L'arte di abbellir la casa, l'home, era una volta un po' trascurata da noi, bisogna convenirne: la lasciavamo ai tedeschi, agli inglesi, col pretesto che il nostro bel cielo ci invitava fuori all'aperto, che per noi la casa non era un soggiorno, ma un ricovero, e che bisognava abbandonare alle genti del Nord, afflitte da nebbie e geli, la cura di ornare la propria prigione. Questo pregiudizio non esiste più. Dobbiamo confessare che, anche da noi, il gennaio si fa sentire, e che è più aggradevole lavorare al tepore d'una parisiennne che inchiodarsi, ben imbaccuccati, davanti ad un camino che fuma - più aggradevole aver sotto i piedi un impiantito di legno che dei mattoni agghiacciati - riposare su poltroncine soffici che rimaner duri duri sopra dei sedili a spalliera dritta, buoni pei nostri antenati vestitid'acciaio. A poco a poco,anche da noi, italiani, l'antico casone semi-vuoto, con gli affreschi anneriti dal tempo, col suolo umido, le porte mal chiuse, ha ceduto il posto alle linde e ridenti casine moderne (che Dio volesse la speculazione rendesse meno anguste), alle casine dove chi non può pretendere a sfarzo principesco trova però una certa eleganza e tutti quegli agi che son necessari a chi fatica col pensiero, come accade a tanti oggidì. Il primo precetto perchè un'abitazione riesca gradita a tutti quei di casa ed ai visitatori, si è che sia arredata, non con ricchezza, ma con buon senso e con un certo buon gusto. Spesso la pretesa ed il soverchio sfarzo nuociono alla comodità, anzichè accrescerla. Un ricco salotto, per esempio, dove non si entri che per due ore alla settimana, ed una sala da pranzo buia ed angusta sono contrarii alla buona disposizione d'un appartamento. Nelle casine inglesi ed in molte delle tedesche v'ha una stanza speciale che da noi finora non ho veduto che in pochi appartamenti; una stanza, detta in Inghilterra parlour, ed in Germania Wohnzimmer, che non è nè la sala delle visite, nè il salottino della signora, ma ha in pari tempo qualcosa dell'uno e dell'altro, e serve tanto per ricevere gli intimi, come per lavorare, studiare, suonare. Vi si trovano solitamente una libreria,una scrivania, un pianoforte, delle buone poltrone, delle tavole con i giornali, albums, libri,scacchieri, scatole di domino; insomma quanto può occorrere per passar aggradevolmente le ore della sera ed accudir alle occupazioni del giorno. Non occorre che quel parlour sia sfarzoso, basta che sia un po' ridente, e quello scopo si raggiungerà, ornandolo di qualche bella pianta verde,di qualche ricamo, di qualche maiolica artistica. Badisi ad escludere affatto gli ornamenti volgari, le litografie ed oleografie, i fiori artificiali sotto campane di vetro,certi lavori in lane di colori troppo vivi, tutto ciò insomma che ha un carattere dozzinale. Il parlour sia popolato di ritratti di famiglia, di ricordi; abbia qualcosa di raccolto e d'intimo; diventerà così il luogo prediletto, il centro della casa. Non esito a credere che fino ad un certo punto si debbano al parlour le abitudini più casalinghe degli uomini inglesi e tedeschi. L'aver un luogo dove riposare e ciarlare ad agio è un conforto che manca ai signori nelle nostre case, dove spesso non v'ha scelta tra l'incomodità della sala da pranzo, invasa dal canestro del bucato, dai bimbi, e l'etichetta del salotto, dove si teme di sciupare i mobili e di rovesciare le scansie coperte di gingilli. Spesso, venuta notte, si presenta in famiglia questo quesito:Come passare il tempo? Ciarlare? Ma dopo pranzo, per ciarlare, piace star comodamente seduti, e le sale da pranzo alla moda non hanno poltrone. Leggere? Ma i libri sono nello studio del marito, in fondo alla casa, e non s'ha voglia di andarli a pigliare. Suonar il pianoforte? Ma il pianoforte è in sala (vestito di panno verde per soprappiù) e la sala è una ghiacciaia... E così? E così il marito va al circolo, dove troverà una bella sala di lettura tepida, od al caffè, dove c'è un'orchestrina. La moglie sospira, sbadiglia, e si rassegna ad andarsene a letto, oppure esce anche lei: va in casa d'altri a cercare ciò che non ha in casa sua: una buona poltrona, un buon fuoco. Insomma, a farla breve, in molti l'amore alla casa si confonde con l'idea del lusso ed esclude quella della vera comodità. N'ebbi una prova recentemente da due signore che avevano mutato alloggio, e mi facevano vedere con certa compiacenza la nuova abitazione. L'una mi condusse attraverso ad una bella anticamera, una sala da pranzo con mobili di acero e cuoio, una sala di noce d'India e damasco azzurro, un gabinetto tutto oro e felpa, una stanza da letto di damasco giallo, tutto nuovo fiammante e stupendo; ma, in nessun luogo trovai traccia di occupazione manuale ed intellettuale, non vidi un cantuccio dove lavorare e scrivere, un libro, un foglio di musica: sicchè, alla fine, con involontaria ingenuità esclamai: - Ma dove abitate? Ella rimase perplessa. - Ah!... non ho scelto,... non ho deciso... Por ora sto... nello stanzone di guardaroba... Quella signora quindi aveva trasformato il suo appartamento in una specie di teatro, dove rappresentava la signora elegante per poi ritirarsi nelle quinte. L'altra mia amica aveva posto in non cale l'aurea massima di Beniamino Franklin (l'inventore del parafulmine, il tipografo fatto illustre): Ogni occupazione abbia la sua ora, ogni cosa il suo posto, ed aveva creduto di raggiungere il non plus ultra dell'eleganza coll'ammobiliare il suo appartamento in modo ibrido, sicchè non vi fossero stanze a destinazione speciale. V'era una fila di pseudo-salottini, con tavole, librerie, divani da letto, seggiolini e seggioloni,il tutto senza fisionomia, per così dire. -Ma, e dov'è la sala da pranzo? Dove la camera da letto? Dove sta la servitù? Dove vi vestite? chiesi colpita. -Quante sale, eh? rispose ella con orgoglio, che bell' effetto per chi viene in visita! E nello stesso tempo, vedi, si può mangiare dappertutto, dormir dappertutto; il divano della sala da pranzo è per mia sorella, quello dell'anticamera per la fantesca.... -E lavarsi? vestirsi? - Oh! c'è di dietro uno stanzino buio dove stiamo mio marito ed io, e c'è da lavarsi.... In buona fede quella signora credeva d'aver fatto bene e non s'accorgeva di essere accampata e non alloggiata. Ma, direte voi, e quando non c'è spazio davvero? Allora sicuramente bisogna adattarsi, cercando però d'evitare certi crimenlesi contro il buon gusto. Una sposina di mia conoscenza si trovò, per vari motivi, a non poter disporre che di un quartierino di quattro locali - poca cosa eh? E di questi, uno era la cucina, e due erano molto piccoli.Che fece? Prese la stanza più grande per stanza da letto, nell'anticamera pose,per la fantesca, una di quelle brande di ferro le quali chiuse e ricoperte da un tappeto figurano una tavola - poi vi aggiunse una cassapanca dove la cuoca riponeva le sue robe, un cantonale chiuso per appiccarvi i vestiti, il tutto inverniciato color rovere, ed un attaccapanni - sembrava davvero un'antisala, eppure rispondeva perfettamente all' uso di stanza. Nel salottino poi, che era ad un tempo sala da pranzo, sala e parlour, c'era una libreria in cui alloggiavano fraternamente, in un riparto i libri, nell'altro il servizio di porcellana per tavola - un pianoforte, una gran tavola per pranzare, un tavolino da lavoro, una scrivania, tende di yuta scuro, tappeti a disegno antico, piante verdi, specchio a cornice di velluto assortito alle tende, porta-musica ricamato, qualche scansia, qualche seggiola di fantasia, ed ecco che la mia amica aveva una sala presentabile ed in pari tempo un luogo comodo da abitare. Mi riassumo: potendolo si eviti sempre di mettere cassettoni, armadi e letti in anticamera: potendo, si cerchi di dissimularli, grazie all' inventiva dell'industria moderna. Si tenga a mente che, come disposizione, possibilmente, dall'antisala si deve passar nei salotti, dove si mettono canapè, poltrone, seggiole, pianoforti, scansie, mobili di capriccio, poi nelle camere da dormire che esigono oltre al letto, un cassettone, un tavolo da notte, un armadio con specchio, un lavabo; la sala da pranzo non deve essere dietro alle camere da letto, ma vicino ai salotti od all'antisala e non vi si deve mettere che una dozzina o più di seggiole di rovere,od acero e cuoio, una o due credenze, la tavola da pranzo, e, se mai, uno o due canapè, di quelli a forma diritta come panchini ricoperti di velluto: le tinte preferite sono il bruno o il verde scuro. Generalmente avendo bimbi piccoli, convien tenerli in uno stanzone a suolo di legno e pochi mobili sicchè siano liberi di giuocare a loro agio. Ciò che si deve poi tenere per norma si è di non far sotto nessun pretesto una babilonia del parlour o della sala da pranzo.Ognuno si vesta in camera propria; mangi ad ora fissa e su tavola appositamente apparecchiata, e se la signora si occupa di certi lavori molto casalinghi, non li trasporti seco, ma si trattenga in guardaroba od in cucina. Conosco una famiglia di cui, all'inverno, la sala da pranzo sembrava un attendamento di zingari. Stavano lì raccolti in otto o dieci persone a far le cose più diverse e le più strambe. La figlia maggiore vi si pettinava,mettendo in fraterno contatto l'accappatoio coi tovaglioli ed il pettine con le forchette; il figlio vi si faceva la barba; i bimbi studiavano o giuocavano; la mamma e la cameriera vi sciorinavano il bucato, cosicchè non era possibile sedere senza correre pericolo di cadere sull'acqua insaponata o sulla biancheria umida, o - peggio - su qualche rasoio. Nè il disordine regnava solo negli oggetti. L'era una torre di Babele: l'uno studiava la lezione; l'altro suonava il pianoforte; l a mamma faceva la predica or a questo or a quello dei ragazzi, i canarini strillavano, ed il papagallo motteggiava tutti quanti.... Era cosa da inorridire e bastava mettere il piede là dentro per accorgersi di essere da persone - forse ottime - ma certamente digiune di ogni norma di creanza e di ogni finezza. Una casa per bene deve essere sempre linda e ben rigovernata, ed anche dove si lavora e si studia, bisogna industriarsi a mantenere l'ordine, il che non riesce difficile purchè si assegni ad ognuno il suo posticino, ed ognuno si tenga il suo buvard, il suo calamaio, la sua cartella per riporre i libri, il suo canestrino da lavoro coll' aggiunta d'un gran canestro per gli oggetti di biancheria, infine un armadio dove riporre i balocchi dei bimbi. Allora, chi entrerà non capiterà in una baraonda; troverà sempre una seggiola libera e leggerà sul viso di tutti un sorriso sincero di cortesia e non uno sgomento di gente sorpresa in flagrante delitto di disordine. E sebbene costi, un po' di fatica, io concedo, il mantenere quella regola, è fatica grata, poichè ha il suo premio, e nelle buone abitudini che i ragazzi prendono senza sforzo - grazie all' esempio - e nella schietta ammirazione dei visitatori, e nella contentezza del marito, il quale - ecco il punto capitale - si trova bene, così bene a casa sua che non ha mai voglia d'uscirne, che finisce spesso col rinunziare al caffè, al teatro, al circolo, per godersi l'intimità e gli agi del domestico focolare.
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