Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNICT

Risultati per: abbandonar

Numero di risultati: 10 in 1 pagine

  • Pagina 1 di 1

Come devo comportarmi. Le buone usanze

184964
Lydia (Diana di Santafiora) 1 occorrenze
  • 1923
  • Tip. Adriano Salani
  • Firenze
  • paraletteratura-galateo
  • UNICT
  • w
  • Scarica XML

La futura maestra, la futura impiegata, dovrà anche essere, un giorno, una buona massaia; avrà probabilmente una famiglia da curare, un marito, dei figliuoli; e se non avrà fin da principio imparata l'arte difficile di governare la casa, sarà costretta a impararla in seguito, con maggior fatica e con resultati molto meno soddisfacenti; se pure non preferisca - e gli esempi purtroppo non mancano - di abbandonar la casa a sè stessa, con danno suo e della famiglia. Soprattutto, la madre cerchi di avvezzare la propria figliuola alla più severa economia: economia in tutto, nelle spese personali, nelle spese di famiglia. Il buon andamento d'una famiglia dipende, più spesso che non si creda, dall'abilità finanziaria della madre di famiglia. Se non si tengono con diligenza i conti giornalieri, se nelle compre non si cerca di risparmiare acquistando via via i generi più convenienti, se non si sa rinunziare ai capricci della moda, alle stoffe troppo costose, ai gioielli, ai ninnoli troppo cari, la famiglia si avvia inevitabilmente al fallimento. Ora, accade spesso che i genitori, per un malinteso affetto, si studiano di tenere i figliuoli all'oscuro di tutte le loro difficoltà, cercano di accontentarli nei loro desideri, anche se non conformi alla loro condizione, e non hanno altro scopo che di tenerli lontani da ogni preoccupazione; e i figliuoli crescono su spensierati, egoisti, proclivi a spendere il loro denaro nelle cose più frivole. Quando poi devono essi stessi metter su famiglia, hanno, per così dire, un triste risveglio, e si trovano improvvisamente a contatto con le aspre difficoltà dell'esistenza, senza la preparazione necessaria. I genitori che non impongono ai loro figliuoli quei sacrifizi che richiede la loro condizione, commettono dunque un grande errore; e invece di spianar loro la via della vita, non fanno che preparargliela più grave e più difficile.

Pagina 90

Angiola Maria

207259
Carcano, Giulio 7 occorrenze
  • 1874
  • Paolo Carrara
  • Milano
  • Paraletteratura - Ragazzi
  • UNICT
  • w
  • Scarica XML

Quand' era sola poi, rifletteva allo strano mutamento della sua povera sorte; domandava a sè medesima perchè avesse acconsentito a seguire una famiglia che non era la sua, e come si potesse abbandonar così, anima e cuore, a quella vita tutta nuota per lei, e a che fine sarebbe venuta. Tutto le pareva un sogno; ma il turbamento che le s'era messo nel cuore era vero. Allora sentiva il desiderio d'una consolazione lontana, ignota, che nessuna cosa al mondo le avrebbe potuto dare, nemmeno il ritorno alla sua casa, alle braccia di sua madre. Per la prima volta, pensava a sè stessa, a sè sola, all'avvenire, a' suoi timori, alle sue speranze. Oh! perchè tutte quelle angustie, perchè quelle inquietudini e quel rammarico le si quietavano nel cuore, quando Elisa o Vittorina corresse a scuoterla da' suoi mesti pensieri con l' ingenuo bacio d' una sorella, quando sentisse soltanto pronunziar fra loro il nome d'Arnoldo, o sostasse al suono della sua voce, a quello de' suoi passi? Lord Leslie intanto, giunto appena in città, ripigliò la sua vita altera e dispettosa; com' è costume de' vecchi, a' quali viene oggi a tedio quel che jeri bramarono. Lo strepito della città gli ricordava il tumulto della vita passata, i lunghi anni travagliati dalle cure della grandezza e dall' inimicizia della sorte. Egli tornò a starsene chiuso, soli- tario, a non voler vedere anima viva; e alternava le lunghe ore della sua giornata fra il tè, le gazzette inglesi e la corrispondenza epistolare co' suoi agenti di Londra e coi gentiluomini della sua parte. Arnoldo amava passar gran parte del giorno in compagnia delle sorelle; chè la dimestichezza d'una vita modesta e uguale, le consuetudini quotidiane, quella così cara onestà del costume di Maria, e la sua semplice bellezza, tutto s'univa per fargli più prezioso un amor puro e segreto. Nè Elisa, e Vittorina, ne' loro cuori ingenui, n' avevano ancora il più lontano sospetto: lord Leslie stesso, anzi che a codesto affetto d' Arnoldo, avrebbe creduto all' imminente rovina della, superba aristocrazia del suo paese. Era in quel torno capitato a Milano, tra i molti Inglesi che passar vi sogliono nell' inverno, un baronetto, antico amico de' Leslie, il quale trattenutosi pochi dì venne a portar loro fresche novelle della patria; e fu il solo che il lord acconsentisse di vedere. Era un uomo di mezz' età, con un falso e ricciutello tuppè d'un biondo rossigno; volto di tinta accesa, ma sincero; cravatta e corpettino bianchi; abito di color verde inglese, soppannato di velluto, a larghe rivolte e larghi quarti; un occhialino d' oro pendante al collo, e manichini increspati su' guanti gialli; insomma, lo scapolo elegante, il dandy di quarant' anni. Costui sedeva, una sera, in mezzo al piccolo circolo delle due damigelle, d'Arnoldo e della nostra fanciulla. Fosse l'aria vivida d' Italia che l'animasse più del solito, fosse la leggiadria, delle giovinette, fatto sta che quella sera era lui che teneva desta la conversazione, sfoggiando quegli scherzosi nonnulla, per cui nel bel mondo anche il dappoco diventa cima d'uomo; egli ciarlava, rideva per tutti, che non pareva fosse nato al di là della Manica; e, com' era stato gran viaggiatore, ripezzava il suo parlare or della lingua nativa, or della nostra, e or della francese. All'Elisa, in men di mezz' or, egli aveva ricordate a una a una le amiche damigelle che l' aspettavano nella contea e le s' era fatta vicino per bisbigliarle all' orecchio che un gioviale poeta italiano errava sempre intorno al deserto castello de' Leslie; poi, arrischiandosi a stringere per un momento la mano piccioletta di Vittorina, le aveva descritte a parte a parte le splendide feste di Londra, i passeggi, le danze, le corse de' cavalli, le compagne fatte spose. « Oh perchè non son giovine anch' io come voi! » seguitava il brioso baronetto. a Per voi è l'aurora; per me il mezzodì; per voi splende il sole della bella Italia, per me quello del nord; pure non sono malcontento di me.... Ho fatto più lunghi viaggi, che non Colombo, Marco Polo, Vasco de Gama e il capitano Cook, tutt'insieme. Vidi il mondo; ma lo darei tutto, se fosse mio, per un anno solo de' vostri.... L'amore è la più bella parola di tutte le lingue.... domandatelo, miss Elisa, al vostro poeta; e voi, miss Vittorina, al vostro cuore!... « Siete molto gajo, sir Edwin, » interruppe Arnoldo; « e la vostra vita, se alcuno la scrivesse mai, dovrebb' essere un bel romanzo. » « Eh! amico mio, pensate! press' a poco come quello di Gil Blas di Santillana. Anch' io sono sempre stato di buon umore, a jolly fellow.... E poi non credete forse che la vita di qualunque uomo, fra i venti e i cinquant' anni almeno, sia un romanzo?... Quella d' una giovinetta poi, quella d' una bella donna!... Oh delicious, delicious!» « Ahimè » disse ridendo Vittorina, « io non ho toccata ancora l' età del romanzo. « Sì, sì! per un volto e per un cuore come il vostro, il romanzo comincia a quindici anni. Ma per me.... la mia stella tramonta! ah! ah! l' ipoteca dell' età pesa anche su lo spirito.... eh! eh! » « Via, via, sir Edwin, » soggiunse Elisa, « consolatevi; lo spirito è un genio bizzarro che non ha paura del tempo!... Ma lasciamo le follie; e voi continuate a darci le novelle de' nostri amici di Londra. Non ci avete ancora detto nulla d' Elena nostra cugina: l'avete veduta?... » « Miss Davison? Fu l'ultimo angelo of our merry England, che mi sorrise prima della mia partenza. Essa è sempre più bella, una maga, una divinità! I nostri dandies le fanno corona da per tutto; è il sospiro di tutti, l'idolo che tutti adorano. Ma nessuno trionferà, perchè noi la serbiamo per l'amico nostro Arnoldo.... Non va bene?... » « V' assicuro, » rispose Arnoldo, « che non fo di questi aurei sogni: vorrei piuttosto amare, che adorare.... » « Che c' è di nuovo? siete così mesto e circospetto, che non vi riconosco più. Ma, a proposito, come siete riuscito a far pace con vostro padre, dopo quel terribile scacco ... A lui, non ebbi cuor di parlarne. Se sapeste! il nobile duca era uscito de' gangheri.... le vostre superbe zie, la marchesa.... la viscontessa, facevano un commérage tutta Londra ne fece le meraviglie; se ne parlò a Bath, a Brighton, a Cheltenham.... E quella povera miss? così giovine, così ricca e così bella? Ma si consolerà! ah! ah!... Pure, lasciate che ve lo dica, sir Arnoldo, ell' era fatta per voi!... » Arnoldo non potè più sopportare l' insipido cicaleccio del baronetto; poi, Maria era presente. Costui aveva toccata una: corda che in quel punto risvegliava un ricordo doloroso nel suo cuore: egli troncò a mezzo il discorso, alzandosi bruscamente, e preso il cappello, uscì. Sir Edwin non s'avvide, o finse di non s'avvedere di quel mal garbo; si rivolse ancora alle fanciulle, e continuò le sue vôte facezie. Maria, nascosta quasi in un canto della sala, era stata silenziosa e indifferente per tutta sera; se non che, alle ultime parole del baronetto, rivolse un momento gli occhi ad Arnoldo, e senti ferirsi nel e ore, come d'una punta mortale. Alcuni giorni appresso, ell' era sola nella sua camera; le due damigelle col padre e con Arnoldo, se n'erano ite a un ritrovo, in casa d'un gran personaggio. Mentre frugava nel suo armadietto, le era venuta sott'occhio l'ultima lettera del vicecurato, quella con cui le aveva concesso di partir di casa sua. L'aperse, la meditò lungamente, china la fronte, e fissi gli occhi, che lasciavano cadere involontarie lagrime su le smorte sue guance: e quelle parole, che la prima volta l'avevano appena commossa, allora la fecero tremare. Alla fine abbandonò la mano che teneva il foglio, e appoggiò l'altra sul cuore, come cercando di soffocarne il palpitar crescente, Allora proruppe in un piangere dirotto. Essa aveva letto nel proprio cuore. Ciò che fino a quel dì era stato un segreto, un mistero per lei, le apparve lucido, schietto al pensiero, divenne una certezza, una verità, che la riempì di confusione, e quasi di spavento. « Oh Signore! » diceva in mezzo alle lagrime, osando appena esprimere con un lamento l'angoscia sua. « È possibile che sia così?... Ch'io mi lasci andare a pensar sempre a lui, anche senza volerlo, a lui, più che a mio fratello , più che a mia madre?... Oh! cosa son io a confronto di lui?... Povera mamma, perchè l'ho abbandonata?... Essa crede ancora ch'io sia innocente, essa che mi diceva tante volte: - T' ho messo il nome di Angiola, perchè sii sempre il mio angelo; te ne ricordal... - E lui?... Se avesse a pensare ch' io sia venuta qui, qui in casa sua, con le sue sorelle, perchè gli voglia bene! Povera me! che abisso!... Come è avvenuta una cosa si trista?... Me l'aveva pur detto mio fratello, che in questa famiglia non credono come noi, e che per ciò appunto dovessi esser tanto più buona e pia.... E ora? sento il cuore dirmi che son real... No, no, non è possibile! È un sogno che fo, è la mia fantasia ammalata; tremo, e parrai quasi d'avere i brividi della febbre. » E mentre con voce fioca diceva queste parole, s'era abbandonata sur una seggiola, accanto del suo letto, e lasciava cader sul seno la testa. Ma pensava ancora. - Fuggirò di qui, pensava: domani, subito, abbandonerò questa casa! Ma come mai lo potrò fare?... Oh Signore! è forse un castigo.... pure, che colpa è stata la mia per meritarlo? Ah toglietemi voi da questa angustial... Io sono infelice sì! ma è poi vero, ch'io faccia tanto male a volergli bene? Perchè venire così spesso, lassù, in casa nostra? perchè anche mio fratello l'aveva caro? perchè mi parve cosi degno d' essere amato da tutti, così onesto e cortese?... Egli pure voleva tanto bene a mia madre! il suo cuore è così buono! E come si compiaceva di sedere all'ombra della vite, sui nostri scanni di paglia, di parlar con noi, di raccontarci tante cose! Ma io non gli ho detto mai nemmeno una parola, che potesse fargli credere.... No, no... Se non ardisco neanche guardarlo, quand' è presso di me! Oh dov' egli venisse ad averne il più piccolo sospetto, crede ohe ne morirei di vergogn!... Qui, tornata a sollevarsi, appoggiando il viso su le palme, e i gomiti sulle ginocchia, gemeva in silenzio. I suoi bei capegli, agitandosi com' ella faceva nel suo dolore, s'erano snodati, e le si sparsero giù sulle spalle e sul grembo, a somiglianza d'un nero velo. Intanto continuava a martoriarsi ne' suoi terrori: - Gran Dio! cosa sarà di me?... Quand' anche cercassi di tornare a casa mia, la mamma non vorrà più vedermi; e anch' io sento che non avrei più coraggio d'andare a gettarmi nelle sue braccia. E le damigelle, che m' han dimostrata tanta affezione, che per tanto tempo mi tennero quasi come sorella?.... Ah no se non le avessi conosciute, non sarei a quest' ora ridotta a piangere così!... E lui, e suo padre, quell'uomo cosi severo, che non dice mai una buona parola, nemmeno a' suoi figliuoli?... Io credo, che, se avesse a saperlo, m'ucciderebbe forse con una di quelle sue occhiate. Oh misera ch' io sono! vedo che questa passione sarà la mia morte!... - Così ella, che fin allora aveva indirizzata tutta la sua mente ad un candido affetto, e che altro più non sapeva desiderare nè cercare, adesso ne rifuggiva con terrore; e per la prima volta Che s'accorgeva di amare, gustava tutto l'assenzio che si mesce all' amore. L' idea della sua pace perduta, il dubbio e la vergogna, la memoria de' suoi cari, il dolore della sua povera sorte, i pensieri di Dio e della sua fede innocente, e, insieme a questi affanni, anche la sola nascosta speranza che nudriva, di poter pure essere amata, tutto le pesava sul cuore debole, stanco; e una folla di nuove e tremende immagini le accerchiava la mente smarrita. Si sentiva venir meno a poco a poco; i suoi pensieri si mischiavano, si confondevano più rapidi, agitati, cocenti; poi le pareva si facessero cupi, gravi, un peso insopportabile, così che perdette la conoscenza, e abbandonò la testa su gli scomposti cuscini del letto. La sua fronte appoggiavasi grave e lenta sul braccio manco, e la faccia appariva d' una bianchezza spenta, ai par delle lenzuola su cui posava. Nella dolorosa inquietezza di quell'oppressura, la semplice e linda vesticciuola che le stringeva la persona s'era slacciata allo sparato del collaretto, e sul candore del suo collo e d'una spalla seminuda spiccava la nera striscia d'un nastrino, da cui pendeva una crocetta d'argento, dono fattole fin da' suoi sette anni, dalla nonna. Arnoldo aveva abbandonata, innanzi mezzanotte, la splendida festa; e per le vie Mute, solitarie della città, ritornava a casa, co' pensieri torbidi e malcontenti. L'allegria del ballo, la pompa della bellezza, e lo sfoggio dell'onore e dei tesori più non potevano scuotere da quell'anima giovine e malata l' inerzia che la spossava, nè domarne la noia innanzi tempo sentita; la noia, questa dura fatica d' una vita che non è feconda. Arnoldo, nel rientrare in casa, passò lungo il corritelo su cui s' apriva la camera di Maria, ne vide l' uscio socchiuso: n'usciva una striscia di quel bagliore morente he tremola nell'ombra, quasi augurio sinistro. Egli passò oltre, ma il suono d'un gemito profondo, affannoso, lo fece sostare, l' agghiacciò d' improvviso. Tese l'orecchio, stette ondeggiando fra due pensieri, un brivido ignoto lo prese; poi aperse cautamente l' uscio, ed entrò nella cameretta. Maria posava come prima, sulla seggiola, abbandonato il capo sul letto, e il viso coperto di pallore; aveva le braccia raccolte sul seno, e le mani congiunte insieme, in atto di preghiera. Arnoldo, appena fattosi innanzi, sentì darsi una stretta al cuore, tanto lo sbigottì l'aspetto della fanciulla, immota e giacente come persona morta. S' avvicinò tremando; ma il leggiero sospirare, a cui si schiudevano le labbra di Maria, l' assicurò ch' essa era immersa in languido sonno. Egli prese la lucerna, e velandone appena il raggio con una mano, perchè il chiarore non ferisse gli occhi della sopita, stette attento e senza moto a contemplarla. Non aveva veduto mai creatura più bella. Una vampa improvvisa gli offuscò la mente, gli corse per le vene; ed aveva un riso amaro su le labbra, e una luce fosca negli occhi ; il suo cuore batteva forte.... Ma non era un palpito di gioia, era fremito d' ebbrezza: in quell'istante, un pensiero d'inferno gli attraversò, come un fulmine, la mente. - No! no! disse: credo che se osassi toccarle un dito, la maledizione del cielo cadrebbe sul mio capo! Ah! perchè mai è tanta la magia della bellezza nel dolore? No, io non devo restar qui! O santa memoria di mia madre, aiutami!... Bisogna ch'io fuggal... Ma come lasciarla così? Ella non riposa, ma soffre e addolora. Oh Maria, tu hai mutato il mio cuore tu mi facesti credere alla virtù, risorgere nella speranza, amare la vita! Il mondo, gli amici ridono di me... che importa? è perchè non hanno altre armi contro il cuore che l'ironia e il disprezzo! Ma tu, Maria, tu mi benedirai!... Ella mi ama, sì!... e forse avrebbe la forza di morire, prima di confessarlo. - Queste parole sommesse, agitate del giovine, e l' ardente suo sospiro risvegliarono d'improvviso la fanciulla. Ella aperse gli occhi, vide Arnoldo; e vederlo, e dare un grido, e balzare in piedi precipitosa per fuggir dalla camera, fu tutt' uno. Ma il giovine le si pose dinanzi, la trattenne, e ritirandosi d'un passo: « Ah! restate, Maria » disse, « restate, e perdonatemi! Io passava di qui, intesi un lamento, entrai, pensando che aveste bisogno di soccorso: v' amo troppo, e non dovete aver timore di me! » « Per amor del cielo, tacete! Io non so nulla, lasciatemi, lasciatemi partire!... » « No, ascoltate, Maria!... voi m' avete ridonata la vita; per voi ho ancora gustato qualche felicità, quando la credeva impossibile! Voi, senza saperlo, avete fatto puro il mio cuore; e qui ritrovai tanti anni perduti!... » « Oh Dio! Dio! lasciatemi andare!... non vedete il male che mi fanno le vostre parole?... » E la fanciulla gli s' inginocchiava innanzi, giungendo le mani, supplichevole e affannata. « Maria! » rispos' egli , chinandosi verso di lei, in atto di sollevarla: « ascoltami. Maria, te ne scongiuro, o dimmi almeno che mi perdoni! » « Io non ho nulla con voi! Cosa m' avete fatto?... Io voglio ritornare al mio paese, voglio mia madre! Ah! non avessi abbandonata, non sarei adesso una povera infelice! » « Sì? dunque è vero, dunque è vero che m'ami?... Ora lo so, il tuo segreto è mio. Maria! Maria, amami! non cerco che il tuo amore innocente!... » Maria non rispose che con un gemito. S'alzò, fece qualche passo, tentò ancora di fuggire; ma l'impeto di tanti e contrarli affetti, che in una volta avevano oppresso il suo cuore, le tolse ogni lena; e sarebbe caduta sul terreno, se Arnoldo non l'avesse sostenuta. Egli la contemplava ancora; accorgendosi ch'essa andava mancando e respirava a pena, si riscosse, sentì nell'animo un ignoto terrore.... Non sapeva che fare, e chiamò alcuno che venisse a soccorrere in svenuta: nessuno comparve. Allora chinò il suo viso su quello della fanciulla, e la baciò, con un bacio timido, furtivo, quasi sperando di richiamarla così alla vita.... Ma il tocco di quelle labbra fredde e semiaperte gli destò in cuore il ribrezzo, lo sgomento di chi commette un delitto. Allora chiamò di nuovo; e, accorsa una fantesca, confidò la fanciulla alle sue cure, e uscì in silenzio. Dopo quel giorno, Maria fu sempre pallida e taciturna. Ella aveva perduto il suo sorriso e il suo bel colore, come l' ultima rosa dell'autunno.

Pagina 145

Pagina 161

Ma poi, non ebbe cuore di abbandonar così presto i luoghi dove suo fratello e sua madre erano morti, e dov'ella stessa aveva amato e sofferto. Una mattina dunque, colse il buon punto che la vedova amica, donna, come sapete, piena di buona volontà per il prossimo, doveva andarsene non so dove, per certa raccomandazione; e arrossendo con vezzosa modestia: « Ho a pregarla anch' io d' una cosa, signora Giuditta, ho a dirle.... » « Cosa volete? dite pur su col cuore in mano, la mia figliuola!... » Così la vedova, dopo la morte di Caterina, era solita di nominar l'orfanella, come una pietà segreta le suggeriva. « Ecco qui, » diceva Maria, « lei ha fatto anche troppo per me; ma io vedo di non essere al mondo altro che un peso a quelli che m'han voluto bene.... sì, di quanto disturbo di quant' angustia le siamo state causa noi, la mia povera mamma, e io massimamente! così potessi fare anch' io qualcosa per lei!... Ma, pur troppo, non potrò che tenermi nel cuore il bene che ho ricevuto, e pregare il Signore, che a lei ne renda altrettanto.... » « Non istate a dir così, poverina, chè avete sofferto anche troppo; e io non son riuscita a far niente per voi.... » « Lo può far adesso, signora Giuditta: da un pezzo ci penso, e capisco ch' è una vergogna per me.... Buona come sono a trovarmi da per me quel poco che mi basti a vivere, non devo restar qui, come fin adesso, d' incomodo a lei e di bene a nessuno.... È ben vero che, fuori di lei, non ho chi pensi a me, non ho più a cui pensare: ma, tant' e tanto, ho risoluto d' allogarmi in qualche maniera, di mettermi a qualche servizio. Dica anche lei, se non è vero che così fo bene?... » « Sì, la mia figliuola! voi sì avete un cuore, che dirlo è poco; ma vi cruciate a torto, e dovete stare con me. » « No, no: ci sto da troppo tempo, le ripeto; e non bisogna, no, che si vada innanzi così; n' avrei sempre rimorso in cuore.... » « Ma cosa pensate dunque di fare? » « Le dirò: prima volevo quasi tornarmene al mio paese; lassù, forse, potrei ancora trovar qualcheduno che si ricordasse di me; ma poi, venuta al punto di dir addio per sempre a questo luogo, dove avrei dovuto lasciare tutto quanto mi rimane di caro, la poca terra dove riposano i miei, m'è mancata la forza; chè quasi mi pareva di perdere per la seconda volta la mamma. Oh mi compatisca, signora Giuditta! in verità, c' è de' momenti che non so nemmen io perché sia ancor qui! Ho pochi anni, è vero.... ma, adesso, che avrei a fare a questo mondo?... » « Vi compatisco sì, ma certe cose non bisogna poi prenderle tanto sul serio, perchè staremmo freschi! Già lo so che avete la testina un po' guasta.... è stata una gran benedetta signora quella nostra padrona! e coll' avervi tenuta con sè, ne' vostri primi anni, e fatto imparar a leggere e scrivere di buon' ora.... Vedete, certe idee che avete voi, io non le ho mai avute, nè anche in sogno. » « Ma lei è buona, e non m'abbandonerà! Per carità dunque, lei che ha conoscenza di tante brave persone, mi raccomandi a qualcuna; mi trovino un posto qualunque, un luogo, un servizio, tanto che mi dia come campare, finché il Signore mi lascia qui; cerco poco, e purché, coi le ho detto, non abbia a darle altri fastidi, m'accontento. « Lo farò, Maria, se volete, lo farò: oh vivesse anco la buon' anima di mio marito! quello era un uomo di proposito; ha servito sempre delle eccellenze.... ah! ma saran quasi vent' anni ch' è morto!... » « Signora Giuditta, una buona carola soltanto, a qualche pia dama, a qualche signora.... può valer molto; e la terrò come un nuovo benefizio. » « Bene, sì parlerò, vi Prometto, lasciate pensare a me.... Andrò questa mattina stessa dal signor canonico***, un bravo, un sant' uomo, che conosce tutti gli ottimi signori di Milano.... Ma non crediate mai che sia per non volervi più in casa mia!... » « Perchè, dopo tutto il bene che m' ha fatto, mi vuoi dare questa mortificazione? No, no, l'assicuro, signora Giuditta, quel che le ho detto è proprio il desiderio del mio cuore! « « Dunque sarà come volete, e quando prometto io.... » E fattole una carezza, se ne andò. Benché la Giuditta fosse una donnicciuola sincera, e avesse, per dir vero, fatto qualche bene alla nostra fanciulla e a sua madre, nelle passate loro strettezze, pure non intendeva di prendersi sopra di sè il peso della giovine; la quale, secondo lei, aveva di mani e braccia come tutte l'altre, nè era che un po' ammalata di testa. E siccom'essa era sempre stata avvezza a quel monotono andare dì vita, a quel piccolo inerte egoismo d'una vecchia governante pensionata, così quel gran guaio sopravvenuto al povero vicecurato le era parso un gran malanno, un garbuglio, un finimondo. « Far del bene al prossimo, sì - pensava la Giuditta - quando per l' altrui bene non ci vada il nostro, la dute dell'anima, come andrebbe qui; perchè la cosa è ria, brusca.... e se la Caterina era una buona donna, e se la Maria è una tosa d'oro, c'è però di mezzo questa storia, scura scura del prete, che non ho mai potuto capire, e di cui non mi pento d'aver taciuto, secondo mi diceva quella cima d'uomo del signor Giosuè. » Ella dunque non lasciò fuggir l' occasione: la stessa mattina, non appena la fanciulla le ebbe spiegato il suo cuore, trottò diritto alla casa del signor canonico; e, trovato modo di parlargli, narrò la disgrazia dell' orfana, e lo scongiurò, con una litania di lamenti, che la pigliasse sotto la sua protezione. Egli le promise di far qualche cosa, e durò gran fatica a rinviarla, chè più non la finiva di piagnucolare. Passati alcuni dì, la vedova ritornava alla porta del signor canonico; non era in casa, ma essa, con la pazienza di chi vuoi ottenere a qual si sia costo, l'aspettò due lunghe ore. Alla fine il canonico comparve, e veduta che l'ebbe farsegli vicino e, attaccarsegli alla zimarra: « Siete una benedetta donna, » le disse ; « ve l' avevo pur detto d' aspet- tare, ciò v' avrei .fatta avvertire io stesso! Ma via, poichè la vi preme tanto, dite a questa vostra giovine che si presenti, domani, verso mezzodì, alla signora marchesa****, alla quale ho già parlato di lei; vedrò d'esserci anch' io, faremo di trovarle un destino. Domani.... a mezzodì preciso.... avete inteso? » « Oh quanta carità, signor canonico! lei fa da vero un'opera santa! » E si chinò per baciargli la mano, ch'egli, per modestia, nascose nelle pieghe della zimarra. « Sì, sì: andate, la mia donna, e ringraziate Dio che ci sieno ancora al mondo persone caritatevoli. » E passò innanzi. Non è a dire quanto lieta ne tornasse a casa la vecchia Giuditta, con siffatta novella; lieta, perciò nel riuscirle di metter, via, com' essa diceva, una giovine onesta, le era pur concesso alfine di racconciarsi nella sua pace casalinga, salvando l' opinione della pietà. Appena pose il piede sul suo limitare, non potè trattenersi Ball' abbracciar la giovinetta, dicendole: « Lo sapevo ben io, che il signor canonico, quel brav' uomo, norrpromette per niente! non ve l' ho detto che avrebbe subito trovato dove allogarvi ?... bene , è cosa fatta: domattina vi presenteremo alla marchesa ****, ch' è una gran signora, una dama che ce n' è poche come lei, una di quelle sul far della povera padrona, delle quali, pur troppo, s' è di questi dì perduta la stampa; mettetevi nelle sue mani, e al resto non ci pensate; è il caso vostro, e ne sono contenta per voi.... » « O signora Giuditta, quanto le devo! queste sue pa- role mi danno la vita; io ne la ringrazierò e benedirò sempre, » E Maria passò tutta la giornata nel rassettare il suo miglior vestito, apparecchiata da quel momento a mettersi per la via che la volontà del Signore le destinasse. Il giorno seguente, al primo toccar del mezzodì, le due donne si trovavano alla casa della marchesa: poichè la Giuditta s' era messa in capo di volere ella stessa presentarla a questa dama. Entrarono in uno di que' vecchi palazzi, che portano un nome storico, e de' quali pochi avanzano nella nostra città; uno di que' palazzi, che, in mezzo alle nostre moderne case dalla fronte gretta e linda, dalle molte finestre e da' leggeri terrazzini, mostrano ancora la pesante e soda struttura di un secolo e mezzo fa, il gran frontone della porta, i muri vestiti di sasso nericcio, i radi e ampii finestroni con le fosche invetriate e gli enormi davanzali. Appunto così appare talvolta, in mezzo a gaia gioventù, uno di que' zazzeroni sessagenarii che non si sono ancora emancipati dalla coda, dalla polvere di Cipri, e dalle grosse fibbie d'argento alle scarpe, nè dai due tondi orologi di Bordier, con le catenelle d'acciaio a pendaglio, sotto la giubba larga e quadrata. Per uno scalone, che pareva il vestibolo d' una chiesa, salirono all' appartamento della dama. Un vecchio servitore, infagottato in una livrea orlata di passamano turchino, ri- cevette le due donne nella vasta anticamera; e le fece di là passare nell' attigua galleria lunga e buia, dove stettero ad aspettare il buon momento di presentarsi alla signora marchesa. E passata mezz' ora, che a loro parve eterna,

Pagina 214

Conobbi molti uomini d'alto ingegno, di semplice probità, uomini di fede e di sapienza; conversai con loro, ritrovai in essi le virtù, le parole dello zio Randale; finalmente, venuta in questa stessa vostra città, Dio mi fece incontrare con quel saggio uomo che doveva rinnovare la mia mente, vincere il dubbio del mio cuore, sollevare la mia speranza e la forza del mio intelletto a una meta novella: Fin d'allora io voleva abbandonar l'eresia; pure colui ch' io venerava come mio salvatore, m' aveva letto in cuore; e, veduto che la mia deliberazione era più d' entusiasmo che di convincimento, non assentì. Ma, congedandomi con lagrime di consolazione, mi disse di lasciar fare al Signore, che avrebbe condotta a fine l'opera sua. » Intanto Eugenio, al quale il racconto riusciva nuovo e strano (egli che non aveva mai pensato sul serio a' paternostri e a' credo della sua nonna), diceva tra sè, che quel giovine aveva più del dottore che del lord, sembrandogli l' avrebbe indovinata meglio, se fosse venuto al mondo ai bei tempi del bordone e delle cocolle: del resto, che le belle Madonne dipinte sui quadri l'avessero convertito, non la capiva; ché, per lui, tutte quelle belle sante color di rose e gigli, e quelle Maddalene penitenti che aveva veduto, gli avevan fatto frullare tutt'altri pensieri in capo. « Dopo qualche tempo, « riprese Arnoldo, « mio padre mi richiamò a casa; ma avendo io rifiutato un illustre matrimonio, al quale egli stesso mi destinava, s'inasprì contro di me; mi respinse, e partì con le mie sorelle per l' Italia, ov'io lo seguitava poco di poi. Ma qui, l' amore per Maria, e l' amicizia di suo fratello, come già v' ho narrato, mi ricondussero a' più santi pensieri, alla religione.... Tornato in patria, volli alfine adempire il proposito fatto, e andai a visitare il mio buon zio, il quale più nulla aveva saputo della mia sorte; quell' uomo venerando, giunto nell' ultima vecchiezza, era divenuto cieco. Lo trovai inchiodato dagli anni su d'una seggiola antica, ma con la mente lucida e col cuore tranquillo: Pianse di gioja, al racconto delle arcane vie per le quali la Provvidenza aveva condotto l'opera della mia salute; e levando in atto solenne la nuda testa, e con le mani tremanti cercando la mia, mi benedisse, esclamando che oramai moriva contento, perchè il Signore lasciava nella sua famiglia l'eredità della fede. Alcun tempo appresso, egli si fece trasportare, quantunque cieco, nella chiesa dov'io feci la pubblica abbiura dell'eresia... La memoria di quel giorno non uscirà mai del mio cuore.... Ma da quel giorno stesso, non vidi più mio padre, e forse non lo rivedrò mai. Nessuno, benchè il fatto della mia conversione menasse qualche rumore nel paese, nessuno ebbe l'animo di farne motto con lui; talchè seppi in appresso averne egli letta la notizia sui fogli pubblici.... Mi dissero ancora che, nell' impeto del suo sdegno, egli m' abbia maledetto.... Oh Dio! No, no, io non lo crederò mai; e tu, o Signore, non consenti che un padre maledica il figliuol suo!... Il vero è ch' io son fuggito come un colpevole; che ho abbandonato famiglia, amici, e patria: non avrei potuto vivere, come straniero, vicino alla mia casa, a' miei; e mutai nome e cielo. Poi, qui speravo di trovare quel riposo che sempre fugge dinanzi a me, e qui mi richiamavano una promessa, un affetto.... Ah! si, che almeno io la ritrovi quella virtuosa fanciulla! Essa non mi respingerà più; ora, non sono il giovine ricco e potente, sono il figliuolo diseredato, il povero esigliato che domanda conforto, che ha bisogno di vivere presso alcuno che l'ami ancora. » Oh! » esclamò Eugenio, « vi dico, in coscienza, che di certe cose non ne so uno straccio! Ma se, per la verità, non v'avessi intes' io a raccontare voi stesso la vostra storia, la crederei proprio, come mi dicessero che il Gran Turco s'è fatto eremita. Un giovine come voi, un signore, un uomo d'ingegno, far questa fine.... Scusate, sapete; ma, a me, sono miracoli che poco m'entrano in testa: sebbene, a dirvela, tutto ciò m'abbia imbrogliato un po' l' idee; m'avete tirato giù certe ragioni, certi scrupoli, a cui non ho mai pensato in vita mia. » Arnoldo taceva, e teneva fissi sopra il compagno gli occhi, con un'aria tra mesta e grave. « E vorrei veder adesso, » soggiungeva Eugenio, « che quella fortunata fanciulla volesse far la schizzinosa. È impossibile! e scommetto che il suo nascondersi è furberia bell' e buona, per tirarvi meglio in trappola. » « Non è vero! voi non la conoscete; » rispose sdegnoso Arnoldo. « Sarà, lo dite voi, sarà; però non vorrei che.... » E, con un tal maligno sorriso, Eugenio scoteva il capo. « Ah! voi ridete, ridete come gli altri che mi tengono per uno stolto.... Ma voi non potete vedere quello che passa qui dentro, non sapete quel che si può perdere e sperare! » A tali parole dette con fuoco, l'altro tacque, si strinse nelle spalle, e conchiuse mentalmente: - Non c'è da dire: bisogna persuadersi che pizzichi del matto. - Ma poco di poi, quando Arnoldo gli confidò che al domani partiva per andare in cerca di Maria, al paesello del lago, o nel dintorno, e conchiuse pregandolo in nome dell'amicizia di tentar tutto, durante la sua assenza, per averne egli pure contezza, Eugenio aveva promesso di far l'impossibile: e si lasciarono, buoni amici come prima.

Pagina 257

Pagina 273

. - Eran due giorni che non incontravasi col fratello, e il segreto timore ch'egli potesse abbandonar que' luoghi, e toglierle la cara speranza, da lei pur nutrita, di riconciliarlo col padre, le angustiava i pensieri. Alla proposta della sorella, la leggiera nuvola di mestizia, che aveva offuscato la placida fronte di Vittorina, si di- leguò; e la sua bocca s'aperse al sorriso e alla risposta d'un lieto consenso. Discesero inosservate, attraversarono l' ombreggiato viale del giardino, e calarono fino alla darsena; la quale s'apriva, come una grotta silenziosa, appiè del terrazzo. Qui Vittorina, con un grido di gioia, balzò in una delle due barchette assicurate a grossi anelli di ferro; distaccò colle sue piccole mani la catena che la legava al masso, e distese la destra per prendere quella d'Elisa; la quale, con maggiore ritrosia, arrischiando un passo dall'ultimo scalino della sponda che le acque lambivano, la seguì nella barca. Allora Vittorina, dato di piglio all'un de' remi, l'appuntò con agile movimento contro la muraglia, e sospinse la barchetta fuor della darsena, sì bene come l'avrebbe fatto un robusto navicellaio. E quando furono un po' al largo, affidò l'altro remo a Elisa, dicendole: « Via, sorella, aiutami almeno, se vuoi che andiamo innanzi. Già tu se' una cattiva barcaiuola, lo so! ma ti farò io da maestra. Dunque.... guarda!... Non così! Tien saldo quel remo, allunga la destra.... ora allenta!... così! Non lo levar tant'alto, e fa che il remo si tuffi senza strepito, e senza mandar quegli sprazzi d'acqua.... così! bene! Tien dietro a me, d'accordo; se no, vedi! la barca tentenna come una trottola. Aspetta.... adesso!... » E la giovinetta rideva di cuore. La barca leggiera andava scorrendo lungo la costiera, sotto l'ombra oscura che gli annosi macchioni e i massi scheggiati, coperti d' eriche e di muschi, gettavano sulle onde; e le due soavi figure delle giovinette rematrici si disegnavano leggiadramente sul fondo della verde parete della riva; la quale pareva via via fuggisse, a mano a mano che il battello col suo continuo ondeggiamento si dilungava nel lago, quieto e scintillante come zaffiro. Esse erano tutt' e due vestite d'un semplice abito bianco, e cinte d'un nero grembiale di seta, a busto bipartito; entrambe portavano una ciarpetta di velo color di rosa, ripiegata d'intorno la persona, e annodata dietro in modo vezzoso; e, seguendo la vicenda de' remi, s'alzavano e s'abbassavan insieme le giovenili loro teste, difese da un leggiadro cappello di paglia allacciato di sotto il mento; ma i bianchi veletti de' loro cappelli svolazzavano all'indietro, scherzosamente agitati dalla fresca brezzolina, spirante lungo i dossi e i pendii delle montagne del lago; perchè da quella parte non era disceso ancora il raggio del sole già alto. Quando d'un buon tratto di lago si furono allontanate dalla villa, le due sorelle allentarono i remi, lasciando andare la barchetta a capriccio dell'onde; ma le onde eran si tran- quille, e parevano cullare il legno con sì grazioso moto, che Elisa e Vittorina, rapite dalla magica scena che si distendeva loro d' intorno, sedettero, deposti i remi sulla piccola prora, l'una accanto all'altra. E mentre tenevansi soavemente abbracciate, le anime loro erravano negli amorosi pensieri e nelle divine fantasie, che non si risvegliano fuorchè in mezzo a que' luoghi felici, nell'ora splendida del meriggio, mentre al disopra de' casolari d'ogni paesetto del lago vedi levarsi, come nuvoletta sottile, una lunga striscia di fumo, e dai campanili delle chiese sparse sulle montagne odi echeggiare in un aereo concerto il sacro saluto del mezzogiorno. Così stettero per qualche tempo ad ammirare quel delizioso paese, che col suo grande e variato spettacolo di movimento e di quiete, colla sua superba armonia di cielo, d'acque e di monti, ampiamente presentavasi dinanzi a' loro sguardi. Poi, quasi mosse da uno stesso pensiero, gli occhi loro s'arrestarono su quel mucchio di case che formano la terra di ****, cercando sul pendio del piccolo promontorio una casa nota, la quale sorgeva più in alto dell'altre, all'ombra d'un verde poggio. Stettero fisse per lunga pezza alle finestre di quella casa; era là che il loro Arnoldo dimorava. Ma quelle imposte non s' apersero; e per quanto Elisa e Vittorina cercassero con gli occhi, nulla poteron vedere. « Temo che neppure quest' oggi non gli possiam dire una parola, » cominciò allora Elisa. « Fors' egli va errando su per la montagna, » soggiunse la sorella. « O forse.... non è più qui! » « Oh non lo credere! » E poi, come colpita da un'idea: « Vuoi tu sapere s'egli è qui? Poniamci a cantare! Egli ne sentirà, si getterà in una barca, raggiungerà la nostra, e noi saremo tutte contente. A te! » « Ma se nostro padre, di lontano, ci scoprisse?... » « Eh! vuoi che ne proibisca di cantare? E poi, scommetto che adesso è già immerso nella lettura de' suoi eterni giornali: jeri n'ha ricevuto un grosso piego da Londra; certo, per tre o quattr' ore non sente più nulla: dorme nella sua politica. » « Or bene? » « A te dunque! Canta la romanza che quel giovine italiano ha scritta l'anno scorso sul tuo albo. È così patetica, e piace tanto ad Arnoldo! » Elisa non voleva: ma Vittorina, stringendosele più vicino con quel suo vezzo leggiadro, ne la pregava con un bacio. - Ed Elisa cantò. IL RICORDO. CANZONE DI ELISA.

Pagina 36

Il Signore mi consegnò dell'altre anime; non m' era permesso abbandonar quelle, nemmeno per accompagnar l'anima di mio padre nel suo transito da questo mondo. In che stato io mi fossi, pensate! » « Ecco qui! e voi, don Carlo, perchè adesso mi parlate così? Forse per tenermi su allegra? » disse sua madre. « Il signor curato, quantunque si sentisse ancora male, mi stimolava a correr qui; diceva, oh ne lo rimeriti il cielo! che per lui l'andava meglio, e si sarebbe trascinato giù del letto, avrebbe in qualche modo servita la parrocchia.... Io però aspettai ; la più dura prova che soffersi fu questa! Ma c'è sempre il rimedio della provvidenza: due giorni appresso, il signor curato era sano, che l'ho creduto un miracolo. E io partii allora, e fu lui stesso che m' imprestò il suo biroccio, e mi mise le redini in mano.... Ah! speravo ancora d' arrivare in tempo. » « O Carlo, Carlo!... » lo interruppe Maria, scotendo me stamente il capo. « Non fu così! pazienza! » E il buon prete lasciava cader fra le mani la faccia. E qui nuove lagrime, invano soffocate da una parte e dall' altra, affettuose occhiate e strette di mano, come per annodare più forte que' legami d'amore che la morte aveva rallentato. Finito il piccolo desinare, che in quel dì non fu condito nè da fame nè da contentezza, ragionarono insieme de' pochi fatti loro, e di quel ben di Dio ch' era loro rimasto: consisteva tutto in un po' di terra sulla falda della montagna, e in un magro capitale di cinquemila lire, avanzo dei sudori dell'onesto castaldo, e da lui pochi anni prima messo a traffico ne' magli di ferro, là sopra di Lecco. Un altro tenue peculio di tremila lire aveva lasciato la buona defunta contessa, nel suo testamento, in dote a Maria; ma gli eredi, con certe loro scuse di passività da purgare e di attività da liquidare, non avevan pagato mai codesto piccolo legato; poi se n' erano scordati, nè l'Andrea aveva avuto cuore e fronte di cercar più nulla; perchè, diceva, quella era roba dei signori, e in giustizia a lui non avrebbe dovuto toccare. L' unico voto di don Carlo sarebbe stato che le due donne potessero lasciar il paese, e venire a stabilirsi con lui, nella sua parrocchia di Valtellina. E anch'esse lo avrebbero voluto, chè pesava loro il pensiero della futura solitudine; ma la cosa era impossibile. Bisognava vender la casa, vender la terra, fare de' grossi sacrifizi: e tutto questo per andarne a stentar la vita in un paese lontano, solitario, sepolto in grembo d' una vallata infeconda, dove non abita che uno sparso e povero popolo di mandriani e di caprai, i quali al cominciar del freddo lasciano i loro dirupi per calare al piano, nei dintorni delle città, e non tornare alle abbandonate case che allo squagliarsi delle nevi. Nel durar delle lunghe invernate, era colà il buon prete conforto e sostegno d'una grama moltitudine di vecchi, di donne, e fanciulli che rimanevano nell'alpestre villaggio; divideva con loro la scarsa rendita del suo beneficio, e tutti lo benedicevano. - Che avrebbero mai fatto sua madre e sua sorella, in quella solitudine squallida e malsana? « Sentite dunque, » disse don Carlo alle due donne. « Poichè il mio parroco me l'ha consentito, resterò qui con voi, tre o quattro settimane, finchè abbia fatto quel che c'è a fare in queste triste congiunture. Messo che avrò in ordine i nostri pochi interessi, tornerò al mio romitorio. Io per me rinuncio alla parte che mi può toccare, e voglio che quel poco che abbiamo, non è vero, mamma? serva per voi, e per te, Maria, per te, quando troverai qualche onesto partito. E in appresso, se il Signore farà ch' io possa divenir parroco in qualche paese meno triste e più vicino a voi, per esempio, qui sul lago.... allora v'aprirò la mia casa, vi aprirò le mie braccia, e dirò a tutt'e due: Venite a star con me, a consolarmi la vita. Oh allora sì, che mi parrà ancora d'esser felice! » Caterina e Maria furono commosse e persuase; guardavano con tacita tenerezza il prete, che oramai era l'unico loro angelo protettore. E il prete, levatosi e fattosi vicino alla madre, strinse tra le sue mani la destra della buona vecchia che piangeva, e la baciò con verecondo rispetto. Poi la sorella gli stese la sua; ed egli, stringendola del pari, se la pose sul cuore, con una forza d'affetto che non può dirsi. Indi a poco uscì dalla casetta.

Pagina 49

Il Plutarco femminile

217889
Pietro Fanfano 1 occorrenze
  • 1893
  • Paolo Carrara Editore
  • Milano
  • paraletteratura-ragazzi
  • UNICT
  • w
  • Scarica XML

Con grave cordoglio per altro dovè abbandonar presto la miniatura, per amore della vista, che le si indebolì di buon'ora: il perchè si diede a lavorare di pastelli, nel qual genere di pittura giunse ad eguagliare i migliori dipinti a olio; nè vi era al suo tempo celebre galleria che uon volesse avere lavori della Rosalba, i quali si mostravano con un certo vanto, non solo in Italia, ma anche in Inghilterra e in Germania. Dico si mostravano, perchè molti di essi, per la loro natura, con l' andar del tempo sono assai scaduti. La qual cosa è pure affermata dalla Bergalli, in quella lettera dedicatoria di una commedia di Terenzio, ricordata l' altra domenica dalla signora Isabellina, nella qual lettera si leggono queste, parole: "Io scrivo ora a voi, il cui nome, mercè le belle e artifiziose pitture, è penetrato in ogni luogo, sicchè foste desiderata, e magnificamente raccolta dai maggiori monarchi dell' Europa. Sembra oggimai che non sieno compiute del tutto, e bastevolmente ornate le loro gallerie, se non hanno i ritratti de' principi, colorati dalle vostre mani. Non ha persona che non vi conosca per fama, non vi onori e non vi commendi; ma, non solamente confermate che il vostro sesso vale quanto gli uomini ne' lavori dell' ingegno, che mostrate con infiniti modi quanta bontà e quanta cortesia può stare nell' animo di una donna." La fama sua cresceva un giorno più dell' altro, e da ogni parte ella era colmata di onori; nè vi era in Italia, o fuori, Accademia di belle arti, che non la volesse per collega. Ma questa valente donna divenne all' ultimo infelicissima: la occupava a certi intervalli una compassionevole tristezza, con acuti dolori al capo, le quali cose accennavano pur troppo ad un prossimo e doloroso fine. In uno di questi accessi dipinse sè stessa col capo circondato di foglie; e domandatole il perchè rispose che quella era una tragedia, e che essa doveva presto morire tragicamente. Di fatto quella sventurata morì di lì a poco cieca e furiosa, non avendo passati i cinquant' anni." Le signorine, che in sul principio del racconto avevano cominciato a pigliare affetto alla Rosalba, non poterono udire senza grave dolore la pietosa fine di lei; ed avrebbero pagato qualche cosa, che, o la Nina siciliana, o la Eglina, venissero fuori con qualche barzelletta per divagarle; ma a farlo apposta, esse erano forse le più triste di tutte. Allora una delle altre, per dir qualcosa, e rompere quel triste silenzio, osservò come tra le donne illustri ce ne fossero tante dello pittrici, mostrandosi desiderosa di investigarne la cagione. A che il maestro rispose: "Èverissimo: il più delle donne che han lasciato di sì chiara fama sono pittrici; e nei due secoli precedenti massimamente esse furono quasi infinite; o in una casa medesima se ne trovarono anche tre o quattro ad un tempo, come, per esempio, le quattro sorelle Ranieri, Anna, Clorinda, Lucrezia ed Angelica, lo quali furono famose tutte e quattro, e specialmente l'Anna, che sposatasi al celebre Wandick, potè vincere le altre alla scuola di lui. Nel secolo passato poi, a Bologna, nella famiglia Sirani, vi furono tre sorelle, Elisabetta, Anna e Barbera, che non solo nella pittura acquistarono gran riputazione, ma anche nell' intaglio tra le quali divenne eccellente nell' intaglio la Elisabetta, che sebbene morta di soli ventisei anni, come alcuni credono, avvelenata dagli invidiosi, a quell' età aveva già dipinti molti quadri e fatte parecchie opere di intaglio, tra le quali quattro stampe sono sì belle, che non hanno invidia a quelle de' migliori maestri; ed oggi ancora sono stimate e cercate con gran desiderio dagli amatori. Rispetto alla cagione, tornando alla quistione della signorina, rispetto alla cagione, perchè sieno così numerose le donne pittrici, o comechessia artiste, veramente io non la saprei indovinare; ma, volendo pur dir qualche cosa, io come io mi pare doversene attribuir la cagione a questo, che la pittura e le altre arti affini, lo quali sono imitative, vogliono, ordinariamente parlando, un ingegno pronto e vivace, e non un ingegno profondo ed atto alle speculazioni filosofiche, o alla fredda esattezza delle matematiche. Ora le donne per prontezza o per acutezza d' ingegno vincono spesso gli uomini, e per natura, e per educazione sono alieno dallo scienze speculative, salvo cari rarissimi, raccontati anche qui in questa, sala: e però, volendo esso ingegno manifestare in qualche maniera, si volge là dove più trova dell' attrattivo, o quivi si posa come in suo luogo, e fruttifica maravigliosamente. Che la pittura, la scultura e l'intaglio si possano coltivare con gran lode, senza bisogno di gravi studj speculativi o scientifici, Si mostra con l' esempio di molti eccellenti maestri, i quali furono idioti o poco meno. Io non voglio troppo distendermi in questo argomento per non urtar nessuno; ma, tornando alle donne, farò loro notare, che ninna di esse ne abbiamo veduta o ne vedremo eccellenti in architettura. Perchè? perchè l' architetto, per essere eccellente, bisogna che faccia molti e molti studj aridi e uggiosi, ai quali le donne malagevolmente danno; perchè insomma all'architettura non basta il solo ingegno.... Ma voglio aver detto abbastanza che il dir di più. in questa materia si disdirebbe al luogo e alla occasione presente." Quella signorina, che aveva mosso la questione, si appagò del modo col quale il maestro l' aveva sciolta. Allora venne fuori un' altra, e domandò: "Signor maestro, le dispiacerebbe di chiarirmi un dubbio? "Volentieri, dica pure. "Ho udito che ella, volendo significare il suo pensiero circa alla cagione, perchè ci sono state tante donne pittrici, ha detto io come io, mi pare. Non dubito punto che ella abbia detto uno sproposito; ma, insegnandoci la grammatica che si abbia a dire a me pare; ed avendo anche sentito mettere in canzonella uno che scrisse, come ella ha detto io mi pare; non so che pensarmi, ed a lei ne domando. "Veramente, rispose il maestro avrei parlato con maggiore proprietà se avessi detto a me come a me pare, oppure con pleonasmo dell' uso nostro, a me come a me mi pare. Tuttavia nel linguaggio familiare si pu� dir come ho detto io, perchè comporta l' uso, perchè si trova usato dai classici, e perchè non è assolutamente contro ragione. Vediamolo. Che è nell' uso non c' è bisogno di dimostrarlo; che è stato usato dagli antichi scrittori, bastino i seguenti esempi: primo quello famoso di Giovanni Villani, il quale comincia la sua Cronica appunto così: Io Giovanni Villani, cittadino fiorentino, mi pare di scrivere, ecc., l' altro quello del Sacchetti il quale nella novella 23, scrive: Io, sconcacato par d'essere a me, chè voi siete vestiti che parete d' oro. E tal costrutto non è, com' io diceva, contrario nemmeno alla ragione grammaticale; perchè si vede chiaro che si vuole, da chi parla o scrive così, mettere nel primo caso il soggetto della proposizione, supplendo poi alla costruzione del verbo parere col ripetere la particella pronominale nel caso che esso richiede e come facevano nel caso del verbo parere, così lo facevano nel caso di altri costrutti, per modo che lo stesso gentilissimo Petrarca, incominciò il Canzoniere con un Voi che pare stia in aria, non avendo egli ripetuto, come soleva farsi, o il pronome, o la particella, scrivendo: "Voi che ascoltate in rime sparse il suono, ecc., spero trovar piet�; che poteva dire più compiutamente spero da voi trovar pietà. Ed il medesimo Chiabrera scriveva con tutta gentilezza: "Ed io co' cigni del Sebeto e d' Arno, E del gran Po, ma da lontano, inchino, Grazia mi fia; sol che ne senta il canto." Ha inteso bene? "Sì, signore, rispose la signorina." "Anche tutte le altre hanno inteso?" E tutte in coro risposero di sì. Anzi un' altra mostrò desiderio di sentir parlare anche di quegli altri costrutti rammentati dal maestro; il quale promise che ne parlerebbe altra volta, essendo ormai troppo tardi.

Pagina 178

Casa di bambola

236369
Ibsen, Eric 1 occorrenze
  • 1894
  • Maz Kantorowicz
  • Milano
  • teatro - commedia
  • UNICT
  • ws
  • Scarica XML

....Abbandonar tutti, fuggire...

Pagina 75