Ho sentito io, un bravo e ottimo signore, dire, che egli non usciva mai con la propria moglie, perchè aveva l'abitudine di abbigliarsi in maniera da attirare sguardi e critiche. E dunque obbligo della saggia moglie quello di aver cura del proprio modo di vestire. Ci sono donne, poche; ma ce ne sono, cui manca assolutamente il gusto dell'eleganza. Queste dovrebbero imporsi di studiare il modo aggraziato del vestire, di osservare molto, leggere, chiedere consigli. È anche questo un dovere, poichè mancandovi si reca dispiacere e si va incontro a mortificazioni ed a crucci, Ma il gusto di farsi eleganti e belle non ecceda fino alla vanità, che allora non sarebbe più un dovere, ma un male. La vanità, nemica del buon senso, ottenebra il pensiero e spadroneggia il sentimento. Quante non sono cattive mogli e madri trascurate perchè date in balia della vanità! Vestire bene e elegantemente per soddisfare al gusto estetico del marito, per un fine sentimento di affettuoso rispetto verso di lui, la famiglia, gli amici ed il prossimo in generale, in fine per decoro, è lodevole qualità, anzi virtù. Vestire bene e con sfarzosa eleganza, per attirare gli sguardi, per far pompa di ricchezza e primeggiare, è leggerezza, è superbia, è vanità nel vero senso della parola. E quando l'anima della donna è tiranneggiata da questa passione sciocca e fatale, gli affetti sani e santi, pur troppo, ci vanno di mezzo; il dovere è spesso sacrificato; la dignità affoga miseramente nelle cianciafruscole costose e inutili. Oh quella benedetta via di mezzo, che pure è l'unica sicura, come è difficile a seguirsi!
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Le signore fanno il meglio di abbigliarsi secondo le esigenze della moda locale. Soprabiti, soprascarpe, ombrelli, ecc. si lasciano in guardaroba. Entrare nella sala in soprabito, malgrado l'ammonimento dei servi, è una inciviltà. Dobbiamo osservare che la guardaroba nei teatri non è un'istituzione fatta per dare al teatro un maggiore guadagno; è una prevenzione per il caso d'un panico, affinchè nella confusione e parapiglia i vestiti svolazzanti non siano causa di cadute e disgrazie. Le signore lascino i loro cappelli nella guardaroba. Nei palchi però, dove entrano coi soprabiti, possono anche tenerlo in testa. Nei teatri di prim'ordine le signore - specie in poltrone di platea - vanno senza cappello. I signori possono pure deporre il cappello; è più comodo senza di esso. Se pure lo tengono da sè, devono levarlo il più tardi quando entrano nella sala. Se un signore accompagna una signora in teatro o al concerto, è obbligato anche di curarsene durante tutta la sera. Egli provvede a tutto: prende il biglietto, la aiuta nel guardaroba, procura il programma, il binocolo, ed anzitutto si occupa del benessere della sua dama, distraendola, procurandole dei rinfreschi, ecc. Non deve mai lasciarla sola, neanche
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Per quanto riguarda l'aperto, quindi, il Galateo della villeggiatura ha poca voce in capitolo: infatti lo stesso noioso consigliere delle buone usanze, prescriverebbe a quelle tali belle figliole che sgambettano con festosi compagni, un pò di riservatezza, di garbata decenza nei loro comportamenti, nel loro modo di abbigliarsi.... Ah, chi vuol prendersi la taccia di retrogradi e maligni? Il Galateo consiste nel far quello che tutti fanno, e ciò che si fa alla luce del sole è innocente. Solo i, pedanti possono trovarci il male. Allora il Galateo tace e dice: «Fate vobis ». Potremo solo timidamente ricordare che, quando non si è all'aperto, e cioè negli alberghi, nelle pensioni, negli stabilimenti termali o altro, si dovrà per quanto è possibile rispettare l'altrui diritto di non esser disturbati e sia nel rientrare in camera per coricarsi, sia nell'alzarsi di buon mattino per qualche gita, usare i debiti riguardi per non destar di botto i dormenti. Ma di ciò abbiamo detto net capitolo «Negli Alberghi », mentre ci siamo anche intrattenuti in tema al capitolo Escursioni « Crociere », « Al mare » , « In montagna ». Possiamo aggiungere che nelle gite che vengono organizzate in luoghi di villeggiatura, sta alla delicatezza e allo speciale tatto proprio di ogni persona educata, comprendere se I'insieme della compagnia corrisponde ai propri gusti, alle proprie idee, per regolarsi nell'accettare o nel rifiutare un invito, con garbo, senza offendere. E se oltre alle gite, venissero organizzati balli, feste di beneficenza, le stesse regole che vigono nelle città sono da osservarsi, con non minori obblighi o maggiori libertà. Quanto ai bambini in villeggiatura, tutti sappiamo che nella loro schietta gaiezza, nella loro ingenua semplicità, nella loro adorabile innocenza, essi presentano quanto di più bello, di più gradevole, di più salutare offre la popolazione temporanea delle spiagge e dei monti. Ma se tutto ciò è vero e da tutti compreso, occorre pure che questi bimbi non disturbino i villeggianti coi loro 43. II tesoro capricci, con la loro infantile caparbietà o con il loro vivace temperamento, fino a passare il segno. Per quanto in villeggiatura si vada per riposare, la madre instancabile, proseguirà nella sua opera di educatrice: lascierà scorazzare i suoi bambini, sotto il sole, nei prati, sulle spiagge; li frenerà nelle sale comuni degli alberghi, delle pensioni e non permetterà che in una casa o in una villa d'affitto si comportino come piccoli vandali. Ella sa che quanto più avrà saputo esser costante nell'ammonire, tanto maggiore è la sua tranquillità sul conto delle proprie creature che, abituate a comportarsi ovunque civilmente, non si smentiranno sapendosi meno obbligati dalla compassatezza della vita cittadina.
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In base a tali indicazioni, infatti, gli invitati potranno regolarsi su come abbigliarsi e cosa aspettarsi. A ogni modo, cercate di rendere il più chiaro possibile il tono dell'incontro, in modo da non mettere in difficoltà nessuno dei vostri invitati. In alcuni casi è bene esplicitare direttamente sull'invito se richiesto l'abito scuro. Qualunque sia il tipo di riunione o cena che intendete dare, la casa deve ovviamente essere nelle migliori condizioni possibili. In bagno sarà cortese far trovare asciugamani freschi di bucato - pratica la soluzione di offrire piccoli asciugadita in un cesto - e le antenne della padrona di casa dovranno essere costantemente tese a captare ogni minima necessità degli invitati. Se gli amici che avete invitato porteranno con loro bambini piccoli, è gentile fare in modo di eliminare gli oggetti pericolosi e fragili dal metro e mezzo in giù, onde evitare a entrambi di trascorrere la serata in tensione, con gli ospiti a controllare a vista i piccoli onde evitare cristallerie della nonna in frantumi e inopportune decapitazioni alle statue pigmee in legno morbido, e voi a mascherare dietro un'impassibile facciata degna del lifting peggiore una sofferenza sublime a ogni tocco dei piccoli unni paffuti. Colmo della cortesia potrebbe essere far trovare loro un piccolo libro o un altro dono in grado di tenerli occupati. Dalla più informale spaghettata tra amici al cocktail ufficiale in onore dell'ambasciatore, ai padroni di casa spettano i compiti più ardui: curare che la conversazione non si svilisca mai, e assicurarsi che cibo e bevande siano soddisfacenti per qualità e quantità. Se qualche invitato si presenta con qualche bottiglia di vino, un dolce o una specialità alimentare, fate attenzione a che venga consumata la sera stessa, ribadendo una volta (una sola) il ringraziamento per il prezioso contributo al momento dell'assaggio. Se si ricevono dei fiori, sistemarli immediatamente in un vaso adatto. Anche se la serata si sta protraendo oltre l'ora legittima, e la stanchezza vi sta assalendo, non è concesso mostrare segni di cedimento agli invitati, per accelerarne l'uscita di casa.
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Per questa ragione io non finirò mai di ammirare l'abitudine degli lnglesi, che, anche in famiglia, non mancano mai di abbigliarsi per andare a pranzo. E pure per questa ragione che le abbigliature da pranzo, parlo dei pranzi d'invito, anche tra noi si usa farle più ardite ed eleganti da quella da visita e da passeggio. Le signorine dovranno scegliere fra i loro vestiti della stagione il più fresco e gaio. O, se si mettono un abito scuro, lo rallegreranno con fiocchi di nastri azzurri, rosei o rossi o di quel colore che la moda favorisce, in modo da far iscomparire la severità della tinta. Del resto, non c'e signora nè signorina che non possieda qualche abito bianco, e quello sta sempre bene ed è sempre elegante. Non dovrei supporre che una padrona di casa, dando un pranzo, possa commettere la sconvenienza di collocare una signorina accanto ad un giovinotto. Ma siccome: "Tutto è possibile sotto il sole" - ed "Errare humanum est"- ed "Error non è frode" - ed "II giusto cade sette volte al giorno" e mille altri proverbi, che non ripeto (perchè il dirne parecchi è una inciviltà condannata dai vecchi galatei), potrebbe darsi che una padrona di casa un po' inesperta cadesse in quell'errore, tanto per dimostrare ancora una volta che " non tutte le ciambelle riescono col buco." Per carità, signorine mie, se codesto accadesse; si guardino bene dal fare la menoma osservazione e neppure un segno di meraviglia. Sarebbe rivolgere un rimprovero crudele alla signora che le ha collocate così. Quando io era giovane, in temporibus illis, fui invitata ad una sagra di villaggio in una famiglia di ricchi proprietari. Dopo il pranzo e le feste del giorno, si doveva ballare, per cui c'erano invitate molte signorine e molti giovinotti. Quella buona padrona di casa provinciale, avvezza alla semplice verità della natura in mezzo alla quale viveva, doveva aver fatto questo ragionamento: - Se fra due ore i giovinotti e le fanciulle che ho invitati dovranno prendersi per le mani, abbracciarsi, e circolare appaiati a due a due come colombelle, non ci può essere una ragione al mondo perchè si scandolezzino di trovarsi seduti accanto a tavola. Era una logica da dar dei punti ad Aristotile. E lei agì come avea pensato, e collocò a tavola ogni signorina accanto ad un giovinotto. Tutte fecero "a mauvais jeu bonne mine" e molte mi confessarono che non l'avevano trovato un troppo mauvais jeu. Ma una, una sola, una signorina di villaggio, che era uscita per l'appunto di collegio, cominciò a guardarsi intorno impaurita, come se i due che aveva ai lati fossero due leoni pronti a farla a brani, o due Don Giovanni venuti là per rapirla. Uno, che non era punto Don Giovanni, ed ancora meno lion, si senti tutto confuso, si fece rosso, e tirò in là la sedia, come se temesse di sporcare quella signorina; ma l'altro fece le viste di nulla, le offrì da bere, e tutti i piccoli servigi che un uomo non manca mai di offrire ad una vicina di tavola. Bisognava vedere l'aria diffidente e l'esagerazione di riserbo di cui s'armò quella poveretta! Parlava a monosillabi. Rifiutava tutto, era tutta sulle difese, pareva che fino i fiocchi del suo vestito appuntassero le nocche ed i capi come armi difensive.Il suo babbo, dall' altro lato della tavola, fremeva. Finalmente, vedendo che era giunta al dessert respingendo ogni piatto, e stava per rifiutare le frutta che il suo vicino le porgeva, le gridò : - Via, accetta una volta! Non è veleno. - Ah! era di questo che aveva paura, signorina? ed io che mi lusingavo che avesse paura di me! le disse il suo vicino. La lezione era meritata. È appunto in tali circostanze eccezionali, che una signorina può mostrare di sapersi condurre dignitosamente senza darsi quell'aria di noli me tangere, che la rende antipatica, e senza incoraggiare una confidenza sconveniente. Altre volte era di rigore che le signorine mangiassero pochissimo, e non bevessero vino affatto. Per cui riuscivano commensali punto piacevoli. In qualunque modo si volesse interpretarla, quella continenza cenobitica, era una sciocchezza. Le fanciulle intendevano con quel mezzo di atteggiarsi ad un sentimentalismo ideale, non d'altro nudrito che di poesia e di sogni. Era un'idea da precieuses ridicules. Le mamme incoraggiavano quella mania, ed all'occorrenza l'imponevano, volendo con quel mezzo dire ai giovinotti: - Vedano come mangia pochino la mia figliola. E non beve punto. La sposino, via. Non costa nulla a mantenerla. Era un calcolo da Arpagone. Ora, se Dio vuole, il sentimentalismo è passato di moda. E, non fosse che per quest'unica riforma, benedetto il realismo ! Le giovinette sono tornate ad esser loro stesse, col loro appetito giovanile: ed a tavola lavorano coi loro dentini, che è una benedizione, un'allegrezza guardarle. Se qualcuna delle mie lettrici era rimasta in arretrato, ora lo sa. La civiltà vieta soltanto di trasmodare. Ma vieta altrettanto severamente di rifiutare ogni cosa, di mangiare a fior di labbra, di lasciare la roba nel piatto, di rifuggire dai vini, quasi si volesse dire ai padroni di casa: - lo non so che farmene di tutto questo. Il vostro pranzo mi mette la nausea. Quando si è a questi estremi bisogna non accettar l'invito. Se sapessero come è bella e come piace la gioventù robusta, e francamente allegra, che Dio la benedica! Se la padrona di casa fa posare dal servitore il vassoio del caffè, dopo che i convitati sono passati in sala, ed offre lei stessa le tazze, le signorine debbono subito accorrere ad aiutarla. Dovranno però servire soltanto le signore ed i vecchi. Una signorina non porge mai la tazza ad un giovine, a meno che sia suo fratello. Ed ancora ha l'aria d'uno scherzo. Dopo aver assistito ad un pranzo, una signorina è tenuta ad accompagnare la madre nella visita che rende, entro gli otto giorni, alla famiglia da cui ebbe l'invito: e dovrà anche lei lodare la compagnia che vi ha trovata, la disposizione della tavola, i fiori, l'allegrezza che si è goduta, infine quel che c'era da lodare.... ed anche un pochino quel che non c'era.
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Di abbigliarsi per 1' uscita non rifiniva mai; de' begli inchini ne faceva innanzi allo specchio prima di partire! Marina non poteva comprendere come potesse star in piedi alla passeggiata. Aveva vesti così serrate all'imbustito che penava a tirar il fiato, stecche di qua, lamine d'acciaio di 1à, tutta la vita era chiusa come in uno steccato: stivaletti poi che le ammaccavano i piedi, stretti e corti, con tacchi a pera altissimi, onde tutto il peso del corpo andava a cadere sul collo del piede e sulla punta, con che dolori Dio lo sa! Era certo un martirio per quella ragazza, andava tutta a saltetti, a balzi, incomposta e contorta. Ma essa credeva che questo fosse buona grazia; compariva di persona più alta, con un bel vitino, è il suo amor proprio era soddisfatto. Intanto, poveretta! aveva sempre dolori all’imboccatura dello stomaco, nausee, svenimenti per le cattive digestioni; il colore del volto era come di gesso, gli occhi lividi; ma se ne compiaceva; perché ciò le conferiva, diceva essa, un’aria sentimentale! Non mancava di sgridarnela la signora Bianca, ma tanto era come predicar al vento. Eugenia più dell’essere amava il parere.
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dove la donna sta ad abbigliarsi. - Toilette indica parimente il compiuto vestiario ed acconciamento di una signora!!! Domando io se sciocchezza maggiore si può nè anche immaginare? E pure anche noi Italiani toelette qui, toelette là che è un vero vituperio! Vediamo un po' se la lingua italiana ha nulla di meglio. Dante, parlando di una antica matrona fiorentina, disse:
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Lo specchio è il più necessario arnese per abbigliarsi e dà subito la idea della cosa. Dunque se io dirò che una signora è allo specchio, sarò più chiaro e più proprio che dicendo è alla toelette; e, quel che conta più di tutto, sarà italiano: e se loro stanno attente al parlar famigliare nostro, le sentiranno dir continuamente di una donna vaga di comparire e di adornarsi: la sta tutto il giorno alla spera (che spera si dice volgarmente per specchio): la sta alla spera fino al tocco, e simili. Ella ci ha detto che la Secchi- Suardo era elegantissima nella toelette; ma se avessi letto la Vita io, ed avessi detto: vestiva, o si abbigliava elegantemente, non avrei detto parole tutte schiettamente italiane? non mi sarei fatto intendere da tutte quante? "Sì, sì, esclamarono tutte." "Veniamocene adesso a quella famosa stanza che i Francesi, tanto arguti!, significano per mezzo di una toletta, e che, gl' Italiani, grullamente scimiottandogli, la significano con voce che nella nostra lingua non ha significato. C' è nella lingua italiana una parola propria? Che ci debba essere è certo, pecche le gran dame italiane si abbigliavano al pari, ed anche più sfoggiatamente delle francesi, e non dicevano toelette: ma come anticamente dicessero non l'ho a mente. Ne' teatri italiani però c'è la voce vera e propria, chiamandosi camerini le stanze dove la prima donna e via via le altre, si abbigliano (fanno la toelette) per la scena. Ma, se questo camerino paresse poco dicevole alle signore, per essere voce da donne di teatro; o non si potrebbe chiamarlo abbigliatojo, che è voce propria, gentile, e secondo ogni più scrupolosa analogia; nè contraria alla ragione, e per noi Italiani nemmeno alla dignità nazionale, come toelette? La direttrice interruppe quì il maestro con tali parole: "Abbigliatoio è voce che molto mi piacerebbe; ma a chi riesce metterla nell' uso? "A chi riesce? - rispose il maestro. - O a chi riuscì metterci la pazza voce toelette? una pazzerella di donna cominciò: un' altra; e poi due; e poi mille le andaron dietro; e fu fatto il becco all' oca. Incominci ora una savia donna a dire abbigliatojo: dieci sciocche le rideranno in faccia, ma un' altra savia la imiterà; a poco per volta scemeranno le sciocche, e cresceranno le savie; e così l' abuso se ne andrà, per cedere luogo all' uso legittimo." "Bene, comincierò io; ed esorterò queste signorine a fare il medesimo. Lo promettono?" E tutte ad una voce: Sì, - Sì, Signora, - lo promettiamo - "Ma ci sono dei casi, nei quali non si sa proprio come dire in italiano. Per esempio, se io ordino al falegname quel tavolino, dove noi stiamo ad abbigliarci, non posso dire: fammi uno specchio; se no mi fa una spera. Così disse la signora Bettina; alla quale il maestro: "Dunque vorrà ordinargli la teletta? Ma allora, se il legnajolo sarà accorto, le risponderà, che per la teletta bisogna andare al merciajo. Fuor di celia: la gli potrà ordinare un tavolino da pettinarsi, o se lo vuoi dire tutto in una voce si faccia insegnare dagli Aretini, che usavano, e forse usano ancora, la bella voce specchiera." "Codesta mi piace, - disse la signorina; e soggiunse: O se vorrò dire che una signora è a far la toelette, come dovrò dire?" "O che fanno le signore quando fanno la toelette?" "Si vestono, si pettinano..." "Lo vede che l'ha detto senza accorgermene? Dovrà dire è su, è di là che si veste, che si pettina, che si abbiglia. E la sa bene che vestirsi, anche nell'uso, si prende per abbigliarsi affine di andare o a teatri, o a conversazioni." "O quelli che si chiamano articoli di toelette come gli chiamerò?" "Volerne! Gli chiamerà, oggetti di abbigliamento, di adornamento: e semplicemente adornamenti, secondo i casi. "Ma l' ora si fa tarda; e serberò ad un'altra volta il parlar loro della moda, e del suo linguaggio."
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