USI,COSTUMI E PREGIUDIZI DEL POPOLO DI ROMA
La prima notte de lo sposalizzio, quanno li spósi vanno a lletto, er primo de loro dua che smorza e’ llume, quello môre prima. Se dice anche che
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Ho conosciuto una strega che sse tieneva sempre un galletto vivo in saccoccia. Quanno lo cacciava fora e je diceva: "Cresci", quello diventava
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de la novena, la notte, quello che la fa, se la deve passà’ ppe’ le scale de casa; poi quanno sôna mezzanotte, se deve affaccià’ ar portone, e su
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bbianco, arimanete zzitella; quello cor filo rosso che vve maritate; e quello cor filo nero che vve morite drento l’anno.
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Quanno s’ordina a un lavorante un lavoro d’un oggetto quarsiasi, e ’sto lavorante in de llavorà’ ’st’oggetto ce se fa mmale, è ssegno che quello che
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Appricate sopre ar pedicèllo o ar bóbbóne un impiastrino de marva, ortica, palatana, e mollica de pane, e quello ve sbura subbito. Oppuro appricàtece
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sedere quello che dalla sorte fu condannato a star per primo in berlina. Il capo-giuoco va attorno al circolo, e, ad uno ad uno, domanda a tutti perchè
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. Da noi s’ausa de tirà’ l’orecchie de quello che è la festa, per aguraje vita lónga; perchè a Roma credemo che cchi ccià l’orecchie lónghe campa assai.
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, Tota la lavannara me strillò, ddice: — Lasselo; ché quello è ’na fattura! Dice che infinenta che ttutte quelle spille nun se so’ cconsumate, hanno da
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I giocatori, disposti in fila uno dietro l’altro, a una certa distanza, s’incurvano alquanto, appoggiando le mani sulle ginocchia; meno quello che
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corda. Er tabbacco de ritorno sarebbe quello che li frati ràschieno da li fazzoletti da naso, doppo d’avelli messi ’asciuttà’ ar sole; e er tabbacco
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Questo giuoco si fa bendando una persona, la quale deve, in quello stato, avanzarsi verso il posto dove prima le si era mostrata in terra una
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I giocatori si pongono ciascuno ad uno spigolo di muro, o ad un cantone o altro. Quello cui è andata la conta si pianta nel mezzo. I giocatori di
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Ecco quello che ss’ha dda fà’. Er primo pidocchio che je s’acchiappa su la testina, si la cratura è ffemmina, je se deve acciaccà’ su la padèlla; si
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ereno sempre in dua: quello ppiù vvecchio sonava la zampogna; e quello ppiù ggiovine la bbifera. ’Gni sonata poi l’intramezzaveno co’ ’na canzona
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, de quéllo de la chiavétta!). E sse ne bbeve mezza fojetta la mmatina, mezza a mmezzoggiorno, e mmezza la sera; insinenta a ttanto che uno nun sii
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ad un asse trasversale, o ad un bastone sul quale si siede una o più persone; e mentre quello seduto oscilla, un altro spinge la canoffièna
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S’incomincia cor beve la mmatina, a ddiggiuno, un deto d’acéto, ma da quello bbôno; poi a mmano a mmano, invece d’un déto, du’ déta, poi mèzzo
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Deprofùnnise, Avemmarie, e co’ l’ariccommannasse a li tre Remmaggi Gaspero, Bardassare e Mmarchionne. E dde tutto quello che sse vedeva e sse sentiva
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’ subbito, è quello de cucì’ ll’occhio. O ppe’ ccapisse mejo, de fa infinta de cucillo; perchè sse deve pijà’ ll’ago infilato e ffa’ infinta come si uno se
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li vegga, da una mano all’altra, presenta al compagno i due pugni chiusi chiedendogli — A la mano de Papà; indove stanno, o qui o qua? Se quello
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. Lì ssotto a quell’archi, appena sôna mezzanotte, de tutto quello che sse vede e cche sse sente, come presempio, un cane che abbaja, una ciovetta che
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"Giuoco di società. Una persona bendata va in giro assidendosi, or qua or là, sulle ginocchia di questo o di quello. Proferisce col solo sibilo dei
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del compagno: Bocca tua, e seguita: Qual’è mejo: La mia? O la tua?". Quello dei due a cui si ferma la parola tua si mangia il confetto.
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rimbalzo, va a cadere in terra. Il secondo batte a sua volta; e se il soldo suo va a cadere a una spanna da quello del compagno, vince e se lo prende. Se
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. Quello che mmagnava a pranzo er papa; chi era er cornuto ppiù anziano e quello ppiù ffresco de tutta la nobbirtà romana; quanti cardinali se sarebbeno
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forza. Quello dei facenti parte al giuoco che lancia la rùzzica più lontano, è il vincitore. Poi si ricomincia daccapo.
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Si fa la conta; quello cui va il punto del conto va sotto. Si fa una riga in terra, per indicare il punto dal quale si deve spiccare il salto
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, che quello der Guirinale appetto a llui diventava puzzetta, diventava. ’Sto re, doppo avecce abbitato, in ’sto su’ palazzo, tanto tempo, ce morse
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uno dei due uovi si rompe, quello rotto diviene proprietà di colui al quale è rimasto sano il suo uovo. Il Belli, in una nota del sonetto: Er
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picchio al posto di quello del compagno. Chi non sa prenderlo sulla mano, lo deve trascinare mentre gira con la sua sparacina sino a toccare, o meglio
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portà’ da casa de loro quello che je pareva e ppiaceva. Quanno lavoraveno p’er Guverno, o cche scopaveno le strade de Roma, s’abbuscàveno 20 bbajochi ar
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la Morte, una vorta ciò vvisto er Giudizio universale; a quello der Santa santòrumme, er collèra d’Arbano, quelle che ffece stragge in der 1867. Però
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; infatti, quello ch’è stato mozzicato in der sentì’ li sôni, se mette a bballà’ a bballà’, ffinchè ccade per tera da la stracchezza, s’addorme e
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cortello in saccoccia, co’ la scusa de fasse dà’ un sórdo de pane, lo sfilava da le mano der fornaro, e scappava. Quello che ammazzava aveva sempre
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Sótto: Voi sete er Padrone; oppuro cor dì’ a un giocatore: Posso bbeve? e quello, pe’ ’sta domanna, s’intenne ch’è ffatto Sótto; e ddicenno a un antro
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cche in punta cià ccome un speroncino, e lo tireno forte uno de qua uno de llà. A quello de li du’ scommettitori che j’aresta in mano la parte de la
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quarcuno le va ppe’ ppijà’, loro se metteno a ffugge, e intanto tireno come frezze quele pughe che si ppijeno in faccia quello che je curre appresso, l
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parlò, Quello che era sordo ce sentì, E quello ch’era stroppio camminò(!). E si nun v’abbastasse, ècchev’un antro: Agli amatori delle frittélle. SONETTO
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vostri protennenti addopra in der su’ mestiere, allora, state certa che quer tale, propio lui, sarà quello destinato a sposavve. Si ppe’ ccombinazzione
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stabbilito dar prisidente de la grascia o dda quello de la farina. Er nummero, in granne, lo doveveno tienè’ appiccicato ar muro, in modo che ttutti lo
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Lèna, ’Sto core sta in caténa In caténa incatenato Vé séte accécati?". E quando i fanciulli nascosti hanno risposto sì, la mamma lascia libero quello
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stasse un pélo pe’ ccascaje addosso. Mbè’ ssapete che vvór dì’ tutto quello spavento? È uno scherzo de Bbernini, l’architetto de la fontana, contro
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mijoni drento Castello. Uno de li ponti che ffece arifà’ fu quello chiamato ponte Quattro capi. E lo volete sapè’ ssì pperchè sse chiama accusì? Perchè
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’er Papa ortre ar palazzo Colonna, maledice puro quello der principe Massimi a le Colonnacce. Er perchè nu’ lo so; ma mmentre se dice quarche mmotivo
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’ ggiocatore. A quello che je tocca l’urtimo nummero, ha dritto d’esse Conta e je va ppuro de dritto una bbevuta. Bbevuta che nun è mmisurata; la Conta
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solennizza nella chiesa di Sant’Eusebio in piazza Vittorio Emanuele". Al N. 205, Quello che ssé magna in certe aricorenzie: "Er giorno dé San Filippo
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giocatori. Quello che è re comanda. Egli allora chiama il gatto, e gli impone di trovare il sorcio, dicendo: — Gatto, trova sorcio. Se il gatto non
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a quistionà’ tra dde loro come ttanti mozzorecchi. Quello de ’sti regazzi che risponneva ppiù bbene a le domanne e je la sonava mejo de tutti, era da
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tramente uno stava llì, ssempre preganno, tutto quello che vvedeva e cche ssentiva se lo doveva tienè’ bbene a la mente pe’ ppìjacce li nummeri, ggiocalli