Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNICT

Risultati per: abbandonano

Numero di risultati: 56 in 2 pagine

  • Pagina 2 di 2

L'angelo in famiglia

182700
Albini Crosta Maddalena 1 occorrenze
  • 1883
  • P. Clerc, Librajo Editore
  • Milano
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Certuni ardiscono farsi beffa della nonna o del nonno, o di entrambi, perchè trascurati, zotici qualche volta nel muoversi e nel vestire, hanno il tabacco sul viso e si abbandonano ad atti che la civiltà non permette; ovvero perchè gli anni e le infermità li hanno resi deformi o difettosi li coprono di ridicolo e perfino talvolta di disprezzo o di scherno! Indegni! indegni! La terribile maledizione da Iddio scagliata contro lo snaturato figlio di Noè che ardì deridere il padre, non vi spaventa, non vi agghiaccia il cuore, non vi riduce a miglior consiglio? Ma Noè ebbe altri due figli, uno dei quali toltosi il mantello coprì il padre e lo difese e lo compensò dell'onta a lui recata dal fratello; quel figlio pietoso fu benedetto da Dio, benedetto fino alla più tarda generazione. Quell'Iddio benedice te pure, mia buona amica, sì, benedice te pure che amorevole, riverente, premurosa ti studii attorniare delle più solerti cure i tuoi avi, e copri di un velo i loro difetti; che, angelo del buon consiglio, con una di quelle arti che non s'insegnano, che non si apprendono altrove se non nel Cuore del nostro Gesù, inspiri loro di evitarli, rendi contenta la loro tarda età, nascondendo loro pietosamente tutto quanto può dar pena, procuri ad essi tutto quanto li può consolare. Sì, su te cade, su te riposa, tutta ti circonda la copiosa benedizione del Dio tre volte santo, e vivi sicura! per quanto il dolore possa venire a trovarti, la tua esistenza non perderà mai la pace, e la gioja e la calma non saranno mai straniere all'anima tua. Ho tutt'ora sott'occhi l'esempio di una famiglia una volta gaudente, prospera, felice, oggi miserabile, sconnessa, turbata. Erano due sposi circondati da tre carissimi figli, sani, intelligenti, affettuosi; gli affari andavano a gonfie vele, e l'industria del meccanico loro fruttava onore e guadagno oltre ogni speranza. Ma vi era una vecchia madre trascurata, sprezzata, alla quale quasi per elemosina si gettava un pezzo di pane ed una scarsa borsa che, se bastava appena a toglierla dall'indigenza, era ben lungi dal toglierla dal suo abbattimento, dall'avvicinarla, e dal comunicarle il benessere e la gioja comune. Io ero allora fanciulla, ed allorchè quella vecchia signora sfogava il suo cuore colla mia mamma, ed io sentiva il racconto delle sue pene, provavo una venerazione per la povera vecchia, ed un'indignazione pei giovani suoi figli, una specie di paura che non avesse a piombare sovra essi un tremendo gastigo. Un giorno la campana dà i mesti tocchi dell'agonia; un altro giorno una povera bara seguíta da pochi è portata al Cimitero; un altro giorno della vecchia si parla da pochi, poi non se ne parla più, non si ricorda nemmeno!... Quella famiglia quasi priva da un onere, continua a vieppiù prosperare, i figli si fanno essi pure un ridente ed agiatissimo stato... ma un giorno di morte repentina muore il capo di casa... un altro dì uno di quegli individui che incorniciati dal credito e dal buon nome pajono lanciati dal demonio nella società per sfasciarla, per annichilarla, quell'individuo fa morire di dolore una figlia, getta quasi nella miseria gli altri due; uno di questi ripristina la propria fortuna, ma a spese della pace e forse dell'onestà: l'altro maledice la madre, la quale se ne rimane così isolata nel mondo, abbandonata, infelice! Il mondo se degna di uno sguardo quelle membra staccate che formavano già un corpo solo, o non le cura o le disprezza; ma chi conosce quella storia oscura, non può a meno di ritornar con amarezza al pensiero una voce fioca ma concitata; una cuffia bianca ed un crine canuto su cui sdegnava posarsi la mano filiale... Buon Dio! perdona, perdona a tutti i loro errori; perdona a quel figlio forse più debole e sventurato che colpevole, perdona le sue colpe. Da quella famiglia dove tu sei sbandito, dove è sbandita fino l'immagine tua, leva i flagelli; ritorna tu colla tua presenza, porta la tua fede, la tua speranza, la tua carità, e quando tu avrai fatto ritorno in quella casa, tornerà il sereno, tornerà la calma, cesseranno le ire, cresceranno i figliuoletti nella tua legge, ed al fuoco delle passioni subentrerà il fuoco dell'amor tuo verace! Ma più frequenti, molto più frequenti io amo credere i casi in cui, non una prosperità fittizia, ma una prosperità vera, è il premio da Dio accordato a coloro i quali devoti al comandamento onorerai il padre e la madre tua venerano i cadenti genitori, o gli avi che la Provvidenza ha loro conservato per moltissimi anni. E se tu hai la grande ventura di avere ancora i tuoi nonni, ricordati di venerarne la canizie, perchè quella canizie riflette qualche cosa della maestà stessa dell'Onnipotente, perchè a quella canizie vanno attaccate le benedizioni del Signore. Te beata, se nel sentiero spinoso della vita avrai il conforto di non aver conturbato i vecchi anni degli avi tuoi! Te beata se, vecchia tu pure un giorno, potrai ricordare con compiacenza e con commozione che un dì sulla tua testa s'è posata una mano tremola e scarna, che una voce conosciuta presso a spegnersi per sempre, ha fatto un ultimo sforzo per benedirti... Oh! quella benedizione Iddio l'ha confermata, la conferma ogni giorno in cielo, e sarà feconda d'ogni bene al tuo corpo e all'anima tua!

Pagina 354

Nuovo galateo

189654
Melchiorre Gioja 1 occorrenze
  • 1802
  • Francesco Rossi
  • Napoli
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Pagina 98

Marina ovvero il galateo della fanciulla

193890
Costantino Rodella 1 occorrenze
  • 2012
  • G. B. Paravia e Comp.
  • Firenze-Milano
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Giovanette, per un istinto di civetteria e per le previdenze delle madri, si tengon lontane dalle grosse fatiche della coltivazione; ma appena maritate, tutto si muta, abbandonano la casa e seguono il marito ne’ campi. Voi le vedete curve sulla terra, come manovali, o cariche di fasci enormi, quasi bestie da soma. V’ha contrade in Francia, non dico già in Africa, dove si aggiocano all’aratro col bue e coll’asino. Quindi la loro pelle s’aggrinza, il loro viso si carbonizza, i loro tratti s’induriscono a scambiarsi per uomini, e poverette cadono in una decrepitezza anticipata più orrida della vecchiaia. Ma in quella che fanno i lavori degli uomini, i lavori delle donne, que’ lavori, rammorbidiscono tutti gli altri, restano sconosciuti e trascurati. Nulla v’ha di più sudicio, di più malsano, che l’interno d’un casolare. Spesso le galline, le anitre, i maiali si disputano l’umido suolo. La porta s’immerge nella melma, le finestre, quando ve n’ha, s’aprono sul letamaio. E tuttavia là in un buco fangoso, come la tana del selvaggio, in mezzo ai grugniti degli animali, e le loro fetide emanazioni, là nulla attrae i loro sguardi; il desco è vuoto, e il focolare spento. Lì infine altri lavori attendono la donna, e prima che possa badare alla cena del marito e alle cure de’ ragazzi,deve pensare al governo della stalla e al pasto delle bestie. " Eppure quale diversità se, lasciati all’uomo i rudi lavori della terra, e limitando i suoi all’interno della casa, la moglie colla sua gentile previdenza avesse tutto ammannito per l’ora del ritorno. La fiamma brillerebbe sotto il caminetto; sul desco ben pulito dalla sua mano, fumerebbe subito la minestra col suo buon pezzo di lardo, e le alte piramidi di castagne o di patate ammezzate e fumanti. La buona massaia non s’offrirebbe al suo marito che in mezzo all’abbondanza e circondata dallo stuolo ridente de’suoi ragazzi. Così una vita dolce e facile dovrebbe essere la vita naturale del contadino. Ma nulla gli somministra l’idea di questa felicità; ignora il bello stare, l’incanto delle carezze, e perfino la potenza dell’amore. I suoi figliuoli gli tremano innanzi, la moglie paventa la vigoria del suo braccio. Nemico, non protettore di queste creature così deboli, non riconosce altra legge che la sua forza. L’ultima ragione del contadino, nel suo tugurio, come ne’ campi, è il peso del suo pugno" " Si dirà che ritrarre la donna dai rozzi lavori della terra, sarebbe un mandar a rovina i campagnoli. Noi risponderemo,noi,che ben lungi dal mandarlo a rovina pensiamo di arricchirlo. Certamente, le occupazioni della casa sono né meno numerose, né meno feconde di quelle campestri; se si richiedono braccia vigorose per maneggiare la zappa, ci vogliono mani sagaci per ricevere il raccolto, per cogliere i frutti, aver cura del bestiame, preparare i latticinii, filar la lana e il lino, e mantenere dappertutto l’ordine e la pulizia. La terra non produce che sotto il vomero che la squarcia; la casa non prospera, dove la donna si dà ai lavori dell’uomo, i lavori donneschi rimangono a farsi, vale a dire, nessuna luce del cuore, nessuna ispirazione morale vengono a mescolarsi alle abitudini della vita materiale, i servi sono senza guida, i mariti senza consiglio, e i ragazzi dimenticati.,, Conchiude lo stesso Martin: " Che la rozzezza e la miseria di quasi tutti gli abitanti della campagna sono un'onta al mondo civile; " Che il miglior mezzo di far cessare questa barbarie sta nel rendere alle donne le occupazioni del loro sesso; " Che rendere alle donne le occupazioni del loro sesso, è, in altri termini, prolungare la loro vita, la loro giovinezza, la loro beltà, è rientrare sotto le leggi umane; stando a quest'osservazione di Buffon, che le donne di campagna invecchiano più presto, e muoiono anco in più gran numero che gli uomini, per i rozzi lavori, onde sono aggravate (1),,. La signora Bianca aggiungeva, che oltre all'oppressione materiale, v'è la degradazione morale che annichila la donna di campagna. Il contadino tiene la moglie come un peso, una seccatura; un mezzaiuolo un dì si doleva come un disperato per la morte d'un bue, e punto punto della morte di sua moglie, avvenuta in pari tempo. In casa son continui rimbrotti e improperii: non un momento di pace, non una parola di amorevolezza. V'ha uomini così brutali che si fan belli presso gli amici di picchiar la moglie, e si credono con ciò di mostrarsi uomini a modo, che san far valere la loro autorità; bell'autorità davvero, bell'onore misurare le forze di un facchino con una creatura delicata e debole; siete la vigliaccheria in persona! E quel che più monta è che ciò succede in faccia ai figliuoli, i quali hanno un bell'esempio innanzi per rispettare la madre! Ricordatevi bene che codeste sono onte, che muovono tutte le fibre (1)Education des mères de famille. del cuore, anche de' piccoli, i quali per la generale vogliono più bene alla madre; perchè è senso di natura tener per l'oppresso; e un dì se ne ricorderanno. Ho inteso io ragazzetti tant'alti dire: lasciatemi venir grande, e poi voglio io far le vendette di mia madre! Ecco il bel cuore che formate ne' vostri figli; e se poi si dànno alle birbonate, se si mettono nella via della galera, non avete che da picchiarvi il petto e gridare: mea culpa! Vi son di quelli che pare abbiano scordato il nome della moglie e de' figliuoli, e li chiamano sempre coi più brutti nomacci che si siano foggiati mai: soma, bestia, asino, sono sempre all'ordine; e accenno solo ai più discreti, i più usati il rossore mi vieta di scriverli: vien qua bestiaccia! che il diavolo ti porti, somaro maledetto! va all'inferno, brutta strega! E le imprecazioni, e i moccoli che attaccano, Dio ne liberi! E poi vi lagnate che i vostri ragazzi parlan male, dicono di brutte parolacce, bestemmiano!Santo cielo, chi gliele ha insegnate le bestemmie, le parolacce? Gli è vero, che anche le donne hanno la loro colpa. Ve n'ha di quelle che non terrebbero la lingua per l'oro del mondo. Son sempre lì, stuzzicano, ripicchiano, raffacciano cento volte la stessa cosa, tormentano sì, che farebbero uscir di pazienza un santo. A volte quando vedono il marito sdegnato, se usassero un po' di prudenza a non rispondere, la burrasca passerebbe liscia; ma andatele a tenere; a una parola ne rispondon dieci; e pare proprio che se le vadano a cercare le busse. Un vizio riprovevolissimo, che la signora Bianca non poteva, comportare era la sordidezza e la sporcizia che qualche volta trovava nelle case de' contadini, e di ciò incolpava in tutto e per tutto le donne. La cucina serve di mondezzaio, de' paiuoli il dentro non si distingue dal fuori, un po' di cibo si fa alla carlona, senza cura di sorta; onde rimane insipido, e tale da far più male che bene; le vedete lì colle mani sucide e nere impastare i tagliatelli, forbire il cucchiaio o il coltello col grembiule unto e bisunto, che manda un tanfo lontano di qua là; i ragazzi con vesti lacere, imbrodolate, malconci i capelli, le mani sporche, colla ruggine sulla faccia da fare pietà, toccano tutto, sciupano ogni cosa. E pensare che l'acqua non costa niente; e che la pulizia non dipende che da un po' di cura e di pazienza; e che un po' di nettezza ridonderebbe a tanto di salute, e di risparmio; chè non si vedrebbero più tutte quelle schifose malattie della pelle, crostole quà e là sul viso e per le mani; e se negli abiti, come si fa uno strappo, subito si rattoppasse, si scanserebbe un vestito nuovo; gli utensili di cucina puliti e lucidi si conservano assai più a lungo, la ruggine li rode e li consuma; le vivande allestite con più cura e con un po' di condimento divengono più nutritive e più gustose, e il corpo se ne avvantaggia con tanto di robustezza; e que' soldi, che si sciupano al lotto, e in nastri, se si spendessero in un po' di carne, non fosse che alla domenica, la complessione si farebbe più salda, e le membra più forti, e quindi più atte alla fatica; giacchè è provato che là dove il nutrimento è più sostanzievole, anche gli uomini sono più intelligenti, più gagliardi, e più operosi. Onde quel che più si spende in vitto, si guadagna in lavoro, e si risparmia in malattie. A ciò devono badare le donne di campagna, dalle quali si deve ripetere tutto il miglioramento della famiglia. E le superstizioni, e i pregiudizi, e gli errori, e il così faceva mia nonna, sono proverbiali nelle campagne. Marina diceva, che in nessuna classe sociale si trova tanta cocciutaggine, come ne' contadini. Avete un bell'ammaestrarli sui nuovi trovati della scienza, sulle migliorie nell'agricoltura, nell'orticoltura, nell'allevamento delle bestie, nella cura de' bambini, ma sì, è un predicar al vento, il sistema della nonna è sempre il migliore. Eppure vedete contraddizione singolare, dove trovate tanta credulità, come nelle campagne? V'è da notare ciò, che i contadini non prestano fede agli studiosi, ai dotti, quasi temano il malefizio; ma se una cosa vien detta da un tanghero zoccolato, oh allora la tengono come parola di vangelo! Guardateli nelle malattie; il medico prescriverà il tal farmaco, una persona di studio suggerirà di far così, piuttosto che così, e le contadine faranno sempre il viso dell'incredulo; passa una sucida donnaccia, che non saprà fare un o coll'imbuto, ordina un empiastro della malora, che avrà appreso dal cerretano sulla piazza, ed eccoti subito alla prova, e tengono il male bello e sparito. Già la ragione di tutto questo è nell'ignoranza, la quale fa sì che si creda negli sciocchi, e si insospettisca di chi sa. Le quali ubbie, pregiudizii, e credulità non si potranno levare dalla campagna, finchè la donna non sarà istruita daddovero; perchè è dessa che le alimenta e le moltiplica. Fate la donna illuminata, e che le metta in ridicolo, e l'uomo si vergognerà di conservarle. Così ragionava la signora Bianca, la quale era tutta in promuovere l'istruzione femminile in quel villaggio; dove aveva impiantato un asilo infantile, una scuola per gli adulti; e per ultimo aveva istituito di suo una biblioteca circolante di libri semplici e educativi, riguardanti l'igiene, l'agricoltura, la storia e geografia; e li mandava essa stessa alla lettura per le case. Il che riuscì di un profitto incredibile; perchè in pochi anni si vide quel paese mutato di faccia; pareva tutto un giardino; non un lembo incolto, e ogni terra aveva quella coltura che più le s'addiceva; le casette si alzavano pulite e bianche in mezzo al verde delle viti e delle piante; i letamai non erano innanzi alla porta o sotto le finestre; ma in scavi dietro le case a mezzanotte; le camere aerate ed esposte a levante o a mezzodì; nel paese poi le contrade pulite e ben ciottolate; guai a chi gettasse le immondezze o le spazzature dalle finestre nelle vie. Le donne cortesi accudivano alle faccenduole di casa, mandavano i ragazzi ravviati alla scuola, se li conducevano alla chiesa con sè, facendoseli inginocchiare da canto, con i loro libricciuoli aperti, nè li lasciavano correre alle monellerie; ma raccolti e quieti, che era un amore. E fu una bella consolazione un anno, che imperversando il cholera asiatico e portando il terrore e lo sterminio in tutti i paesi del contorno, neppure una vittima fece in quel fortunato paesello!

Pagina 133

Come presentarmi in società

199875
Erminia Vescovi 1 occorrenze
  • 1954
  • Brescia
  • Vannini
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E allora nasce l'imitazione, più a buon mercato, che consente anche a questi di cavarsi la loro voglia, mentre i ricchi abbandonano allora la prima foggia che decade di prezzo «e diviene accessibile anche alle persone quasi povere, le quali perciò vengono messe a parte di piaceri, da cui, per le variazioni della moda, resterebbero escluse». E qui è il punto vulnerabile dal lato morale, perchè la voglia di questi cosidetti piaceri è stimolo troppo frequente, nelle classi umili, a errori d'ogni sorta. Basta guardarsi attorno, ai tempi nostri, per vederlo. Conclude però saggiamente che la moda, presentandosi sotto diverse forme, eccita anche svariate invenzioni, e dà stimolo a intelletti che forse resterebbero inattivi. E aggiunge che non è vero che la moda sia causa di corruzione, anzi afferma che le epoche più corrotte sono anche le più rozze. Discuter su questo, sarebbe veramente uscir dal limite del nostro argomento. Basti quanto s'è detto qui, per affermare i diritti di benemerenza della volubile dea. Ma quando essa si fa complice di scostumatezza, quando si oppone alle leggi dell'igiene, allora chi ha senno e decoro si dichiara indipendente dal giogo tirannico. Ora, per esempio, siamo nel regno delle gonnelle corte. E fu una benefica e salutare riforma quella che liberò le signore dal fastidio di reggersi continuamente il lembo e di tornar a casa, ciò nonostante, quasi sempre impolverate e inzaccherate. Ma dalla caviglia si andò sempre più in su, a mostrar gli stinchi e i polpacci, e talvolta si mostrano allegramente le ginocchia. Ciò è esagerato e indecoroso: senza contare che è penoso vedere come troppe donne, sorde agli ammonimenti del decoro, della religione, dell'estetica, del buon senso, siano pronte ad obbedire ciecamente solo alla moda. Lasciamo ora andar l'eterno argomento in quanto riguarda il sesso femminile, e veniamo al sesso maschile. Anche l'uomo serio e ben educato sceglie e adatta opportunamente i suoi vestiti. L'abito a giacchetta, scuro d'inverno, e nell'estate anche a tinte più chiare, è presentemente il più usato nelle ore della mattina e del pomeriggio, per recarsi all'ufficio e per attendere comunque ai propri interessi. Ed è anche quello che si tiene per casa, giacché solo un malato o un vecchio possono indossare fuor di camera la veste da camera o il pigiama che ora tanto è di moda. A pranzo, in famiglia, il vestire maschile sarà press'a poco lo stesso che si usa per fuori; scorrettissimo lo stare in maniche di camicia, compatibile solo in campagna, nei grandi calori, ben inteso. Ai pranzi di lusso o ufficiali è di rigore l'abito nero, marsina o frac, cravatta bianca, guanti chiari, panciotto bianco. Molto si usa adesso anche il tosi detto smoking che è una via di mezzo tra l'abito di gran gala e l'abito di confidenza: si usa però solo nelle riunioni della sera e per i pranzi. In visita ufficiale a una signora, il gentiluomo indosserà l'abito scuro, cravatta assortita al tono del vestito. Ai thè o ricevimenti pomeridiani, si usa press'a poco lo stesso vestiario, adattandolo alla riunione, secondo che è più o meno familiare, più o meno aristocratica. In campagna, nelle gite, l'uomo, specialmente giovane, starà bene col costume sportivo, e potrà anche permettersi abiti un po' singolari, di velluto scuro, di flanella bianca, di stoffe fantasia. Ma non mai a pranzo, nemmeno nell'intimità. Soltanto, se prima di partire per qualche gita si fa una colazione, è lecito che si presenti come richiede la libertà dell'aria aperta e la comodità dell'escursione che si sta per intraprendere. L'uomo che segue tutte le mode, che si adorna effemminatamente, che si profuma e si pettina artificiosamente, che si carica le dita di anelli, dimostra cervello meschino e riesce assai disgustoso. Ma ci sono anche uomini, e talvolta di gran merito, che cadono nell'eccesso opposto. Sono quelli che escono di casa male abbottonati, che buttano il soprabito sulle spalle invece d'infilarlo, che sono nemici mortali dei guanti. E il cappello! Talvolta se lo caccian sino agli occhi, e danno l'impressione del malumore e della scontrosaggine; talvolta se lo lasciano andar sulla nuca, e fanno l'effetto di goffi e sbadati. Se poi lo lascian pendere sull'orecchio, corrono il rischio d'essere, e proprio senza colpa, giudicati per arroganti e pretenziosi. L'ombrello non va tenuto obliquo sotto braccio... Ognuno sa poi quanta importanza abbia la calzatura ai tempi nostri, in cui l'eleganza e la varietà sono diventate una vera mania. Chi ha i mezzi di concedersi scarpine finissime e calze di seta, faccia pure; sarà un complemento necessario, badi almeno che la calzatura sia pulitissima, ben tenuta, e non dia nell'occhio per colori vistosi o singolarità di cattivo gusto. Regole speciali sono prescritte per le vesti da lutto, a seconda del grado di parentela, del paese, delle circostanze. E' vero che ora tali regole par si vadano rilassando, e per motivi che non fanno punto onore al cuore umano: tuttavia, eccole quali sono nell'uso più comunemente osservato. Per le vedove il lutto dura due anni; e il primo anno, o almeno i primi sei mesi, si può portare con velo o crespo. L'abito di semplice lana guarnito di crespo o liscio; il soprabito di panno nero. La pelliccia anche di colore non rompe il lutto. Nel secondo anno si ammette qualche guarnizione sul vestito e si toglie il crespo. Verso la fine dell'anno, comincia ad essere ammessa qualche lieve guarnizione bianca, grigia o violacea, che segna poi il passaggio al così detto mezzo lutto. Allora predomina il grigio con guarnizioni nere, il viola e il lilla, ed è anche ammesso il bianco, ma con qualche accenno al nero. Se però la vedova si rimarita prima, tronca il lutto e veste come le piace. Per i genitori il lutto grave è di sei mesi, indi il mezzo lutto, e così per i suoceri. Per i nonni sei mesi tra lutto grave e mezzo lutto, e così per i fratelli e i cognati; per gli zii quaranta giorni di lutto grave, pei cugini sei settimane di mezzo lutto. Tali sono le regole generalmente osservate nell'alta Italia. Ma nell'Italia meridionale i lutti si prolungano molto più, e quello delle vedove dura spesso tutta la vita. E siccome tali dimostrazioni non sono esteriori soltanto, ma corrispondono a una reale condizione dell'animo, dobbiamo farne la debita stima. Come s'è detto sopra, si tende però ora generalmente ad abbreviare o a sopprimere addirittura il lutto, specialmente per parenti che non vivevano nella stessa città. Dai parenti da cui si eredita, siano essi anche lontanissimi prozii o cugini, è obbligo il lutto. E aggiungo un'avvertenza che veramente dovrebbe suonare umiliazione per chi sente di doversela applicare. Il lutto indica un sacro dolore, un senso di rispetto e di rimpianto per l'estinto. Non profaniamoli dunque con fogge vistose, con mode sconvenienti. Le signore sovraccariche di perle nere, di vezzi cascanti, quelle che fanno ondeggiare il loro velo su una gonna che mostra i polpacci, quelle che al severo emblema del dolore uniscono le scollacciature e le sbracciature, o mal nascondono le carni sotto veli trasparenti, abbiano piuttosto la franchezza di smetterlo, e di non presentare lo spettacolo di una vanità vergognosa, unita all'assenza di sentimento e di decenza. Per gli uomini, il gran lutto è il vestito tutto nero; ma molti ora usano semplicemente il crespo al cappello o al braccio. Non si può dar una regola assoluta, ed è meglio prender norma dalle circostanze.

Pagina 40

Galateo della borghesia

201630
Emilia Nevers 1 occorrenze
  • 1883
  • Torino
  • presso l'Ufficio del Giornale delle donne
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Il pane si rompe, non si taglia: le salse si abbandonano al gatto, nè si fa spugna della midolla di pane: si tien il coltello nella destra, la forchetta nella sinistra, tagliando la carne man mano e non mai sminuzzandola prima come cibo preparato pei polli. - La porzione si prende piccola, in casa privata, perchè se il cibo vi piace sapete di poterne riprendere, se non vi piace evitate così di lasciarlo sul piatto, il che è un'offesa alla padrona di casa. In certi luoghi predomina tuttavia il falso concetto che per mostrare che non si è golosi, bisogna accumulare una catasta sul piatto... e lasciarvela, sciupando il ben di Dio. Ignoro davvero dove si sia pescata sì balzana norma di civiltà. L'ho però veduta a metter in pratica, in casa mia, da due sposini, i quali, dopo aver sequestrate la maggior parte delle cose servite, non le assaggiarono neppure, con affettazione così burlesca che nemmeno il gelato, le torte e le frutta trovarono grazia ai loro occhi. Usciti da casa mia andarono difilato al caffè... dove passando li vidi un'ora dopo mangiare a due palmenti. Era civiltà il loro rifiuto? Era impaccio? Non sapevano come mangiare davanti a gente di soggezione? - Forse: quell'inconveniente tocca spesso a quelli che si abituano, per comodità, a mangiar male. Non si beve a bocca piena: non si mettono pesche, biscotti e zuccaro nel vino: non si tocca il cibo nel piatto comune con la propria forchetta: non si prende una gran porzione, offrendone metà al vicino, ed in genere non si offrono cose che possono dispiacere agli schifiltosi: non si da ad assaggiare roba propria, non si chiede di assaggiare quella di altrui, nè vino, nè bibite. Per quanto possibile si evita di soffiarsi il naso e sputare. Se si è troppo infreddati non si accettano inviti. Le ossa si spolpano col coltello; non si pigliano mai con una mano, men che meno con due, imitando il gesto famigliare delle scimmie. Si mangia con misura per non rimaner intorpiditi come serpenti boa, o non essere costretti, l'uomo a sbottonarsi il gilè, lasciando che ne trabocchi la bedaine, le signore, chiuse nel busto, a soffrir una specie di supplizio del medio evo, diventando violetta e correndo rischio di rimaner basite lì per lì. I ragazzi,che hanno forse meno giudizio ancora degli adulti, non vanno esortati a mangiare: l'ospite renderebbe loro un cattivo servizio e moralmente, facendo eco alla loro gola naturale e, fisicamente, compromettendo il loro stomaco. Non si beverà in modo eccessivo, per evitare..... Qui non occorre dir altro, eh? perchè da Noè in poi gli effetti del vino si conoscono. Le frutta presentano un grave quesito. Non vanno prese in mano che per pelarle, poi si tagliano a fette col coltello e si recano alla bocca colla forchetta: mele, pere, pesche, fichi vanno soggette a quella legge; le noci, in una tavola ben servita, si recano già spezzate; riguardo all'uva, chi segue il sistema igienico di non inghiottirne la buccia (ed è igienico davvero, sapete, care signore!) deve mangiarla... in camera propria. Non c'è che un frutto che mi abbia gravemente preoccupato,senza che potessi sciogliere il quesito. Indovinate: Sono le ciliege. Evidentemente non si può, come nel caso delle pesche, estirparne il nocciuolo con la punta del coltello; non si può nemmeno sputarlo nella mano, come fanno taluni. Vi sono certe forme di pulizia che riescono più disgustose della stessa mancanza di mondezza. E dunque che si farà?... Davvero non lo so e non ho veduto questo caso citato in nessuno dei dieci o dodici galatei che esistono a mia conoscenza. Non vedo modo d'uscire dal perfido dilemma: sputar i nocciuoli... o inghiottirli, un dilemma che somiglia un pochino a quello che Bernabò poneva sul Ponte del Naviglio ai due frati latori della scomunica: O mangiare o bere... Care lettrici, studiatelo voi il quesito, e se scoprite altra soluzione - mi raccomando - comunicatemela. Portar in tavola quei certi bicchieri a sottocoppa in cui si risciacquava la bocca anni fa, è usanza tanto vieta che è il caso di ridere di chi la mette in pratica piuttosto che degli ingenui, i quali, vedendo quell'acqua fumante sparsa di buccie dorate di limone...... la recano alle labbra. Si costuma però in certe case recar delle coppe di cristallo piene d'acqua profumata dove il commensale intinge le dita. Intascar frutta o dolci... pei bimbi che sono a casa, è una sconvenienza. Però l'anfitrione può senza ledere la creanza, quando si tratti di parenti od intimi, dare all'ospite qualche confetto in belle carte colorate o dorate da portare alla sua famigliuola. Nei conviti di nozze quei dolci si danno sempre, mettendoli in appositi e ricchi sacchetti. È formola vieta il chieder dopo pranzo al vicino se ha pranzato bene. Più vieto ancora il congratularsi seco stessi del buon pranzo con ingenue esclamazioni: - Ah! che scorpacciata! Come ho mangiato bene! Son sazio fino agli occhi! - senza contar le terribili espressioni: - Grazie, sono stufo; son obeso, non ne posso più... Come qualificare poi le persone che, sia da un ospite, sia all'albergo, s'incoraggiano a vicenda a mangiare più del bisogno con le frasi: - Non costa nulla, - oppure: - Dal momento che si paga a pasto!... - Esistono simili persone? direte voi. Eh! altro, care signore! esistono. E sono spesso persone facoltose, gente che se ne tiene e mangia tartufi e guarda d'alto in basso l'uomo cortese... che per mediocre fortuna è costretto a mangiar male!

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Mitchell, Margaret

221261
Via col vento 1 occorrenze
  • 1939
  • A. Mondadori
  • Milano
  • Paraletteratura - Romanzi
  • UNICT
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Gli yankees stanno per arrivare e le truppe abbandonano la città. Non so che cosa faranno dei feriti. Non vi sono piú treni. La linea di Macon è in mano loro... Ma tenterò. Correte a casa adesso. Del resto, non ci vuol molto a raccogliere un bambino. Tagliate il cordone... Si voltò perché un sergente era venuto a parlargli, e ricominciò a dare ordini indicando questo e quel ferito. L'uomo che era ai suoi piedi guardò Rossella con compassione. Ella si volse altrove: il dottore l'aveva dimenticata. Si fece nuovamente strada in mezzo ai feriti e tornò alla Via dell'Albero di Pesco. Il dottore non veniva. Doveva cavarsela da sola. Meno male che Prissy se ne intendeva... Le doleva il capo e sentiva che il corpetto dell'abito le si incollava alla pelle per il sudore. Le gambe sembrava che non volessero piú portarla, e la strada le parve interminabile. Ma il ritornello «arrivano gli yankees!» ricominciò ad ossessionarla. Il cuore riprese a batterle con furia e le gambe ritrovarono un po' di forza. Attraversò nuovamente la folla ai Cinque Punti, tanto densa che non si poteva camminare sui marciapiedi. Passavano lunghe file di soldati coperti di polvere, disfatti dalla stanchezza. Sembravano migliaia, sudici, con la barba lunga, i fucili appesi alle spalle. Dietro a loro erano i carri d'artiglieria; i conducenti frustavano le mule macilente con rozzi staffili di pelle. Non aveva mai visto tanti soldati insieme. Ritirata! Ritirata! La soldatesca la respinse contro il marciapiedi affollato, ed ella sentí un acre odore di whisky di grano. Nella calca presso Via Decatur erano donne in abiti vistosi, i cui volti dipinti davano una nota di festa stranamente discordante. In gran parte erano ubriache, e i soldati a cui davano braccio erano piú ubriachi di loro. Ella scorse fuggevolmente una massa di riccioli rossi e vide Bella Wading; udí il suo riso stridente e avvinazzato, mentre si aggrappava a un soldato mutilato di un braccio che barcollava. Dopo avere oltrepassato i Cinque Punti, trovò la folla meno densa; raccolse allora le gonne e riprese a correre. Dinanzi alla Chiesa wesleyana si fermò: ansimava, aveva un tremendo mal di stomaco e il busto troppo stretto le segava la vita. Piombò sui gradini della chiesa e si nascose il capo fra le mani, cercando di respirare profondamente. Non aveva mai dovuto agire di sua iniziativa, in tutta la vita. Vi era sempre stato qualcuno che aveva fatto le cose per lei, che l'aveva aiutata e protetta. Le sembrava impossibile di trovarsi cosí sola, senza un vicino, senza un amico. Aveva sempre avuto amici, conoscenti e schiavi volenterosi. E in quest'ora di necessità, nessuno. Era completamente sola, atterrita, lontana da casa sua. La sua casa! Se almeno fosse laggiú, a Tara... Anche con gli yankees. Anche se Elena era ammalata. Anelava al dolce viso di Elena, alle forti braccia di Mammy attorno al suo corpo. Si alzò a fatica e riprese a camminare. Giungendo in vista della casa scorse Wade che usciva dal cancello per correrle incontro, e che, vedendola, cominciò a frignare mostrandole un ditino scorticato. - Bibi! - gridava. - Fatto bibi! - Zitto! Zitto! Altrimenti ti batto. Vai nel cortile dietro alla casa a giocare. E non ti muovere. - Wade ha fame... - piagnucolò il bimbo ficcandosi in bocca il dito ferito. - Non me n'importa. Vai nel cortile e... Guardò in alto e vide Prissy alla finestra, con lo sguardo e la preoccupazione dipinti sul viso. Rossella le accennò di scendere ed entrò in casa. Che bel fresco in anticamera! Si sciolse i nastri del cappello e lo gettò sulla tavola, passandosi il braccio sulla fronte madida di sudore. Prissy scese i gradini a tre per volta. - Essere venuto dottore? - No. Non viene. - Dio, miss Rossella! Miss Melania star male. - Il dottore non può venire. Siamo sole. Bisogna che tu prenda il bambino; io ti aiuterò. Prissy spalancò la bocca agitando la lingua senza riuscire a spiccicar parola. Guardò Rossella di sbieco, agitò i piedi, inquieta, Si contorse tutta. - Non fare la sciocca! - gridò Rossella infuriata da quell'espressione idiota. - Che c'è adesso? Prissy indietreggiò verso la scala. - Per carità, miss Rossella... - I suoi occhi erano pieni di vergogna e di spavento. - Ebbene? - Per carità... Bisogna avere dottore. Io... io... miss Rossella, io non saper niente di nascite di bambini. Mamma non aver mai voluto che io stare presente quando partorivano. Rossella si sentí mancare il respiro in un brivido di orrore, prima di essere invasa dall'ira. Prissy tentò di prender la fuga, ma Rossella l'afferrò. - Brutta negra bugiarda... che vuoi dire? Mi hai detto che sapevi tutto quello che bisogna fare... Qual è la verità? Parla! - La scrollò furiosamente. - Aver detto bugia! Non sapere come aver mentito... Io aver visto solo un bambino, dopo essere nato, perché Mamma avermi mandata via per non farmi guardare. Rossella la fissò; Prissy indietreggiò nuovamente. Per un attimo la mente della giovine donna si rifiutò ad accogliere la verità; ma quando comprese che Prissy non ne sapeva di ostetricia piú di quanto ne sapesse lei, si sentí infiammare dalla collera. Non aveva mai battuto uno schiavo in tutta la sua vita; ma ora percosse quella guancia nera con tutta la forza del suo braccio stanco. Prissy urlò, piú per paura che per dolore e cominciò ad agitarsi per liberarsi dalla stretta di Rossella. Mentre quella gridava, il gemito al secondo piano cessò e la voce di Melania, debole e tremante, chiamò: - Sei tu, Rossella? Vieni, ti prego! Rossella lasciò il braccio di Prissy, la quale cadde a terra piagnucolando, e per un attimo rimase immobile, ascoltando il gemito che era ricominciato. Ebbe l'impressione di sentirsi schiacciare da un giogo; un peso che le gravava sulla nuca e che avrebbe sentito piú greve appena avesse mosso un passo. Cercò di ricordarsi tutto quello che Elena e Mammy avevano fatto per lei quando era nato Wade; ma quasi tutto si perdeva in una nebbia confusa. Comunque, ricordando qualche cosa, parlò rapidamente e con autorità a Prissy. - Accendi il fuoco e metti a bollire dell'acqua nella caldaia. E porta su tutti gli asciugamani che trovi e quella balla di cotone. Portami anche le forbici. Non venirmi a dire che non le trovi. Cercale e portamele. Svelta. Rimise in piedi Prissy e la mandò in cucina con una spinta. Poi si irrigidí e cominciò a salire le scale. Sarebbe difficile dire a Melania che solo lei e Prissy avrebbero dovuto aiutare il bimbo a venire al mondo.

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