C'era due volte il barone Lamberto
come, — hanno detto, — e noi? — Loro cosa? — ha chiesto Ottavio, faccia di bronzo. — Ma... naturalmente... avremmo voluto rendere omaggio alla salma
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signorina Delfina, questo è il piú bel giorno della mia vita! — E il licenziamento in tronco? — Come non detto! Siete tutti riassunti al lavoro. Anzi
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e in italiano: La Nigoglia va all'insú e la legge la facciamo noi. Mi sembra detto molto bene. Sempre pensare con la propria testa. Si capisce che
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detto»... «il nome vive»... qualcosa del genere, mi pare. — Ho annotato le sue testuali parole, — dice Anselmo, sfogliando il suo taccuino. — Eccole
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torna indietro. Caronte rema più in fretta che mai e, passando, grida anche lui qualcosa. — Cos'ha detto? — Sull'isola non si può sbarcare. Ci sono i
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quando mi hanno detto che nessuno poteva scendere e che dovevo fare marcia indietro? Parlavano italiano. — Bene? — Non sono mica il maestro, per dare i
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lago. Distendeva sull'acqua il suo mantello, ci montava sopra e via, senza vela né motore. — Noi non siamo tanto santi, — hanno detto i due falsi frati
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detto il capo, — lei è nostro prigioniero. — Non ricordo di aver dichiarato la guerra a nessuno, — ha risposto il barone, — e non ricordo di aver perduto
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da un corteo di barche stracolme di cronisti, che fanno domande e prendono appunti: — Cos'hanno detto i banditi? — Ha visto il barone? — Ha visto il
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distrattamente il barone. — Non ci sa fare, — protesta Anselmo, — rovescerà il sale. — Ti ho detto di mandare Ottavio. — Cos'avete da borbottare, voi due
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piani sotterranei? — Non ce l'avevi mica detto, come facevamo a saperlo? — Nel quinto, cioè il piú profondo, il barone tiene, anzi teneva il suo
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