Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Risultati per: abbassando

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D'Ambra, Lucio

220524
Il Re, le Torri, gli Alfieri 1 occorrenze
  • 1919
  • Fratelli Treves
  • Milano
  • Paraletteratura - Romanzi
  • UNICT
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Mi sia quindi permesso di sorvolare, abbassando un pudico velo, su la cena con Manon Manette e su le tenere manifestazioni che la seguirono. Ma non posso tacere che la mia riconoscenza verso Sua Altezza fu letteralmente raddoppiata, tanto che vedendo il pendentif che Manon Manette aveva ancora intorno al collo sentii che non era possibile lasciarvelo più oltre. Spiegai a Manon Manette i miei sentimenti e i miei scrupoli e tentai ancora una volta di muoverla a pietà verso Sua Altezza. Presi allora il mio coraggio a due mani, e non solo il mio coraggio ma anche il pendentif, che slacciai dal collo palpitante della graziosa attrice. E, poichè Manon manifestava la sua meraviglia nel vedermi riprendere ciò che ella poche ore prima si era spontaneamente regalato, dovetti spiegarle che quel pendentif non aveva per una donna come lei altro valore che quello d'un attestato di riconoscenza e d'un affettuoso ricordo e che era perciò assai strano, per non dir peggio, che io manifestassi tutti questi nobili sentimenti con un gioiello che non era mio. Anch'ella doveva del resto trovare assai strano d'aver al collo un attestato di riconoscenza di Sua Altezza che non le doveva nulla e un ricordo di Sua Altezza con cui ella non aveva ancora scambiato una parola. La rituazione era complicata e delicata; ma assicurai Manon Manette che avrei saputo risolverla l'indomani. Si trattava semplicemente d'annodare intorno al suo collo un gioiello che fosse veramente un attestato della mia personale riconoscenza e un ricordo del piacevole modo in cui avevamo occupato le ore di una siesta dopo colazione e d'una siesta dopo cena. Superata così ogni difficoltà ero sul punto di riporre nella tasca posteriore della mia marsina il gioiello di Sua Altezza quando l'imminente scomparsa del pendentif ebbe un effetto immediato e imprevedibile sul quale avevo avuto l'ingenuità di non contare. E, riprendendo con dolce violenza dalle mie mani il gioiello di Sua Altezza, Manon Manette dichiarò che avrebbe accettato assai volentieri il ricordo che avevo avuto la cortesia di offrirle, ma che era assai più corretto, a suo parere, che il pendentif fosse stato restituito a Sua Altezza, l'indomani, da lei in persona. Così fu stabilito. E l'indomani, a palazzo, quando ricevetti Manon Manette e la introdussi nel salotto privato di Sua Altezza, potei sùbito osservare che Manon Manette aveva addosso tutti e due i gioielli, quello di Sua Altezza ed il mio. Ero adesso meno ingenuo della sera prima, tanto è vero che nella mattinata, mandandole al Suprême Hôtel il promesso ricordo, avevo scelto invece del pendentif un braccialetto. Era perfettamente stupido e superfluo attestare nello stesso modo la riconoscenza anticipata di Sua Altezza e la mia riconoscenza posticipata. Appena fatte le presentazioni di Manon Manette a Sua Altezza e di Sua Altezza a Manon Manette mi ritrassi immediatamente, col pudore riguardoso d'un cameriere di albergo che ha accompagnato nella stanza a loro destinata due giovani sposi appena arrivati e impazienti di mormorare alla loro volta il leggendario: Enfin seuls! Ebbi appena il tempo di ammirare, richiudendo la porta, il profondo inchino con cui la bella atirice repubblicana dimostrava a Sua Altezza che per un'autentica repubblicana il figliuolo di Sua Maestà il Re di Fantasia rappresenterà sempre qualche cosa di più suggestivo del figliuolo, mettiamo, del signor Poincaré. Ed ebbi appena il tempo di vedere dal volto e dagli occhi di Sua Altezza che il privilegiato rampollo d'una vecchia monarchia come quella di Fantasia ha le idee cosi larghe da non temere il berretto frigio, sopra tutto quando questo gli appare sul capo della piu deliziosa donnina che mai si possa immaginare. E su questo, ahimè, avrebbe dovuto calare il sipario. Ma fortunatamente il mio regale amico, eroe di commedia modernissima, aveva in comune coi più illustri eroi delle tragedie classiche l'irresistibile bisogno di un confidente. Non dovetti quindi che aspettare l'ora del pranzo per ricostruire attraverso il dire e il non dire di Sua Altezza la scena cui non m'era per decenza stato concesso d'assistere e per ricostruirla così come adesso la consegno alle pagine di questi annali veridici e modesti. Sorvolo su le prime formalità che non hanno alcun interesse. Compiute queste, Sua Altezza, che aveva offerto a Manon Manette l'esposizione dei suoi medaglieri e una tazza di tè, riservò il tè per più tardi e diede sùbito mano alle manovre d'approccio per cui le pesanti custodie che racchiudevano le preziose medaglie offrivano una meravigliosa piattaforma. Le custodie erano già pronto in bell'ordine su una grande tavola e, aprendole l'una dopo l'altra, Sua Altezza cominciò sùbito un nutritissimo corso di numismatica. Solo quando la sua testa poteva, senza aver l'aria di nulla, avvicinarsi a quella di Manon Manette inchinata e intenta ad ammirare qualche medaglia di maggior pregio, Sua Altezza osava arrischiare i primi tentativi per passare ad altro discorso. Ma questi tentativi non erano affatto incoraggiati dall'attrice che, impassibile, continuava ad esaminar le medaglie, ad una ad una, quasi che non fosse venuta che per questo. Sua Altezza, intimidita, non osò quindi bruciare i suoi vascelli che all'ultimo momento, quando cioè aprì la custodia che racchiudeva i più incliti esemplari, i famosi Pisanello oramai cosi popolari fra le signore dell'alta società pulquerrimese. Manon Manette che, prima di rappresentarlo, aveva letto Bourget, non sapeva bene chi fosse quell'incisore, ma sapeva che era di quelli da considerare, per far buona figura, coi segni del maggiore rispetto. Terminate quindi le più svariate esclamazioni del suo vocabolario, prese in mano una medaglia e cominciò a guardarla con quello sguardo attento e indifferente delle persone che sanno di dover ammirare un oggetto che non desta in loro nessuna ammirazione. E siccome non v'ha ammirazione calorosa che non sia prolungala Manon Manette tenne così a lungo nella sua mano sinistra il Pisanello depostovi da Sua Altezza che il principe ebbe il tempo di vincere la sua timidezza e di prendere la mano della bella attrice per portarla alle sue labbra e baciarla. Ma la bella attrice si ritrasse immediatamente, con gli occhi bassi, il volto acceso, e mormorando a guisa di protesta un «Oh, Altesse!» che, secondo l'impressione der mio regale amico, valeva un Perù. Sua Altezza attribuiva evidentemente tanto valore a quella dignitosa ritirata solo perchè il Perù non era roba sua, ma è certo che l'atteggiamento dell'attrice indusse Sua Altezza a una prudente riserva che si prolungò durante altri dieci minuti occupati da una fittisima conversazione su autori francesi e commedie parigine. Un romanziere non si farebbe sfuggire l'occasione di descrivere in tutti i suoi particolari la lunga scena durante la quale Sua Altezza cercò le vie per ottenere quello che Manon Manette sembrava non avere alcuna intenzione d'accordare. Come i più prudenti guerrieri, Sua Altezza temporeggiava. Io mi sono imposto di non sviluppare tutto quello che mi basta indicare e perciò devo omettere il racconto di tutti questi temporeggiamenti che fecero perdere a Sua Altezza e a Manon Manette molto tempo, tutt'il tempo necessario per far giungere, inaspettata, la visita della duchessa di Frondosa. L'annunzio della visita era stato, a bassa voce, comunicato a Sua Alteza, la quale, immediatamente, trovandosi in una situazione difficile, fece chiamare me per sbrogliarla. Quando entrai nel salotto, trovai il principe con gli occhi fuori della testa e Manon Manette che ci guardava un po' spaurita senza capire bene se si trattava di un attentato anarchico preparato contro Sua Altezza o se Sua Altezza era stata improvvisamente colpita da un furioso attacco di mal di denti.... Traendomi in disparte, il mio regale amico mi mise sùbito al corrente di quanto avveniva. Era proprio nato, poverino, sotto una cattiva stella e il destino avverso si divertiva a giuocare con lui: dopo essersi fatta attendere per tanto tempo invano, la duchessa di Frondosa, vinta finalmente dal fuoco dell'inestinguibile amore di lui, si decideva a venire e ad arrendersi. Ma quando? Proprio quando Sua Altezza si trovava su le braccia un'altra donna che non poteva tenere nè poteva mandar via, così, su due piedi, quando appena una parte dei programma era stata espletata. Con decisione fulminea spiegai al principe ch'egli non poteva fare altro che o rinunziare alla duchessa di Frondosa o mettere Marion Manette di là, con me, nella biblioteca, col pretesto di un'udienza di somma importanza che Sua Altezza doveva immediatamente concedere, costretto a interrompere una così piacevole conversazione, la quale sarebbe stata, appena libero il principe, ripresa. Fu attribuita a Sua Altezza Reale il Principe Leopoldo, zio di Sua Altezza, e che in quel momento tagliava certamente il suo banco pomeridiano di baccarat in un club parigino, la parte antipatica d'arrivare nel momento più inopportuno che si possa immaginare. Con molte scuse Manon Manette fu affidata momentaneamente alle mie cure, e l'eccellente figliuola invitò Sua Altezza a discutere con calma gli affari di Stato che reclamavano la sua attenzione poichè ella non aveva fretta ed avrebbe passato piacevolmente il tempo con me che ero un suo vecchissimo amico di ventiquattro ore. Inutile dire che il principe era fuori di sè dall'ansia e dalla gioia e che fremeva nella impazienza di vederci uscire dalla porta di destra per potere aprire sùbito quella di sinistra accogliere finalmente la tanto bramata preda che veniva a gettarglisi, viva, fra le braccia. Almeno cosi credeva. Gli avvenimenti non tardarono a deluderlo. Non ascoltai dietro la porta per tre ragioni: perchè ascoltare alle porte non è nelle mie abitudini; perchè questo è un sistema troppo comodo di cui si abusa solo nelle commedie; e particolarmente poi perchè le porte massicce del gabinetto del principe erano ovattate e non permettevano il passaggio di nessun rumore. E c'era anche questo: ero persuaso fermamente che la virtù della duchessa non correva nessun pericolo e che se ella, accogliendo, per non aver l'aria d'aver paura, l'insistente preghiera di Sua Altezza, s'era decisa a venire ad ammirare i Pisanello, doveva essere incrollabilmente risoluta a non interessarsi assolutamente di altro. La duchessa di Frondosa è come suo marito: non cambia le sue idee. S'è affezionata anche lei all'idea di essere una donna per bene. Prima ancora che questa mia persuasione mi fosse confermata, la sera, dalle confidenze di Sua Altezza, ebbi la prova che una volta di più non mi ero ingannato quando, venti minuti dopo, la mia conversazione con Manette fu interrotta da una porta che s'apriva e dalla voce nervosa di Sua Altezza che invitava f'attrice a raggiungerlo. Decisamente, anche se un giorno la virtù della duchessa di Frondosa avesse dovuto arrendersi, la difficile resa non sarebbe avvenuta in venti minuti. Quando uno è abituato a difendersi, si difende fino all'ultimo anche quando sa di dover perdere. Le buoni abitudini non sono, meno delle cattive, difficili a sradicarsi. La sera, l'ho detto, Sua Altezza mi raccontò quanto era avvenuto. Tutte le speranze erano di nuovo sfiorite. La visita della duchessa di Frandosa non era stata che una sfida, una spavalderia, e, per dir tutto, una maledetta presa in giro. E, quel che è peggio, la duchessa era stata più che mai prodiga di civetterie. Se fino a quel giorno il suo contegno si era contentato d'aprire uno spiraglio alla speranza, quel giorno l'indiavolata civetteria della duchessa aveva addirittura spalancato le finestre. E quando Sua Altezza s'era creduta autorizzata ad affacciarsi, le finestre gli erano state chiuse violentemente sul muso. Ne aveva ancora naso ed orgoglio ammaccati. E, su mia richiesta, Sua Altezza narrò succintamente anche la scena finale dopo l'uscita brusca della duchessa Isabella e il brusco richiamo di Manon Manette: — Si figuri! Si figuri il mio stato! — mi disse Sua Altezza. — Avevo tanto bisogno di sfogarmi.... Dopo avermi permesso tante speranze la duchessa m'aveva così inaspettatamente lasciato a mani vuote ch'era una vera fortuna trovar lì Manette a portata di mano. Ma lei, caro d'Aprè, le aveva fatto troppo bene la lezione. Aveva ricominciato come nella prima parte della sua visita a far la ritrosa, a sfuggirmi, a farsi pregare.... Oh, ma, le ho parlato chiaro, amico mio.... Non era più quello momento da sospiri..... «Cara mia, le ho detto, intendiamoci, ora basta, non resistete più oltre. So che lo fate per farmi piacere. Ma non insistete, vi prego.» — E Manette? — Ha gridato Vive le Roi e ha mandato per aria il berretto frigio. E, col berretto frigio, tutto il resto.... È andata avanti senza suggeritore. Se lei sapesse: recita a meraviglia.... Lo sapevo.

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