Gli arii (iapetici) fin dalle origini a preferenza di ogni altra razza (adempiendo in sé medesimi la profezia diretta ad Iafet: tu soggiogherai i figli di Cam, e abiterai nelle tende di Sem) dimostrarono e mantennero sempre questa virtù di espansiva signoria, mentre altre razze l'assopirono o perdettero. La convinzione di essere chiamati ad assimilare i popoli nella cultura sorresse gli elleni nella loro compenetrazione nelle circostanti nazioni, e l'orgoglio di aver la missione di reggere il mondo colle armi e con le leggi, guidò i romani ai confini dell'orbe antico. Né i barbari erano sempre tratti dalla fame o da ferocia ad invadere l'impero, ma ancora dal nome fatidico di Roma e dall'ebbrezza di puntare l'asta vendicatrice contro le colonne del foro. Anzi fra gli impulsi di dislocazione un posto preponderante spetta allo spirito di avventura e alla sete di dominazione, che non è soltanto di principi conquistatori da Alessandro, a Cesare, a Tamerlano, ma di popoli interi; ciò che sembra distinguere le razze in dominatrici e servili. Oggi ancora non soltanto calcoli economici fanno degli anglosassoni i colonizzatori per eccellenza, ma il sentimento di una missione civilizzatrice nel mondo (Balbo, Novikow, Kidd).
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