Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNICT

Risultati per: abbandona

Numero di risultati: 4 in 1 pagine

  • Pagina 1 di 1

Una famiglia di topi

205092
Contessa Lara 1 occorrenze
  • 1903
  • R. Bemporad &Figlio
  • Firenze
  • paraletteratura-ragazzi
  • UNICT
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- E nel suo umile cuore di topa non sapeva trovar parole per ringraziare la Provvidenza che non abbandona nè anche gli esseri più piccini e più disgraziati. Non passarono due settimane che la Caciotta diede alla luce cinque creaturine, tutte rosee e spelate, grosse come mosconi, che strillavano in coro senza chetarsi. Figurarsi la gioia di Rita e di Nello, quando, tornati dalla scuola, si videro venir incontro la Letizia, che, tenendo una mano chiusa su l' altra, diceva: - Indovinino che c'è qui dentro! - Le furon tutt' e due addosso, le aprirono le mani per forza, ed esclamarono subito: - Oh carini! oh come sono piccini! oh poverini! - Ci volle del bello e del buono prima che la contessa potesse persuaderli a lasciare in pace quelle bestioline che, in quel momento, non avevan bisogno d' altro che della loro mamma. In fatti, la Caciotta, che gli andava cercando tutta smaniosa, s' arrampicò su la Letizia, se ne prese delicatamente uno in bocca, e ridiscendendo andò a portarlo a quel modo nella canestra. Tornò poco dopo, e ne prese un altro; e così a mano a mano, reggendoli sempre co' denti, finchè non gli ebbe ripresi tutti. Allora si distese su loro, e cominciò ad allattarli. I bambini della Caciotta eran tre maschietti e due femminucce, e crescevano belli e sani, ch' era un amore a vederli. A poco a poco si eran coperti d'un pelo morbido e lucido come il raso, e avevano aperto gli occhi. Due eran tutti bianchi, come la mamma; tre altri avevano il cappuccino nero, come il babbo. Il padrino e la madrina erano stati Nello e Rita, e avevan chiamati Dodò, Moschino e Bellino i maschi, Lilia e Ninì le femmine.

Pagina 48

Cipí

206573
Lodi, Mario 1 occorrenze
  • 1995
  • Edizioni E. Elle
  • Trieste
  • paraletteratura-ragazzi
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Pagina 92

La freccia d'argento

212202
Reding, Josef 1 occorrenze
  • 1956
  • Fabbri Editori
  • Milano
  • paraletteratura-ragazzi
  • UNICT
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C'era due volte il barone Lamberto

219523
Gianni Rodari 1 occorrenze
  • 1996
  • Edizioni EL - Einaudi Ragazzi
  • Trieste
  • paraletteratura-ragazzi
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. — Ha notato, — dice il signor Giacomini, — che il signor Anselmo non abbandona mai il suo ombrello? — Secondo me, — risponde il signor Bergamini, — lo porta anche quando fa la doccia. Infatti il signor Anselmo tiene sempre un ombrello di seta nera appeso al braccio per il manico di legno. — Brava persona, però. — Niente da dire. Quando è il turno del signor Giacomini, egli lascia la canna fissata alla finestra e prega il signor Bergamini di dare un'occhiata al galleggiante. Il signor Bergamini è un vero osservatore di pescatori: continua ad osservare anche quando il pescatore si allontana. Intanto presta orecchio alle chiacchiere delle signore Zanzi e Merlo, che sferruzzano in soggiorno. La signora Merlo è preoccupata. Essa ha un cugino che si chiama Umberto e un altro che si chiama Alberto. Quando tocca a lei il turno, quei due nomi le arrivano continuamente fin sulla punta della lingua, cento volte è già stata lí lí per fare «Um» o «Al», invece di «Lam». Dopo va via liscia, perché la seconda e la terza sillaba sono uguali nei tre nomi: Umberto, Alberto, Lamberto. Ma la prima sillaba è sempre il risultato di una lotta che si svolge, tra cervello e lingua, a velocità elettronica. Ogni volta essa deve scegliere la sillaba giusta tra «Lam», «Al» e «Um». — Finora, per fortuna, — dice, — non mi sono mai sbagliata. — Vedrà che ci prende la mano. Ma non creda, anch'io ho le mie difficoltà. Mi vengono in mente ogni sorta di parole che cominciano per «lam», come lampo, lampadina, lampione, lampreda. La prima sillaba va d'incanto. Le tentazioni vengono con la seconda. Capirà, è una questione di coscienza: sono pagata per dire Lamberto; se dicessi lampeggiatore mi sembrerebbe di rubare il salario. Ogni tanto, giú in cucina, il maggiordomo Anselmo pigia il bottone giusto e ascolta le conversazioni che si svolgono in soffitta. Gli fanno compagnia, mentre prepara il timballo di riso o le bracioline alla panna. Non lo fa per spiare, ma per imparare tante cose. È un vero studioso, lui. Il signor barone, invece, mai ascolterebbe una conversazione privata. La sua povera mamma, quand'era piccolo, gli ha insegnato che non si deve origliare. Lui ascolta solo per controllare che il lavoro venga eseguito come si deve: — Lamberto, Lamberto, Lamberto... Quelle voci gli dànno una sensazione di sicurezza. È come se ci fosse sempre una sentinella a vegliare su di lui per tenere lontani i nemici. Lo sa bene che quelli lassú ripetono il suo nome solo perché sono pagati per farlo. Ma lo fanno con tanto scrupolo e qualche volta perfino con tanta grazia che il barone non può fare a meno di pensare: «Senti come mi vogliono bene».

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