Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Il comizio di Riva

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Alcide de Gasperi 1 occorrenze

Stefenelli di menomare l’importanza dei comizi elettorali di Tuenno e di Valfloriana e osserva che i contadini hanno diritto di parlare, perché contribuiscono a mantenere l’università; del resto la maggior parte dei nostri studenti, se non hanno il padre contadino, hanno avuto il nonno. Quanto al fatto che a Tuenno l’ordine del giorno venne accettato ad unanimità senza discussione, esso non può provare altro che gli elettori furono tutti d’accordo, altrimenti la maggior parte dei comizi per l’autonomia non avrebbero avuto nessun valore. Egli venne a malincuore a questo comizio: le predizioni della stampa locale e le idee, oramai fatte pubbliche di alcuni fra i promotori, già dicevano ch’egli si sarebbe trovato di contro a delle persone molto autorevoli di parere avverso in un ambiente predisposto ostilmente. Venne tuttavia per obbedire ad un imperativo della sua coscienza di cittadino, venne, perché dopo aver scritto e parlato durante tutta la lotta universitaria ed averla combattuta da vicino assieme alla giovane generazione, pareva che il mancare nel momento in cui pende la decisione, fosse un disertare. E come non mancò ad Innsbruck, quando l’armonia degli intenti collocò accanto l’uno all’altro gli studenti, malgrado tante differenze, nella difesa contro un urto feroce, così non volle mancare oggi, anche se gli fosse avvenuto di parlare contro tanti alleati d’un tempo. Allora come adesso è l’amore alla causa della nostra elevazione nazionale che lo spinge, è la persuasione intima della necessità di un istituto superiore per la nostra coltura. Si dichiara d’accordo coll’energica protesta contro il Governo e specialmente contro quei tedeschi che sono in Austria il concreto dell’astratto: prepotenza, e in questo riguardo non ha nulla da aggiungere alle nobili parole del barone Fiorio. Venendo al nocciolo della questione, dice che si può partire da due punti di vista: punti che si sono fatti anche pubblicamente valere negli ultimi giorni. «O noi consideriamo, egli dice, il miserabile frutto dopo tante cure ottenuto, consideriamo il tozzo di pane buttatoci come a mendichi, mentre noi avevamo sperato, sognato un banchetto, e allora il sangue ci sale al viso e gridiamo colla voce soffocata dalla rabbia in faccia al presunto benefattore che ci deride: No, no, il tuo tozzo lo butto a terra e lo calpesto; salverò la dignità, anche a costo della fame! E questo è il parere di chi grida “Trieste o nulla”. Ma c’è anche un altro punto di vista, e questo s’attaglia secondo me alle nostre condizioni. Noi siamo un popolo stretto da ogni parte da avversari nazionali, che s’annidano sui nostri valichi alpini che scorazzano le nostre valli come padroni, e mentre ai confini passo passo, piede piede, ci tocca difendere la nostra vita nazionale, anche più addentro dobbiamo parare gli assalti diretti contro il palladio della nostra nazionalità. Su questo piede di difesa in cui ci troviamo in questo accanimento continuo ogni arma nuova che ci viene tra mano serve a rintuzzare l’offesa, è provvidenziale. Da questo punto di vista io considero la facoltà che il Governo, o meglio i partiti, sia pure con intenzione non benevola, hanno fatto passare nella commissione. Faremmo insomma, per ritornare al paragone di prima, come il mendico che strappa di mano al signore il tozzo di pane, lo ingozza perché vuole vivere, vivere per continuare nella resistenza e gli grida: Vivo per combatterti, per vincerti definitivamente! Io vedo insomma nella facoltà una forza che aumenta la nostra resistenza nazionale, e per ciò l’accetto per ritorcela contro i donatori che hanno già calcolato sul mio rifiuto. Ma la facoltà, voi obiettate, è bastarda; anzi l’on. dr. Stefenelli ha accentuato appunto questo. Ebbene, se il progetto dovesse passare tale e quale, dovremmo rifiutarlo tutti. Ma già il Governo, credo per bocca del ministro Hartel stesso, ha dichiarato di voler mutare le disposizioni lesive ai nostri sentimenti nazionali; ad ogni modo, se il Governo non manterrà la sua promessa, per il nulla ci sarà sempre tempo d’agitarsi. Ora veniamo alla questione della sede. Il Governo — c’è chi vuole, in seguito a suggerimenti — nella scelta della sede, dopo aver passato sopra al desiderio comune agli italiani, ha inflitto un’altra offesa al nostro paese. Il pericolo dell’atomismo, parlando di popoli e di stati, e passato. Pochi ma uniti, malgrado la geografia ufficiale, nella nostra coscienza di popolo abbiamo creato un paese, il Trentino, e a Trento tutti — parve almeno tutti — demmo le insegne di capitale, e Trento lo fu anche spesso moralmente. Così non parve ai promotori del progetto. Signori, se il Governo vuole erigere la facoltà nel Trentino, lo possa fare solo a Trento, in nome dell’unità nazionale del paese! Ed ora vengo all’ultima obiezione fatta anche oggi che è forse per alcuni più forte di tutte le ragioni; la solidarietà nazionale coi fratelli della Venezia Giulia. Gli è appunto in nome di questo supremo ideale dell’armonico sviluppo nazionale fra tutti gli italiani dell’Austria che io vi domando la votazione per Trento. Non vi paia un paradosso, o signori! La facoltà a Trento dev’essere provvisoria; lo dev’essere per deliberato nostro, lo dev’essere per l’opera dei deputati. Non si tratta che di uno sbarco momentaneo, per salvarci dal sicuro naufragio finché, passata la burrasca, riprenderemo il cammino verso la meta finale, Trieste. Teniamola viva questa povera figlia della sciagura, fino che momenti politici più propizi, costellazioni parlamentari più favorevoli ci rendano possibile darle una stanza più sicura, più conveniente. Signori! gridando “Trieste o nulla” noi ricadiamo dopo tante lotte nel nulla, senza che si veda modo di cavarsene fuori, dicendo “Trento” noi evitiamo il “nulla”, per poi arrivare a Trieste. E i nostri fratelli triestini che in un momento di delusione, che noi condividiamo, s’oppongono ora ad una soluzione provvisoria, saranno poi grati a chi ha salvato loro il germe di cui raccoglieranno più tardi i frutti. Del resto i miei avversari sono in contraddizione. Come si fa ad appellarsi alla solidarietà coi triestini, mentre contemporaneamente si invitano, come sostiene oggi il dr. Stefenelli, i deputati a rompere l’unico vincolo che è il club italiano al Parlamento? Io non sono tenero però del club italiano, anzi se tutto si avesse a ridurre ad una dittatura dei deputati del litorale venga pure la rottura». Il dr. Degasperi conclude dichiarando specioso l’argomento che in Trento non possa risiedere provvisoriamente una commissione di esami, perché danneggerebbe la coltura generale degli studenti, e nega che a Vienna e a Graz gli studenti trentini siano veramente a contatto con le fonti della civiltà tedesca. Finisce dicendo che non vede per ora come si possa ricominciare di nuovo la lotta, e osserva che la politica del «tutto o nulla» nella questione dell’autonomia, ci ha messo al rischio di perdere nazionalmente oltre la valle di Fassa anche quella di Fiemme. Prelegge in ultimo il seguente ordine del giorno: «Il Comizio riafferma essere unanime volere degli italiani che la facoltà giuridica italiana, rispettivamente l’università completa, abbia la sua sede definitiva in Trieste, e invita i deputati a cogliere ogni momento politico opportuno per eseguire la volontà nazionale. Protesta contro le disposizioni lesive ai sentimenti nazionali contenute nel presente abbozzo di legge. Delibera che vista l’impossibilità per il momento di raggiungere la meta ideale e di iniziare una lotta efficace sul terreno accademico e sul terreno parlamentare, ammesso che il Governo come ha promesso ritiri le disposizioni lesive come sopra, venga affidata a Trento la facoltà giuridica, in via provvisoria, e fino a tanto che agli unanimi conati degli italiani riuscirà di ottenere l’erezione definitiva di un’università italiana a Trieste»?

Il Congresso degli universitari cattolici a Borgo

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Alcide de Gasperi 5 occorrenze

Il Congresso degli universitari cattolici a Borgo

Cicerone era piuttosto tra questi ultimi ma noi invidiamo la fortuna di Demostene, perché la chiusa delle sue filippiche era coronata dall’entusiastico grido: «guerra, guerra a Filippo!» Così oggi, sia pure ch’io non sono Demostene né voi gli ateniesi, vorrei tuttavia che alla fine del discorso non dobbiate dire: «Veramente ho capito poco, un bravo oratore però!». Ma invece che siate condotti a dire: «Le ha dette giuste, convien proprio fare così!». Una cosa però non hanno precisato i colleghi di direzione: s’io dovessi cioè tenere questo discorso popolare al popolo in nome loro o viceversa se avessi a parlare in nome del popolo agli studenti. Mi perdonerete, quindi, se, per cavarmi d’impiccio, parlerò un po’ agli uni e un po’ agli altri. Se vi sarà qualcuno che a un certo punto non comprenderà, stia tranquillo; in quel momento non mi rivolgo a lui, ma ad altri.

Il professore, avezzo a vedere gli studenti aggirarsi in quell’atmosfera di birra e di fumo, già descritta dalla Stael, guardava attonito a tutto quell’affollarsi di popolo sotto le loro bandiere, a quel confondersi di tutte le classi cogli universitari. Veda, interruppi allora la sua esclamazione di meraviglia, il popolo è grato agli studenti! Gli studenti hanno dichiarato d’essere col popolo e per il popolo. Le opere non hanno smentito le promesse, e il popolo se ne ricorda. Così dicendo, accentuavo un punto fondamentale del nostro programma. La storia nostra è breve. Venuti su, quando nel campo studentesco era già sorta un’organizzazione, noi, un manipolo appena, ci trovammo subito di fronte a buon numero di antichi discepoli o amici. Era l’ora, in cui la tendenza di dirigersi al popolo ringagliardiva nei giovani cuori: l’urto era inevitabile. Ricordate i destini del Faust? Il Faust, stanco di sé e della vita di piacere, gettò un giorno lo sguardo sul mare, lo vide sterile esso medesimo, divenire fattore di sterilità per le terre, suoi confini una volta, ora sommerse o ridotte a micidiali paludi; e decise in cuor suo di ricacciare entro se stessa la prepotenza del mare, di risuscitare alla verde vita le terre morte. Il piano grandioso, venne eseguito, innumeri braccia umane scavarono canali, alzarono dighe, strapparono giorno per giorno all’elemento divoratore nuove conquiste e in breve Mefisto può mostrare a Faust una verde distesa di prati e di campi là dove prima stagnava l’acqua morta. Ma il Faust non è contento ancora. Lassù, sulla collina, baciata dal mare, sotto i tigli sta una capanna baciata da due vecchietti, e più in là una cappelletta, santuario dei poverelli, e speranza un tempo dei naufraghi. Il Faust vuole anche la collina, la vuole per compire i suoi piani, ma i due vecchi non vogliono abbandonare la zolla avita, e il Faust, padrone del mondo, sente ogni giorno la squilla argentina e il profumo dei tigli venirgli a ricordare nel suo palazzo l’ostinazione del povero. Una notte serena, il demonio Faustiano Mefistofele, mette in fiamme capanna e chiesa, e i vecchietti vi vengono arsi dal fuoco. Perché vi ho ricordato l’allegoria di Volfango Goethe? Il Faust è l’umanità moderna che, infatuata di quello ch’ella chiama progresso, si precipita inanzi seminando sul sentiero cadaveri, e l’uomo trascinato da un’idea nuova, indiscutibile, che calpesta i sentimenti conservativi, è il pazzo che condanna irremissibilmente e totalmente il passato, per imporre un avvenire, creato dalla fantasia e dalla sua ambizione. Così erano quelli studenti che dieci anni fa dichiaravano di fare del Trentino una bragia rossa. Per loro il Trentino passato non era che il paese degli errori, delle menzogne convenzionali, delle infamie. E il loro avvenire che volevano imporre colla spada e col fuoco, era tolto di peso da paesi stranieri era impastato delle idee, chiamato socialismo. Che eri mai tu, o popolo trentino ai loro occhi? — Mandra di pecore sotto le sevizie di pastori superbi e ignoranti, ciechi brancolanti nelle tenebre. La secolare catena delle tue tradizioni doveva venir spezzata e tronca per sempre.

Nelle nostre società operaie freme il desiderio della ripresa; a che tardiamo? E perché non si dica che ci cacciamo in questo lavoro con la presunzione di giovani ricordiamo pure che noi non siamo che una parte dell’esercito che avanza e che è più facile criticare che fare. E qui l’oratore racconta popolarmente, fra ilarità generale, la parabola di Hans Sachs su S. Pietro e la capra. La morale gli serve per ripigliare come segue. Al lavoro dunque con tutte quelle cautele che ci preserva dalle frasi vuote, dalle pose inutili, al lavoro, che esca in noi e nel nostro popolo una coscienza positiva. Promettiamolo qui e oggi, amici e colleghi, di fronte a questo popolo industre, di fronte a questo castello diroccato, testimonio d’una gente non serva, ma fattrice dei propri destini. Gli anni che verranno sarà tempo di battaglia, le nostre energie giovanili cozzeranno giorno per giorno coi tempi ostili. Che importa! Siamo con Cristo e il suo popolo. Andiamo!

Ma noi venivamo anche dal popolo, e, attraverso i solchi bagnati dal suo sudore, e a traverso le selve risonanti i colpi delle sue asce avevamo ascoltato la sua voce sincera, intonante una fervida preghiera ed eravamo caduti in ginocchio con lui, mentre le campagne dai nostri gioghi alpini mandavano giù giù per la valle il loro richiamo. Siamo tutti fratelli di Cristo! Ecco la prima espressione della nostra democrazia. La nostra azione popolare doveva basarsi sulla continuità della fede e dei buoni costumi. Noi ci siamo guardati d’attorno e abbiamo ammirato le nostre superbe cattedrali, i nostri santuari, le croci splendenti sulle torri della città, le croci enormi piantate sulle cime delle nostre alpi, e abbiamo sentito che esse non sono semplici testimoni del passato, ma che sono promesse, profezie per l’avvenire. I cattolici hanno piantato le tende sul campo del Trentino storico e chi ha per sé la storia di un popolo, ne ha in mano anche le sorti future! Non altrimenti avvenne già entro questo breve giro di tempo. Quei giovani che volevano distruggere le antiche capanne e le chiese o sono degli uomini stanchi e disillusi o, ridotti alla semplice negazione di tutto, sentono già, come il Faust, lo scricchiolio delle zappe delle Lemuri che scavano la fossa, dove seppelliranno la loro vita pubblica. Le relazioni invece del popolo coi nostri studenti si fecero più intime. Noi vivemmo della vostra fede fortissima, voi aspiraste il nostro entusiasmo. Io vi riconosco, o visi abbronzati dal sole, vi rivedo, o bandiere della buona battaglia! Con voi abbiamo acclamato le prime volte alla democrazia cristiana, sotto di voi abbiamo attraversato le città e le valli in nome del vangelo, con voi e sotto di voi, uniti in un sol pensiero, abbiamo trascinato dietro la fiumana dei dubbiosi, verso la croce. Qualcuno mi rimproverava oggi che gli studenti cattolici non votino, come altri, lapidi e monumenti ai nostri grandi. Lasciali fare, ho risposto, i nostri erigono nel cuore del popolo un monumento più duro della pietra, più longevo del bronzo. La scienza sola, ha scritto in un sonetto pochi giorni prima della sua morte, Lope de Vega, non esca che nebbie pel capo, è il cuore, l’amore che ci vuole. Sì, o amici, l’amore grande a Cristo, alla nostra patria infelice. Quest’amore fu grande in voi negli anni trascorsi; non venga meno nell’avvenire!

Comizio di Fondo. La votazione per Trento

388006
Alcide de Gasperi 3 occorrenze

Il dr Battisti ha affermato che a Trento non si formeranno nemmeno i professori. Constato che i professori si sono dichiarati pronti ad andare a Trento; segno che non vedono in pericolo la loro formazione. Il prof. Menestrina scriveva alcuni anni fa nell’annuario degli studenti trentini le medesime querele sulla poca cultura dei nostri legali venuti da Innsbruck o da Graz e vedeva nella fondazione di un giornale professionale un mezzo per sollevarla. Se si credeva con ciò di riuscire a qualche cosa, non può egli oggi aver fede di conseguire ancor di più con una facoltà a Trento? È vero; il libro ed i professori non sono tutto; ma sono sempre l’essenziale, e non bisogna esagerare l’importanza dell’ambiente. Chi vi dice del resto che gli studenti siano costretti a rimanere tutti gli anni a Trento? Un anno o più potranno frequentare le università maggiori italiane o tedesche. Che coltura offriva infine loro l’ambiente di Innsbruck? Sì, è vero, è una pagnotta, una pagnotta di pane nero, se volete, che ci offre il Governo; ma noi abbiamo fame e dobbiamo mangiarla per continuare la lotta. Riguardo al trasferimento eventuale delle cattedre a Trieste, non si può asserire che sarà impossibile per il futuro; vi furono delle costellazioni parlamentari in cui i deputati italiani diedero il tracollo alla bilancia. È probabile che ritornino. Il contegno stesso che tengono di questi giorni la stampa e i deputati tedeschi, ci dovrebbero persuadere che è far loro un grande favore dichiararsi per il nulla. Sentite come il relatore Starzinsky motivò la preferenza per la sede di Rovereto. Dopo aver ammesso che tutto il resto parla per Trento, egli dice però che a Trento la percentuale della popolazione tedesca è più forte e quindi sono più facili gli attriti. Si nega dunque il carattere nazionale di Trento. E noi dovremo lasciare passare questa offesa con un tanto consenso? Votiamo per Trento anche in protesta contro il Governo ed i deputati avversari. Il d.r Battisti si lagna che si siano tenuti pochi comizi e vuole dare di ciò colpa ai deputati Conci e Delugan. Io gli oppongo che furono appunto questi deputati che si presentarono parecchie volte agli elettori, mentre i «nullisti» hanno taciuto e a Trieste sono fuggiti vergognosamente (applausi vivissimi). Si attaccano i deputati Conci e Delugan che pure furono i soli ad affrontare coraggiosamente l'opinione pubblica; mentre per il Malfatti e il Mazorana ci volle uno studente a proporre il voto di sfiducia e si lasciano in pace gli altri tutti. Il Battisti dice ancora che gli Adriatici non verrebbero qui da una spiaggia tanto lontana. O che dovremo noi fare il medesimo viaggio e assoggettarci alla loro dittatura? Anche l’argomento della guerra civile è una montatura; ma se fosse vero, addio autonomia, addio qualunque altra nuova conquista; al Governo basterebbe provocare una questione di sede, perché noi dovessimo respingere tutto. (Applausi della maggioranza).

Considerato che è in via di fatto esclusa la possibilità di ottenere per ora la istituzione della Facoltà giuridica a Trieste; Considerato che è di grande interesse della nazionalità italiana in genere e del Trentino in ispecie, di ottenere un istituto universitario in terra italiana; Considerando che venendo eletta la Facoltà nel Trentino, Trento per la sua posizione, per la sua storia e per la sua importanza, si presta indubbiamente come sede più adatta di quella proposta dal Governo, il comizio pubblico tenuto ai 17 settembre in Fondo, pur associandosi al voto generale degli italiani per una futura università completa a Trieste e presupposto che il Governo mantenga la promessa di ritirare le disposizioni linguistiche lesive i nostri sentimenti nazionali, chiede che la facoltà giuridica italiana venga eretta provvisoriamente a Trento. Il d.r Degasperi propone poi la seguente aggiunta: Il comizio di Fondo, visto il contegno energico e decisivo degli onorevoli deputati Delugan e Conci nel mentre approva la loro linea di condotta, esprime loro un voto di plauso e d’incoraggiamento.

Ricorda che a Riva si è voluto sminuire l’importanza del Comizio di Tuenno e Valfloriana, per magnificare quello di Riva. Eppure a Tuenno e Valfloriana c’erano innegabilmente più lettori e gente che paga, di quello che non fosse a Riva e altrove. Crede di dover protestare anche qui che in tempi in cui i liberali vogliono chiamarsi democratici e i socialisti hanno procla—mato nel Trentino il regno della democrazia, ci si dimentichi della «scarpa grossa» che è la grande maggioranza del paese e che deve sostenere pesi maggiori di fronte allo Stato e alla Provincia ed ai Comuni (applausi). Purtroppo la popolazione agricola non è ancora politicamente addestrata da por fine a quelle certe pagliacciate di qualche comizio, ove il voto di un garzone o di un commesso di negozio diventava decisivo per la politica del paese. lo sono certo che se si facesse un «referendum» e si domandasse ad ognuno il proprio parere in questione, un’enorme maggioranza si dichiarerebbe contraria al «Trieste o nulla». Un’altra osservazione deve fare a quegli studenti, che come il collega Mezzena a Malè, hanno dichiarati krumiri e traditori gli studenti cattolici, perché hanno il coraggio della coerenza e di un’opinione propria e protesta energicamente contro questi signori i quali pur sanno che gli studenti cattolici, malgrado la freddezza e l’ostilità mostrata loro da gran parte degli studenti liberali, si fecero loro alleati per sostenere un postulato nazionale comune. Colla medesima franchezza e la medesima coscienza, gli studenti cattolici lottarono sempre contro la prepotenza teutonica, protestano e lottano ora contro codesti tranelli dell’opinione pubblica (applausi vivissimi). Venendo alla questione stessa, egli vuole solo ripetere che si tratta di rompere un sistema. Si gridò per lunga serie di anni «tutto o niente» o tutta l’autonomia o niente, o tutti i trams o niente, ed ora ci dobbiamo domandare: Come va colla ferrovia di Fiemme? Come va perfino col tram Trento-Malè che si dice ancora in pericolo? Nel Trentino si può dire che c’è una serie di avvocati che fanno discorsi e un’altra serie di ingegneri che fanno progetti; ma fatti se ne vedono pochi (applausi vivissimi). Qualcuno dell’opposizione grida: «E il Governo che non ci dà nulla!» Il Governo? Risponde il d.r Degasperi. Sì, il Governo ci tratta male e ha gran parte della colpa. Ma colpa ne ha anche l’indolenza ed il falso sistema dei reggitori del nostro paese. È molto comodo dir sempre: Il Governo ci ha tutta la colpa. il Governo! Mentre lo si grida per scusare e coprire anche le proprie mancanze e così nell’agitazione mantenersi in trono(approvazioni). Egli crede che, perché i comizi siano veramente decisivi e coscienti in una questione come questa, il popolo tutto dovrebbe essere più preparato politicamente. I comizi tuttavia, se fatti sul serio, sono certo l’indice non disprezzabile di una parte, più o meno considerevole, dell’opinione pubblica del paese.Finisce proponendo il seguente

L'assemblea dell'"Unione politica"

388012
Alcide de Gasperi 1 occorrenze

Per il movimento sociale l’adunanza fa voti che si mantenga il titolo di cattolico e di democratico cristiano, ed eccita i soci e gli aderenti a voler ravvivare coll’antico entusiasmo le organizzazioni cattolico-sociali, le quali restano la base indispensabile per la educazione delle coscienze e l’infusione dei principii sociali cristiani nelle masse popolari. La adunanza raccomanda che nelle società operaie-cattoliche e nei circoli di lettura si tengano spesso conferenze che valgano a mantenere saldi e immutati i principii del cattolicismo sociale o della democrazia cristiana. Per il movimento invece puramente politico l’adunanza dichiarandosi unanime d’accordo col relatore, decise che il titolo ufficiale del partito abbia a suonare: Partito Popolare Trentino. Il programma poi venne discusso punto per punto e con alcune modificazioni accettato. Al punto VII: «postulati agrari», riferì il m.r. don Panizza; anch’esso dopo larga discussione venne approvato. La seduta, che era stata sospesa alle 12 e ripresa alle 2, durò fino alle 6. Interessantissima fu la discussione sulla organizzazione da darsi alla società nelle vallate. Il m. r. don de Gentili raccomandò, che anche nelle adunanze della società politica ci si adoperasse per la diffusione della stampa; s’inculcasse inoltre essere sacro dovere dei cattolici di sostenere materialmente il comitato diocesano, il quale a sua volta è la società che mantiene la stampa e ne rende possibile lo sviluppo. L’oratore urge ancora che non si voglia disperdere le forze in altre imprese buone sì, ma non così importanti ai giorni nostri come la stampa. Ricorda l’esempio della Francia, la quale ha profuso somme immense in opere eccellenti, ma dove non si è sviluppato il movimento cattolico sociale e non ci si è impadroniti dell’opinione pubblica, coi danni che ora vede ognuno. Le parole del dr. de Gentili furono calorosamente applaudite. S’accettarono infine le proposte del dr. De Gasperi colle aggiunte risultate dalla discussione, per quanto riguarda l’organizzazione politica e il sistema di propaganda.

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