USI,COSTUMI E PREGIUDIZI DEL POPOLO DI ROMA
Ora del tutto scomparso. Ecco il suo grido: — Le cerase marinee!
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I giocatori (due, quattro, sei) fanno il tocco. Il preferito dalla sorte batte il suo bottone, o il suo soldo, contro il muro, il quale soldo, di
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È per lo più abruzzese. Egli canticchia nel suo dialetto e con voce monotona: — Campobasse, cortelle, signorine!
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Va attorno nelle ore stesse del suo collega l’acquavitaio, e su per giù, con lo stesso tono di voce, dice: — Caffè, per un soldo!
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Si trascina dietro un piccolo carrozzino sul quale sono riposti gli utensili del suo mestiere, e grida con voce lamentosa: — Chi ccià ttigami
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Si mostra per lo più d’inverno, nelle ore pomeridiane. Come il suo collega l’ovaro, entra in tutte le bettole ed offre la sua merce al grido di
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M’ariccontava mi’ nonna (bbenedetta sia!) che a ttempo suo, tanto le zitelle che vvoleveno trovà’ mmarito, tanto le donne maritate che vvoleveno fa
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serratura, una spranga, una chiave, ecc.; e fa di tutto per poter riuscire nel suo intento; quindi adopra l’astuzia, l’agilità, tutto, per insidiare un
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Nella stagione primaverile, ancora fino a pochi anni fa, il capraio, con il suo gregge, si partiva, nella notte, da parecchie miglia lontano, per
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Vendeva nelle prime ore della mattina, e vende tuttora, carne di carogna per i gatti. Egli non ha bisogno di gridare. Ad un suo sibilo (che in Roma
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gettare il picchio per fare svolgere la sparacina. Si fa la conta. Il sorteggiato è obbligato a posare il suo picchio in terra. Allora ciascuno degli
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chi si fece conoscere, altrimenti segue il suo giro". Così lo descrive il Belli nella nota 1 del sonetto: Er contratempo dell’11 ottobre 1830.
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? — Pijatevelo da voi — gli risponde il finto venditore, e gli esibisce il di dietro del suo carico, che il compratore solletica e pizzica fingendo di prendersi
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giuoco consistono in questa alternativa. Così lo descrive il Belli nel suo magnifico sonetto Er giôco der Maróncino, del 22 agosto 1830.
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: Nu’ stanzia pila in berta. Un vetturino o cocchiere, per dire a un suo collega che ha più debiti che crediti, dirà: So’ più lladri che sbirri. Un
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uno dei due uovi si rompe, quello rotto diviene proprietà di colui al quale è rimasto sano il suo uovo. Il Belli, in una nota del sonetto: Er
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10: — Perchè, 10? Ve sarete sbajato; saranno state 7, ecc. Insomma: chi non risponde subito al nominare che si fa del suo numero, è costretto a
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per le campagne che poi seppelliva nel suo Oratorio. I due confratelli incaricati di ricevere all’ingresso dell’Oratorio le elemosine dei visitatori
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cerchietto nero. Allora, a cchi pprème la salute, la prima cosa che ddeve fa’, appéna nun se sènte sicónno er sòlito suo, è dde pijasse un bon
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tira appresso il suo soldo. Destinato il posto da cui ciascuno scaglierà la sua moneta vicino al ciottolo, si fa l’ordine di successione al tirare. L
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uno dei suoi colleghi, questo è obbligato a prendere il suo posto; e così via via.
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acchiappare uno dei compagni prima che sia giunto dalla mamma, questo è obbligato a mettersi al suo posto; se no, si deve rimettere in ginocchio egli
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nascondere. Allora il paziente si alza, e se riesce a scovare e indovinare colui che lo ha colpito, questo prende il suo posto per ricominciare il
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paziente non riesce a indovinare il numero delle dita, resta sotto. Indovinatolo, cambia posto col suo contrario.
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sta’ ppuro certo che si stava a’ lletto s’arza e se ne pô ppuro annà’ p’er vantaggio suo.
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’st’antra passeggiata la pezzòla A cchi nu’ la lascerà Sotto sotto ciannerà" e lascia il suo fazzoletto sulla schiena del compagno che sta sotto. Cosa
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e rispettato. M’ariccontava la bbôn’anima de mi’ padre che a ttempo suo, abbastava d’attaccasse a la tonica d’un frate che ppassava pe’ strada, pe
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numero delle dita distese, come il suo camerata e con la stessa prestezza. Questa forzata precipitazione, l’estrema attenzione che esige per non
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la camicia, e un antro bburino s’annava a mette ar posto suo, intanto ch’er barbiere strillava: — Sótto a cchi ttócca!
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’spodica de tutto er suo. Padre Funtanarosa che tte fa? V’a ttrova quer signore e ttanto fa, ddice e lo tormenta, perchè ner testamento s’era aricordato
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la quale non rimediasse il suo padiglioncino".
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, credendosi sicura del fatto suo, manda il figlio rimastole a fare una spesa, a comperare, p. es., un soldo de ricotta. Non appena il diavolo si avvede
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, la pulizzìa! egli è in facoltà di pulire il terreno; col patto però che il suo rivale, non gridi prima di lui: Fôco, la pulizzìa! Se per caso la
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specie? Tutta la carne bbôna, còcca mia, quann’ha ffatto l’obbrigo suo, s’aritira. Presempio, entra un’antra, e je domanna: — Ciai pormóne? — Pormóne
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surrogate. Il Mainzer, nel suo soggiorno in Roma, raccolse e pubblicò alcune nenie udite per le strade; così il Kastner, il quale nel suo pregiato studio
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, che ppoi, in de la ggiornata der giorno appresso, ogni avventore nun amancava mai d’annasse a ffa’ restituvì quello suo.
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rasore. Se n’aricconteno tanti de fatti e dde satire sur conto suo che cce vorebbe un libbro. Basterebbe questa sola. Purcinella domannava a Rugantino
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che nun è esso; ovvero: Lassatelo qui che è esso, secondoché il reclamo era bene o male applicato. Nel primo caso, il povero deluso ritorna al suo
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tutte le carozze, e la sua nun se vedeva. Finarmente er su’ cucchiere, ch’era ito a bbeve, se presentò ccome si nun fussi stato fatto suo. Er
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raggiungere e picchiare, senza diritto di poter reagire. La corsa dura fino a che la mamma a suo piacere non grida: Morè mmorè! Allora i giocatori si
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basilica di San Paolo, vi diceva la messa e partendo rivelava il suo nome!... Ricorda poi l’aurora boreale del 1870 sulla quale si ricamarono dal popolo
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stato fatto suo, e ppòi sseguitò la recita. Bbisogna sapè’ cche ssott’er Papa, a Ssan Micchele, c’ereno carcerate le conocchie. Un’antra sera, in un