Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNICT

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L'angelo in famiglia

183366
Albini Crosta Maddalena 3 occorrenze
  • 1883
  • P. Clerc, Librajo Editore
  • Milano
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Il nostro Raineri non le ha stampate lui le sue Istruzioni catechistiche, le hanno stampate i suoi successori, che giustamente deploravano di abbandonare all'oblìo quelle istruzioni, le quali fatte dal pio sacerdote sul pergamo della nostra Cattedrale, trascinavano e miglioravano la folla colta che correva a sentirlo. Oh! sì, prenditi il Raineri; leggilo, studialo, meditalo, poi torna da capo, e te ne troverai contenta. Compatisci i poveretti i quali credono di saper tutto, e sanno nulla; ma tu dal canto tuo fa di non trascurare lo studio della Dottrina Cristiana, procura anzi d'invogliarne quante più persone puoi; allorchè ne avrai fatto la prova, troverai atto di vergognosa debolezza l'astenertene per paura di quello che ne dirà il mondo. Il mondo se sa che tu frequenti una scuola di letteratura, o di fisica, o di geografia, o non ti deride, o tu te ne ridi delle sue beffe; e sarà solo se frequenti la cattedra più difficile, importante e necessaria, che ti lasci prendere dalla paura? Forte delle tue convinzioni, procedi sicura nell'impreso cammino; arricchisci quanto più puoi la tua mente di cognizioni religiose, e ne avrai riscaldato il cuore di santi affetti per quel Gesù, il quale nella Dottrina che ti amministra come pane che mantiene e fortitica, ti assicura che per un giorno solo, anzi per un solo istante Egli sarà Dio giudice, ma che per tutta una eternità Egli, Dio rimuneratore, premierà la tua fede e le tue buone azioni con una felicità che non avrà mai fine, e che genio nè fantasia umana valgono ad immaginare. Animosa e costante segui fedelmente, coraggiosamente ed allegramente i miei consigli, i quali infine non sono altro se non i dettami della nostra santa religione, da Dio buono posti sulla mia bocca e nel mio e nel tuo cuore. Sì, seguili giocondamente, e nelle spinosità della vita avrai sempre un pensiero consolante, il quale addolcirà ogni tua pena, tergerà ogni tua lacrima. Quel pensiero ti dirà che ogni cosa passa, che l'anima nostra dura sola con Dio eternamente, con quel Dio che l'ha creata per farla per tutta l'eternità felice con sè in Paradiso.

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Io lo so, e tu pure lo sai, noi dobbiamo essere pronti a sostenere la nostra santa fede, anche col sacrifizio della nostra vita, ove siamo posti nell'alternativa di dover abbandonare l'una o l'altra. Io son certa che nel tuo cuore tu hai rinnovato il giuramento fatto nel santo Battesimo, di essere pronta a tutto perdere, fuorchè la grazia di Dio, ed a sopportare ogni tormento piuttosto che piegarti a tradire gl'interessi del nostro buono e carissimo Padre. Lodo altamente le ottime tue disposizioni, ed auguro e prego che ti regoli mai sempre seguendo il loro dettame. Ma, entriamo, se mel consenti, entriamo nei dettagli della vita, poichè lo so, pur troppo, per esperienza! colle migliori disposizioni del mondo in teoria, si casca poi miseramente nella pratica, ove non ci siamo rafforzati in precedenza colla meditazione dei nostri doveri verso Dio e verso noi medesimi. Tu dici: darei la vita piuttosto che rinnegare il mio Dio ed anche uno solo, anche il minore dei suoi dommi; e poi se ti trovi vicino ad un beffardo o ad un incredulo che sparla di Dio o della verità rivelata, perchè egli ha nome di essere o un grande, o un uomo di alta coltura e di dottrina (non però certo della vera), non hai forza bastevole per dirgli che tu la pensi ben diversamente, e che augurandogli una riforma nelle sue credenze lo preghi a non ripetere più, nè prolungare un discorso che ti ferisce nelle più intime e care tue convinzioni! Lo so bene; non sempre è doveroso e neppure opportuno mettersi a discutere di religione, poichè bene spesso molte persone, ignorantissime in punto di fede, sanno sostenere le loro false argomentazioni con tale loquacità e con tale apparenza di dottrina da porre in un sacco chicchessia. A te non istà bene mai e poi mai metterti in cattedra a sdottorare, neppure a profitto della religione, ove non sia per istruire od illuminare persone decisamente e marcatamente a te inferiori; poichè, per me, vale più assai di una splendida difesa, la parola timida ma sicura d'una povera fanciulla che ripete: credo e voglio credere sempre, di quanto non valga un'arringa brillante. Ho conosciuto molto davvicino una ragazza di una discreta coltura e di sentimenti cattolici radicati, che avvicinata, per permissione di Dio, da uno di quei serpi che tentano portare la loro bava velenosa ovunque ponno trascinare il sozzo loro corpo, lo dovette solo all'aver superato ogni rispetto umano, se non bevve con esso nella tazza dell'incredulità. Con ogni lusinga quel serpe, che non era altro se non un colto e forbito cavaliere, cercava scuotere le credenze della giovinetta, e vedutala inaccessibile alla corruzione del costume, perchè la buona e sana educazione ricevuta ed una certa maturità di mente ai suoi sedici anni le servivano di corazza, tentò un veleno più insidioso e micidiale, sotto l'apparenza di bevanda ristorante, e grata, e benefica. La buona madre, appunto perchè buona, non si accorse dapprima delle arti del maligno, e consentì di buon grado che il cavaliere forbito e colto cercasse perfezionare l'istruzione letteraria della sua figliuola. Ma ahimè! qui appunto stava l'inganno e la figlia e la madre non sarebbero sfuggite all' agguato, se Iddio in premio della rettitudine del loro buon volere, non avesse loro concessa la grazia di disprezzare coraggiosamente la vergogna d'essere tenute dappoco. Il tristo, Dio gliel perdoni, incominciò a dare alla giovinetta alcune lezioni di letteratura che non avevano apparenza, anzi neppure un principio di male. Compra così la fiducia delle due donne, la mamma lasciò qualche volta sola la figlia; e questa dopo poco tempo si accorse da qualche sogghigno beffardo e da qualche motto insidioso, che il sedicente maestro tentava scuotere la sua fede. Ella si vergognò di parlarne alla madre; ma ebbe forza sufficiente di contrapporre all'eretico le proteste della sua ferma credenza; e comechè egli fosse persona più che mediocremente colta e straordinariamente eloquente, ed ella fosse d'una coltura appena mediocre e priva di esperienza, non fu menomamente scossa nella sua fede, ma coprì di confusione in quella voce colui che tentava pervertirla. Questi allorchè vide inutile ogni suo iniquo tentativo e seduzione, ebbe a confessarle che aveva cercato smuovere dapprima la sua fede pensando che, ceduto anche d'un punto solo in questa, d'un tratto avrebbe poi sceso tutta la scala che guida alla corruzione e... diritto diritto all'inferno. La condotta di quella fanciulla è da biasimarsi in parte almeno, poichè essa doveva aprirsi tosto colla madre, e doveva correre dal suo confessore a chiedergli consiglio, e non aspettare un mese od un mese e mezzo a ricorrere a questi mezzi di salute; ma possiamo rifiutarci di approvare in essa quel coraggio e quella costanza colle quali oppose le proteste della sua fede alle irrisioni del corruttore? Ecco a che si ridusse tutta l'eloquenza usata per ribattere le cattive dottrine del maestro: o credo fermamente nella veracità delle mie credenze; ma fosse anche un sogno, amerei meglio sognare con esse che essere desta con lei. Saresti forse tentata di credere questo un racconto romantico, ed un volo poetico della mia fantasia? No, mia cara, la fanciulla della quale ti parlo non è più fanciulla; io la conosco molto davvicino, ha la mia età, e se ti dicessi ancora qualche altra cosa, forse troveresti di conoscerla tu pure. Quello che ti posso dire si è che quella fanciulla si è poi mantenuta fermissima nella sua fede, e che quel cotale, allorchè vide che non la poteva scuotere in verun modo, cambiò paese... ma pur troppo non d'opinione. Ed ora che ne è di lui? Che ne sarà? Prega Iddio di toccargli il cuore. T'ho trattenuta più - dell'usato, ed ancora mi resta tanto tanto da aggiungerti in proposito al rispetto umano, che mi piange il cuore a troncare lì a mezzo. Ma abusare di tua bonta e trattenerti più lungamente non mi regge l'animo: se saprò resistere alla tentazione di ritornare domani nell'argomento, te ne riparlerò allorchè saremo a trattare dell'adempimento delle pratiche positive di nostra santa Religione. Altrimenti? Intanto tieni bene a mente quel che diceva quella giovinetta:Meglio sognare con Dio che essere desti con coloro che lo negano e lo bestemmiano. Dio, ricordatelo sempre, Dio ti ha creata, ti ha beneficata, ti conserva l'esistenza e ti prepara e ti promette un premio eterno, il Paradiso, se ti conservi fedele a Lui, che come Dio non può ingannarsi, nè ingannare. L'incredulo all'incontro nulla ti dona, anzi cerca rapirti quello che hai di più caro e prezioso, la pace del cuore, per gettarti nell' angustia e nel dubbio, e ti prepara una pena eterna, l'inferno, mentre ti promette il nulla. Oh! s'egli è ingannato, non lasciare che ti inganni egli mai! 7

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Ma senti nell'orecchio una parola: non ti abbandonare a troppa confidenza ed a soverchia dimestichezza, sotto verun pretesto con persone dell'altro sesso, e neppure con quelle del tuo, poichè il demonio maligno, è potente, e ti potrebbe trascinare al peccato. Sgorghi frequente ed ardente dal tuo cuore la preghiera, e quale soave profumo imbalsami l'aria che ti circonda, migliori te non solo; ma le persone tutte che ti avvicinano, ed a te ed a esse insegni ad amar Dio, ad accostarsi ai Sacramenti dell'amor suo, ad essere più buone, più virtuose, più sante. Io non ti voglio zotica no, o rozza; mi piace che tu coltivi lo spirito, e più specialmente in cognizioni utili e sode, non in quelle cognizioni superficiali e vaporose, che colla pretesa di darti una coltura enciclopedica, ti lascerebbero vuota e manchevole di quanto costituisce la scuola della vita. Tra parentesi, ti ho notato i pericoli che ti potrebbero venire dai falsi insegnamenti e dai cattivi insegnanti; e tu avrai dovuto convenir meco che i tuoi genitori ed il tuo Confessore, edotti puntualmente di tutto, potranno porre un riparo al precipizio che forse ti minaccia. È più che mezzo salvo chi s'accorge del pericolo, appunto perchè accorgendosene può schivarlo. L'abito non fa il monaco è vero, ma pur troppo dall'abito si conosce il monaco: abbi dunque cura grandissima affinchè dal tuo modo di vestire, di camminare, di posare, come dalla buccia di una pianta, si rilevi giustamente l'interna modestia, la serietà, la virtù vera; e, senza tradire la sincerità, vale a dire senza ammantarti delle penne del pavone, ed ostentare pregi non tuoi, conserva nella tua persona un'assoluta pulitezza ed una graziosa semplice eleganza. Se t'abituerai a vestire con modestia, e sempre un grado meno di quanto permette il tuo stato, dato che la ruota girasse, e girando ti facesse decadere di fortuna, sapresti adattarti e rassegnarti alla fatica, al lavoro, alla privazione. Guarda a quale estremo ha ridotto lo spreco di molte famiglie già ricchissime, anzi di una ricchezza principesca! Pensa al povero duca di Lusignano morto or son pochi anni nello spedale maggiore di Milano, e non ti riuscirà penoso mantenere in te e intorno a te una prudente economia, la quale perchè appunto saggia e prudente ti salverà dall'avarizia, e ti renderà larga la mano alla beneficenza, assicurandoti che la carità non impoverisce mai. La bellezza non è altro se non un fiore che passa rapidamente; per conservarne la fragranza havvi solo la virtù e la modestia... La deficienza e la mancanza assoluta della bellezza costituisce una spina crudele per molte anime; ma tu se le conosci, consolale: di' loro che un Dio in cielo le riguarda; di' loro che Gesù nostro pure divenne deforme sotto il vituperio fattone dagli uomini; di' loro che il loro corpo come il suo diverrà risplendente e luminoso... Per coloro che tuttora zitelle si trovano sul meriggio della vita, o l'hanno varcato, una parola d'incoraggiamento e di conforto, specialmente se hanno sacrificato la propria vocazione per l'utile altrui; se spostate ed ormai vecchie non hanno un nido e sono ritenute quasi un ingombro nella famiglia da esse allevata: quell'Iddio che conta i capelli del nostro capo conterà le loro lacrime, e preparerà loro un premio eterno. Se mai un giorno pel tuo stesso bene, permettesse il Signore che tu diventassi poveretta, credilo, il lavoro destinato a procacciarti il pane, e l'essere ed il parere poveretta non ti torrà dall'essere insieme signora, se nobile e generoso conserverai il sentire, e non ti lascerai dominare dall'invidia o da altri abbominevoli vizj. Nella vita balenano i lampi, scrosciano i tuoni, e tu li devi attendere imperturbata nella tua, supplicando il Signore di tener sospesa la grandine; chè se la grandine cade ed imperversa, e tutto rovina, non vi ha ancora altri che Dio il quale ti possa salvare e liberare dai suoi tremendi flagelli. L'arco baleno si distende luminoso nel tuo orizzonte, le onde si acquietano, viene la bonaccia e l'anima accidiosa, come il marinaio, si bea di una vita senza contrasti, senza fatiche e quindi senza meriti? Il marinaio s'accorge che nella bonaccia perirà miseramente: l'anima invece si giace inerte, nè cerca, nè accetta un Vapore che la salvi da morte sicura: essa l'avrebbe una forza motrice, la carità; questa posta in azione la torrebbe dal letargo in cui l'egoismo l'ha posta... Amatevi, amatevi l'un l'altro, ripeteva continuamente l'Apostolo diletto. Sì, amiamoci, poniamo in azione la carità, e diventeremo santamente industriose a beneficare i nostri fratelli e noi con essi, poichè la beneficenza giova non tanto a chi la riceve, quanto e assai più a chi la fa. L'immaginazione giovanile è un narcotico dell'anima, che facendola sognare continuamente, la sfibra, la sposta e le fa attribuire a sè medesima i pregi datile in certo modo a prestito da Dio. Dunque non sognare, nè accettare le adulazioni che ti vengono prodigate, poichè devi sempre ricordare che l'incenso, ossia l'adorazione, è riservato a Dio solo. Se ti è data la scelta fra una vita ritirata ed una vita brillante, rinuncia a questa, attienti a quella e ti toglierai all'orgasmo indivisibile delle veglie danzanti, delle conversazioni, dei teatri e fino dei banchetti, i quali anzichè agape o mensa fraterna con a capo Dio, sono simposj profani con a capo gl'idoli. Ricordati il detto del nostro Parini, quando seduto nell' aula municipale vedendo fugata l'immagine del Crocifisso, si levò in piedi dicendo: Dove non puó stare il cittadino Cristo, non puó stare neanche il cittadino Parini; ed uscì. Mangia di ciò che ti viene posto davanti come dice il Vangelo, che vorrà dire mangia di quanto ti vien offerto lecitamente, di ciò che ti offre la famiglia, quando non siano cibi vietati, e per ubbidire all'uomo tu non debba disobbedire a Dio nella sua Chiesa. Il Confessore potrà giudicare se tu sii dispensata, ove tu ne abbisogni; ma di tua testa, o pel comando di superiori civili, non puoi esserne prosciolta. Supera la gran tentazione degli spettacoli cospiratori contro la modestia e l'onestà, ed ai divertimenti ed agli spassi preferisci un po' d' aria pura o lo svago utile che viene dai viaggi o dallo studio di essi. Ama e tieni care le domestiche pareti nelle quali la sincerità, l'affetto, la pietà, ti daranno quelle gioie intime che sono altrove un enimma. La sanità del corpo è un gran dono; ma quella dell'anima è un dono infinitamente maggiore, e questo pensiero come balsamo cada ad allenire i dolori delle tue infermità, le quali ti parranno leggiere e dolci se saprai prenderle dalle mani stesse di Dio. Non ho temuto di farti le intime mie confidente, di palesarti le pene, le trepidanze ed i desiderj del mio cuore, e segnando a dito le pratiche, le preghiere fatte senza spirito, senz'anima, non ho temuto paragonarle ai fiori artificiali i quali pajono e non sono. Se tu hai bisogno d'espansione, come lo zampillo di chiara fontana, riversa le tue acque sulle zolle fiorite che la circondano, voglio dire sui cari parenti, sulle persone intime e di antica e provata probità, nè, rimproverata, rispondi con mal garbo, nè voler esser tu mai l'ultima a parlare. Gli è d'uopo estinguere in noi la soverchia suscettibilità, fonte perenne della maggior parte dei guai, e farci piccini riconoscendo la nostra miseria, affinchè essendo gli ultimi in questo mondo possiamo diventare i primi nell'altro, secondo la cara promessa del nostro divin Salvatore. La perdita dei Beni, della sanità, della riputazione, ci colpisce amaramente, la nostra mente si smarrisce, il cuor nostro cade quasi spezzato e dilaniato aspramente?... Oh! Cuore adorabile del nostro Gesù, dateci Voi grazia di pronunciare fiat, ad imitazione vostra, quel fiat che ci faccia accettare le croci, ce ne renda dolce, leggiero, soavissimo il peso! Che se l'animo mio sdegnoso in attesa di grandi occasioni per mostrare e per esercitare il bene, disprezzasse quelle virtù minute che si presentano ogni giorno, ogni ora, anzi ogni istante, fatemi capire la mia somma stoltezza, fatemi capire che in tal modo io perdo meriti immensi! E tu, mia dolce amica, non ti lasciar sfuggir mai la benchè minima occasione di porre una nuova gemma nella splendente corona che ti s'apparecchia nel cielo, moderando il tuo carattere, sacrificando le tue inclinazioni, sopportando senza lagnartene una mancanza di riguardo, uno sgarbo, un disappunto. Quando poi le lacrime ti cadono amare dal ciglio e l'angoscia ti opprime, cerca nell'esercizio della cristiana carità la tua gioja, la tua pace, il tuo conforto, e dagli occhi tuoi sgorgheranno abbondanti le lacrime di consolazione. Oh! prova e vedrai, come alleviando i mali e le miserie altrui saranno addolcite le tue miserie, i tuoi mali! Prova e vedrai quanta virtù e quanta letizia è nel sacrificio e nell'eroismo di dimenticar sè per gli altri!

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IL nuovo bon ton a tavola e l'arte di conoscere gli altri

191017
Schira Roberta 1 occorrenze
  • 2013
  • Salani
  • Milano
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Vietato però abbandonare il proprio ospite o accompagnatrice per interminabili pause. Posate. Oggi si tende a snellire il più possibile il numero delle posate. L'ideale è il tris: una forchetta, un coltello e un cucchiaio, se serve; man mano che si susseguono le portate si cambiano le posate. Posti. L'uomo siede alla destra della donna, le riserva il posto lungo la parete o che comunque le permetta di vedere la sala. Ogni uomo siede a fianco di una signora che non sia sua moglie (o compagna). Nel caso di due coppie, ogni signora siederà alla destra dell'uomo che non è suo marito. Se invece l'uomo e la donna siedono da soli, ai due lati consecutivi di un tavolo quadrato, lui siederà alla sua destra per poter utilizzare il braccio destro e quindi versarle da bere con più agio. I signori siedono un attimo dopo le signore. Lo so, non lo fa quasi più nessuno tranne che in certi adorabili ambienti. Durante il pasto se una signora si allontana dal tavolo, per qualunque motivo, gli uomini si alzano contemporaneamente a lei, si risiedono appena si allontana e si rialzano appena riappare. A una cena in casa privata, ricordate, l'ospite d'onore uomo si siede alla destra della padrona di casa, mentre l'ospite d'onore donna si siede alla destra del padrone di casa. Prenotazioni. Se avete prenotato in un ristorante e poi per qualsiasi motivo cambiate idea, soprattutto se il locale possiede coperti limitati, telefonate sempre per disdire. All'estero nei ristoranti stellati si lascia il numero di carta di credito perché in caso di mancato avviso viene addebitata una mora. Presentazioni. Prima di imparare qualsiasi altra regola, la buona educazione ci impone di presentarci ogni volta che ci troviamo a dividere una tavola. In teoria dovrebbero pensarci i padroni di casa, ma se chi ospita è assente lo faremo noi dicendo il nostro nome con un sorriso accompagnato da un buongiorno o da un buonasera. Prezzemolo. Che dilemma, dire o non dire della fogliolina di prezzemolo tra i denti del nostro commensale. Sì, meglio dirlo. Basta sussurrarlo discretamente in un orecchio. Ribes e frutti di bosco. Si servono in coppette con il cucchiaio da frutta. Reclami. Nel caso di un cibo malcucinato, di un vino che sa di tappo o di una posata o un piatto non pulitissimi, ci si limita, senza recriminazioni, a chiedere che vengano sostituiti spiegando il problema con gentilezza. Con educazione e garbo è giusto sottolineare gli errori da parte della cucina o del servizio, nei locali pubblici. È peraltro di cattivo gusto mostrarsi incontentabili, critici, polemici, commentare la scelta dei piatti al cameriere o parlare dei propri disturbi intestinali agli altri ospiti. Ricci di mare. Solo se volete male ai vostri ospiti li servirete a una cena formale. Meglio lasciare questo ingrediente sensuale per uno spaghetto a due, magari cucinato insieme e consumato su una terrazza al tramonto. Riso e risotto. Si mangia con la forchetta, non si soffia sul risotto e non si allarga nel piatto come si vede fare. Ritardo. Mai arrivare in ritardo a un appuntamento galante, anche se alla signora è permesso un indugio di dieci minuti. Se arriviamo in ritardo in una casa privata o al ristorante è d'obbligo telefonare per avvisare. Sale e pepe. Non si chiede al ristorante di classe se non strettamente necessario, è come sottolineare che il piatto non era perfetto. In casa, durante i pasti quotidiani si mette in tavola, ma è meglio non farne uso. Salame. In una cena formale non si serve. Con gli amici e in famiglia ben venga qualche fetta di salame. Si può prendere con le mani e mangiarlo accompagnato dal pane; si eviti il classico panino, a meno che non ci si trovi a un bel picnic. Salmone. Si consuma con le posate da pesce, se accompagnato da crostini non va messo sul pane ma consumato a parte. Salse. Le salse non si raccolgono se non con il salsacoltello, una posata a forma di cucchiaio, ma con un lato tagliente creata apposta per tagliare e tirar su ciò che rimane nel fondo del piatto. Scampi. Serviteli già sgusciati quando è possibile. Consigliati per le cene private a due. Scarpetta. Mi dispiace, ma il galateo non ammette scarpette di sorta e soprattutto non tollera surrogati, e cioè tutte quelle pratiche che i commensali ingegnosi si inventano per raccogliere un buon sugo dal fondo del piatto. Non esistono deroghe. Via libera alla scarpetta, invece, nelle riunioni familiari e per lo Sgalateo. Segnaposti. È un bel gesto predisporre i segnaposti quando si hanno tanti ospiti e soprattutto se vogliamo mantenere la regia a tavola. Potete sbizzarrirvi con oggetti di ogni genere, che servano da supporto al cartoncino sul quale sarà scritto il nome. Soffiare. È molto maleducato soffiare sul cucchiaio o sul piatto per raffreddare il cibo. Sottopiatti. Sono utili e doverosi nelle cene formali, belli quelli in argento, ma sono ammessi tutti i materiali. Spaghetti. Si mangiano arrotolandoli alla forchetta, che non va puntata sul piatto, ma tenuta leggermente inclinata, quasi orizzontale. Si raccolgono pochi fili di pasta per volta, in modo da portare alle labbra un boccone piccolo. Evitate accuratamente risucchi di ogni tipo e rimasugli di sugo sul mento. Orribile l'utilizzo del cucchiaio o, peggio ancora, del coltello per tagliarli! Spumante. Quello secco non si serve mai a fine pasto insieme ai dolci. Se volete mostrarvi esperto di vino, dite «metodo classico», oggi lo spumante si chiama così. «Bollicine» pare sia superato, ma rende l'idea. Quando si stappa tenete la mano destra sopra l'imboccatura della bottiglia per evitare che il tappo colpisca qualcuno nella stanza e soprattutto cercate di essere silenziosi. Starnuto. L'ideale sarebbe reprimerlo, soffocarlo, ucciderlo, specialmente durante cerimonie e pranzi formali. Quando vi accorgete che lo starnuto sta arrivando, conviene alzarsi e procurarsi un fazzoletto pulito. Se proprio dovete restare seduti, voltate il viso all'esterno del tavolo e starnutite dentro il fazzoletto, badando di fare meno rumore possibile. In Giappone è considerato ripugnante starnutire a tavola. Stuzzicadenti. Come tutte le operazioni riguardanti il proprio corpo, stuzzicarsi i denti a tavola non è ammesso. In realtà i ristoratori dovrebbero mettere il contenitore degli stuzzicadenti in bagno. Se il fastidio è insopportabile, alzatevi dal tavolo. Sushi. Se non sapete usare le bacchette, non pasticciate inutilmente. Usate le mani, che è consentito, oppure chiedete una forchetta. Ogni pezzo di sushi va intinto nella soia dalla parte del pesce, mai dal riso. Le bacchette si appoggiano all'apposito utensile che assomiglia a un poggiaposate, e quando avete finito si mettono allineate sulla ciotola che contiene la salsa di soia. Al sushi bar, se sedete al bancone, non date soldi al maestro sushi presi dall'entusiasmo: non può toccarli. Tavola. Sulla tavola non si appoggia nessun oggetto, niente chiavi, occhiali, portafogli o telefoni. Tè. Si beve sorseggiando dalla tazza senza sollevare il mignolo, per carità. Non vi si inzuppano dolci o tartine, ma si alternano piccoli bocconi e sorsi di bevanda. La padrona di casa che invita per il tè predispone zucchero, latte e fettine di limone, qualche biscotto ed esorta gli ospiti a servirsi da soli dopo aver versato il tè nelle tazze. Toilette. Non c'è bisogno di annunciarlo rumorosamente, se si vuole andare in bagno ci si alza con un semplice «Scusate». Alle signore consiglio di non abbandonare per ore il proprio cavaliere ad aspettare al tavolo. Torta. Si mangia con l'apposita forchetta a tre punte. Tovaglia. La tovaglia, di qualsiasi colore sia, dovrà essere stirata alla perfezione e questo va fatto una volta che viene stesa sulla tavola, sopra un «mollettone», così si chiama il telo morbido di protezione alla superficie del tavolo. Scegliete tessuti naturali in colori contrastanti con i piatti la cui base, sarò tradizionalista, deve essere rigorosamente bianca. Tovagliolo. Solitamente piegato e posato sopra il piatto o il sottopiatto va a destra, ma si può semplicemente piegare a triangolo e adagiare sul piatto. Evitate piegature fantasiose e laboriose. All'inizio del pasto va steso sulle ginocchia, sempre dopo la padrona di casa o, al ristorante, dopo la persona che ha invitato. Non va mai legato al collo. Si usa prima di bere, sempre, e dopo aver appoggiato il bicchiere. Alla fine del pasto si lascia alla sinistra del piatto. In alcuni ristoranti di alto livello, prima del servizio del dolce, il tovagliolo viene cambiato con uno più piccolo. È un atto di grande cortesia. Signore, cercate di non lasciare vistose impronte di rossetto, signori non usatelo per detergervi il sudore dalla fronte. Ubriachezza. Può succedere che un ospite esageri con l'alcol: che fare? Un bravo anfitrione cerca di arginare come può la serata, ma di certo non lo abbandona fuori dalla porta a fine cena. Si preoccupa di accompagnarlo a casa e di assicurarsi che stia bene. Uomo. Uomini, ricordate! Basterà un gesto come aprirle la portiera o alzarsi nel momento in cui lei lascia il tavolo per farsi ricordare a lungo. Insomma, vi verrà perdonato anche qualche sbaglio, se saprete usare qualche galanteria al momento giusto. L'uomo entra per primo in un locale, comunica con i camerieri, versa da bere, si dimostra più interessato alla compagnia che al cibo, conversa e dovrebbe pagare il conto. Uova. Non si usa mai il coltello, in qualsiasi modo siano cucinate. Lo si può usare solo per tagliare il prosciutto o la pancetta che le accompagna. Uva. Va tenuta con la mano sinistra, mentre con la destra si staccano gli acini che andranno alla bocca. Verdure. Non si tagliano mai con il coltello. Vino. Non si versa mai sino al collo del bicchiere. Si stappa sempre davanti agli ospiti, e così pretendete al ristorante. Si fa scegliere alla signora e se questa si rifiuta si prende l'iniziativa chiedendo almeno «bianco o rosso». Chi invita, sia a casa sia al ristorante, propone i vini e chiede se gli invitati sono d'accordo. Il vino non si mescola con l'acqua e non deve essere raffreddato con il ghiaccio. Si lascia in un secchiello di qualsiasi materiale, possibilmente su un tavolino a parte. Zotico. È l'epiteto che si merita chi a tavola pecca di prepotenza e maleducazione. Per neutralizzare lo zotico recidivo è necessaria più fermezza che ironia, la seconda non la coglierebbe. Un seccato richiamo ha più probabilità di venire accolto. Zuppa, zuppiera. Non si soffia sulla minestra o la zuppa. In Inghilterra, il cucchiaio non viene introdotto in bocca di punta, ma appoggiato lateralmente alle labbra. In Italia il cucchiaio viene introdotto in bocca di punta. Ma ciò non vuol dire, beninteso, che lo si debba inghiottire fino al manico. È tollerato che, arrivati agli ultimi cucchiai di minestra, si sollevi appena il piatto inclinandolo verso il centro della tavola. Zuzzurellone. Avete presente quei soggetti che pur essendo adulti si comportano come ragazzini e si divertono a fare i giocherelloni? È il buontempone, il burlone che a tavola gioca con il cibo, estenua i commensali con storielle imbarazzanti, indovinelli, racconti di vita privata e via discorrendo. Basterà ignorarlo senza ridere delle sue battute pesanti per neutralizzarlo.

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Nuovo galateo. Tomo II

195081
Melchiorre Gioia 1 occorrenze
  • 1802
  • Francesco Rossi
  • Napoli
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Dunstan coll'assenso del concilio ordinò agli ecclesiastici di conservare la castità o di abbandonare le loro chiese (Fleury, Hist. Eccl. vol. VIII, pag. 286). (XI secolo). Dal 1003 al 1099 più di 20 concili ricordano la vita sregolata degli ecclesiastici si preti che monaci, la loro coabitazione con più donne ed i loro figli illegittimi. Fleury, svolgendo gli atti del concilio di Pavia del 1020, dice: « Les » actes qui nous en restent, commencent par un » grand discours, où il (le pape) se plaint que » la vie licenceuse du elergé deshonore l'église, » et qu' il dissipent les grandi biens qu'elle a recu » de la liberalité des princes, les employant à entretenir » pubbliquement des femmes et à enrichir » leurs enfans » (Hist. eccles., t. VIII, p.458) « Gli atti che ci restano cominciano da un » gran discorso, in cui il papa si lagna che la vita » licenziosa dei cherici disonori la chiesa, o che sciupano » grandi beni cui ella ricevette dalla liberalità » dei principi, adoperandoli a mantenere pubblicamente » donne, e ad inricchire i loro figliuoli.» Questi disordini indussero i sommi pontefici, gli arcivescovi e vescovi ne' susseguenti secoli a moltiplicare i Seminari, acciò nella forza intellettuale infiancata ed estesa trovasse argine la corruzione che era scaturita dall'ignoranza. La dissolutezza e l'impudenza delle persone potenti giunse al punto in quel secolo, che in Inghilterra molte donne si chiusero in monasteri per sottrarsi alla loro libidine, e presero il velo per salvar l'onore. Cadmer, Hist, t. 3, pag. 57. L'universale corruzione indusse a credere che era vicina la fine del mondo. * Le meretrici che seguivano i re ne' loro campi, ne' loro viaggi nelle loro corti, erano unito in corporazioni regolari, affidate al regime di ufficiali chiamati marescialli delle regie meretrici. Questi uffici avevano annessi de' beni e divenivano titoli di nobiltà ereditaria. * Gilbert Stuard, Tableau des progrés de la société en Europe. t. Il, pag. 92 e 193-194. (XI e XII secolo.) Alla vista d'imminente naufragio partono dal lido navi di soccorso; ai gridi degli assaliti le guardie nazionali corrono alla difesa. Ora ne' secoli di mezzo sorse l'ordine de' cavalieri, che ebbe per iscopo di difendere il sesso debole da' rapitori, come i gendarmi hanno per iscopo di difenderci da' ladri. Tanti cavalieri diffusi per tutti i regni fanno supporre un'aggressione generale e frequente. Il peggio si è che i difensori divennero corruttori; e le donne, o difese, o rapite, o sedotte, furono unite, quasi direi, in celle monastiche dirette da abbadesse, o sia in veri serragli. Fu inventore di quest'uso Guglielmo IX conte di Poitou, valoroso e cortese cavaliere, ma grande ingannatore delle dame, come dice la storia. Historie des Troubadours, t, I. Allorché sulla fine di ciascun secolo, dall'undecimo al decimoquinto i predicatori annunziavano la fine del mondo, le storie ci dicono che si restituivano le robe e le donne altrui. » I possessori de' castelli, dice Saint-Fois, eretti » in ogni parte per trattenere le scorrerie dei » Normanni, diventarono nel seguito un flagello » quasi tanto funesto, quanto lo erano stato quei » pirati. Dalla cima delle loro rocche piombavano » su quanto si mostrava nelle pianure, taglieggiavano » i vincitori, saccomannavano i mercatanti, » rapivano le donne se erano belle: talchè sarebbesi » detto che il brigantaggio, il ratto e lo stupro » erano diventati i diritti del barone... » Le donne e le zitelle non erano più sicure » passando da costo alle abbazie, e i monaci sostenevano » più presto l'assalto che restituire la » preda; se erano troppo pressurati portavano sulla » breccia le reliquie di qualche santo, e quasi sempre » accadeva che gli assalitori, colti da rispetto, si » ritiravano e non ardivano proseguire la loro vendetta » (Ouvres tom. IV, pag. 6o, 6I). » Gettiamo uno sguardo sui costumi del tredicesimo » secolo. Ei fu macchiato da disordini che » si estesero fino ai secoli seguenti. Vedevansi ecclesiastici » aggiungere all' immodestia del vestire » una condotta non meno riprensibile, che frequentavano » le taverne, giostravano ne' tornei, mantenevano » pubblicamente concubine; vedevansi curati » che uscivano colla spada al fianco, che ricoveravano » donne sospette, che esercitavano uffici » nelle giustizie secolari, che prestavano ad » usura ecc. In alcune diocesi il fornicario pagava » ogni anno un quartaio di vino, tassa che non » doveva finire che colla vita. Una volta inscritto » sui registri, bisognava pagare in perpetuo, quantunque » o non si volesse più o non si fosse più » in istato di pagare ». (Idem, ibid., pag. 89). (XIII secolo). Da un lato il numero delle feste era quasi triplo dell'attuale, quindi maggior ozio; dall'altro il sentimento religioso, depravato dall'ignoranza, dalle leggi, dagli usi, non riusciva a reprimere la sfrenatezza de' costumi. I tempi (dal 1096 al 1291) ne' quali tante armate accese di zelo aula andavano a combattere per ricuperare e conservare il santo sepolcro, presentarono lo spettacolo della depravazione più abbominevole, e più universale. I pellegrini e i crociati portarono in Asia i vizi d'Europa, e in Europa quelli dell'Asia. San Luigi, durante la sua pia e memorabile spedizione, non poté colle sue virtù, col sue esempio, colle sue precauzioni impedire la dissolutezza e i disordini che lo circondavano. Egli ebbe il rammarico di vedere i bordelli stabiliti dinanzi alla sua stessa tenda. Joinville, Historie de S. Louis, pag. 32. Più scrittori fanno fede dell'uso tirannico e infame che dava ai feudatari il diritto di dormire la prima notte colle novelle spose vassalle di essi. Questo costume si mantenne in Europa sino al XVII secolo. (XIV secolo). Sotto Carlo il Bello la storia della Guascogna cita l'insurrezione de' bastardi, figli naturali della nobiltà. Il saccheggio e le rapine, lo stupro e il ratto, le frodi ed un coraggio disperato furono le armi con cui que' bastardi tentarono di togliere ai loro fratelli legittimi i castelli paterni. Questa guerra sanguinosa fu si viva ed ostinata, che consumò la prima armata speditavi dal re Carlo. Ne' racconti scherzevoli e ne' romanzi, che sembrano essere stati la principal lettura di chi sapeva leggere nelle età di mezzo, e di chi aveva tempo GIOJA. Galateo. Tom. II. 14 d'ascoltarla, regna uno spirito licenzioso che dimostra una dissolutezza generale nel commercio de' sessi. Questa osservazione, che è stata sovente volte fatta a proposito del Boccaccio e degli altri antichi romanzieri italiani, s'applica ugualmente ai racconti ed ai romanzi francesi si in prosa che in versi, ed a tutte le poesie de' Trovatori. La violazione delle promesse e dei diritti maritali vi è trattata come un privilegio del valore e della bellezza: ed un cavaliere perfetto sembra avere goduto senza ostacoli, ed in virtù d'un consenso generale, degli stessi privilegi a' quali nell'epoca della massima corruzione francese pretendevano i cortigiani di Luigi XV. (XV secolo). Filippo il Buono duca de' Paesi Bassi, il quale nel 1438 institui l'ordine del Toson d'oro ed assunse per patroni la B. Vergine e S. Andrea, volle che ventiquattro fossero i membri o cavalieri del suo ordine, in onore delle sue ventiquattro amanti. Annales des voyages, t. IX, pag. 182 (XV e XVI secolo). Era si estesa la corruzione in questi tempi, che fu proposto da Enrico VIII re d'Inghilterra la pena di morte qual unico freno contro l'adulterio. Allorché nel clero, il quale serve ad altri di scorta e d'esempio, si veggono segni di corruzione, si può a buon dritto conchiudere che maggior corruzione è diffusa nella massa popolare. Ora se prestiamo fede agli storici ecclesiastici, che, avendo a cuore l'onor del clero, avrebbero desiderato di scioglierlo da que' vizi che atteso l'infelicità de' tempi lo screditavano, dobbiamo dire che ne' secoli XV e XVI « il clero, si secolare che regolare, era composto d'individui ignoranti e corrotti, i quali, » trascurando i doveri del loro stato, andavano in » giro con meretrici, e dissipavano le rendite dei » loro beneficai in banchetti ove pubblicamente alla » fornicazione abbandonavansi e all'adulterio» Wilkin, Concil., pag, 573. Sulla porta d'un palazzo appartenente al Cardinale di Wolsey si leggeva: Domus meretricurn domi curdinalis.(Stuart, Tableau des progrès de la sociètè en Europe, t. II, pag. 192-193). Gli storici accertano che il concubinato e la simonia erano delitti comuni, e perciò risonarono sì forte i gridi di riforma negli stessi concili di Costanza e di Basilea. Se crediamo a Clemangis, la corruzione in quegli sgraziati secoli continuava ancora ne' chiostri femminili, giacchè egli accerta che al suo tempo dare il velo ad una giovine era lo stesso che abbandonarla alla prostituzione. - Nissuno ardirebbe fare questo lamento a' tempi nostri. (XVII secolo). Nella vita di S. Carlo Borromeo si scorge a quale depravazione di costumi era giunto il clero secolare e regolare in Lombardia: basterà dire che il santo arcivescovo fu costretto a sopprimere più monasteri di monache, atteso la loro sfrenata scostumatezza. L'ordine religioso degli Umiliati, che si era renduto celebre per la sua condotta scandalosa, mal soffrendo le riforme che andava facendo S. Carlo, suscitò il fratello Farina, acciò con un colpo di fucile, che fortunatamente andò fallito, lo ammazzasse nella cappella arcivescovile. E' noto che l'autore di questo attentato e tre religiosi furono puniti di morte. L'anno 1659 sotto il pontificato d'Alessandro VII fu osservato a Roma che molte giovani spose erano rimaste in breve tempo vedove, e che molti mariti morivano dacchè non piacevano più alle loro donne. Nacquero da ciò più sospetti sopra una società di donne giovani. Garelli, medico di Carlo VI re delle due Sicilie, scrisse verso quel tempo al celebre Hoffmann ciò che segue: » La vostra elegante dissertazione sugli errori » relativi ai veleni ha richiamato alla mia memoria » un certo veleno lento che un infame avvelenatore, » tuttora esistente nelle prigioni di Napoli, » ha adoperato per la distruzione di più di 600 » persone.» Non si può dubitare che l'arte infame di preparare ed amministrare segretamente differenti specie di veleni non sia stata estremamente diffusa verso la metà del XVII secolo a Roma e a Napoli. In Francia, e principalmente a Parigi, ella giunse al più alto grado verso il 1670. Nel 1679 per punire questa specie di delitti fu eretta una corte di giustizia speciale detta chambre de poison, o chambre ardente (camera del veleno o camera ardente). Un certo Exili, italiano, compositore e venditore di veleni, è accusato d'avere fatto perire a Roma più di 150 persone sotto il pontificato d'Innocenzo X (XVII secolo). In Francia, dove diviene oggetto di ridicolo anche ciò che ne è meno suscettibile, il veleno fu chiamato, al tempo d'Exili, poudre de succession. In quel secolo perirono sul rogo due avvelenatrici, la Toffana in Italia, la marchesa di Brinvilliers in Francia. Giusta la testimonianza del celebre Flechier, vescovo di Nimes « ne' bei tempi di Luigi XIV (nel » 1665) furono portate 12,000 accuse per delitti » d'ogni specie davanti ai commissari reali nelle » sessioni chiamate le grands jours d'Auvergne. » Riferendo questo fatto, l'autore osserva che l'accusatore e i testimoni erano talvolta più rei che l'accusato. -» Un de ces terribles chatelains (dic'egli) » entretenait dans des tours, à Pont-du-Chàteau), » douze scélérats dévoués à toutes sortes de crimes, » qu'il appeloit ses douze apoires.» L' abate Ducreux, editore delle opere di Flechier, riporta in quella occasione « l'exécution d' un curé condamné » pour des crimes affreux, et il déplora l'état où » l'ignorance et la corruption des moeurs avoient » fait tomber la societé à cette époque: il y eut » dans un seul jour plus de trente exècutions en » effigie». « Uno di cotesti terribili castellani manteneva » nelle torri a Ponte di Castello dodici scellerati » devoti a ogni specie di delitti, cui chiamava » i suoi dodici apostoli.» -« Il supplizio di un curato condannato per delitti » orribili, e rimpiange lo stato in cui l'ignoranza » e i corrotti costumi avevano degradata la » società a quel tempo. In un solo giorno vi furono » più di trenta esecuzioni in effigie. » * Se fosse vero il principio che la mancanza di felicità conduce alla corruzione, converrebbe dire che i secoli scorsi furono mille volte più corrotti del nostro, giacchè la somma de' mali cui quei secoli soggiacquero, fu infinitamente maggiore dell'attuale, del che parlerò nel capo VIII. *

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Galateo della borghesia

201173
Emilia Nevers 1 occorrenze
  • 1883
  • Torino
  • presso l'Ufficio del Giornale delle donne
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L'arte di abbellir la casa, l'home, era una volta un po' trascurata da noi, bisogna convenirne: la lasciavamo ai tedeschi, agli inglesi, col pretesto che il nostro bel cielo ci invitava fuori all'aperto, che per noi la casa non era un soggiorno, ma un ricovero, e che bisognava abbandonare alle genti del Nord, afflitte da nebbie e geli, la cura di ornare la propria prigione. Questo pregiudizio non esiste più. Dobbiamo confessare che, anche da noi, il gennaio si fa sentire, e che è più aggradevole lavorare al tepore d'una parisiennne che inchiodarsi, ben imbaccuccati, davanti ad un camino che fuma - più aggradevole aver sotto i piedi un impiantito di legno che dei mattoni agghiacciati - riposare su poltroncine soffici che rimaner duri duri sopra dei sedili a spalliera dritta, buoni pei nostri antenati vestitid'acciaio. A poco a poco,anche da noi, italiani, l'antico casone semi-vuoto, con gli affreschi anneriti dal tempo, col suolo umido, le porte mal chiuse, ha ceduto il posto alle linde e ridenti casine moderne (che Dio volesse la speculazione rendesse meno anguste), alle casine dove chi non può pretendere a sfarzo principesco trova però una certa eleganza e tutti quegli agi che son necessari a chi fatica col pensiero, come accade a tanti oggidì. Il primo precetto perchè un'abitazione riesca gradita a tutti quei di casa ed ai visitatori, si è che sia arredata, non con ricchezza, ma con buon senso e con un certo buon gusto. Spesso la pretesa ed il soverchio sfarzo nuociono alla comodità, anzichè accrescerla. Un ricco salotto, per esempio, dove non si entri che per due ore alla settimana, ed una sala da pranzo buia ed angusta sono contrarii alla buona disposizione d'un appartamento. Nelle casine inglesi ed in molte delle tedesche v'ha una stanza speciale che da noi finora non ho veduto che in pochi appartamenti; una stanza, detta in Inghilterra parlour, ed in Germania Wohnzimmer, che non è nè la sala delle visite, nè il salottino della signora, ma ha in pari tempo qualcosa dell'uno e dell'altro, e serve tanto per ricevere gli intimi, come per lavorare, studiare, suonare. Vi si trovano solitamente una libreria,una scrivania, un pianoforte, delle buone poltrone, delle tavole con i giornali, albums, libri,scacchieri, scatole di domino; insomma quanto può occorrere per passar aggradevolmente le ore della sera ed accudir alle occupazioni del giorno. Non occorre che quel parlour sia sfarzoso, basta che sia un po' ridente, e quello scopo si raggiungerà, ornandolo di qualche bella pianta verde,di qualche ricamo, di qualche maiolica artistica. Badisi ad escludere affatto gli ornamenti volgari, le litografie ed oleografie, i fiori artificiali sotto campane di vetro,certi lavori in lane di colori troppo vivi, tutto ciò insomma che ha un carattere dozzinale. Il parlour sia popolato di ritratti di famiglia, di ricordi; abbia qualcosa di raccolto e d'intimo; diventerà così il luogo prediletto, il centro della casa. Non esito a credere che fino ad un certo punto si debbano al parlour le abitudini più casalinghe degli uomini inglesi e tedeschi. L'aver un luogo dove riposare e ciarlare ad agio è un conforto che manca ai signori nelle nostre case, dove spesso non v'ha scelta tra l'incomodità della sala da pranzo, invasa dal canestro del bucato, dai bimbi, e l'etichetta del salotto, dove si teme di sciupare i mobili e di rovesciare le scansie coperte di gingilli. Spesso, venuta notte, si presenta in famiglia questo quesito:Come passare il tempo? Ciarlare? Ma dopo pranzo, per ciarlare, piace star comodamente seduti, e le sale da pranzo alla moda non hanno poltrone. Leggere? Ma i libri sono nello studio del marito, in fondo alla casa, e non s'ha voglia di andarli a pigliare. Suonar il pianoforte? Ma il pianoforte è in sala (vestito di panno verde per soprappiù) e la sala è una ghiacciaia... E così? E così il marito va al circolo, dove troverà una bella sala di lettura tepida, od al caffè, dove c'è un'orchestrina. La moglie sospira, sbadiglia, e si rassegna ad andarsene a letto, oppure esce anche lei: va in casa d'altri a cercare ciò che non ha in casa sua: una buona poltrona, un buon fuoco. Insomma, a farla breve, in molti l'amore alla casa si confonde con l'idea del lusso ed esclude quella della vera comodità. N'ebbi una prova recentemente da due signore che avevano mutato alloggio, e mi facevano vedere con certa compiacenza la nuova abitazione. L'una mi condusse attraverso ad una bella anticamera, una sala da pranzo con mobili di acero e cuoio, una sala di noce d'India e damasco azzurro, un gabinetto tutto oro e felpa, una stanza da letto di damasco giallo, tutto nuovo fiammante e stupendo; ma, in nessun luogo trovai traccia di occupazione manuale ed intellettuale, non vidi un cantuccio dove lavorare e scrivere, un libro, un foglio di musica: sicchè, alla fine, con involontaria ingenuità esclamai: - Ma dove abitate? Ella rimase perplessa. - Ah!... non ho scelto,... non ho deciso... Por ora sto... nello stanzone di guardaroba... Quella signora quindi aveva trasformato il suo appartamento in una specie di teatro, dove rappresentava la signora elegante per poi ritirarsi nelle quinte. L'altra mia amica aveva posto in non cale l'aurea massima di Beniamino Franklin (l'inventore del parafulmine, il tipografo fatto illustre): Ogni occupazione abbia la sua ora, ogni cosa il suo posto, ed aveva creduto di raggiungere il non plus ultra dell'eleganza coll'ammobiliare il suo appartamento in modo ibrido, sicchè non vi fossero stanze a destinazione speciale. V'era una fila di pseudo-salottini, con tavole, librerie, divani da letto, seggiolini e seggioloni,il tutto senza fisionomia, per così dire. -Ma, e dov'è la sala da pranzo? Dove la camera da letto? Dove sta la servitù? Dove vi vestite? chiesi colpita. -Quante sale, eh? rispose ella con orgoglio, che bell' effetto per chi viene in visita! E nello stesso tempo, vedi, si può mangiare dappertutto, dormir dappertutto; il divano della sala da pranzo è per mia sorella, quello dell'anticamera per la fantesca.... -E lavarsi? vestirsi? - Oh! c'è di dietro uno stanzino buio dove stiamo mio marito ed io, e c'è da lavarsi.... In buona fede quella signora credeva d'aver fatto bene e non s'accorgeva di essere accampata e non alloggiata. Ma, direte voi, e quando non c'è spazio davvero? Allora sicuramente bisogna adattarsi, cercando però d'evitare certi crimenlesi contro il buon gusto. Una sposina di mia conoscenza si trovò, per vari motivi, a non poter disporre che di un quartierino di quattro locali - poca cosa eh? E di questi, uno era la cucina, e due erano molto piccoli.Che fece? Prese la stanza più grande per stanza da letto, nell'anticamera pose,per la fantesca, una di quelle brande di ferro le quali chiuse e ricoperte da un tappeto figurano una tavola - poi vi aggiunse una cassapanca dove la cuoca riponeva le sue robe, un cantonale chiuso per appiccarvi i vestiti, il tutto inverniciato color rovere, ed un attaccapanni - sembrava davvero un'antisala, eppure rispondeva perfettamente all' uso di stanza. Nel salottino poi, che era ad un tempo sala da pranzo, sala e parlour, c'era una libreria in cui alloggiavano fraternamente, in un riparto i libri, nell'altro il servizio di porcellana per tavola - un pianoforte, una gran tavola per pranzare, un tavolino da lavoro, una scrivania, tende di yuta scuro, tappeti a disegno antico, piante verdi, specchio a cornice di velluto assortito alle tende, porta-musica ricamato, qualche scansia, qualche seggiola di fantasia, ed ecco che la mia amica aveva una sala presentabile ed in pari tempo un luogo comodo da abitare. Mi riassumo: potendolo si eviti sempre di mettere cassettoni, armadi e letti in anticamera: potendo, si cerchi di dissimularli, grazie all' inventiva dell'industria moderna. Si tenga a mente che, come disposizione, possibilmente, dall'antisala si deve passar nei salotti, dove si mettono canapè, poltrone, seggiole, pianoforti, scansie, mobili di capriccio, poi nelle camere da dormire che esigono oltre al letto, un cassettone, un tavolo da notte, un armadio con specchio, un lavabo; la sala da pranzo non deve essere dietro alle camere da letto, ma vicino ai salotti od all'antisala e non vi si deve mettere che una dozzina o più di seggiole di rovere,od acero e cuoio, una o due credenze, la tavola da pranzo, e, se mai, uno o due canapè, di quelli a forma diritta come panchini ricoperti di velluto: le tinte preferite sono il bruno o il verde scuro. Generalmente avendo bimbi piccoli, convien tenerli in uno stanzone a suolo di legno e pochi mobili sicchè siano liberi di giuocare a loro agio. Ciò che si deve poi tenere per norma si è di non far sotto nessun pretesto una babilonia del parlour o della sala da pranzo.Ognuno si vesta in camera propria; mangi ad ora fissa e su tavola appositamente apparecchiata, e se la signora si occupa di certi lavori molto casalinghi, non li trasporti seco, ma si trattenga in guardaroba od in cucina. Conosco una famiglia di cui, all'inverno, la sala da pranzo sembrava un attendamento di zingari. Stavano lì raccolti in otto o dieci persone a far le cose più diverse e le più strambe. La figlia maggiore vi si pettinava,mettendo in fraterno contatto l'accappatoio coi tovaglioli ed il pettine con le forchette; il figlio vi si faceva la barba; i bimbi studiavano o giuocavano; la mamma e la cameriera vi sciorinavano il bucato, cosicchè non era possibile sedere senza correre pericolo di cadere sull'acqua insaponata o sulla biancheria umida, o - peggio - su qualche rasoio. Nè il disordine regnava solo negli oggetti. L'era una torre di Babele: l'uno studiava la lezione; l'altro suonava il pianoforte; l a mamma faceva la predica or a questo or a quello dei ragazzi, i canarini strillavano, ed il papagallo motteggiava tutti quanti.... Era cosa da inorridire e bastava mettere il piede là dentro per accorgersi di essere da persone - forse ottime - ma certamente digiune di ogni norma di creanza e di ogni finezza. Una casa per bene deve essere sempre linda e ben rigovernata, ed anche dove si lavora e si studia, bisogna industriarsi a mantenere l'ordine, il che non riesce difficile purchè si assegni ad ognuno il suo posticino, ed ognuno si tenga il suo buvard, il suo calamaio, la sua cartella per riporre i libri, il suo canestrino da lavoro coll' aggiunta d'un gran canestro per gli oggetti di biancheria, infine un armadio dove riporre i balocchi dei bimbi. Allora, chi entrerà non capiterà in una baraonda; troverà sempre una seggiola libera e leggerà sul viso di tutti un sorriso sincero di cortesia e non uno sgomento di gente sorpresa in flagrante delitto di disordine. E sebbene costi, un po' di fatica, io concedo, il mantenere quella regola, è fatica grata, poichè ha il suo premio, e nelle buone abitudini che i ragazzi prendono senza sforzo - grazie all' esempio - e nella schietta ammirazione dei visitatori, e nella contentezza del marito, il quale - ecco il punto capitale - si trova bene, così bene a casa sua che non ha mai voglia d'uscirne, che finisce spesso col rinunziare al caffè, al teatro, al circolo, per godersi l'intimità e gli agi del domestico focolare.

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