Egli non abbisognava di nulla ad essere qual fu, è e sarà sempre ; nè cosa alcuna poteva accrescere o scemare d'una benché minimissima dramma la piena beatitudine sua. Ma la sapienza e l'amore, primogeniti figli del divino intelletto, lo persuasero un di a proferire l'alta parola: « Sia l'universo », e dai ciechi abissi del nulla emerse il creato. Allora la curva immensurata dei cieli in un baleno si stese; e, come a trapungere il regale paludamento dell'Onnipossente, brillò in un punto la luce di mille e mille soli. E da quel giorno non fallirono alle leggi uniformi ond'egli ne improntava i perpetui aggiramenti, gli orti e gli occasi, le attrazioni e le ripulsioni. Ed al pianeta che è tuo soggiorno, o fanciulla, arrise Iddio uno suardo di specialissimoa affetto; perchè, quantunque negli ordini creativi esso non sia che un piccolo punto, un atomo nuotante nella immensità dello spazio, pur lo elesse a tempio particolare della sua grandezza e munificenza. Oh ! chi mai, se non egli, circondò la terra cogli abissi dell'aria e delle acque, quasi baluardo. che la ricinga a difesa? Chi le impartiva la solidità, la bellezza, i mille tesori ond'è fecondo il suo inesauribile grembo? Oh! se tu potessi, o fanciulla, abbracciare di un solo sguardo quanto ha vita, moto, esistenza ; noverare le miriadi di stelle che ingemmano a notte i firmamenti, vederti passare sott'occhio le innumerevoli forme degli animanti, penetrare nel fondo dell'oceano o nelle viscere delle montagne, ammirare raccolti insieme le piante, i fiori, le frutta ogni altra produzione che vegeta nel doppio emisfero... e poi domandare a te stessa : V'ha egli nulla di tutto questo che non appartenga a Dio? Che non sia uscito dalle sue mani? E la mente e il cuor tuo, e la voce di tutti gli esseri si ripeterebbe in un suono concorde e solenne: - « Noi siamo creature di Dio ». Che se ogni cosa egli l'ha operata per sé medesimo, l'intero universo altro non è che una lieve manifestazione della sua potenza ; noi, creati, beneficati tanto da lui, 'figli prediletti dell'amor suo, non correremo ad offerirgli la venerazione, l'ossequio dei nostri cuori? Oh! amiamolo molto questo Dio, non solo grande, ma buono, ma provvido, ma tanto sollecito del nostro bene, che improntava l'universo di tanta bellezza, di tant'ordine, di tant'armonia. Ordine, belleza, armonia che pur fra le ombre di morte, di mezzo a cui ci aggiriamo, ne fanno trapelare alcun raggio di quella luce onde la sua parola infallibile ci ha promesso il pieno e perfetto godimento. E non gia quì, ove tuttto è labile, passeggero, caduco; ove la sete di felicità che ne affatica non può essere paga; ove la ricerca del vero stanca l'intelletto e nol fa contento ; ma nella stabile ed eterna dimora in cui su basi d'incrollato adamanto fiancheggia il suo trono.
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Quando Funclano era applicato in alcune opere di erudizione, Lilia cercava nei libri i vari passi di che egli abbisognava, e gliene faceva lettura; servivagli anche da scrivano, e talvolta di segretario. S'egli stanco sentivasi di comporre, Lilia ben tosto se ne avvedeva, e dava di piglio alla sua lira, e col suono e col canto tentava di alleviarlo. Di nove anni Lilia era già la delizia de'suoi genitori; quando Manilia, la madre sua, a cagione d'un parto, ammalossi così gravemente che i medici ne diedero per disperabile la guarigione. Fundano non resse a tanta sventura e cadde malato egli pure. I due malati avevano il lor lecco in camere separate. Lilia passava continuo dall'una all'altra, ponendo ogni studio in confortarli amendue, e altrettanto avveduta quanto tenera ed affettuosa taceva all'uopo ciò che potea accrescer pena all'uno o all'altro. Come sta tua madre ? domandavale inquieto Fundano : e Lilia: Oh, rispondeva con lieto volto, quest'oggi la mamma sta molto meglio di ieri : il medico assicura che fra cinque giorni ella potrà alzarsi alcunpoco e tenerti compagnia. Ma quanto costa l'infingersi, anche per pietà, ad un'anima schietta e liberale! Lilia, conscia pur troppo d'essere stata mendace verso il suo buon genitore, tosto che gli avea dato di simili notizie, trovava modo di sottrarsi alla vista di tutti ; e veduta l'avresti nel luogo men frequentato della casa dirompere in pianto. Asciugandosi poscia in tutta fretta le guancie, recavasi innanzi alla moribonda sua madre, ricomponeva il suo volto e mostrandosi tranquilla, le dava novella di Fundano : Cara mamma, dicevale, il mio babbo non ha più che un fil di febbre: mi ha detto che venga a darti un bacio per lui; ma non ti scomodare, allunga soltanto la tua mano ch'io la bacerò. Manilia in fine muore in età di ventisette anni. Fundano quel dì era più gravato che mai. Lilia di buon mattino entra nella camera della madre. Al trovarla senza moto e vita il dolore le fa dimenticare l'usate sue precauzioni, mette un alto strido, e cade tramortita. Come prima Lilia fu rinvenuta, s'avvide quanta agitazione dovea aver cagionato al padre suo, e tosto cerca modo di apportarvi rimedio. Fundano di fatto trovavasi nei più violenti trasporti : più non conosceva ragione, nè voleva ascoltarne. Il suo delirio venne a tale che perduto era della mente più che del corpo, poiché cercava un ferro, e giurava di non volerpiù sopravvivere alla sua sposa. In questo, ecco Lilia serena e gioviale: Ah ! dice, caro babbo, che paura! Intanto che la mamma beveva un po' di brodo, la cagnolina ha messo le due zampe davanti nel bel mezzo della tazza, e ha riversato i tre quarti sopra il letto : oh! gliene avrei date pur tante a quella sciocca di cagnuccia. La fanciulla disse queste cose in una maniera sì naturale, che la disperazione di Fundano si calmò tostamente. Egli si pensò d'essersi ingannato ; ed esalando un sospiro : Io ben altro temeva, disse, che questo piccolo sconcio. Avvicinati, mia figlia, e dammi un amplesso. Da questo istante Fundano cominciò a migliorare; e quand'ebbe ricuperato alquanto di vigore nel corpo, n'ebbe anche nell'animo da sostener la fatal nuova della sua Manilia. La ragione ripigliò il suo impero sopra di lui; e per ritrarre la mente da quanto avea perduto, occupò ogni suo pensiero in quanto gli rimaneva ; e rimanevagli ancora la sua Lilia. Più non eran que'tempi, in che l'uom dabbene nel giovare alla patria trovava conforto alle proprie sciagure ; più non si concedeva ai privati apportar rimedio ai pubblici mali, che gli affari della repubblica eran quelli d'un uom solo. Fundano adunque tutta collocò la propria felicità nel perfezionare l'educazione di Lilia. Cercò librielementari in ogni genere i migliori, e non perdonando a dispendio, chiamò in sua casa e professori e maestri per dottrina e probità i più rinomati, come pure i più abili professori, sia nella musica, sia nelle arti del disegno. Cortesie, onori, ricompense, nulla risparmiava per mostrar loro la sua gratitudine. Tali furono i progressi di questa fanciulla, che la riputazione di lei non era men grande de' suoi meriti. I padri e le madri eran bramosi e solleciti di additarla ai loro figli, e la rammentavano ad essi quale esemplare ben degno d'essere imitato in ogni cosa. E qui par bene l'osservare che Lilia, quantunque bellissima fosse della persona e leggiadrissima nelle maniere, pure nelle conversazioni di Roma, di null'altro parlavasi che de' suoi talenti e della sua costumatezza. Lodavansi le molte sue cognizioni, l'industria delle sue mani ne' lavori femminili, la sua intelligenza nei domestici affari ; e sopra tutto non poteansi passare sotto silenzio le qualità del cuor di lei, la sua semplicità, la sua modestia, la sua generosità, la sua cortesia ed amorevolezza. Quantunque la storia, che si minutamente ci narra le scelleraggini umane, non ci dica quanto desideriamo delle azioni particolari di questa donzelletta, pure alcuna non ne seppe tacere, la quale ci dimostra come ella corrispose alle tante cure che si ebbero di lei. Tutto aveva cospirato fin dalla sua tenera età a far si ch'ella tenesse in sommo pregio la semplicità, anche nella maniera di adornarsi : ma per una contraddizione, pur troppo comune all'incauta tenerezza dei genitori, giunta ch'ella fu a certa età, il padre suo ognora le ordinava abiti sontuosi, e dimenticò dei propri precetti, si compiaceva di vederla ornata di tutto punto. Un giorno, per darle premio d'una lettera da lei scritta nella più generosa maniera e con la più elegante disinvoltura, la regalò d'un magnifico anello di diamanti. Lilia n'esultava da prima, e rese grazie al padre suo, le maggiori e le più gentili che mai seppe ; ma interrogatolo del valore di quel gioiello, e uditane la risposta : E costa sì caro ! sclamò ella. Oh! padre mio, nè rammenti le tante volte che mi dicesti essere il senno e i gentili costumi congiunti alla semplicità, l'ornamento proprio delle fanciulle? Credimi, io bramo, e te ne prego, che custodisca tu stesso questa bella cosa che io potrei perdere; il che, se avvenisse, perderei in un momento quanto basterebbe per mantenere più anni un'intera famiglia. Fundano, maravigliando a cotanta moderazione e saviezza, non seppe contenersi, e: Vieni, le disse, mia cara figlia, vieni ch'io t'abbracci e mi ti stringa al seno. Tu fai un amabil rimprovero al padre tuo, e siegui più fedelmente i miei consigli di quel ch'io segua le mie massime. Lilia frattanto cresceva in bellezza, in sapienza ed in virtù; e comechè fosse in età di soli tredici anni, così singolari erano le doti che l'adornavano che i più principali di Roma la chiedevano in maritaggio pei loro figli : ne parlavasi di Lilia senza che si chiudesse il discorso con queste parole : « Felice colui che, ottenutala in isposa, sarà capace di comprendere un tanto suo bene. » Fundano finalmente deliberò di maritarla; ed avendole palesato qual era l'egregio giovane a cui aveala destinata, Lilia gli rispose coll'usata sua ingenuità: « Mio caro padre, fuori di te io non avrei voluto altro marito; ma io farò tutto che potrà esserti di piacere; giacché vuoi maritarmi io pure il voglio; ma a condizione ch'io non abbia a separarmi da te ». - « Son questi pure i miei voti, ripigliò Fundano, abbracciando la figlia sua. Se tutti riconoscono nel tuo volto i lineamenti del padre, io riconosco nel tuo cuore quello della mia sposa, la cui memoria stassi nel mio profondamente scolpita, e vi starà fino all'ultimo respiro. Sì, mia Lilia, noi ci rimarremo sempre uniti; sei divenuta necessaria alla mia vita, così che venir meno la sentirei se da te divider mi dovessi ». Ciò dicendo diede mano a un manoscritto fregiato di miniature ed ornato di nastri, ed aprendolo : « Quest'è l'esemplare, soggiunse, de' tuoi costumi, questa è la vita della mia sposa: io la scrissi perché tu la legga a' tuoi figli quando io più non sarò ». Lilia presa fu subito da grandissimo desiderio d'udirne la lettura; e il padre ben volentieri ne la compiacque. Fundano avea descritto ogni cosa minutamente, fino agli ozi innocenti ed ai giuochi dell'infanzia di Manilia: e tutto con tanta leggiadria ed effetto, che ciascun tratto faceva desiderare di leggere il seguente. Secondochè Fundano avanzavasi nella lettura, ognora più cresceva in Lilia la commozione; e quando in leggendo fu giunto all'ultima malattia, con la voce e coi gesti, non meno che con lo stile, scolpiva così al vivo le più piccole avventure, la desolazione di ciascuno della famiglia, il proprio stato, quello di Manilia, e persino gli ultimi momenti di vita della sua sposa, che Lilia, divenuta per dir così, spettatrice di bel nuovo della morte di sua madre, cadde svenuta. Rinvenne poco di poi; ma le durava tuttavia un angoscioso stringimento di cuore, a cui sopravvenne la febbre, che la costrinse di mettersi a letto. Lilia, non ostante, per non crescere afflizione al padre suo, mostravasi serena e sicura, ed occultava con molta fermezza la violenza della malattia; la quale, checché ne fosse la cagione, in capo a due giorni a tal giunse, che fu giudicata dai medici senza rimedio. Ella sentendosi mancare ognor più la vita, e leggendo il suo destino nella mestizia di tutti quelli che l'attorniavano, chiese grazia a Fundano di farle fare il ritratto. Il padre, senza poterle dare risposta, mandò subito pel più valente pittore che fosse in Roma. Quand'esso fu giunto, Lilia s'acconciò nell'attitudine che meglio le si addiceva, e immobile vi si tenne fino a ch'egli ebbe colti e disegnati i tratti principali; in cui ella quindi ravvisando sè medesima, voltasi con aria di compiacenza al padre suo : «Che la morte non potrà almeno rapirti questo simulacro della tua amica, così tu non mi perderai di vista internamente ;» e sì dicendo gittògli al collo le sue braccia languenti. Quindi poco stante : «Ti chieggo, o mio caro padre, di permettere alla mia sorella di venirmi ad abbracciare; vorrei pur vedere la mia nutrice, le mie compagne ed amiche ». Quando furon venute, strinse loro la mano, e regalatele ciascuna di qualche cosa che a lei apparteneva : « Conservate, aggiunse loro, questi piccoli doni, siccome miei ricordi: e tu, mia sorella, addoppia cotanto le tue cure e la tua amorevolezza verso il nostro buon padre, ch'egli in te sola riunito ritrovi e l'amor mio e quello della sua sposa ». Non ho cuore di descrivere, come ben l'immagino, quale sarà stato il compianto ed il lamento di tutti gli astanti. Lilia sola pareva di tutti la meno desolata. Mostrar volle per ultimo la sua riconoscenza verso la nutrice, e pregò suo padre a provvederla di danaro e d'una porzion di terreno, sicchè non avesse poi a cadere nell'indigenza, e procacciar potesse a' suoi figli una buona educazione. Già la figlia di Fundano toccava il termine di sua carriera: più non potendo articolar voce, prese per la mano il padre suo e avvicinatolo al proprio seno, diegli una rivolta d'occhi tenerissima, e chiudendo placidamente i lumi, cessò di vivere.
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Così il Taine, il grande storico e filosofo francese, la cui mirabile opera deve avergli dato, se ne abbisognava, efficaci e salde consolazioni, valide difese contro il dolore. Infatti non vi è distrazione, non vi è affetto, non vi è lusinga di vanità capace d' opporre alle tristezze della vita un' energia così possente come il lavoro. Ed io credo che Dio nella sua misericordia infinita, quando lo decretò all' uomo come una pena, volle elargirgli intanto il mezzo più infallibile per sottrarsi alla schiavitù del vero castigo che è il rimorso, per riabilitarsi nobilmente e ricuperare sulla sua fronte affaticata il suggello luminoso dell' immortalità. Nel lavoro è il più sicuro oblio dei mali, poichè egli reclama il concorso delle nostre facoltà più valide, quelle appunto che il dolore tenterebbe di scemare e di atrofizzare. Nel lavoro è la più profonda pace, perchè lo sforzo che domanda ci lascia la naturale conseguenza d' un appagamento della fralezza umana che ha superato sè stessa. Nel lavoro è la serenità, perchè siamo costretti ad uscire dall' egoismo per consacrarci all' opera che domanda il nostro amore e la nostra forza : e la dedizione completa è la invulnerabilità, perchè non ci apparteniamo più. Il lavoro è la preghiera, giacchè chi lavora s' eleva sulla scala degli esseri e non commette basse azioni. Il lavoro può cancellare le più gravi macchie dalla coscienza, può rifare un' onorabilità, una purezza, un carattere, può mutare un destino. Amiamola dunque, questa faticosa necessità della vita, come un rifugio, una salvezza, e nei giorni del dolore avviciniamoci più saldamente ad essa e saremo sicuri di non perire. Scrisse Carlyle negli Eroi: « L'uomo è nato per lavorare, non per godere. L' ideale sta in voi : l' ideale è il momento attuale se lavorerete in tutta coscienza. Lavorate e producete, sia pure la più misera e infinitesimale parte di un prodotto, producete ! Ogni genere di lavoro, dal più intellettuale al più manuale è sacro e dà pace allo spirito umano. Tacere e lavorare : ecco le due virtù eroiche dell' umanità.
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