Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNICT

Risultati per: abbandonati

Numero di risultati: 2 in 1 pagine

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D'Ambra, Lucio

220458
Il Re, le Torri, gli Alfieri 1 occorrenze
  • 1919
  • Fratelli Treves
  • Milano
  • Paraletteratura - Romanzi
  • UNICT
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Ma i rumori che mi giungevano dalla stanza vicina non tardarono molto a distrarmi dal mio lavoro di revisione; e ad informarmi, meglio di un buco praticato nella pesante porta che ci separava, sul genere d'occupazioni cui Sua Altezza e la duchessa s'erano, dopo brevi preliminari collezionistici, assai calorosamente abbandonati. Ma la vita di Corte mi aveva già abituato a sentire ogni genere di rumori con la stessa tolleranza con cui ne vedevo di tutt'i colori. Era del resto evidente che, per quanto una dama possa andar pazza per le medaglie del Pisanello, un'ora e più è un limite di tempo veramente superiore ad ogni più esagerata e platonica ammirazione. Era trascorsa più di un'ora, infatti, quando Sua Altezza ricomparve nella biblioteca con l'aria più tranquilla e più innocente del mondo. Ma uno sguardo scambiato fra noi bastò a spiegarci reciprocamente la durata di quella visita ai medaglieri di Sua Altezza. Quando gli occhi si spiegano le parole sono inutili e fu quindi in silenzio che Sua Altezza tornò a sprofondarsi nella sua poltrona di marocchino rosso e, accesa una sigaretta, mi invitò con un cenno di mano a riprendere la lettura interrotta. Ricominciai imperterrito a leggere mentre Sua Altezza cedeva a poco a poco a quella sonnolenza soddisfatta e beata che segue i pasti abbondanti e gli amori felici. Ma era destino che la conferenza venutami giù di getto dovesse essere nota al principe per frammenti: chè leggevo appena da dieci altri minuti quando la porta s'apri di nuovo e Sua Altezza venne informata che la marchesa di Setteporte chiedeva anche essa di vedere la collezione di medaglie: non aveva, questa seconda dama, una spiccata preferenza per il Pisanello ma il suo interesse per il medagliere del principe non era meno vivace. Questa volta il principe si levò un po' meno vivacemente di prima e non m'invitò a rivedere quello che avevo letto: mi suggerì invece cortesemente di prendermi un breve riposo chè in dieci minuti al massimo avrebbe certamente sbrigato la gentile visitatrice. Ci volle invece un'ora e mezza. Questa volta ero disoccupato, e, disteso su un divano, fumando, potevo anche meglio della prima volta avere esatta nozione delle manifestazioni di riconoscenza cui giungeva l'ammirazione soddisfatta della marchesa per le collezioni di Sua Altezza. Il gran Condé dormiva placidamente e profondamente nella notte precedente alle sue più ardue battaglie. Io potevo quindi, con non minore forza d'animo, appisolarmi durante quelle scaramucce d'amore. I vecchi capitani pronti a tutto e, i vecchi testimoni a tutto abituati possiedono la medesima imperturbabilità. E, quando, un'ora e mezza dopo, Sua Altezza mi destò rientrando nella biblioteca, gli sguardi non bastarono più e ci vollero le parole per manifestarmi chiaramente il suo malumore. — Caro d'Apre, — mi disse, — la cosa comincia a diventare fastidiosa, e queste signore non mi dànno il tempo di respirare. Ho veduto iersera queste due signore all'Opera e le ho invitate, come invito tutte, a venire ad ammirare la mia collezione di medaglie a bere una tazza di te. Ed eccole qui oggi tutt'e due, una dopo l'altra. Decisamente qui bisogna cominciare a rovesciare le parti: poichè non si lascian pregare, sarà necessario che incominci io a farmi pregare! Non insistemmo e riprendemmo per la terza volta la lettura. Eravamo nel cuore della conferenza adesso, e Sua Altezza, non più sonnolenta, ma sostenuta invece da quell'eccitazione nervosa che segue i grandi strapazzi intellettuali, seguiva la mia narrazione col più vivo interesse e con frequenti cenni d'approvazione. Ma la porta si aprì una terza volta, e Sua Altezza venue informata che la principessa di Malaguena desiderava d'ammirare a sua volta collezione di medaglie. Vidi Sua Altezza levarsi in piedi d'un balzo stringendo i pugni e frenando la sua ira, finchè il maggiordomo non si fu allontanato e non ebbe richiusa la porta. Poi si volse verso di me che, levato il volto dal manoscritto sfortunato, guardavo Sua Altezza sorridendo: — Lei sorride! — esclamò Sua Altezza, con un tono irritato. — Lei sorride, eh? Ma vorrei un po' vederla al mio posto. L'invito alla principessa di Malaguena non l'avevo arrischiato che stamattina incontrandola a cavallo al Viale del Tigli. Ed eccola qui, sei ore dopo. È un'esagerazione.... E ci tenessi, almeno.... Ma niente affatto! Sparo a polvere tanto per rimanere in esercizio. Ma per loro basta. Sono uccellini che si contentano del rumore per potersi decentemente dare per morti. Feci rispettosamente osservare a Sua Altezza che, ingrato come tulti gli uomini si lamentava ingiustamente d'una troppo benigna fortuna. — Ma è la terza, sa, — rispose il principe, — e le ripeto che vorrei veder lei al mio posto. Non raccolsi quello che v'era di poco lusinghiero in questa ripetuta esclamazione che mi riguardava e approfittai invece del silenzio del principe, che camminava, con le mani in tasca e il naso verso terra, su e giù, furiosamente, per la biblioteca, per ricordargli che la principessa di Malaguena lo attendeva e che non era possibile farla più oltre aspettare; e che, date le circostanze, non gli rimaneva altro che sacrificarsi eroicamente e andarla sùbito a raggiungere. — Io? Ma lei è matto! — esclamò il principe fermandosi davanti alla mia scrivania e usando con me un linguaggio cosi confidenzialmente irriverente che era naturalmente giustificato dalla sua agitazione. — Lei è matto, caro d'Aprè! Scriverò a mio padre, stasera stessa, che Pulquerrima è una residenza inabitabile, e che qui non basta un principe ereditario ma ce ne vogliono dieci! E sa, intanto, che cosa faccio io? Mi faccia il piacere di cedermi il suo posto...._Grazie. Ecco. Mi siedo qui e la lettura della sua bella conferenza me la finisco per conto mio. E si mise a leggere, seduto al mio posto, coi pugni stretti alle due tempie. Osai ricordare a Sua Altezza la principessa che aspettava. — La principessa? — mi rispose senza levar gli occhi dal manoscritto. — La principessa, senta, me la sbrighi lei. Mi faccia questa cortesia. Le dica che sono uscito, che son malato, che non voglio essere seccato. Le dica che la collezione di medaglie non c'è più. È sparita, me l'hanno rubata, l'ho venduta, sono impazzito e in una crisi di follia l'ho gettata tutta dalle finestre. Lei saprà che cosa dire. Le situazioni difficili son fatte apposta per lei. Gli amici dispotici son come i sovrani assoluti: non discutono. E io che conoscevo Sua Altezza non tentai di ragionare e mi decisi sùbito a sbrogliare una volta di più una matassa intricata. Aggiustai la mia cravatta, spolverai la cenere delle sigarette sul mio vestito, presi un viso di circostanza, e mentre Sua Altezza, assorta, continuava a leggere le nostre avventure di terra e mare, m'avviai verso la mia impreveduta avventura di salotto. Aprii la porta ed entrai, guardingo, nella gabbia della leonessa. La quale leonessa era quanto mai addomesticata e leggiadra. Mi strinse la mano con cordialità e prese per buone tutte le spiegazioni che le davo per l'assenza del principe trattenuto quel giorno dalle sue gravi responsabilita al comando del Corpo d'Armata. Solo manifestò il suo profondo rammarico di non poter ammirare la collezione di medaglie. Le chiesi se anche la sua predilezione fosse per il Pisanello, ma la principessa ebbe l'aria di cadere un po' dalle nuvole. Per fortuna non si sbilanciò a domandarmi se il Pisanello aveva studio a Pulquerrima. E, tanto per tener viva la conversazione, mi scappò di bocca — giuro che fu senza malizia! — ch'ero collezionista anch'io: non di medaglie, ma d'una cosa assai più leggera, i ventagli. Gli eventi precipitarono. La principessa non tardò a dichiararmi che le collezioni di ventagli la interessavano in generale assai più di quelle di medaglie. Dovetti per cortesia dichiararle che sarei stato felice di mostrarle la mia. Accettò. Chiesi che mi fissasse una data e mi sentii rispondere ch'era pronta ad ammirarla anche sùbito. Tutto questo naturalmente con un'innocenza, con una semplicità, con una serietà impassibile come che si trattasse veramente di medaglie e di ventagli. Non c'era altro da fare che quello che feci: aiutare la principessa a indossar di nuovo il Mantello e offrirle la mia automobile per recarci a casa mia, scusandomi di non poterle mostrare, cosi all'improvviso, che una collezione incomplela e disordinata. Naturalmente in automobile non si parlò che di ventagli. In materia d'amore davvero la parola è fatta per nascondere il pensiero. Non parlavamo che di ventagli. Io risalivo a mano a mano fino alle fêtes galantes del secolo decimottavo. La principessa mi ascoltava con la più intensa attenzione come se non si fosse mai interessata d'altro in vita sua. E ne parlammo tanto, dei miei ventagli, che giunti a casa ci dimenticammo tutt'e due di guardarli. Era avvenuto lo stesso con Sua Altezza. I Pisanello, da sei mesi, non avevano visto altra luce oltre quella filtrante dagli spiragli delle loro inviolate custodie. Quando i fatti compiuti ci permisero di parlar d'altro che di ventagli, la seducente principessa mi costrinse a confessare che proprio quel giorno Sua Altezza non aveva avuto proprio nulla da fare al comando del Corpo d'Armata e che non s'era mosso da palazzo. Aveva infatti incontrate poco prima la duchessa di Villahermosa e la principessa di Setteporte che le avevano parlato con entusiasmo dei Pisanello. E, con una moina adorabile, la principessa di Malaguena mi chiese: — Spiegami un poco in due parole che cosa sono i Pisanello. Devo far credere di averli visti anch'io. Capirai, caro, che non posso essere da meno di loro. — E i miei ventagli? — chiesi. — I tuoi ventagli, no, caro. Non c'è bisogno di parlarne. Che c'entra? I ventagli son per il piacere. Ma le medaglie son per l'onore!

Il ritorno del figlio. La bambina rubata.

245261
Grazia Deledda 1 occorrenze
  • 1919
  • Fratelli Treves, Editori
  • Milano
  • Verismo
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Perchè vi sono cuori abbandonati a sè stessi come terre incolte: basta smuoverli e seminarli perchè diano frutto. Ma Davide pensa che il suo cuore è duro perchè deve essere duro: e se il bambino misterioso è Colui che tutto vede ne sa il perchè: inutile quindi fingere un turbamento che non si sente. Infine, poi, l'uomo veramente frustato dalla sventura non può più amare neppure lo stesso Dio.

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