giorno di scendere da qualche parte a fare il suo. E poi tutto il resto che incombe, confonde. Mutamenti dell'aria, terremoti, alluvioni, il poco o
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cosa, a guardare bene anche il fondo del bianco, il suo incavo, il suo riflesso erano bianchi, è il silenzio, mi dicevo, il silenzio dell'origine, o
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, alcuni ancora vivi altri già morti, mescolati tra loro quasi sempre senza cognomi, solo i nomi, le date, le brevi frasi di invocazione o di ringraziamento.
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quale incubo gravava ancora su tutta la mia giovinezza? O i baci i baci vani della fanciulla che lavava, lavava e cantava nella neve delle bianche
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toscana che fu. (Tu già avevi compreso o Leonardo, o divino primitivo!) 21 Settembre (presso la Verna) Io vidi dalle solitudini mistiche staccarsi una
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cose che saranno E il vasto porto oscilla dentro un ritmo Affaticato e si sente la nube che si forma dal vomito silente. ... O Siciliana proterva
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soglie dell'anima così, come le stelle treman la notte, alle divine porte fin che la pietosa alba le coglie. «Hai visto tu passare le barelle, o pazzo
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grappoli. Bevemmo l’acqua d’oro, e l’alba ci trovò seduti sull’orlo della fontana nella vigna non piú d’oro. O dolce mio amore, confessa al viandante che
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dilapidare la lussuosa paccottiglia messa insieme a suon di pesos o di milreis. O forse la sarabanda dei nuovi giunti segna il passo in altre contrade: qui
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che vive il core mio tace o fanciulla. - E quando pel fosco piano cui plumbeo il cielo incombe divampa la fiamma ribelle sospinta dal vento dell'odio
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Tutta la forza dal tuo seno, o terra, il sole ha tratto che salendo avvampa, e l'estate trionfa. Due volte l'erba ti recise avaro il prudente bifolco
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mi stringe sì che il cuor ignoto orrore m'invade, non per me se nella notte solo io soccomba, ma per te, o compagna forte e sicura - che pel mio
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l'onda canuta, né la mensa famigliare e l'usato giaciglio ho rimpianto o il commercio delle care e dolci cose. Né deserto e triste m'è apparso il mar
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che tristi rimembranze chiami mentre filtra sottil pei suoi forami vena di fumo. O caminetto antico quanto è triste che nella nera bocca tua rimanga la
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cresce in una sola vita. Ahi, non c'è mare cui presso o lontano varia sponda non gravi, e vario vento non tolga dalla solitaria pace, mare non è che
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nel ritmo della danza, o fiduciosa nell'infuriar dell'onde, come quando a me che ti chiedevo rispondevi: «Per me non è mai tempo di tornare, chi va
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lente. Così è fuggita e fugge giovinezza ed i miei sogni e la speranza antica nel mio cupo aspettar ancor ritrovo insoddisfatti. Che mi giova o natura
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dal volto mi par ch'altri mi legga il pensiero di te che sei lontana. Dal commercio degli uomini rifuggo allora alla campagna solitaria o alla mia
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Sarà un giorno tranquillo, di luce fredda come il sole che nasce o che muore, e il vetro chiuderà l'aria sudicia fuori del cielo. Ci si sveglia un
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parola che lo contenga o accomuni alle cose passate. Ieri, dalla breve finestra è svanito come svanirà tra un istante, senza tristezza nè parole umane, sul
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Vivis rosa grata et grata sepulcris. I bei giorni trascorsi al presbitero! O mio santo curato che al giovinetto amico schiudesti il dolce asilo
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amico mi venne a narrare: - La giovinetta si è gettata in mare! - O giovinetta, la tua salma bianca non cerchi il pescator di Villafranca, né il canuto
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assorto, tu puoi morir!... Degli Antecristi è l'ora! Cristo è rimorto! O nemico lettor, canto la Noia, l'eredità del dubbio e dell'ignoto, il tuo re
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Vorrei, fanciulla, esser nel tuo corsetto, e, come un serpe ai dì di luglio, in giri voluttuosi errarti intorno al petto: errarti intorno al petto, o
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caffé sbadiglia d'arte, per noia e moda, che il nome mio non s'oda, o ch'ei lo insulti io vo'! L'insulto e la calunnia, sposati in un sorriso, non
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bianca e delicata, vorrei sporcarmi al suo nobile petto: l'arte soave sulla lena innata, e sulla forza verserei l'affetto O Polifemo! il gaio mondo
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ti rammenti, o giovinetto, quando, in mezzo a donne care, in quel dì del primo affetto, le venimmo a visitare? Qui la pioggia allor ne colse, e al
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notte, o pudica, a mormorar: Qui abbiam l'azzurro, la manna e l'aprile, son rime e strofe e non le voglio dar! Condurrò l'Ira anch'essa al mio
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macilento le ragnatele che vi scuote il vento. Ed io siedo a un gradino ove devoti innumeri han pregato, ove ginocchia che or son fango o fiori una traccia
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dice di sì, chi dice di no... Gli è il coro dei matti che Adamo intonò! Eppure costì finiscono i dì: andrem nella luna, negli astri, o nel sol? Non
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far l'amore, meglio che al muso e alla carta velina di un editore: conoscete il Legnone, o miei messeri? là vivi i fiori stanno che qui vi danno - in
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superbi versi, egli vi mesce sillabe mute, e sdegna la lima? Incespica a una rima chi il mondo improvvisò? Eccoti, o laido sgorbio del poeta celeste
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l'Ideal che inseguo, e per le lagrime che Iddio mi serba; o giovinezza che già muti nome una pura armonia spirami ancora, un inno alato; pria che il verno
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artificiale, prima d'essere un fior forse fu un cero di funerale. O fantasìe dell'ammalato ingegno! Penso, guardando il tuo largo mantello, a quel dei
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- O del mio mesto april rondine cara, vieni a volar nella stanzetta mia, quando l'arte, di amplessi ahi! troppo avara, del disinganno vittima mi
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troppo corto il convento non gli dava ... di che fame dimagrava? Sotto il saio pien di tarlo, che animal ci ha posto il dente? Mal di corpo o mal di
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avaro.- - Mi parli già da mesi, o giovinetto, e sai se al mondo ebbi più caldo affetto; sai che di baci mi bruciasti il viso, sai che m'addenta il cuore
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destano l'eco i passeggieri: lunge, lunge dai ruderi romani o progenie di nani! Nimes, maggio 1858.
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son moderni in folio legati a ghirigori, che sembran dir: - guardateci non siam belli ... di fuorí? - Vi posa, o pia memoria! tolto al suo tavoliere
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sui balcon sorridono le matrone galanti, e i giovani eleganti stan pallidi a russar: è questa l'ora; o amabili compagni, è questa l'ora; coll'arte
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cencioso ferraiuol turchino, o urtato in fallo il nano che canta i salmi al muro del cammino; e Dio, travolto in collera, forse soffiò sul mare, e
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. Fanciullo mio giulivo, cerco l'oro dei tuoi ricci all'intorno, e mi par notte il giorno perché nol vedo, o viaggiator estivo, fanciullo mio giulivo! E mi
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quasi spenta è la face! * * Non oso palesarti, o fanciullo, perché mi attardai tanto. Dimmi, andando a dormire, la nostra madre ha pianto? * No, ma
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artier giocondo. E canti il prete : " Soffri! " e canti : " Spera!". Se mi dai sol quattro quartine buone, le leggerò a un poeta doman sera, o giuntami
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sempre adorarti, o Signore, negli astri in cielo e nei fiori in giardino; dammi la calma e dammi un po' d'amore e permetti che viva il mio bambino
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, ma da legge che ingiusta non è. * * * O Musa mia, perdonami se ti ho costretta a far da moralista! Ma sai quanto mi strazii dei miseri la vista! E
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di convalli misterïosi accenti! Parlateci, o loquaci aure azzurrine, zeffiri palpitanti! Date novella a chi spera, a chi lagrima, ai delusi, agli
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sparir trepido e vago sull'anime piovete, oh già da tempo al vecchio avventuroso detto avevate che di tutte al mondo le vicende che il fan gaio o doglioso
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