E la sua vita grado grado si concentra in un mondo invisibile ove può moltiplicarsi all' infinito in alite vite derivate dalla sua, che rispecchiano il suo dolore e i suoi sogni come i mille pezzetti d'uno specchio infranto, ma abbelliti da una idealità che nulla ha a temere dal tempo. E si rifugia trepida e obliosa nella sua torre d' avorio, affrancata oramai, redenta. E per altre ancora, le tavole di salvezza possono Eva Regina 43 essere i piaceri della vita elegante, un grande amore che faccia rinascere l'anima dalle sue ceneri, una missione severa e pia, una dedizione totale ad altri sofferenti, il lavoro, semplicemente, amato per la fatica a cui obbliga e pel dolce riposo che concede. Tutto sta, nei momenti decisivi della vita, di saper guardare in noi e fuori di noi per scorgere dove sia la salvezza ed afferrarla. « Bisogna con siderare la propria attività dal di dentro — scrive Charles Wagner ; bisogna sforzarsi di penetrare abbastanza profondo nella propria carriera, nella propria vocazione, da scernere attraverso alle forme che prima ci apparivano grigie ed opache, gli affetti di una luce che piove dalla eterna altezza ››.
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Era davvero, quello, l'ingresso al mondo degli eroi, dei forti, di quelli che non possono concepire pensieri meschini; e Cosima toccò il masso, come in altri luoghi abbelliti di leggende sacre, si tocca la pietra dove si sia riposato qualche santo. Il sogno confuso della fanciulla era già illuminato da un desiderio, oltre che di purezza, di cose grandi, al di sopra delle difficoltà quotidiane: e le sembrava davvero, riprendendo a salire il sentiero tra le felci e le chine già morbide di capelvenere e di sottilissime erbe di montagna, all'ombra dei grandi elci patriarcali, di evadere dal suo piccolo mondo e ritrovarsi fra i giganti che vivono alti sino quasi al cielo, compagni dei venti, del sole e degli astri. Una seconda tappa fu alla sorgente d'acqua pura e luminosa come il diamante, che scaturiva in una piccola conca di pietre e si spandeva modesta e quasi furtiva fra l'erba calpestata e fangosa, in un cerchio di lecci qua e là arrampicati sulle cime azzurre. Già si sentiva il grido delle ghiandaie, e l'aria sembrava un liquore profumato di menta. Le ragazze s'inginocchiarono sulla pietra e si protesero a bere nella fontana: e nel piccolo specchio d'onice dell'acqua in ombra Cosima vide i suoi occhi che le parvero della stessa miracolosa luce: luce che scaturiva dalla profondità della sua terra e aveva un giorno riflesso davvero l'anima assetata di divinità dei suoi avi pastori e poeti. La realtà doveva consistere nell'abitazione che, simile alla capanna scavata fra le rocce dai medesimi avi, aspettava questa nuova tribú di fanciulle che anelavano allo spazio del mondo lontano, alle città affollate e rumorose. E le sorelle di Cosima si rivoltarono, sul principio, nel vedere che il giaciglio, in comune con la zia Paola, era steso per terra, fatto di uno strato di felci, di coperte, cuscini e grosse lenzuola; che gli armadii erano i piuoli e, per lavarsi, c'era in un angolo, su una panchina di pietra, accanto alla brocca per bere, un vaso di creta; e per ribellarsi, ma anche divertirsi, cominciarono a rotolarsi sul giaciglio, scovarono la parrucca dello zio Ignazio, che viveva nella stanzetta accanto, e ne fecero scempio. Ma poi uscirono nel bosco e si confortarono con lo sfarzo del meraviglioso luogo pieno di recessi, di divani coperti di musco, di quadri e broccati mai visti cosí belli, dei quali erano ricchi gli sfondi. Solo Cosima non era disillusa: anzi l'interno dell' abitazione, col suo odore di umido e di felci, coi suoi arnesi trogloditici, con quella porticina coperta dalla tenda sul verdone del bosco, quei sedili di pietra grezza, quell'anfora di creta e i recipienti pastorali fatti di sughero e di corno, le diedero uno strano senso di ricordanze remote, come quello che provava da bambina incosciente nel veder apparire la piccola nonna materna: la nonnina che partecipava della natura delle fate nane della tradizione locale, che abitavano nelle casette di granito in mezzo ai monti e sugli altipiani rocciosi; e prima di raggiungere le sorelle si diede da fare per rendere piú abitabile la primordiale dimora. Cominciò con l'appendere i pochi vestiti suoi e delle sorelle ai piuoli, coprendoli con uno scialle per preservarli dalla polvere e dalla curiosità degli estranei; stese davanti al giaciglio, dalla parte dove avrebbero dormito loro, a mo' di tappeto, un lungo sacco di lana che invero ne aveva lo spessore; nascose le scarpe in un cestino, e infine, con un piccolo specchio e una mensoletta che aveva previdentemente portato da casa sua, preparò la meletta. Intanto, fuori, il servo di zia Paola costruiva una capanna di frasche, abbastanza alta e larga, che doveva servire da cucina. Avevano portato un fornello a mano e un sacco di carbone; ma la serva volle dietro la capanna, in un angolo riparato, una specie di focolare di pietre e dichiarò che avrebbe cucinato col fuoco di legna. E queste non mancavano davvero a portata di mano, quali erano e pronte ad accendersi come torcie. Anche alcune sedie e un tavolo erano stati portati sul carro; e il tavolo avrebbe dovuto servire per i pasti e per scrittoio a prete Ignazio, ma egli non intendeva perdere neppure un minuto per impugnare la penna; e cosí il tavolo fu collocato nella stanza grande, accanto alla luce della porta e serví, sí, per i pasti, ma anche da scrittoio a Cosima. Oh, e ben il calamaio ella aveva portato, avvolto in uno straccio nero e ficcato dentro una scarpa perché nel transito non si rovesciasse; e trovò anche, nella primordiale dimora, una specie di nicchia, che avrebbe dovuto servire per qualche lumino e qualche immagine sacra, e della quale, invece, ella si serví per deporvi il calamaio, la penna, il suo scartafaccio e alcuni libri, formandone cosí un altarino per i suoi misteri d'arte. Poi raggiunse le sorelle nel bosco; e furono ore e poi giorni di appassionata gioia. Non fu tutto un sogno? Uno di quei sogni che bastano a illuminare una vita, anche negli angoli piú ombrosi, come il sole e la luna illuminavano, in quei favolosi giorni di agosto, la boscaglia di elci intorno alla miracolosa chiesetta. Che importava l'umiltà e la rozza accoglienza della capanna? Serviva di rifugio solo nella notte, e a Cosima nelle ore delle sue scritture; il rumorio del bosco la copriva col suo suono di organo, e la luna col suo drappo d'argento. E le ragazze dormivano cullate da quella musica che non aveva l'eguale poiché era la musica della fanciullezza che risuona una sola volta nella vita. Ma per Cosima era qualche cosa di piú grande e trepido: era tutta una rete di mistero, uno svolgersi di cose sorprendenti, come se ella galleggiasse in un fondo oceanico, circondata, non dal selvaggio bosco di elci e dalle roccie fantastiche, ma da tutte le meraviglie delle foreste sottomarine. E tutto questo, oltre la reale dolcezza del soggiorno, allietato dalla libertà e dallo spazio del luogo, dalla bellezza del paesaggio e delle lontananze e dai semplici svaghi della poca gente che dimorava intorno alla chiesetta, dipendeva dalla presenza, in una delle stanze verso la parte opposta di quelle del cappellano, della famiglia di Antonino. Egli non c'era, ma doveva pure qualche giorno venirci, come tutti gli altri giovani della città, che anche se i loro parenti non erano lassú, combinavano gite e passavano anche la notte nel luogo incantevole, accendendo grandi fuochi, combinando cene e balli, bivaccando sotto gli alberi e facendo la corte alle ragazze; doveva arrivare; e la sola speranza di vederlo, anche alla sfuggita, in quello sfondo che era lo sfondo stesso della Poesia, riempiva l'animo di Cosima di una gioia senza limiti. Ma ella non andava mai dalla parte ove la famiglia di lui abitava, e ne sfuggiva le sorelle come per paura che indovinassero il suo segreto e la sbeffeggiassero, o semplicemente perché il suo segreto era per lei grande e sacro come un tabernacolo che nessuno doveva profanare. Ed ecco egli arriva davvero, un giorno; è solo, a piedi, con una fronda in una mano e il cappello di paglia nell'altra. Cosima, che vigilava sempre sul sentiero dall'alto di una roccia, lo vede salire un po' stanco, frustando le felci con la sua fronda: le sembra scontento e disincantato, e pensa che, certo, il luogo, per quanto pittoresco, non è degno di lui: per lui occorrono i parchi coi viali lisci come il velluto, le scalee e le terrazze delle ville principesche, le fontane e le grotte artificiali dei giardini settecenteschi, come ella li ammirava nelle riviste illustrate. E sentí quasi pietà di lui, decisa a nascondersi per non aumentargli il malumore che doveva provare. Eppure la sola idea che egli era lí, nell'umile portico dove le sorelle gli servivano il caffè, illuminava ancora di piú, se era possibile, il paesaggio intorno: e le felci toccate da lui scintillavano come palme dorate, e il cielo era piú vasto e azzurro. Incantesimi della fanciullezza, che nel ricordo dànno un'idea di quello che debba essere un giorno, per l'anima che ci crede e lo aspetta in ricompensa degli innumerevoli disinganni della vita, il regno di Dio sulla terra.
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