Nanà a Milano
Gli svegliarini critici dei nostri giorni sono tanto scorbellati, che se l'autore d'un libro non ha la precauzione di spiegarsi un poco, su ciò che
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Zola racconta che arrivò un momento in cui la sua posizione a Parigi le divenne insoffribile. Sopraffatta dai fantasmi miserabili e cruenti della sua
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, ne restavano scossi e abbagliati. Perfino Aldo Rubieri, che era pur un artista di vaglia, non approvava sempre certe uscite della Elisa, quantunque
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sostenuta da colonne aggettava in mezzo della parete dicontro al palcoscenico e accoglieva un centinaio di spettatori. Quella sera non ce n'erano più di venti
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carattere e l'ingegno di chi l'abitava. Per quanto preoccupato, per quanto al verde, per quanto disgraziato un uomo di buon gusto, non può vivere in certe
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prestito all'albergatore per servire la tavola. Nanà si riprometteva da quello spettacolo un gran divertimento tutto intimo. S'imaginava che nessuno di
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Lo studio di Enrico era piccino e modesto, un vero studio da dilettante di buon gusto; ma quanta luce e quanta bella roba in esso! Il sole vi entrava
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dalla casa di Nanà con un odio intenso e furibondo. Esecrava cordialmente quella Francese che era tanto più bella di lei. Quand'essa vedeva passare
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Siamo in villa, sul lago di Como. Potevano essere le otto d'un bel giorno di settembre. Il notaio faceva il suo solito sonnetto del dopo pranzo. La
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razza umana. Essa durerà pei secoli dei secoli, e sempre uguale, finchè su questa pallottola abitata ci sarà un seno di femmina, che palpitando rifiuti
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salutare. Quella sera da Nanà c'era un dramma nell'aria. Nanà era sdraiata nel suo seggiolone e guardava spesso alle lancette del pendolo. Erano già le dieci
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pariginaSuonavano le nove e mezza di mattino al campanile del villaggio sul Lario, che sorgeva a un tiro di pistola dalla villa del notaio Martelli
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conservava pur sempre, malgrado tutto, furono rovinati in un punto solo nel di lei cuore. Non le restava più dubbio. Enrico le aveva mentito. Come fosse
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procacciata l'ambíta fama e la invidiata agiatezza. Gli pareva che le vicende della sua vita abbastanza travagliata, gli dovessero sfumar via d'un tratto, se
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Nell'ottobre del 1866, moriva in Milano di pneumonite il vedovo conte Guglielmo O'Stiary dopo una fiera malattia di cinque giorni. Lasciava un
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