito il proprio cuore battere piú celermente per l'insolita animazione che le dava il trovarsi a una riunione mondana; ma quando vide l'espressione ispirata dei visi accanto a lei, pur comprendendo solo a metà, la sua gioia cominciò ad affievolirsi. Tutte le donne presenti ardevano di un'emozione che ella non sentiva. Ciò la sgomentava e la deprimeva. La sala non le sembrava piú cosí bella né le ragazze cosí brillanti; e l'intensità dell'entusiasmo per la Causa che ancora illuminava tutti i volti, le sembrò... ma sí, le sembrò proprio stupida! In un subitaneo lampo di conoscenza di se stessa che le fece spalancare la bocca per lo stupore, si rese conto che non condivideva in alcun modo la fierezza e l'orgoglio di quelle donne, il loro desiderio di sacrificare se stesse e tutti i loro averi alla Causa. Prima ancora che l'orrore le facesse riflettere: «No, no... non debbo pensar questo! È un errore... un peccato...», comprese che la Causa non aveva alcuna importanza per lei e che era stufa di sentirne parlare da quella gente che aveva negli occhi un'espressione fanatica. La Causa non le sembrava sacra; ma piuttosto la riteneva una calamità che uccideva inutilmente degli uomini e costava molto denaro e rendeva difficile avere le cose di lusso. Ed era anche stufa dell'infinito lavoro a maglia e dell'infinita preparazione di fasciature e filacce che le rovinavano le unghie. Ed era stufa dell'ospedale! Stufa, annoiata e nauseata dello stomachevole odor di cancrena, e dei gemiti continui, e spaventata dall'espressione che l'avvicinarsi della morte dava ai visi distrutti. Si guardò attorno furtivamente, mentre questi empi e perfidi pensieri le attraversavano la mente, col timore che qualcuno potesse scorgerli scritti chiaramente sul suo viso. Ma perché, perché non poteva sentire come le altre donne? Cosí piene di cuore, cosí sincere nella loro devozione! Esse pensavano realmente ciò che dicevano e facevano. E se qualcuna potesse mai sospettare che lei... No, no, nessuno doveva saperlo! Bisognava che ella continuasse a fingere un entusiasmo e una fierezza che non sentiva, recitando la sua parte di vedova di un ufficiale confederato, che sopporta coraggiosamente il suo dolore, che ha il cuore nella tomba di lui, e che sente che la morte di suo marito non ha alcuna importanza se è stata per il trionfo della Causa. Ma perché era cosí diversa, cosí lontana da quelle donne amorose? Ella non poteva amar nulla né nessuno con quell'altruismo. Era una sensazione di solitudine... e non si era mai sentita sola di corpo e di spirito prima d'allora. Dapprima tentò di soffocare quei pensieri; ma la schietta onestà verso se stessa che era in fondo alla sua natura non glielo permise. E cosí, mentre la vendita continuava, e mentre insieme a Melania attendeva i clienti, la sua mente lavorava attivamente, cercando una giustificazione di fronte a se stessa... compito che di solito non le riusciva difficile. Le altre donne erano semplicemente sciocche e isteriche coi loro discorsi patriottici; e gli uomini erano quasi altrettanto fastidiosi quando parlavano dei Diritti di Stato. Solo lei, Rossella O'Hara Hamilton, aveva un chiaro buon senso irlandese. Non si sarebbe rimbecillita per la Causa; ma non sarebbe neppur diventata la favola di tutti quanti rivelando i suoi veri sentimenti. Aveva abbastanza equilibrio per considerare la situazione e per fronteggiarla. Come sarebbero rimasti stupiti tutti quanti se avessero conosciuto i suoi pensieri! Che scandalo se fosse improvvisamente salita sulla piattaforma dell'orchestra e avesse dichiarato che riteneva che la guerra ormai doveva finire, in modo che tutti potessero tornare alle loro case a occuparsi del loro cotone, e che vi fossero di nuovo ricevimenti, spasimanti e una quantità di abiti verde chiaro! Per un attimo la sua auto-giustificazione le diede coraggio; ma ella continuò a guardare la sala con disgusto. Il banco di vendita delle ragazze McLure era poco in vista, come aveva detto la signora Merriwether; e vi erano lunghi intervalli durante i quali nessuno si avvicinava e Rossella non aveva nulla da fare se non guardare con invidia la folla felice. Melania sentiva il suo malumore, ma, attribuendolo al ricordo di Carlo, non faceva alcun tentativo di conversazione. Si occupava di disporre gli articoli sul banco in modo piú attraente, mentre Rossella guardava cupamente la sala. Perfino i fasci di fiori sotto i ritratti di Davis e Stephens la urtavano. «Sembra un altare» pensò arricciando il naso. «E il modo come tutti si spingono lí intorno, come se fossero il Padre e il Figliuolo!» Presa da improvviso terrore per la propria irriverenza, cominciò frettolosamente a farsi il segno della Croce come per scusarsi, ma si fermò in tempo. «Sicuro, è proprio cosí» discusse con la propria coscienza. «Tutti si spingono come se si trattasse di santi e non sono che uomini; e non sono neanche particolarmente simpatici a vedersi.» In realtà, Stephens non poteva avere un aspetto diverso, essendo sempre stato di salute cagionevole, ma Davis... Guardò il volto altero simile a un cammeo. Era la sua barbetta che le dava soprattutto fastidio. «Gli uomini» pensò «dovrebbero essere interamente rasati oppure avere i baffi o la barba piena. Quei quattro peli danno l'impressione che siano tutto ciò che han potuto fare.» E non riconosceva in quel volto la fredda e tenace intelligenza che governava un'intera nazione. No, non era felice adesso; la gioia che aveva provato da principio nel trovarsi in mezzo alla gente ora non le bastava piú. Ella era alla vendita ma non ne faceva parte. Nessuno si occupava di lei: era l'unica donna senza marito che non avesse un corteggiatore, mentre per tutta la vita le era sempre avvenuto di essere il centro del quadro, qualunque esso fosse. Non era giusto! Aveva diciassette anni e i suoi piedini battevano nervosamente il pavimento, nel desiderio di ballare e saltare. Aveva diciassette anni, e un marito nel cimitero di Oakland e un bimbo in culla a casa di Zia Pitty; e tutti erano convinti che ella dovesse esser contenta di ciò che la vita le aveva assegnato. Aveva il seno piú bello di qualsiasi fra le ragazze presenti; la vita piú sottile e il piede piú piccino; ma nessuno badava a lei piú che se fosse stata coricata accanto a Carlo con «sua amata sposa» scolpito sulla pietra. Non era una ragazza che poteva ballare e civettare e non era una moglie che poteva sedere con le altre a criticare la smania di ballare e di civettare delle ragazze. E non era abbastanza anziana per atteggiarsi a vedova. Queste dovevano esser vecchie, tanto vecchie da non aver piú alcun desiderio di ballare e di civettare, e di essere ammirate. No, tutto questo era ingiusto; ed era ingiusto dover parlare con voce sommessa e tener gli occhi bassi quando gli uomini, anche simpatici, si avvicinavano al suo banco. Tutte le ragazze di Atlanta erano circondate; anche le piú brutte. E tutte quante avevano dei vestiti cosí belli! Lei invece sembrava una cornacchia, vestita di soffocante taffettà nero, con le maniche lunghe sino ai polsi, il corpetto chiuso fino al mento e neppur l'ombra di pizzo o di gallone, non un gioiello, eccetto la luttuosa spilla d'onice di Elena; e guardava le ragazze appese al braccio di uomini piacevoli ed eleganti. Tutto questo perché Carlo Hamilton aveva avuto la rosolia. Non aveva neanche avuto una fine gloriosa in battaglia, sicché ella potesse trarne vanto. Con un senso di ribellione appoggiò i gomiti al banco e fissò la folla, infischiandosi dell'ammonizione di Mammy tante volte ripetuta che non bisognava appoggiare i gomiti perché questo li faceva diventare brutti e grinzosi. Che gliene importava se diventavano brutti? Probabilmente non avrebbe mai piú la possibilità di metterli in mostra. Guardava avidamente gli abiti che le passavano dinanzi; seta color crema con ghirlandine di bocciuoli di rosa; raso rosso con diciotto volanti bordati da un vellutino nero; taffettà azzurro chiaro, con la gonna larga dieci metri ornata di cascate di trina; seni esposti; fiori preziosi e profumati. Maribella Merriwether si avvicinò al banco accanto al suo, al braccio dello zuavo; il suo vestito di tarlatana verde mela era cosí largo da fare apparire la vita come quella di una vespa. Era tutto increspato e guarnito di un pizzo Chantilly color avorio giunto da Charleston con l'ultima spedizione che aveva attraversato il blocco; e Maribella lo ostentava orgogliosamente come se fosse stata lei e non il capitano Butler a compiere quella bravata. «Come starei bene vestita cosí» pensò Rossella col cuore pieno di un'invidia selvaggia. «Lei ha la vita larga come quella di una mucca. Quel verde è proprio il mio colore e darebbe risalto ai miei occhi. Perché diamine le bionde si arrischiano a mettere quel colore? Alla sua pelle dà la tinta del formaggio vecchio. E pensare che non potrò portarlo mai piú, neanche quando mi toglierò il lutto! No; neanche se riesco a rimaritarmi. Mi toccherà portare il grigio, il tané, il viola; al massimo il lilla.» Per un attimo considerò l'ingiustizia di tutto questo. Com'era breve il tempo di divertimento, dei bei vestiti, della danza, della civetteria! Solo pochi anni, troppo pochi! Poi ci si sposava e si portavano degli abiti scuri e malinconici; i bambini sciupavano la linea del corpo e la vita si ingrossava; si rimaneva a sedere negli angoli con altre donne serie e posate e ci si alzava solo a ballare col proprio marito o con qualche vecchio signore che vi pestava i piedi. Se non si faceva in questo modo, le altre signore sparlavano; la reputazione di una donna era rovinata e la sua famiglia messa al bando. Che sciupio di tempo, passar tutta l'infanzia ad imparare come si fa ad attrarre gli uomini e a conservarli, e poi godere di queste cognizioni solo per un anno o due! Considerando la sua educazione compiuta da Elena e da Mammy, si rendeva conto che era stata buona, perché aveva sempre dato ottimi risultati. Vi erano delle regole che bisognava seguire: se le seguivate vedevate coronati i vostri sforzi. Con le vecchie signore bisognava esser dolci e ingenue, perché le vecchie sono furbe e sorvegliano le ragazze con gelosia, come dei gatti, pronte a graffiare alla piú piccola indiscrezione della lingua o degli occhi. Coi vecchi signori una ragazza doveva esser vivace e impertinente e quasi - ma non completamente - civetta; cosicché la vanità dei vecchi imbecilli veniva solleticata. Questo li ringiovaniva; allora vi pizzicavano le guance dicendo che eravate una birichina. In queste occasioni bisognava arrossire; altrimenti i pizzicotti sarebbero diventati piú audaci e poi i signori avrebbero detto ai loro figliuoli che eravate una sfacciata. Con le ragazze e con le giovani spose dovevate essere tutta dolcezza, baciandole ogni volta che le vedevate, anche se ciò avveniva dieci volte al giorno, e metter loro il braccio intorno alla vita, sopportando che facessero altrettanto con voi, per quanto la cosa vi desse noia. Ammiravate il loro abito o il loro bimbo indifferentemente; le stuzzicavate parlando dei loro corteggiatori o le complimentavate per i loro mariti; e ridevate un po' scioccamente affermando con modestia che il vostro fascino era nulla a confronto del loro. E soprattutto, non dicevate mai quello che veramente pensavate su qualsiasi argomento; come esse non dicevano mai a voi i loro veri pensieri. Lasciavate in pace severamente i mariti delle altre donne, anche se un tempo erano stati vostri spasimanti e anche se vi piacevano. Se eravate troppo gentili coi mariti giovani, le mogli avrebbero detto che eravate una spudorata; era quello il modo di acquistare una cattiva reputazione e di non trovar piú un corteggiatore. Ma coi giovanotti... ah, la cosa era ben diversa! Potevate ridere tranquillamente di loro, e quando venivano di corsa a chiedere perché ridevate, potevate rifiutare di dirglielo e ridere sempre piú forte sfidandoli a indovinarne la ragione. Con gli occhi potevate promettere tutte le cose piú eccitanti, sicché ciascuno cercava di manovrare in modo da trarvi sola in disparte. E quando qualcuno vi riusciva, allora dovevate essere molto molto offesa, o molto irritata se tentava di baciarvi. Lo costringevate a chiedervi perdono per essersi comportato come un villanzone e poi gli perdonavate cosí soavemente che egli vi rimaneva intorno cercando di baciarvi una seconda volta. A volte, ma non spesso, glielo permettevate. (Elena e Mammy non glielo avevano insegnato; ma lei sapeva che era una cosa di grande effetto). Allora vi mettevate a piangere e dichiaravate che non sapevate che cosa vi aveva sopraffatta e che eravate certa che egli non vi avrebbe mai piú rispettata. Egli vi asciugava gli occhi e il piú delle volte vi chiedeva di sposarlo, appunto per dimostrarvi quanto vi rispettava. E allora... oh, allora vi erano tanti modi di comportarsi coi giovanotti, ed ella li conosceva tutti: la sfumatura del lungo sguardo obliquo, il mezzo sorriso dietro al ventaglio, l'ancheggiare in modo che le gonne si allargassero come campane, la risata, l'adulazione, la dolce simpatia. Tutti questi armeggi non avevano mai mancato allo scopo... eccettuato con Ashley. No, non vi era ragione di imparare tutte queste manovre per servirsene cosí breve tempo e poi metterle in disparte per sempre. Come sarebbe bello non sposarsi mai, ma continuare a indossare dei bei vestiti verde pallido ed esser sempre corteggiata. Ma se si continuava per troppo tempo, si diventava delle zitelle come Lydia Wilkes; e tutti dicevano «poverina» con un tono di odiosa compassione. No; in fin dei conti era meglio maritarsi e conservare il rispetto di se stessa, anche se non ci si poteva divertire mai piú. Ma che pasticcio era la vita! Perché lei era stata cosí idiota da sposare proprio Carlo e terminare cosí la sua vita a sedici anni? Il suo trasognamento indignato e disperato fu interrotto quando la folla cominciò ad ammassarsi lungo le pareti, con le signore che trattenevano i cerchi delle gonne per impedire che un urto le sollevasse mettendo in mostra piú che non fosse corretto delle loro mutandine. Rossella si drizzò in punta di piedi al disopra della folla e vide il capitano della milizia che saliva sulla piattaforma dell'orchestra. Egli gridò un ordine e metà della compagnia si mise sull'attenti. Per qualche istante essi eseguirono una brillante esercitazione che provocò il sudore della loro fronte e le grida e gli applausi degli spettatori. Rossella batté le mani debitamente insieme agli altri e quando i soldati dopo avere avuto l'ordine del «rompete le righe» si sospinsero verso i banchi dove si distribuivano ponce e limonata, ella si volse verso Melania sentendo che era preferibile continuare il suo inganno sul conto della Causa il meglio possibile. - Belli, non è vero? - fece. Melania stava riordinando sul banco alcuni articoli di maglieria. - Molti di loro starebbero assai meglio in uniforme grigia e in Virginia - rispose senza curarsi di abbassare la voce. Parecchie madri, orgogliose dei loro figliuoli che erano nella milizia, udirono l'osservazione. La signora Guinan divenne scarlatta e poi pallida, perché il suo venticinquenne Guglielmo era nella compagnia. Rossella fu sbalordita nell'udire simili parole da Melly e dinanzi a tutti. - Melly! - esclamò. - Sai benissimo che è vero, Rossella. Non parlo dei ragazzi e dei vecchi. Ma vi sono nella milizia molti che potrebbero tenere in mano un fucile; ed è ciò che dovrebbero fare in questo momento. - Ma... ma... - cominciò Rossella che non aveva mai pensato a questo - qualcuno deve pur rimanere a casa per... - Che diamine le aveva detto Guglielmo Guinan per giustificare la sua presenza in Atlanta? - Qualcuno deve pur rimanere a casa per proteggere lo Stato da un'invasione. - Nessuno ci ha invaso e nessuno ci invaderà - replicò freddamente Melania, guardando verso il gruppo della milizia. E il miglior mezzo per tenere lontani gli invasori è andare in Virginia a battere gli yankees. Quanto alla storia che la milizia deve impedire una sollevazione dei negri... è la cosa piú sciocca che io abbia mai udita. Perché dovrebbe sollevarsi il nostro popolo? È un'ottima scusa, questa, per i codardi. Scommetto che sconfiggeremmo gli yankees in un mese se la milizia di tutti gli Stati andasse a combattere. Ecco! - Ma Melly! - esclamò di nuovo Rossella guardandola sbalordita. Gli occhi neri di Melania ardevano di collera. - Mio marito non ha avuto paura di andare e neanche il tuo. E preferirei che fossero morti tutti e due piuttosto che vederli qui a casa... Oh, cara, perdonami! Come sono crudele e imprudente! Afferrò il braccio di Rossella come per scusarsi e quella la fissò. Ma in quel momento non pensava a Carlo morto. Pensava ad Ashley. Se morisse anche lui? Si volse in fretta e sorrise automaticamente al dottor Meade che si avvicinava al loro banco. - Brave, figliuole - fece salutandole. - Siete state molto gentili a venire. So che per voi è stato un sacrificio; ma tutto si fa per la Causa. Ora vi dirò un segreto. Ho trovato un modo per fare parecchio denaro per l'ospedale; ma temo che qualche signora sarà scandalizzata. Si fermò e ridacchiò mentre si grattava la barbetta caprina. - Che cosa? Ditecelo, siate buono! - Veramente è meglio farvelo indovinare. Ma voialtre ragazze dovrete difendermi, se i membri della chiesa propongono di espellermi dalla città per questo. Del resto, è per l'ospedale. Vedrete. Non è mai stato fatto niente di questo genere. Proseguí pomposamente verso un gruppo di accompagnatrici in un angolo e proprio mentre le due giovani si volgevano l'una all'altra per discutere sulle possibilità di quel segreto, ecco avvicinarsi due vecchi signori i quali dichiararono ad alta voce che desideravano dieci metri di merletto. «Beh, meglio vecchi che niente» pensò Rossella misurando il merletto e rassegnandosi pudicamente ad essere accarezzata sotto il mento. I vecchi si rivolsero poi verso il banco dei rinfreschi ed altri presero il loro posto. Il loro banco non aveva tanti clienti come gli altri, dove risuonavano la risata squillante di Maribella Merriwether e la risatina sommessa di Fanny Elsing e le allegre risposte delle ragazze Whiting. Melly vendeva oggetti inutili ad uomini che non sapevano che cosa farne, tranquilla e serena come una negoziante, e Rossella modellava il suo contegno su quello della cognata. Dinanzi a tutti i banchi, eccettuato il loro, era una folla di ragazze che ciarlavano e di uomini che compravano. I pochi che si avvicinavano al loro banco parlavano della propria camerateria universitaria con Ashley, dicevano che era un bravo soldato, oppure accennavano rispettosamente a Carlo, affermando che la sua morte era stata una grande perdita per Atlanta. Quindi la musica attaccò il ritmo irregolare di «Johnny Booker, aiuta i negri!» e Rossella ebbe voglia di urlare. Desiderava ballare. Ne sentiva il bisogno. Guardò il pavimento e batté i piedi in cadenza; i suoi occhi ardevano di una fiamma verde. Attraverso la sala un uomo, appena arrivato e ancora fermo sulla soglia della porta, li vide, sussultò riconoscendoli e osservò piú attentamente quegli occhi dal taglio obliquo nel volto caparbio e ribelle. Quindi ghignò fra sé riconoscendo l'invito che qualsiasi uomo avrebbe potuto leggervi. Era vestito di panno nero; alto in modo da superare tutti gli ufficiali che gli erano accanto, con le spalle larghe ma la vita sottile, e dei piedi assurdamente piccoli nelle scarpe verniciate. Il suo abito severo, con la camicia finemente pieghettata e i calzoni elegantemente allacciati sotto le uose molto alte, contrastava stranamente col suo volto e con la sua figura; appariva tutto agghindato, con gli abiti di un «dandy» su un corpo da atleta, e segretamente pericoloso sotto la sua graziosa indolenza. Aveva i capelli nerissimi e i baffi piccolini erano anch'essi neri, tagliati corti come quelli di uno straniero in paragone a quelli lunghi e sfioccati degli ufficiali di cavalleria che gli erano accanto. Sembrava - ed era - un uomo di appetiti viziosi e svergognati. Aveva un aspetto di sicurezza e di spiacevole impertinenza; vi era anche un lampo di malizia nei suoi occhi che fissavano audacemente Rossella, finché questa, sentendo finalmente il suo sguardo, si volse verso di lui. Ebbe l'impressione di riconoscerlo, pur non riuscendo dapprima a ricordare chi fosse. Ma era il primo uomo che, da molti mesi, le mostrasse un certo interesse; perciò gli sorrise gaiamente. Rispose con un piccolo cenno al suo inchino; ma quando egli mosse verso di lei con una singolare andatura, flessuosa come quella degli indiani, ella portò la mano alla bocca con un gesto d'orrore, riconoscendolo. Rimase paralizzata, come colpita dal fulmine, mentre egli si apriva un varco attraverso la folla. Quindi si voltò, pronta a fuggire nella sala dei rinfreschi; ma la sua gonna si impigliò in un chiodo del banco. La tirò furiosamente, lacerandola; ma intanto egli era giunto accanto a lei. - Permettete - disse chinandosi a staccare delicatamente il volano. - Non speravo che vi ricordaste di me, miss O'Hara. La sua voce suonò bizzarramente piacevole al suo orecchio; era la voce ben modulata di un signore, sonora e col leggero accento strascicato di Charleston. Ella lo fissò implorante, col volto che si era coperto di rossore al ricordo del loro ultimo incontro, e si trovò di fronte gli occhi piú neri che avesse mai visto, che brillavano di una gaiezza spietata. Fra tutti gli uomini del mondo che avrebbero potuto capitare in quel luogo, bisognava che fosse proprio quel tremendo individuo che aveva assistito a quella scena con Ashley che le dava tuttora degl'incubi; quell'odioso mascalzone che rovinava le fanciulle e non era ricevuto dalle persone perbene; quell'uomo spregevole che aveva detto - e con ragione! - che lei non era una signora. Al suono di quella voce Melania si volse e, per la prima volta in vita sua, Rossella ringraziò il cielo per l'esistenza di sua cognata. - Ma... è il signor Butler, non è vero? - E Melania sorrise lievemente tendendogli la mano. - Vi ho conosciuto... - Nella felice circostanza dell'annunzio del vostro fidanzamento - la interruppe egli chinandosi a baciarle la mano. - Siete molto gentile a ricordarvi di me. - E che cosa fate cosí lontano da Charleston, Mister Butler? - Affari, Mrs. Wilkes, e affari poco divertenti. Da ora in poi dovrò andare avanti e indietro dalla vostra città. Non soltanto debbo portar dentro le merci, ma anche sorvegliare come vengono distribuite. - Portar dentro... - cominciò Melania aggrottando la fronte; e subito dopo ebbe un sorriso di piacere. - Ma allora... voi siete il famoso capitano Butler di cui ho sentito tanto parlare... quello che attraversa il blocco! Figuratevi, tutte le ragazze qui dentro indossano abiti che sono stati introdotti da voi. Rossella, non sei emozionata... Che hai, tesoro? Ti senti male? Siedi... Rossella piombò sulla sedia, respirando cosí affannosamente che ebbe paura che le stringhe del suo busto si rompessero. Oh, che cosa tremenda! Non aveva mai pensato di poter nuovamente incontrare quell'uomo. Egli prese dal banco il suo ventaglio nero e cominciò a sventolarla con sollecitudine, troppa sollecitudine; il suo volto era grave ma gli occhi brillavano ancora maliziosamente. - Fa troppo caldo qui - disse poi. - Non fa meraviglia che miss O'Hara si senta poco bene. Volete che vi accompagni a una finestra? - No. - Il monosillabo fu pronunciato con tanta durezza che Melly la guardò stupita. - È un pezzo che non è piú miss O'Hara - riprese poi Melania. - È la signora Hamilton.. mia cognata. - E le lanciò un breve sguardo affettuoso. Rossella si sentí soffocare vedendo l'espressione del bruno volto di pirata del capitano Butler. - Sono sicuro che è una gioia per entrambe queste graziose signore - replicò questi con un lieve inchino. Era l'osservazione che facevano tutti gli uomini; ma detta da lui, a Rossella sembrò che significasse proprio il contrario. - Immagino che i vostri mariti siano qui stasera, in questa lieta occasione? Sarebbe un piacere per me rinnovarne la conoscenza. - Mio marito è in Virginia - rispose Melania alzando fieramente la testa. - Ma Carlo... - La sua voce si spezzò. - È morto al campo - disse Rossella con voce atona. Quasi masticò le parole. Oh, non se ne andava mai quell'uomo? Melly la guardò stupita e il capitano ebbe un gesto di rimprovero verso se stesso. - Care signore... non immaginavo...! Dovete perdonarmi. Ma permettete a un estraneo di dirvi che morire per il proprio paese è vivere per sempre. Melania gli sorrise attraverso le lagrime, mentre Rossella sentí dentro di sé un impeto di collera e d'odio impotente. Egli aveva nuovamente fatto un'osservazione gentile, il complimento che qualunque gentiluomo avrebbe fatto in simili circostanze; ma certo senza pensarne neanche una parola. Si burlava di lei. Sapeva che ella non aveva amato Carlo. E Melly era tanto sciocca da non capire quello che vi era sotto le sue parole. «Dio mio, speriamo che nessuno lo capisca!» pensò con un sobbalzo di terrore. Avrebbe detto quello che sapeva? Certo non era un gentiluomo; e perciò sarebbe stato capacissimo di spiattellare ogni cosa. Lo guardò e vide che la sua bocca era un po' abbassata agli angoli con beffarda simpatia, mentre egli continuava ad agitare il ventaglio. Qualche cosa in quell'espressione fu per lei come una sfida e le fece tornare le forze in un impeto di antipatia. Bruscamente gli strappò di mano il ventaglio. - Sto benissimo - disse sgarbatamente. - È inutile sventolarmi per scompigliarmi i capelli. - Rossella, cara! Capitano, dovete scusarla. Non è... È fuori di sé quando sente parlare di Carlo... e forse non saremmo dovute venire qui stasera. Siamo ancora in lutto, come vedete; e per lei è uno sforzo... tutta questa gaiezza e la musica... povera figliuola! - Capisco - rispose egli con studiata gravità; ma nel rivolgere a Melania uno sguardo che penetrò fino in fondo nei suoi dolci occhi turbati, la sua espressione mutò. Sul suo volto bruno si dipinse il rispetto e una certa gentilezza. - Credo che siate una piccola donna molto coraggiosa, Mrs. Wilkes. - E non una parola per me! - disse fra sé, indignata, Rossella, mentre Melly sorrideva un po' confusa e rispondeva: - Oh Dio, no, capitano Butler! Il comitato dell'ospedale ci ha pregate di tenere questo banco perché all'ultimo momento... Un copricuscino? Eccone uno graziosissimo, con la bandiera. Si volse a tre soldati di cavalleria che si erano avvicinati al banco. Per un momento, Melania pensò che il capitano Butler era molto gentile. Poi si augurò che qualche cosa di piú sostanziale che la tarlatana fosse tra il suo abito e la sputacchiera che era di fianco al banco, perché la mira dei soldati con la bocca piena di tabacco masticato non era cosí esatta come quella che essi dimostravano con le loro pistole. Quindi dimenticò il capitano, Rossella e la sputacchiera, perché nuovi clienti circondavano il banco. Rossella era rimasta tranquillamente seduta a sventagliarsi, senza osare alzare gli occhi e augurandosi di vedere il capitano sulla tolda della sua nave. - Vostro marito è morto da un pezzo? - Oh sí. Quasi da un anno. - Un'eternità, naturalmente. Rossella non ne era ben certa; ma sulla qualità adescatrice di quella voce non potevano esservi dubbi. Comunque, non rispose. - Siete stata maritata per molto tempo? Perdonate la mia domanda, ma sono stato a lungo assente da questi luoghi. - Due mesi - rispose Rossella involontariamente. - Una vera tragedia - proseguí la voce tranquilla. «Che Dio lo maledica» pensò Rossella con violenza. «Se fosse un altr'uomo non farei altro che prendere un'aria glaciale e congedarlo. Ma egli sa di Ashley e sa che non amavo Carlo. Ed ho le mani legate.» Non rispose e guardò il suo ventaglio. - E questa è la vostra prima comparsa in società? - So che la cosa può sembrare strana - si affrettò a spiegare. - Ma le ragazze McLure che dovevano vendere a questo banco son dovute partire e non vi era nessun altro; quindi Melania ed io... - Nessun sacrificio è troppo grande per la Causa. Strano: le stesse parole della signora Elsing. Ma quando le aveva pronunciate lei, le erano sembrate tutte diverse. Le salí alle labbra una risposta bruciante ma la inghiottí. Dopo tutto, lei si trovava colà non per la Causa ma perché era stanca di stare in casa. - Ho sempre pensato - aveva ripreso il capitano riflessivamente - che il sistema del lutto e di imprigionare le donne nel crespo per il resto della vita impedendo loro le gioie piú naturali, è tanto barbaro quanto il sutti indiano. - Il sutti? L'uomo rise ed ella arrossí della propria ignoranza. Detestava le persone che usavano parole che le erano sconosciute. - In India quando un uomo muore, lo bruciano invece di seppellirlo; e sua moglie si arrampica sul rogo funerario e viene arsa con lui. - Che cosa orribile! E perché lo fanno? La polizia non lo impedisce? - No davvero. Una donna che non si facesse bruciare insieme al proprio marito sarebbe socialmente una fuori casta. Tutte le donne indú di una certa importanza parlerebbero di lei perché non si è comportata come deve una donna ben nata... precisamente come quelle degne signore in quell'angolo parlerebbero di voi se stasera foste apparsa qui vestita di rosso e se vi metteste a dirigere una danza. Personalmente io ritengo il sutti un uso molto piú misericordioso che il nostro simpatico costume meridionale che seppellisce vive le vedove. - Come osate dire che io sono una sepolta viva! - Come ci tengono le donne alle catene che le imprigionano! Voi ritenete barbaro il costume indú... ma avreste avuto il coraggio di apparire qui questa sera se la Confederazione non avesse avuto bisogno di voi? Gli argomenti di questo genere confondevano sempre Rossella. Questo poi la confondeva doppiamente perché ella aveva una vaga idea che contenesse un fondo di verità. Ma adesso era venuto il momento di prendere la rivincita. - È naturale che non sarei venuta. Sarebbe stato... oltre che irrispettoso... si sarebbe potuto credere che io non am... Gli occhi di lui attesero le sue parole con un'espressione cinicamente divertita; ed ella non riuscí a proseguire. Egli sapeva che Rossella non aveva amato Carlo, e non le consentiva di fingere i bei sentimenti che non provava. Che cosa terribile, terribile, aver a che fare con un individuo che non era un gentiluomo! Un gentiluomo aveva sempre l'aria di credere a una signora, anche quando sapeva che mentiva. Questa era la cavalleria del Sud. Il sesso forte obbediva alle regole e diceva soltanto le cose corrette, cercando di render facile la vita alle signore. Ma costui sembrava che non si curasse in alcun modo delle regole ed evidentemente si divertiva a parlar di cose di cui nessuno parlava mai. - Attendo con ansia. - Siete detestabile - disse ella smarrita, abbassando gli occhi. Egli si appoggiò sul banco chinandosi finché la sua bocca fu accanto al suo orecchio e bisbigliò, in un'ottima imitazione del tiranno che si vedeva a volte sulle scene: - Non temete, bella signora! Il vostro colpevole segreto è chiuso nel mio cuore. - Oh, - mormorò Rossella febbrilmente - come potete dire una cosa simile? - L'ho fatto per tranquillizzarvi. Che cosa volete che vi dica? «Siate mia, o bella, altrimenti rivelerò ogni cosa?» Ella incontrò involontariamente i suoi occhi e vide che erano canzonatori come quelli di un bambino. E allora rise. Dopo tutto la situazione era buffa. Anch'egli rise, e cosí forte che alcune delle signore che erano nell'angolo si voltarono a guardare. Vedendo che la vedova di Carlo Hamilton si divertiva, o sembrava divertirsi con 'un estraneo, avvicinarono le teste, disapprovando.

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Il marito dell'amica

245070
Neera 1 occorrenze
  • 1885
  • Giuseppe Galli, Libraio-Editore
  • Milano
  • Verismo
  • UNICT
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Un gruppo di piccini, biondi, nudi fino all'ombelico, ruzzolano nella terra del cortile e vengono ad abbattersi coi piedi, colle mani, con tutto, sull'abito di Maria, che sorride, gonfio il cuore di una tenerezza triste. Quella infanzia giuliva così ignara dei mali che la aspettano, accresce la malinconia delle sue riflessioni. Che farà di qui a venti anni il piccolo filosofo dalle brachette aperte che è ora tutto intento ad anatomizzare una formica? - non spezzerà egli allo stesso modo un povero cuore di donna? Quanto tempo ci vorrà perchè quel grazioso amorino ricciuto diventi un ipocondriaco, nemico di tutto il mondo? E gli ospedali, i manicomi, le carceri non recluteranno forse il loro contingente futuro tra quelle testoline ingenue che colla bocca rosea rosicchiano una mela? - Età beata - disse la maestra; infilando una maglia. Maria sorrise a guisa di assentimento e sollevati gli occhi guardò la finestra della gran sala, dove era trascorsa così mestamente per lei una età che si dice pure beata. Ritrovava i brandelli della sua giovinezza distrutta; li ritrovava sui cornicioni del davanzale che le aveva sorretta la persona stanca nelle languide sere di estate, quando da quel pertugio della sua prigione anelava le ebbrezze della vita e le sfioriva, nella lunga attesa, il desiderio. Li ritrovava nelle ombre grigie del cipresso, sul balcone dove ella spiava i passi di Emanuele, nel mistero della scaletta buia dove per la prima volta egli l'aveva baciata, nello sfondo cupo dell'alcova dove era risuonato quel fatale: non posso. E riportando lo sguardo sullo sciame vivace, no, no, ella pensava, nessuno di voi proverà quello che io ho provato. Non tu, paffuta biondina che sarai madre di famiglia tranquilla e soddisfatta; non tu bimba linfatica dagli occhi lucidi, che prenderai sempre nel mondo tutto quello che trovi, lasciando i sogni ai poeti; nè tu, piccola civetta, che darai i tuoi sorrisi a tutti ed a nessuno il cuore. Forse - ella guardava ora la fanciulletta bruna della testina intelligente - tu forse! Le si avvicinò , abbracciandola stretta stretta: Oh se io fossi tua madre! La civettina, tenendo per mano il bel ragazzo dal collo alla Richelieu, propose il giuoco dell'ambasciatore. Sei bambini da una parte, sei bambini dall'altra. Avanti i primi: «È arrivato l'ambasciatore. «Tam tirum, lirum, lera... - È un giuoco stupido - disse la brunetta. - Quando si fa la sposa no - rispose la bimba linfatica. - Io non la faccio mai la sposa. La civettina si avanzò trionfante, perchè l'ambasciatore era venuto a prenderla «vestita di raso bianco» con centomila lire di dote. - Che miseria! - esclamò il bel ragazzo - almeno cento milioni ! - Cento milioni è più che centomila lire? - domandò uno dei piccini. Ma nessuno gli rispose. La campana della scuola avvertì che l'ora della ricreazione era trascorsa. La maestra si levò in piedi dignitosamente e i fanciulli tornarono ad aggrupparsi, spingendosi verso l'uscio, gridando con un rinforzo di acuti, quasi per esaurire nell'ultimo momento di libertà le forze ginnastiche dei loro polmoni. Che noia! - mormorò la civettina dal busto imbottito, scuotendo le gonnelline. Il bel ragazzo dalla tunica verde, sfogò il suo malcontento con un gesto di sfida, dietro le spalle della maestra. Qualcuno era rassegnato, e tra questi la fanciulletta intelligente. I piccini non capivano nulla, continuando a trastullarsi in mezzo alla terra, finché fossero venuti a levarli di peso. In breve il cortile restò deserto, sparso di buccie di mele, di briciole di pane, di pezzi di carta e di qualche pezzuola dimenticata; nell'angolo dei piccini, sotto il cipresso, c'era una scarpetta, larga come un guscio di noce, piena di sabbia. Maria si fermò un istante ancora, assaporando l'amarezza delle sue memorie. Era invasa da quel pensiero mesto fra tutti, della indistruttibilità del passato. Si domandava perché mai la vita è divisa sì crudelmente in parti che non attaccano l'una all'altra? Perché si passano dieci, vent'anni, in un dato ambiente, con persone e con affetti che sembrano eterni, e poi tutto cambia; per altri dieci, per altri vent'anni, per sempre, nuove persone, affetti nuovi, più nulla di quello che è stato, nulla, tranne il rimpianto pungente nei cuori che non sanno dimenticare? E se tutto cambia, se tutto muore, perché solo non muore il triste dono della memoria? Comprese alla fine che era necessario partire: e lo fece con rincrescimento, a brevi e lenti passi, mormorando fra sè: Addio, addio: come si staccasse da persona viva. Le vocine dei bimbi, in alto, sotto la volta cupa del salotto ripetevano in coro: Ba - Bo - Bu.

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