Nanà a Milano
suo grido. grido.Dunque, se voi signori, che state per leggere siete di quelli che nei racconti dei fatti contemporanei amano i babau della
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opera di ruina e di morte; trovando che il suo appartamento era divenuto troppo idiota e troppo ristretto in urto col suo impresario, che la voleva
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Garibaldi, nè di Vittor Hugo, del resto si era perfettamente liberi di ragionar di tutto, e d'altre cose ancora. La Elisa era la sola a cui suo padre
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sparsi quà e là al parapetto. Verso le nove e mezzo Nanà fece il suo ingresso in quella loggia accompagnata da un'amica e da un cavaliere. Il sipario
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di bello e di ricco nel suo antico quartierino da scapolo agiato. Il giorno dopo della sera che Filippo rivide Nanà a teatro - era un sabato si trovava
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verranno? - Con me. - Chi saranno? - La Romea, che è libera perchè fu lasciata appunto la settimana scorsa dal suo Tizio; è una donna divisa dal marito
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. Ma che sorta d'amore era il suo? Non amava egli già la sua Elisa? Ahimè! Quella sera che Enrico aveva veduta Nanà, per la prima volta, scender dal
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. - Signor Bonaventuri! - disse Romea col suo sorriso stereotipo. - Beato chi lo può vedere. Come va? - Bene, grazie - rispose secco il Bonaventuri. Poi, al
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Siamo in villa, sul lago di Como. Potevano essere le otto d'un bel giorno di settembre. Il notaio faceva il suo solito sonnetto del dopo pranzo. La
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quando in quando lasciar intravedere al suo amante di quali pazze delizie, di quali frenesie lo avrebbe inebbriato s'egli avesse saputo meritare o
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presso di lei in faccia a Rubieri, a Sappia, a Marliani, a Salis, a Bianconi, che forse sapevano del suo attaccamento per Nanà, e avrebbero indovinato il
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affari. Il suo amico che mi fece l'onore di domandarmi in di lei nome la mano della mia Elisa, le avrà portata la mia risposta. - Ed io sono venuto
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, quella stessa sua verginale indifferenza intorno al motivo sensuale, che allontanava da lei il suo giovine amante, e la stima immensa che essa gli
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assai moderate. Comperò dunque la casetta, e in essa si creò il suo nido dell'arte e della vita. Lo studio, che solo conservò tal quale, era per lui
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milione al suo unico figlio Enrico, di passa vent'anni, col patto espresso nel testamento, ch'egli non potesse andar in possesso assoluto e dispotico della
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