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La viva luce diurna entra dall’arco esterno nell’Oppidum.
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La campagna è ancora immersa nelle tenebre; solo la face dell’Erinni sparge un circuito di luce.
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Simon Mago schiude un poco la cortina e passa nella cella. Non rimane altra luce che quella del cero e del braciere ardente; anche la fiamma dell’ara
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Nerone, a capo chino, eseguisce tutti i comandi di Simon Mago. Simon Mago lo conduce, tenendolo per mano, davanti allo specchio magico. La fioca luce
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La luce, mite ancora e senza raggi, a grado a grado discopre le cose remote, gli edifici sparsi qua e là nel fondo della campagna, gli archi del
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È un sotterraneo del Circo dove si depongono i morti. La luce riflessa d’una torcia che s’avvicina dirada a poco a poco le tenebre, rischiarando a
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rannicchia d’accosto, mezzo prostrata, mezzo seduta; i due corpi si toccano. I loro volti riverberano, fra le tenebre, la livida luce del cero e il
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sparge una luce verdastra e lo colloca ai piedi della gradinata.
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È ancora notte: a poco a poco la luce incerta e grigia che precede l’alba: le campane delle chiese suonano mattutino. Odesi il canto di un pastore