Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Risultati per: abbassare

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Il Galateo

181539
Brunella Gasperini 1 occorrenze
  • 1912
  • Baldini e Castoldi s.r.l.
  • Milano
  • paraletteratura-galateo
  • UNICT
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Quel che potete fare, questo sì, è chiedere, con gentilezza, di abbassare il volume. Doccia. Se non potete evitare di fare la doccia nelle ore di punta, fate la fila con calma e buonumore, non accampate precedenze di sorta, e quando è il vostro turno sbrigatevi: non fate della doccia in spiaggia una complicata e meticolosa operazione di pulizia, né una compiaciuta esibizione di atteggiamenti plastici. Nessuno vi ammirerà. Ombrelloni. Non sempre l'affollamento della spiaggia consente di avere l'ombrellone nel posto preferito: pazienza. Non chiedete ogni giorno al bagnino di cambiarvi posto. Non occupate ombrelloni e sdraio d'altri, neanche quando questi sono assenti. Coi vicini di ombrellone il saluto è d'obbligo, qualche scambio di frase è normale, l'invadenza è proibita. Se i vicini d'ombrellone vi chiedono un favore (i fiammiferi, l'olio solare, il giornale in prestito) acconsentite cortesemente ma senza troppo entusiasmo: i postulanti non vanno incoraggiati. Voi, comunque, non chiedete niente in prestito a nessuno: se avete dimenticato qualcosa fatene a meno, oppure tornate indietro a prenderla. Bagni e bagnasciuga. Non correte in acqua come kamikaze, senza badare dove mettete i piedi e il resto. Non tuffatevi con enormi splash, travolgendo salvagenti e materassini, innaffiando i bagnanti freddolosi che sostano indecisi sul bagnasciuga. Anche se nuotate un crawl spettacoloso, finché la rotta non è libera nuotate adagio e con la testa fuori. Il traffico davanti al bagnasciuga non permette esibizioni natatorie. Ma nemmeno fate l'esibizione contraria, come quelle irritanti creature che indugiano interminabilmente sul bagnasciuga, tra civettuoli passettini avanti e indietro, lanciando gridolini di finto terrore ogni volta che un'onda sfiora loro la punta dell'alluce, e facendo drammi se un bambino sguazzante spruzza loro due gocce sul ginocchio. Se non volete essere spruzzati, state alla larga dal bagnasciuga. In quanto alla classica passeggiata lungo la battigia, non fatene una specie di sfilata in passerella, e neanche una travolgente maratona: camminate sensatamente, badando a non rovesciare i secchielli e i castelli di sabbia dei bambini, e non calpestate occhiali e importanti parti del corpo delle signore che stanno «scientificamente» abbronzandosi sulla riva. Non sedetevi in crocchio (l'unione fa la forza) a osservare criticamente la passeggiata, dandovi di gomito, ridacchiando e facendo sapidi commenti sulla forma, la dimensione, l'aspetto delle persone che passano. Spiaggia libera. Oltre che gratuita, può essere meno rumorosa, più «nature» della spiaggia organizzata: ma non pensate di poterci fare tutto quel che vi salta in mente. Neanche sulla spiaggia libera è permesso praticare il nudismo: quindi, o rinunciate a cambiarvi il costume, o adottate come riparo un accappatoio, un poncho, un copricostume, un lenzuolino che, opportunamente drappeggiato intorno al corpo, vi permetta di cambiarvi con qualche contorsione ma senza offesa al pudore. Dato che i servizi mancano, portate con voi tutto quel che occorre, compresi i sacchetti in cui riporre carta e rifiuti. Ricordatevi comunque che nei giorni festivi la spiaggia libera è spesso invasa dai cosiddetti cannibali, che arrivano per un giorno dal vicino entroterra con le automobili cariche di familiari, materassini, radioline, vettovaglie e umori esuberanti. È troppo pretendere che i bagnanti della domenica siano silenziosi, riservati, compiti: perciò, se non ve la sentite di sopportarli come sono, dedicate le feste comandate alle gite in bicicletta, a piedi, in barca, in collina, in pineta, lasciando il volgo accaldato e vociante a pigiarsi testardamente in quei pochi metri di spiaggia. Motoscafi. Anche se siete piloti superlativi, non partite mai dalla riva a motore acceso. Sappiamo che per molti padroni di motoscafi metter mano ai remi è cosa disonorevole, ma così vogliono regolamento, buon senso e buona educazione. Non portate mai il motoscafo in mezzo ai bagnanti; neanche ad andatura ridotta. Neanche se è «solo» un gommone: è il motore che conta. A proposito di gommone: questo simpatico natante, che non dà problemi di trasporto e di parcheggio, ha però l'inconveniente del motore che va portato avanti e indietro ogni volta. Ecco perché quando un proprietario di gommone dice: «Be', adesso farò un giretto», si vedono molti signori, anche amici suoi, fingersi immersi nel giornale o assopiti al sole, per non venir coinvolti nell'operazione trasporto-motore. Altri, più sportivi e servizievoli (e privi di natanti loro) si prestano invece volontariamente e con grande entusiasmo: ma una volta che vi hanno aiutato a portare il motore fino al gommone, potete esimervi dal portarli a fare un giretto con voi? No, non potete. Purtroppo questi signori servizievoli sono quasi sempre quelli maggiormente forniti di parenti, mogli, bambini, sorelle, zii, che arrivano giubilanti in massa ad affollare il gommone. Che ci volete fare? Se la cosa diventa eccessivamente fastidiosa, basterà qualche repentina accelerata, qualche brusca virata ogni tanto: gli ospiti si aggrappano, si fanno silenziosi, e dopo un po' vi chiedono, per piacere, di tornare a riva. È un sistema un po' brutale, che consigliamo solo in caso di ospiti veramente numerosi, irrequieti e invadenti. In quanto agli ospiti, sappiamo che sui gommoni si va sempre e solo a piedi nudi (lasciate a terra sandali e zoccoli); e che non ci si va mai unti di crema; non solo la crema unge e macchia, ma scivola contro la gomma, e come niente uno si trova in acqua: donde, sempre per la scivolosità della crema, sarà complicato issarlo a bordo, specie se si tratta di una formosa signora.

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Le buone usanze

195647
Gina Sobrero 1 occorrenze
  • 1912
  • Fratelli Treves, Editori
  • Milano
  • paraletteratura-galateo
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Solo scrivendo ad un sovrano, ad un alto prelato si firma umilissima; una donna non deve mai abbassare sè stessa, anche se per modestia, si sente inferiore ad altri. Una signora giovane non scrive nè riceve lettere da un giovanotto, a se per circostanze speciali è costretta a farlo, sia molto cauta nelle espressioni; non è quistione di moralità, ma di prudenza; l'uomo migliore può, per mille ragioni interpretare male le sue frasi più semplici, e farsene un'arma contro di lei. Se è vedova non aggiunge al proprio nome questo appellativo, salvo che negli atti pubblici. Scrivendo ad un inferiore sono da osservarsi le stesse regole; per di più, tanto l'uomo che la donna aggiungono al proprio nome il titolo, se lo hanno. Un uomo scrivendo ad una signora non si firma per esempio: ingegnere tale, dottore tal altro, a meno che sia sconosciuto dalla destinataria e le scriva per un incarico avuto o per chiedere un favore. Egli può dichiararsi nella chiusura della sua missiva; devotissimo, umilissimo, ecc., può terminarla con una frase cortese, per esempio: signora mi comandi sempre; pronto ai suoi ordini, ecc.; può dire, se c'è un certo grado di intimità, signora, le bacio la mano, ecc. Con tutto questo egli non perde affatto di dignità. Sull'indirizzo si mette il titolo, la professione e il nome senza farli precedere da nessun aggettivo; chiarissimi, nobilissimi, ecc., sono diventati patrimonio della gente volgare. Le formole che adesso si usano sono le seguenti: Contessa X. di L., Ingegnere I. R. , poi il nome della via, la città, la provincia, la nazione, tutto scritto chiaro, distinto, per evitare imbrogli e fatica inutile all'impiegato postale. Ad una persona di famiglia titolata, ma non tale per matrimonio, si fa precedere al nome aggettivo nobile; così Nobil donna Rosa...; Nobile tale dei tali. Anzi per un uso gentile oggi si fa precedere l'aggettivo nobile a qualunque nome di donna che non vanti nè per eredità, nè per le nozze contratte, un titolo qualunque. È giusto; poichè è un omaggio reso alle nostre donne, tante volte così nobili, anche se l'almanacco di Gotha non se ne immischia. Ora s'usa molto dire semplicemente, per esempio: donna Maria O. Ad un fornitore si mette sulla busta: Sig. X., e poi la professione; se si scrive per caso ad un domestico, a una cameriera a servizio altrui, si ha cura di aggiungere: nella casa del Sig. X., della contessa Z., ecc. Una lettera va affrancata secondo il suo peso; è vera ineducazione imporre una tassa a chi ci legge. Si può mandare il francobollo per la risposta solo ad un inferiore per non aggravarlo di questa spesa, oppure ad una casa di commercio a cui si è chiesta qualche informazione: è scortesia in tutti gli altri casi. Una lettera di presentazione, di raccomandazione, va consegnata aperta alla persona di cui è quistione; è quindi sconveniente di trattarvi affari di ordine privato. Invece si può benissimo chiudere una lettera che altri si incarica di far recapitare per noi, e in cui non si tratti della persona che ci fa il favore. Pregando alcuno di impostare una lettera, bisogna prima affrancarla, chè sarebbe scortesia dargli il carico della spesa o consegnargli in mano il prezzo del francobollo. Nella nostra vita rapida, febbrile, abbiamo trovato il mezzo di abbreviare la lettera, riducendola ad una cartolina postale; brutto mezzo che toglie tutto quanto ha di intimo e di caro la corrispondenza coi lontani. Non si scrive mai una cartolina ad un superiore, nè ad una persona colla quale si abbiano semplici relazioni di società; un uomo non lo scrive mai ad una signora. La cartolina deve contenere in breve l'oggetto, che interessa, non vi si mettono frasi d'affetto, non vi si trattano questioni che possano compromettere chi la riceve; siffatte missive passano per cento mani prima di giungere a destinazione, in ogni frase che scriviamo è un lembo della nostra anima, ed a chiunque sente finemente, non può far piacere il sapersi in balìa degli indifferenti. Si può scrivere una cartolina ad un negoziante per dargli una ordinazione, ad un servo per annunziare il nostro arrivo: ma in complesso essa è un mezzo troppo economico, ed occupa tra i vari generi di lettere il posto che occupa la tranvia tra i veicoli: mezzo di locomozione che tutti abbiamo adottato per economia e comodità, ma di cui non si servirà mai una gran dama che ha la fortuna di possedere una vettura propria. Il telegramma è una lettera nervosa che dobbiamo usare il meno possibile per non far sentire agli altri le conseguenze dei nostri nervi. I telegrammi devono essere scritti con chiarezza quando si consegnano all'impiegato telegrafico e debbono rappresentare esattamente il nostro pensiero, per non costringere chi li riceve a torturarsi il cervello nell'interpretazione. I baci, le carezze, le espressioni troppo affettuose non debbono trovar luogo in un telegramma per la ragione che ho detto prima. Bisogna aver riguardo di spedirli in ore tali da non suscitare inutilmente in chi li riceve spavento od emozioni. Questo naturalmente quando non si tratta di casi urgenti.

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