Nanà a Milano
le panzane romantiche "fra il didascalico e il rompiscatole" a situazioni in sospeso, a caratteri tirati a pomice, e a personaggi tirati pe' capegli
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Zola racconta che arrivò un momento in cui la sua posizione a Parigi le divenne insoffribile. Sopraffatta dai fantasmi miserabili e cruenti della sua
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In casa Martelli la conversazione, tanto più se presente don Ignazio, era la cosa più gaia e più spiritosa che si possa imaginare. E, sopratutto
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La sera dopo al teatro Milanese si dava una rappresentazione mista in dialetto ed in francese. La nascente compagnia ambrosiana lasciava il posto ad
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Filippo Marliani abitava in una camera di venticinque lire al mese in via Solferino. Era una stanza che pareva creata apposta per designare il
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, venuta in questa vostra bella Italia per dimorarvi forse a lungo, trovandovi un'aria confacente alla mia salute e al mio appetito, sul punto di
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Lo studio di Enrico era piccino e modesto, un vero studio da dilettante di buon gusto; ma quanta luce e quanta bella roba in esso! Il sole vi entrava
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poteva tenersi dall'uscire in qualche frase molto meno spiritosa dei liquidi che teneva negli scaffali della bottega. Ella, come si sa, rispondeva al poco
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Siamo in villa, sul lago di Como. Potevano essere le otto d'un bel giorno di settembre. Il notaio faceva il suo solito sonnetto del dopo pranzo. La
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ragione che essa dura fin dal primo giorno, in cui la mistica coppia, imaginata dalla Bibbia, sentì il primo palpito, che doveva perpetuar nel mondo la
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Nanà riceveva in casa gli amici ai venerdì; quel giorno era appunto di venerdì, Enrico decise di non lasciarsi vedere. Gli seccava di mostrarsi
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. Egli stava in giardino a potar i suoi fiori, quando il domestico gli annunciò una visita sbarcata poco prima dal vapore. - Sarà quel capo scarico d'un
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conservava pur sempre, malgrado tutto, furono rovinati in un punto solo nel di lei cuore. Non le restava più dubbio. Enrico le aveva mentito. Come fosse
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residenza che non aveva più voluto venir in città, quantunque l'aria assai democratica, che tirava nel sobborgo non fosse quella delle sue convinzioni
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Nell'ottobre del 1866, moriva in Milano di pneumonite il vedovo conte Guglielmo O'Stiary dopo una fiera malattia di cinque giorni. Lasciava un
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