Nanà a Milano
sostituirono dei gabinetti e dei salotti reali, per mezzo delle scene parapettate; alle cascate d'acqua fatte, una volta, di tela d'argento girante sul ròtolo
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innamorata pazzamente di un gran Negro, che l'avrebbe lasciata senza neppur una camicia. Era però vero all'incontro ch'ella s'era incapricciata di un
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crede si debbano dire o si debbano tacere, dalle fanciulle bene educate. Essa - che pur toccava ormai i 18 anni parlava sempre con una verginità di
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La sera dopo al teatro Milanese si dava una rappresentazione mista in dialetto ed in francese. La nascente compagnia ambrosiana lasciava il posto ad
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Filippo Marliani abitava in una camera di venticinque lire al mese in via Solferino. Era una stanza che pareva creata apposta per designare il
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cantati dei couplets e avrebbe fatta una scena a monologo per mostrar al direttore della Compagnia francese, che ella non era un'oca, come pur qualcuno
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non c'era paragone. Al cospetto di Elisa una dolcezza sovrana, una confidenza, una tenerezza priva di desiderî e purissima, una ammirazione della
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Nanà dinanzi la sua bottega, si sentiva pigliare la gola da una specie di stringimento nervoso. Lo confessava ingenuamente ella stessa; e allora non
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era stata con lui più fiera che mai. Uscendo da lei, era stato preso per reazione da una specie di rimorso, da una resipiscenza amorosa per la sua
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arrestava negando, con un sangue freddo e una costanza, che avrebbero fatto onore a Penelope e a Lucrezia romana. - No, Enrico, no - gli diceva
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Nanà e le parlava sottovoce. Essa non lo udiva; pensava al conte. - Mi risponderai una volta? - disse alla fine il giovine molto duramente. Nanà ne fu
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. Egli stava in giardino a potar i suoi fiori, quando il domestico gli annunciò una visita sbarcata poco prima dal vapore. - Sarà quel capo scarico d'un
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suo amore, così bello, era stato spezzato forse per sempre. Nondimeno, di quando in quando, in Elisa ardeva una fiamma intensa di sentimento, che si
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Aldo Rubieri, nel tempo che aveva molti debiti e poche commissioni, abitava fuori di una porta della città. Si era fatto corpisantino, e là nel
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Nell'ottobre del 1866, moriva in Milano di pneumonite il vedovo conte Guglielmo O'Stiary dopo una fiera malattia di cinque giorni. Lasciava un
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