La Letizia, nel chiuder l' uscio della dispensa, non s' era avvista d' aver serrato là dentro il sorcio bigio, entrato dietro a lei per rivedere il posto dove un tempo s' abboccava di nascosto con la sua bianca Lilia. Questo accadeva verso l' ora di colazione; e da quell' ora fino al momento del pranzo, Mimmì, che sentiva freddo, perchè s'era di gennaio, e ormai avea preso gusto a star su' tappeti e su le pelli, pensò bene di mettersi a rodere una forma di gorgonzola, ch' è un cacio de' più morbidi, e lì, in quell'incavo, rincantucciarsi. Non appena, però, udì metter la chiave nella serratura, uscì fuori; e rasentando il muro, scivolò lesto lesto, e tornò in mezzo agli altri. - Dove t' eri messo, Mimmetto saltò su a domandargli la Rita, che si chinò a prenderlo in mano. Ma subito che se lo avvicinò alle labbra per dargli un bacio, lo scostò da sè con un' esclamazione di disgusto. - Puah! Puzzi che appesti, Mimmì! - diss' ella, nauseata dall' odore del formaggio. La contessa, vedendo il sorcio col pelo insudiciato di giallastro e di verdognolo, capì di che si trattava: Mimmì ne aveva fatta una delle sue. Si mise a ridere, e cogliendo anche quell'occasione per am- maestrare i suoi figlioletti, disse con bontà: - Vedete, eh, quanto ci vuole per arrivare a perdere affatto i vizi contratti nei primi anni della vita? - poi soggiunse: - Adesso si lavi almeno a tre saponate, questo sudicione di Mimmì! - Mimmì, benchè mettesse le unghie fuori e mandasse de' piccoli gridi in segno di protesta, dovette sopportar, suo malgrado, le tre insaponature; dopo, lo risciacquarono nell' acqua limpida e profumata con qualche goccia d' essenza di violette: e finalmente, ben rasciugato e tutto incipriato, potè tornare in famiglia. - Non far mai più di queste goffaggini, sai! - gli disse affettuosamente Ragù - perchè io conosco la nostra signora: nulla le dispiace quanto la mancanza di pulizia. Se Nello, ch' è suo figlio, si sporca le dita d' inchiostro, la contessa non gli dà il bacio della buona notte, e lo benedice di lontano, senza nè meno guardarlo. Oh, no, no! Non lo faccio più, lo giuro! - rispose Mimmì, estremamente mortificato. E mantenne il giuramento, perchè quella fu l' ultima azione da topo maleducato ch' egli commettesse. Quando il bell' appartamento dei Sernici fu tutto in ordine, il conte manifestò alla sua signora l'intenzione di preparare un grandioso ricevimento, per festeggiare, quanto meglio era possibile, il ritorno della loro fortuna. - Inviteremo chi vorrai, quando e come vorrai - gli dichiarò, col suo solito garbo gentile, la contessa - ma prima di far ricreazioni per i grandi, ti chiedo il favore di lasciarmi combinare una serata allegra per i piccoli. - Rita e Nello, a queste parole, guardarono la mamma e il babbo; poi si guardarono tra loro, e divennero di brace in viso, tanto fu vivo e inaspettato il piacere che provarono. Il banchiere approvò subito, felice di contentar la sua cara famiglia; e chiese: - Che genere di divertimento sceglieremo? - La contessa si fece un po' pregare: voleva tener segreta l' idea che le frullava per il capo; voleva che il mistero, ond'ella la circondava, eccitasse maggiormente la curiosità de'ragazzi. Ma supplicata di svelare quali fossero i suoi progetti, alla fine si spiegò: - Daremo un ballo di bambini, un ballo in costume, la sera di Natale. - I fanciulli gettarono insieme un grido di gioia; e cominciarono a saltellare intorno alla madre, tirandole le mani, e baciandola dalla gran contentezza. - Buoni! zitti! fermi! - ordinava la contessa, anch' ella ridendo. - Se non ismettete il chiasso, vi metto in gastigo, e non si parla più di balli! - No, mammina, per carità, te ne preghiamo! - esclamarono i ragazzi, chetàti come per incanto da quella minaccia terribile. E soggiungevano in tòno sommesso: - Vedi, mammina, che siamo buoni.... buoni.... buoni! Raccontaci dunque tutto, mamma bella! - La madre li baciò tutt' e due fra' ricci della fronte; poi prese a dire: - Si farà una festa molto graziosa, ma non affollata. Inviteremo una ventina di bimbi allegri e bene educati, e le loro mamme li accompagneranno qui, vestiti nelle fogge più varie.... - O me, mammina, come mi vestirai? - chiese la Rita curiosa. - O me, o me? - ripeteva Nello, più invogliato della sorella di veder sùbito, almeno con l' immaginazione, il suo costume. La contessa rimase qualche istante sopra pensiero, cercando in cuor suo quel che meglio convenisse al tipo de' suoi figliuoli. - Dunque, mammina, dunque?... - ripresero insieme i ragazzi, che non istavan più alle mosse. - Ecco qua: - fece la loro mamma - tu, Rita, sarai una signora giapponese; e tu, Nello, un cavalleggero di Piemonte Reale del secolo passato. - Tutt' e due batterono le mani, felici: ma volevano maggiori spiegazioni e molti particolari ancora, non avendo nè l' uno, nè l' altra un' idea esatta de' due travestimenti, a' quali la contessa avea data la preferenza. - Vedrete i vestiti quando ve li misurerete - si contentò lei di rispondere; e i ragazzi, discreti e ubbidienti com'erano. capirono di non dovere insistere oltre sicchè continuarono tra loro, dopo le lezioni, a far sogni, commenti e progetti per la sera del ballo. La mattina dipoi, la contessa uscì in carrozza, accompagnata dalla Letizia, a far le compre necessarie; e quando le ebbe fatte, chiamò una brava sarta a lavorare in casa sotto la propria sorveglianza; e, con l' aiuto anche della svelta cameriera, i costumi furono presto al punto da poter esser provati. La stoffa della veste della Rita era di raso d' un celeste pallido, su cui spiccavano de' draghi a bocca ed ali aperte, de' fiori di crisantemo e delle farfalle ricamate in seta a colori e in oro. Le maniche, larghe e sciolte, cadevan giù fino a mezzo il corpo; una cintura altissima di molle seta scarlatta stringeva la vita, annodandosi dietro in un fiocco enorme. - Perchè, nel Giappone, si portano i vestiti così sciolti? - chiese la Rita a sua madre. Perchè le donne di là giù, che mangiano, bevono il thè, ricamano, scrivono, e dipingono in ginocchio, han più bisogno di noi d' aver libere e pieghevoli le membra. - A' piedi, un paio di zoccoletti di legno piccoli piccoli, a punta quadra, e in testa quattro spilloni di filigrana d'argento, che rialzavano i capelli in un groppo, completavano quel costume. La Rita si guardava ogni momento la coda della veste, stretta come quella d'una lucertolina, e sorrideva di compiacenza. - Sto bene, così? Sono bellina? - domandò la Rita. Ma lo domandò una volta sola; perchè la contessa le rivolse uno sguardo così pieno di rimproveri, che la fanciulla arrossì fino alla radice de' capelli. - Una bambina sta sempre bene e appare graziosa quando non sa che cosa sia la vanità - rispose la madre. In somma, il costume della Rita era riuscito veramente bene. Si sarebbe detto che la fanciulla fosse una figurina giapponese,
Proprio sul più bello arrivò il cane: e già abboccava le frittelle, quando gli saltò addosso il lupo, e cane e lupo s'addentarono. Allora venne fuori la mamma con un grosso bastone in mano, e giù botte a destra e a sinistra. Il gallo stramazzò con la testa rotta: il gatto ci perse i baffi; il cane ci lasciò la coda; il lupo se ne andò tutto spelacchiato. Queste furono le frittelle che toccarono a quei prepotenti. E Trottolina richiuse la finestra e mangiò le frittelle, e da ultimo, come il suo solito, non potè tenersi dal leccarsi le dita.