Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Il 15 maggio

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Sturzo, Luigi 4 occorrenze
  • 1905
  • Scritti inediti, vol. i. 1890-1924, a cura di Francesco Piva, pref. di Gabriele De Rosa, Roma, Cinque Lune-Ist. Luigi Sturzo, 1974, pp. 289-291.
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a) Tendenza prima amorfa di protesta, poi organica di resistenza del proletariato contro il capitalismo. Fasci, leghe,

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— Presso gli avversari: lavoro di penetrazione - il passato e il futuro - le lente e grandiose trasformazioni storiche quando meno sembrano avvenute nei particolari, arrivano a poderose vitalità.

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a) Elemento morale e religioso nella concezione dei problemi, nella formazione dei caratteri, nella elevazione dello spirito contro l'egoismo base delle concezioni naturalistiche della società; b) Elemento intellettuale di cultura; c) Elemento pratico di lavoro: istituti economici - lotte sociali - amministrazioni politiche.

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A questa vita dobbiamo prepararci.

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Rerum novarum

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Sturzo, Luigi 7 occorrenze
  • 1905
  • Scritti inediti, vol. i. 1890-1924, a cura di Francesco Piva, pref. di Gabriele De Rosa, Roma, Cinque Lune-Ist. Luigi Sturzo, 1974, pp. 292-294.
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Ci dice Cicerone che l'aspettazione di Archia era superata dalla realtà; nel caso mio sarà al contrario, e al leggere la Voce del popolo ho pensato che sarò il rovescio della medaglia: un Archia a capo giù. Pazienza! È così importante l'argomento della commemorazione della R[erum] N[ovarum] che le persone scompaiono facilmente, e le tonalità dell'oratore sono sopraffatte dalla solennità della circostanza.

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Originate o determinate da queste linee direttive della Chiesa e dallo spirito inesauribile del Vangelo, si sviluppano forme umane concrete di azione nel campo delle attività storiche e sociali, che assumono l'impronta dei tempi e che hanno una vita di pensiero e di azione che entra nel dibattito dell'ambiente sociale come sintesi di bene, attraverso a tutte le deficienze, o come resistenza al male.

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Quello naturale; a) l'organismo economico della cooperazione è elemento di miglioramento materiale, mezzo di unione, sviluppo di attività — esso è ordinato alla vita professionale;

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con una circostanza a nostro danno notevole, di fronte alle masse nuove dell'opera dei cattolici militanti: l'unicità degli intenti ultimi religiosi e morali e la onestà delle intenzioni personali. Per cui la confusione, inevitabile, ha condotto il partito Dem[ocratico] Crist[iano] a una crisi apparente.

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A questo, e per questo valgono le nostre associazioni; stampa — formazione di caratteri, di coscienze, di uomini istruzione e cultura del popolo. E soprattutto vita morale e religiosa interna: perché si vuole la religione e la Chiesa non a dirigere gli affari terreni di associazioni naturali quali parlamenti, comuni, unioni profess[ionali], cooperative, ma informare lo spirito di questi enti, o di quelli che vi lavorano e operano in contrasto, con gli altri, allo spirito cristiano.

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E questo spirito cristiano, che deve ritornare a informare tutta la civiltà presente, salverà il popolo. Il popolo è religioso ancora, ma non ha più la forza della vita religiosa. Esempio doloroso della Francia. Quel che è avvenuto da 40 anni in Italia — Siamo pochi?

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Così spezza le catene del socialismo anticlericale insieme a quelle del conservatorismo irreligioso e si redime nella vita dello spirito, nella vita sociale ed economica.

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Da un Papa all'altro

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Murri, Romolo 29 occorrenze
  • 1905
  • Murri, R., La politica clericale e la democrazia, I, ne I problemi dell’Italia contemporanea, Ascoli Piceno-Roma, Giuseppe Cesari–Società Naz. di Cultura, 1908, 30-55.
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DA UN PAPA ALL'ALTRO"Pubblicato nel nº 1 febbr. 1905 della Nuova Antologia, col titolo"> La nuova politica ecclesiastica in Italia. Questo e gli altri scritti, giù pubblicati, che entrano a far parte del presente -volume, sono stati solo leggermente ritoccati.

Raggiunta l'unità d'Italia, gli animi ostili alla Chiesa si quietarono, come stanchi del grande sforzo, e la conservazione dello stato di cose raggiunto parve la miglior politica. L'anticlericalismo riapparve solo superficialmente ed a sbalzi, o come residuo retorico e passionale di movimenti caduti o come indizio precoce di movimenti non ancora maturi.

Crispi, le cose accennarono talora a mutare: in quel breve periodo, le sorti d'Italia parevano abbastanza sicure e lo Stato forte così da poter tentare una nuova politica ed attendere a problemi che erano sino allora rimasti in seconda linea: e l'on. Crispi oscillò, pare, — tanto incerte erano le designazioni dell'opinione pubblica e delle forze politiche organizzate e militanti — fra la conciliazione tentata e 1'anticlericalismo della statua a Giordano Bruno e delle dimostrazioni contro i pellegrini francesi nel 1901. Ma allora, come sotto Depretis, la sinistra non era base solida e coerente di governo di parte e i ministri dovevano, con frequenti rimaneggiamenti, adattarsi a scegliere amici ed appoggi presso i vani settori; all'Estrema cavallottiana nuoceva ancora troppo l'imbarazzo delle vecchie formule repubblicane perché essa potesse darsi ad un'azione positiva d'influenza sullo Stato e di operosità parlamentare. L'on. Giolitti fallì nel suo vacuo tentativo di risuscitare la Sinistra, l'on. di Budinì esitò incerto fra le varie tendenze, sinché poi finì coll'impaurirsi del pericolo clericale influendovi forse l'irritazione di parecchi per l'atteggiamento battagliero del Vaticano e dei clericali, del quale diremo ora.

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E sinché la Destra rimase al potere, i rapporti del nuovo Stato con la Chiesa si ispirarono stabilmente a questo concetto: che l'atteggiamento di protesta del Vaticano fosse cosa passeggera e contraria alle tendenze stesse e agli interessi veri del cattolicismo: che la sistemazione data dalla legge delle guarentigie ai rapporti fra i due poteri fosse per 1'Italia e per la Chiesa egualmente un reale vantaggio, cui, anche quando il Vaticano non vi accedesse, era, non soltanto buona norma di opportunità politica, ma interesse duraturo dello Stato rimaner fedele, regolando i suoi rapporti con la Chiesa a concetti di larga e paziente liberalità ed evitando nell'indirizzo generale della politica offese ed attentati alla coscienza religiosa del popolo.

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Salito al trono Leone XIII, si pensò che le cose dovessero mutare; ma il nuovo papa, se aveva rappresentato l'opposizione ai metodi di governo antonelliani, quanto al contenuto ed alle aspirazioni della politica precedente la sua elevazione al trono, si trovò poi come preso da uno stato di cose dai quale non si poteva escire che inaugurando una politica radicalmente nuova: l'accettazione del fatto compiuto, quando questo era troppo recente perché gli fosse venuta dagli anni stessi e dal suo consolidarsi una tale apparenza di forza da giustificare un rilassamento nella protesta che gli si elevava contro, avrebbe avuto si vaste e radicali ripercussioni in tutta la politica vaticana chi, come Leone XIII, in quella politica era cresciuto e dei mezzi e delle risorse consuete e tradizionali di essa aveva si alta opinione, non si sentì di affrontare il nuovo: del resto la riserva o la protesta, se offrivano poca speranza di successo, erano ancora così piene di dignità e così utili all'istituto politico della diplomazia pontificia e all'internazionalità del papato, che Leone XIII potè sino all'ultimo rimanere fedele, se non fiduciosamente, almeno decorosamente, alla politica alla quale aveva legato oramai tutta la sua attività pontificale. Nei riguardi dell'Italia, caratteristica di quella politica era ancora il considerare il potere politico papale, non come l'indice e il fatto di un periodo storico che si andava chiudendo, ma come necessario al governo della Chiesa e divinamente dato per questo; il giudicare la situazione fatta al pontificato romano come «intollerabile»; il supporre quindi, in coloro che l'avevano creata e la mantenevano, un'animo ostile, un proposito fieramente avverso alla Chiesa ed alla religione stessa; e quindi anche il divider la propria causa da quella della rivoluzione e dei nemici della Chiesa, invitando i cattolici fedeli a staccarsi da quella ed unirsi a questa, attendendo e pregando. Tuttavia anche in questa politica radicale e militante, che supponeva e che perciò stesso tendeva a provocare uno stato d'animo avverso e persecutore nello Stato, maggiore era l'apparenza che la sostanza della lotta, dal punto di vista del conflitto vero e reale di interessi, di correnti e di parti nella vita pubblica. Come i cattolici i quali militarono per la restaurazione del potere pontificio furono sempre pochi, e si chiusero in forme di lotta accademiche, o quasi, così dall'altra parte, coloro che additavano nel clericalismo il nemico e volevano anche essi {{38}}la lotta ad oltranza e lo sterminio, furono sempre né molti né molto ascoltati.

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Dall'altro lato invece, da parte cioè della Santa Sede, si eseguì una politica opposta; radicale e militante nella forma, benché seriamente minacciosa, mai. Pio IX, sinché visse, ebbe segretario di Stato l'Antonelli, l'uomo che aveva preparata e rappresentata la politica di lotta tenace e ad oltranza alla «rivoluzione», della quale lo Stato italiano era considerato come l'incarnazione; l'uomo che prima distrusse abilmente — egli che alla sua volta era strumento d'una tradizione e d'un indirizzo antichi e potenti — la politica liberale e neoguelfa dei primi tempi di Pio IX, poi volle condotte le cose all'assurdo della repubblica romana perché più vicina fosse la catastrofe, quindi si oppose tenacemente — sfidando anche il corrucio di potenti protettori — ad ogni piano d'indirizzo costituzionale e modernizzante nel governo degli Stati della Chiesa, aspettò imperturbabile la catastrofe del 1870 e continuò sino alla fine a considerare l'Italia nuova, come un'invasione passeggera, innanzi alla quale non ci fosse che da aspettare, con dignitosa protesta, la fine.

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La Francia, che aveva protetto negli ultimi decennii, dalla presa di Roma nel 1849 a Sédan, il potere politico della Chiesa, e che, dopo Napoleone III, era pur stata l'ultimo sperato presidio ed appoggio delle rivendicazioni pontificie, è divenuta, nel breve tratto d'anni che divide il ministero Méline dall'attuale, la più fervida propugnatrice del laicismo contro la Chiesa: mentre l'Italia che; inseguendo alle calcagna gli ultimi soldati francesi i quali si ritiravano da Roma, aveva tolto questa al papa e insediato di contro al Vaticano la monarchia, coglie prima i frutti della politica nuova, e vede accorrere i cattolici, trattenuti per tanti anni a far da scolta al Vaticano militante per il riacquisto di Roma, alla difesa della monarchia e dello Stato, con un impeto singolarmente spontaneo e vivace. E mentre Leone XIII, precorrendo in parte e timidamente i tempi, aveva tentato di chiamar la giovine e saliente democrazia alla difesa dei diritti storici del papato, più che su Roma, su la civiltà e la cultura occidentale, lui morto, l'atteggiamento della Chiesa, dinanzi all'Italia e al diritto nuovo dei popoli del quale la terza Roma s'era proclamata rappresentante, muta notevolmente; e questa conversione dal passato all'avvenire si compie con l'apparente e momentaneo sacrificio, da parte dei cattolici, della democrazia e dei democratici, a vantaggio delle classi conservatrici e dei loro rappresentanti e nel reale cordorglio dei più antichi e tenaci campioni della «causa papale».

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Ma era intima necessità di quel quel titolo, o cambiarsi di nuovo in fatto, o esaurirsi e venir meno anch'esso: riconosciuto, come si è fatto ora, che era inutile sperare che i cattolici potessero direttamente agire per il ritorno di un reale ed effettivo dominio politico del papato, non c'era che da abbandonare l'astensione e incominciare a tener conto, nella vita, delle necessità d'una revisione della condotta politica che si appoggiava su di esso; ricominciare da capo Mostreremo più innanzi come spirito antico della politica vaticana per rispetto all'Italia, e allo Stato in genere, abbia mutato tattica, ma non sia sparito..

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Noi non intendiamo entrare qui a discutere del grado e delle forme di libertà che sieno necessarie al governo della Chiesa per l'esercizio delle sue funzioni nella vita dei popoli cristiani e dei possibili modi di ottenerle: dovendo

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limitarci per questa parte a segnalare il mutevole aspetto che certe questioni assumono, col correr dei tempi, dinanzi alla coscienza religiosa, e il divenire dei rapporti storici, egualmente mutevoli, della religione in genere e della Chiesa cattolica, e in essa e per essa del papato, con i problemi della civiltà e della cultura, con le costituzioni civili e con la vita dei popoli.

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Né ci si dica che la protesta della Santa Sede contro le condizioni fatte ad essa da colui che detiene Roma, e la non avvenuta abolizione del non expedit conservino immutato, per essi, quel titolo storico; noi possiamo bene spiegarci, dato lo stato d'animo della Curia romana per rispetto ai problemi generali di cultura e di vita sociale, il fatto e il significato che hanno queste riserve, riserve di un passato che non può sparire d'un tratto, e su di un avvenire che non è possibile prevedere oggi nei suoi minimi particolari: ma è evidente oramai che esse riserve hanno cessato di essere il pernio e la norma d'una politica astensionista; e questo a noi importa di constatare. La Santa Sede non suo diritto «storico; » ma non è meno vero che essa ha visto con tacito ed operoso silenzio le forze dei cattolici volgersi a consolidare la posizione e la fora di coloro contro i quali quelle riserve sono mantenute; e ciò senza l'illusione, recente ancora fra cattolici laici e colti, Era poi una illusione? O una poco abile manovra? che ad una Italia e ad una monarchia forti fosse più facile venire ad accordi col papato, e definire amichevolmente la questione del possesso della città setticolle. Così la Santa Sede mantiene il non expedit: ma vedremo innanzi in qual modo e con quale scopo.

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Per chi consideri come la questione religioso-politica, più che sul diritto delle religioni e delle Chiese (prima fra queste la cattolica, che sola, anzi, si sottrae al geloso controllo diretto dello Stato) a reclamare e governare uni parte dell'attività umana e la coscienza interiore, verte. appunto sulla distinzione e sul crescente differenziarsi delle funzioni della società religiosa e della civile, e sulla portata del rivolgimento operatosi nei loro mutui rapporti, vedrà facilmente quale ricco significato e quanto larga importanza acquisti la scissione praticamente iniziatasi nei novembre scorso, non dissenziente il Pontefice fra l'azione politica dei cattolici e le rivendicazioni, anche se d'indole politica e territoriale, della Santa Sede; scissione la quale e nelle sue cause indica e nella sua efficacia prepara un più reale e positivo concetto, largamente operoso negli animi, del meccanismo vitale della società civile e della società religiosa: i cui culmini ed esponenti, lo Stato e la Chiesa, sono sempre più considerati, invece che come enti giuridici astratti e dittature sociali lottanti pel dominio dell'uomo, come funzioni ed esponenti di diverse attività ed esigenze di quelli che compongono insieme l'una e l'altra società: è la lotta classica fra i due istituti, smettendo l'apparato drammatico di altri tempi, si traduce sempre più chiaramente in differenziazione di uffici e in contrasto di principi ideali della coscienza e di esigenze. pratiche della vita.

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E questo è il mutamento radicale che si va oggi manifestando nelle esteriori contingenze della nuova politica ecclesiastica, e tende a dare a questa, pel ritorno a una religiosità più personale e più spirituale, un carattere più intimamente democratico.

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Bergamo, che per le sue possenti organizzazioni cattoliche, per le sue amministrazioni comunale e provinciale in mano dei clericali, per la sua astensione esemplare era detta la Vandea d'Italia, fece essa appunto, alla vigilia delle ultime elezioni, con la pressione insistente dei suoi più vitali interessi, traboccare la bilancia a favore della «coscienza sicura» nel votare, ed aprì la breccia verso la quale si precipitarono poi i cattolici in massa: tanto era oramai il contrasto realtà e le soprastruzioni giuridico-ecclesiastiche alle quali accennavano innanzi.

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I cattolici dalle tendenze mediane, che non si preoccu¬ pavano molto di scrutare queste loro tendenze, non stettero a guardar molto pel sottile; e, contenti della nuova via aperta, si gittarono alacremente in essa, portati da convinzioni oscure e da interessi lampanti, a far uso dell'arma politica contro gli avversarii imprudenti provocatori; e lasciarono sul campo delle lotte politiche e amministrative distesi i corpi freddi di molti socialisti e repubblicani: e si divisero lietamente il bottino con i moderati, e arrotarono l'arma per nuovi combattimenti.

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I cattolici moderati, quelli che per lungo tempo avevano sostenuto l'utilità della caduta del potere politico pontificio e il dovere per i cattolici di prendere il loro posto a difesa dell'ordine e della monarchia, ci videro la loro piena vittoria: ed un rappresentante laico di questo gruppo, il marchese Cornaggia, entrò, circondato da un'aura invidiabile di successo, in Parlamento, e fece intorno alla questione politico-ecclesiastica dichiarazioni personali lodevolmente sincere: un altro non laico, espresse nella Rassegna nazionale la sua soddisfazione e diede consigli il cui succo è tutto in questo, nel voler fatta oramai definitiva, anche nel terreno delle lotte politiche costituzionali, la separazione fra religione e politica; nel proporre, non un partito nuovo, ma che i cattolici penetrino, con convincimenti e propositi religiosi, tutte le varie graduazioni del partito dell'ordine in Italia: devota maniera di proclamare l'accordo fra cattolici e moderati contro i partiti detti del disordine e rimetter così su nuove basi quell'altro accordo diplomatico e contrattuale fra religione e politica che si voleva abolito.

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Quel mutarsi dei tempi. e degli ideali, quel premere delle cose verso la vita pubblica, quell'entrar dei cattolici nell'agone politico essi l'avevano preveduto e preparato: ma preparato alla luce di un programma consapevole ed organico, pel quale la conversione dal passato all'avvenire sarebbe stata sicura ed intiera, ed alla politica antica, fatta di tradizioni ed avida di privilegio, se ne sarebbe prontamente sostituita un'altra, di libertà e di democrazia. E non si erano contentati di pensare e prevedere: ma prima per sé, poi — facendo di necessità virtù — nell'Opera dei congressi rinnovata, avevano preparato l'esecuzione di questo praticississimo piano. Nel breve corso di pochi mesi, quanti ne passano dalla caduta definitiva dell'Opera dei Congressi al 6 novembre 1904, essi videro sparire gli organismi già preparati o trasformati come per far luogo a questo caotico e precipitoso erompere ed irrompere nella vita pubblica di forze poco consapevoli e disciplinate, in un momento in cui un senso spontaneo e legittimo di reazione contro la dittatura di pochi facinorosi sulle giovani organizzazioni proletarie annebbiava negli animi la chiara visione dei doveri sociali incombenti sullo Stato e sull'azione pubblica dei cittadini, fonte e controllo dell'attività legislativa.

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Le prevenzioni e le ostilità tenute vive, prima che un largo e profondo movimento di cultura e di democrazia apparisse tra i cattolici italiani, dagli estremi dei due opposti partiti, con mezzi molto diversi ma con eguale risultato, sono in parte scomparse, per far luogo a più equi apprezzamenti. I moderati si rallegrarono incondizionatamente del fatto che dava reclute nuove ai loro uomini, molto a corto di elettori, e alla loro rappresentanza alla Camera. I socialisti ne trassero motivo di inveire contro il prete e contro la Chiesa, mostrando, con la consueta esagerazione di animi appassionati e violenti, e senza tener conto, come sono usi fare, dacché il rivoluzionarismo s'è insediato all'Avanti!, degli sforzi sinceri e vivaci dei democratici cristiani, il pericolo che da quella riscossa di un partito per lunga tradizione storica proclive a servire e seguire, più che ad agire, veniva alla causa della democrazia e del proletariato in Italia: il Governo, rappresentando in ciò la maggioranza del pubblico, prese atto, con mossa né lieta né triste, della presenza dei nuovi venuti: i quali erano giudicati uomini meno proclivi a passioni di parte e gare d'ambizione, ma che sarebbe stato per questo stesso più pericoloso avere nemici.

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Qui sta oggi il pernio della questione politico-ecclesiastica in Italia: la tacita ed effettuale rinunzia della quale abbiamo parlato sopra è politica di grandissimi risultati, ma negativa e spontanea; e ci si è offerta come un rallentamento di resistenza, poiché a questa venne a mancare ogni fiducia nel successo più che come positivo orientamento nuo vo. Ma la politica negativa può essere un risultato o una crisi, non può essere un programma di azione; e se oggi noi non riesciamo ancora a discernere le linee d'un nuovo programma di politica ecclesiastica, adatto ai tempi e coerente, non dobbiamo meno per questo spiare ed indagare i fatti, per vedere che cosa essi ci dicono e che cosa vanno preparando.

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Ora la domanda che noi poniamo a noi stessi e alla vita che si va svolgendo è pur sempre la stessa: lotta o accordo dei due poteri? Politica pacifica o politica di combattimento?

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Intanto, una forma di accordo è unanimemente giudicata impossibile: quella che consisterebbe in una conciliazione formale ed espressa dello Stato italiano e della Santa Sede: essa non potrebbe aver luogo, nelle circostanze presenti, che sotto forma di una piena ed aperta abdicazione di questa seconda alle sue rivendicazioni su Roma, ed a questo, almeno per oggi e per parecchi anni ancora è impossibile venire. Né, del resto, quando una tale conciliazione avesse avuto luogo, la questione sarebbe risolta: poiché rimane l'altra, che è per noi principale, de' rapporti fra lo svolgersi dell'attività ecclesiastico-religiosa e lo svolgersi dell'attività politico-sociale, in Italia, dove la prima è ancora così intensa e potente e dove tanti sono ancora i punti di contatto e di intersecazione. E per questo è anche impossibile quell'altra forma di accordo che sarebbe la libertà piena della Chiesa ed il suo disinteressarsi d'ogni questione direttamente politica: il diritto comune è una norma sufficiente là dove la libertà religiosa costituisce una vigorosa tradizione, superiore ai dissensi religiosi, e dove il cattolicismo è in minoranza: in Italia, dove esso è religione comune ed ha una gerarchia solida e popolarissima e mezzi di azione e di influenza potenti, parlare d'una libertà all'americana come possibile oggi, e senza che una profonda trasformazione d'animi si sia prima prodotta fra i cattolici e abbia posto la religione fuori della politica dei partiti, è un ignorare i termini storici e concreti della questione. La libertà religiosa piena e sincera sarebbe un privilegio «di fatto» pel partito politico clericale.

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Per quel che riguarda tendenze e programmi di lotta fra società religiosa e società civile in Italia, ci limiteremo qui a poche osservazioni preliminari.

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L'accordo potrebbe quindi solo voler dire cooperazione e collaborazione pacifica; la quale implicherebbe: la conservazione dello statu quo, se non un miglioramento a vantaggio della società ecclesiastica, nel diritto e nelle consuetudini politiche riguardanti la Chiesa, ed una reciproca buona volontà nell'applicazione della legge, come è appunto avvenuto dagli inizii del nuovo pontificato ad oggi; la rinunzia, dall'una parte e dall'altra, a richieste ed agitazioni le quali turberebbero o la coscienza religiosa o la coscienza civile degli italiani; come sarebbero, ad esempio, o il divorzio o campagne clericali per limitazioni di libertà ispirate ai criteri del Syllabus; infine, una azione politica dei cattolici aconfessionale, che cioè non apparisca come un fatto chiesastico, e non troppo vincolata ad uno dei partiti politici, contro gli altri: fosse anche, questo vincolo, stretto col pretesto di portare un appoggio disinteressato alla monarchia ed allo Stato contro accentuarsi di tendenze sovversive ed antimonarchiche. E questo, se non erriamo, è per ora, più o meno chiaramente appreso, il pensiero e il programma medio fra le tendenze di coloro che predicano e tentano di fare l'accordo fra la Chiesa e lo Stato in Italia e quelle dei modernisti.

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E innanzi tutto è da scartare quella forma di lotta che era rappresentata dal clericalismo; il militare cioè nella vita pubblica contro le conquiste civili della borghesia e contro l'unità nazionale, per il ritorno a un concetto autoritario della vita pubblica e per il ristabilimento di un dominio territoriale della Santa Sede. Questa pregiudiziale temporalistica è, per comune confessione, divenuta impossibile oggi; il Congresso cattolico di Bologna del novembre 1903 ne disperse gli ultimi resti. Se, per un caso storico qualsiasi, in Italia si fosse giunti all'unificazione nella repubblica è certo che questa politica clericale, di fronte alla più larga irruzione di tendenze estreme nell'opera dello Stato che la repubblica avrebbe facilitato, poteva acquistare un vigore enorme e forse decisivo; ma la grande influenza moderatrice che esercitò la monarchia costituzionale nella vita politica nostra ha reso impossibile, come la violenza degli uni, così la reazione degli altri.

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Altra forma di lotta potrebbe essere l'organizzazione militante dei cattolici contro le tendenze democratiche nella vita pubblica e nello Stato, rafforzando le conservatrici e mettendo a servizio di esse le proprie forze elettorali. Lo sviluppo normale dello Stato moderno verrebbe impedito e ritardato da questo incunearvisi di una confessione religiosa, potentemente organizzata, e che esercitasse sui segnaci un potere come di coercizione e di soffocamento morale: e ne nascerebbe certo un conflitto acuto, come quello che ora dilania la Francia. Il pericolo di una tal forma di contrasti esisteva sicuramente sino a pochi anni addietro: oggi esso è forse minore, per merito della «democrazia cristiana»: la quale, se anche non potesse impedire, come non poté nelle ultime elezioni, una troppo stretta coalizione fra le forze conservatrici e le cattoliche, riserva almeno una parte, e la più giovane e più vivace di queste, a vantaggio d'una po¬litica di libertà e di democrazia, impedendo così la formazione d'un blocco compatto clerico-moderato.

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Un'altra forma di lotta potrebbe aver luogo per rivendicazioni d'ordine religioso, e in tal caso essa non potrebbe essere provocata che dallo Stato: a nessuno il quale conosca le condizioni interne presenti del cattolicismo e della Chiesa in Italia può venire in mente che i clericali abbiano ad assumere da un momento all'altro una politica di offesa e di riconquista, per riavere nel paese condizioni più favorevoli di libertà e di dominio. Essi potrebbero invece assai facilmente mobilizzare le loro forze quando il tentativo di leggi che paressero lesive dei diritti e delle libertà religiose venisse dallo Stato, come apparve nell'ultima campagna popolare contro il divorzio. Ma anche da parte dello Stato velleità d'offensiva sono ancora poco probabili; perciò esso verrebbe a trovarsi contro due troppo forti nemici, a destra e a sinistra, e sarebbe assai facilmente condotto dalle vicende della lotta a stringersi troppo all'uno o all'altro e rimetterci la sua libertà; cosa facile ad accadere in regime repubblicano, dove manca continuità di tradizione di governo, non facile in monarchia costituzionale.

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E quella pressione noi vediamo esercitarsi dovunque siano dei partiti di cattolici modernamente organizzati; i quali, costretti da necessità positive a metter da parte schemi astratti di società giuridiche perfette, accettano ed assumono lo Stato come una concreta organizzazione giuridico-politica, avente esigenze ed interessi nettamente determinati, e cercano solo di influire, o dal di dentro o dal di fuori, su di esso, in un determinato senso, senza tentare di trarlo da quella formale ed effettiva neutralità religiosa che le condizioni della coscienza contemporanea gli impongono. Ciò richiede da parte dei cattolici e della loro azione politica una abitudine di libertà, una maturità di senno civile, una larghezza d'animo che è dubbio se i cattolici italiani abbiano ancora acquistato, ma che, nella pratica della vita correggendo le antiche tendenze di intolleranza clericale, e negli studi positivi le abitudini d'un pigro dogmatismo logico e formale, essi potrebbero rapidamente acquistare.

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Il momento che corre di politica ecclesiastica Si era al principio del 1905. è carat¬terizzato da quel senso di sollievo e di espansione che nasce dallo sparire delle antiche animosità e dalla cooperazione recente per la «difesa dell'ordine»; le due società, non riconciliatesi in un accordo formale, ma trovatesi come di sorpresa più vicine di quel che pensassero, più che a piegare a proprio vantaggio la nuova situazione di cose, sembrano proclivi a gustarne tranquillamente i frutti, che essa offre da se; i cattolici, felici della libertà politica riacquistata, ne misurano, in questi primi momenti, assai più volentieri i vantaggi che le responsabilità; gli estremi, nel bruciore delle sconfitte recenti, meditano e preparano. la vendetta; ed assai probabilmente, sinché una nuova condizione di cose non si determini, si andrà innanzi così, con una specie di tacito compromesso per la conservazione dello statu quo, compromessogarantito dal durare delle benevole reciproche disposizioni della Chiesa e dello Stato; e nella calma di questa o tregua o pace i cattolici si prepareranno a condurre e ordinare le loro forze nella vita pubblica al ritorno delle elezioni generali.

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Intanto il partito socialista, che, per la posa vanagloriosa di un rivoluzionarismo dommatizzante, si lasciò sfuggire la magnifica opportunità che gli era offerta dalle inclinazioni democratiche del nuovo re e dalla vittoria piena riportata sul Ministero Pelloux e sulle tendenze che esso, con incredibile imprevidenza, rappresentava; e che si dilaniò poi in una lunga ed atroce lotta interna; penserà a riparare i suoi danni e si rimetterà in assetto di battaglia per la lotta ventura. E spunta già, nei suoi giornali, il proposito di misurarsi di fronte con i cattolici e di strappare con più intenso sforzo le masse alla religione. Ma quando esso si sarà riavuto e riordinato e, riacquistando l'influenza perduta sui gruppi vicini ed affini che ora si vanno sgretolando, potrà ripigliare una politica propria, la quale sarà, certo risolutamente an¬tireligiosa; e quando, d'altra parte, anche i cattolici si saranno sistemati a partito ed incominceranno ad agire organicamente, le condizioni della politica dello Stato di fronte alla Chiesa potranno radicalmente mutare; in che senso e con quali effetti è oggi troppo presto dire.

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