naturalmente, in basso, dove non c'è neppure bisogno della scala.
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dei gialli della stagione trascorsa, sterminatrice di foglie, spogliatrice di rami?
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quelli della donna scomparsa.
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tua gonna, se a Fiesole sul muro della casa o in un albergo d'Arno; chissà dove ho lasciato me ad attendermi, contemplando un cancello o a un tavolino
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Non c'è più il pulpito con la scaletta intarsiata e la porta cigolante. Non c'è più la statua della santa incollanata di rose. All'eucarestia le
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noi macerie e le nozze, tra la polvere e il rame, tra la tela che copre i piedi dei morti e il ruscello di seta sulla schiena della sposa. Allora
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Il coperchio della scatola del ghiaccio, scomparso a maggio, lo ritrova in dicembre nello scomparto in alto del guardaroba, in mezzo alle coperte e
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quello attuale, quando - come scrive un cronista del tempo - “migliaia di isolani sprofondarono nell'oblio” a causa della sepoltura usata allora. Le
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quadro - che conserva le ossa degli 800 martiri in una cappella della cattedrale di Otranto. Con un'ostinazione che non doveva conoscere noia, il
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laraccia aperte e sembriamo due statue, ma sorridenti, e non ci sono domande, solo il gioco della luce che declina e del vento che ci muove i vestiti.
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Così sono stati per molti anni, nella luce gialla della grande città. Io so che non potrò cambiare niente di tutto questo e so che tutto questo ha
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se anche la notte fosse chiara e illuminata dalla lampadina e dal bagliore della penna.
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, quando il non pensare si è tradotto in non sentire. Ho cercato allora di tomare a sentire, mai sensi sono della vita, e la vita non basta, almeno così mi
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L' azzurro smemorato del crepuscolo a strisce, attraverso le persiane della camera. Lo stesso azzurro con le macchie scure delle piante sotto di sé
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chiuso in sé, e cielo mare e spiaggia comunicano perfettamente un identico senso del respiro del mondo è l'arancione della pelle, che pertanto da
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prima delle mode e dei bilanci secolari, il tarlo di Auschwitz: prima di tutto il resto, un'esperienza ferroviaria priva di ritorno, della quale era
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«Si affacciava su Porta Capuana. Il giorno del suo compleanno toglieva il tappeto dal pavimento della sala d`aspetto e, con quello, copriva il tavolo
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tratti alla mente. Laggiù avevano tratto le lunghe vesti mollemente verso lo splendore vago della porta le passeggiatrici, le antiche: la campagna
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voglio la tristezza delle rose morte all'inizio della primavera per farne una corona alle mie bende. Il mio cortile con un po' di cielo, con poche
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in noi e poi così impossibile a scancellarsi. Ma quanto al resto? A conti fatti, chiedersi il come e il perché della partita interrotta è come
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La scena succede nel castello di Renato, in una valle delle Alpi piemontesi. - Gran sala, stile Trecento. - Al levarsi della tela Renato e Iolanda
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fanciulla l'avvolgi nel fuoco tuo giovanile? Fanciulla è freddo il mio core, è freddo il mio core e lontano, non sente l'alito ardente della tua giovane vita.
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folta della notte eterna è la natura e l'anima smarrita palpita e soffre orribilmente sola sola e cerca l'oblio.
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pur dalle pareti della mia ignuda stanza, a piena voce il tuo nome riecheggia al mio silenzio, sì che palese a ognuno e manifesta del tutto, al volgo
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nel ritmo della danza, o fiduciosa nell'infuriar dell'onde, come quando a me che ti chiedevo rispondevi: «Per me non è mai tempo di tornare, chi va
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Pallido fior del nordico paese, vaga beltà della colonia inglese, ben mi dicea quel tuo sguardo profondo che ti chiamava a sè l'occulto mondo! Quando
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inerme, della Sventura che ti rode il fianco è nato un germe! - - Ecco un'esequie nella città : mio saggio demone, che mai sarà? - Rispose: - All'ombra
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A MIA MADRE I bei vegliardi dallo scettro d'oro che per la neve, sotto il ciel sereno, sostar sommessi alla mia porta udìa, la notte della santa
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Oh se l'ava non fosse sepellita, l'ava, l'antico amor della mia vita, s'ella vivesse ancor... pensate il gaudio di appenderle al seno della mia vita
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che l'Adamo indura; e l'altro silfide educata ai pudor della natura. Son mille secoli che i due chèrubi insiem corron la terra, fra rose e triboli, in
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della chiesa, e un requie di più. L'altra tornò nella sua casa stretta, oscura, pudica come la bara della estinta amica. E più di quella restò forse
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era il vento e fulgida la sera; volghi e campane avean finito il coro, e nei vasi di fior della ringhiera s'udian le foglie bisbigliar tra loro. Sacra
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vastità del cielo, e della donna il cor. . . . . . . . . . . . . Perché, cretino e splendido mondo dei Filistei, sotto l'arcano incendio fremevi, e intorno
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frugando in un convento abbandonato. Tutto pieno di note è il volumetto: qua e là qualche versetto della Chiesa all'esametro latino sposa Sant'Agostino
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Quella superba sua faccia serena passar la vidi tra la folla oscena, e vidi gli occhi della folla ardenti sprofondarsi ne' suoi, come attoniti e
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che canta la divina melode all'infelice: col Cherubino della fede santa. Ahi! se i fantasmi del gioir superno turba la vostra voce insultatrice
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della cattedra l'odore, risento il gelo delle vaste scuole, e riveggo il bidello e il professore. . . Oh memoria crudel, spina del cuore! E dove sono il
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Dea, quest'anima sperando, a te volgea! Come sei bella, o luna, quando il viso ti specchi nel mite tremolio della laguna; come bella, fra i pallidi
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grido, che dai vertici natali chiamando il freddo e la malinconia, par, della via fra i suoni incerti e uguali, un la stonato in una sinfonia: è quello
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- Per la deserta strada, o viaggiatore, dove t'affretti ai raggi della luna? una madre lasciasti, il genitore e sposa e bimbi, per cercar fortuna? La
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Ma bello è quando parlano, seguendo del pennello la corsa affaccendata, e fra loro in famiglia discorrendo, di tutti i casolar della borgata. - To
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Coppie eleganti della vaga festa, c'è alla porta una folla di signori di vario sesso, di diversa vesta, amici che vi aspettano di fuori. Son tanti i
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carnefici Echeggia l'ululato! Bevi al tuo nappo e i cantici svolgi che il ciel ti spira, ma sia sommesso ed umile il suon della tua lira, nessun s'arresti a
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sacre pareti; altro culto agli spiriti oppressi dal desio della vita migliore, altre preci, altri incensi ha concessi la insultata pietà del Signore
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Vi conterò la storia della morta per cui suonano adesso la campana - era una tosa piccolina e smorta che abitava vicino alla fontana. Toccava appena
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melode che è il benvenuto della terra al sole, fruscìo di selve, mormorìo di prode, mirifiche parole! Ma tu più bella d'ogni Bello, o Diva, la abbellirai
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bara scote il torpore del mio suol natìo, fra i tardi inchini della folla avara posso prostrarmi anch'io! Eravam giovinetti, eravam belli; il frutto
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A ENRICO JUNK Della città, madre di inganni e toschi, sei stanco, amico, e aneli ai verdi boschi e a un po'di acqua corrente; a un po' di acqua
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Se fosse nostro, Arrigo, il secol bello della fervida fede e dell'amore, pensa che tu saresti un menestrello di nordici lïuti animatore, un giovin
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,... non si levano il cappello. Splendi agognando al dì della partenza; e ristucco di farci il zolfanello, di tanto in tanto perdi la pazienza! Sole, il
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