Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Il letto vuoto

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Bertoni, Alberto 4 occorrenze

Torno a casa alle due e mezzo, mi metto a letto, leggiucchio, di sicuro ho tolto la sovraccoperta - verde e scostato il lenzuolo: il letto è fatto e io non dormo mai sopra il drappo della gatta.

Ippodromo a Cesena fino a tardi: Gran Premio, diecimila persone, verso la fine un 'oppressione da svenire e prima - appena entrato - il mio disturbo agli occhi: bolla liquida per abuso di computer; crollo di zuccheri. Il mondo mi circonda, vorticoso e lontano, la piadina alla salsiccia che mangio è un grumo informe, nella mia mano.

Poi, senza aver percepito nulla - devo pur essermi addormentato, a un certo punto - mi scuoto di colpo dopo un corpo a corpo con mia madre, in un viluppo sconsiderato, qualcosa di erotico e mortale mai provato prima, devo scrollare e picchiare efarmi largo per liberarmi, lei vuole trascinarmi dentro uno specchio nero appoggiato al pavimento, un pozzo senza fondo e il nero non è vuoto, ma un robo appiccicoso come petrolio, vischiosa materia, secrezione indelebile di bestia. Non respiro né sono oppresso, è solo che affogo.

E mia madre contro, attaccata al corpo, violenta che cerca di baciarmi a morte, di trascinarmi sotto. Riemergo nuotando da quel fango e buco nero, mmi sveglio come reduce da un bagno, trafitto di sudore, gesticolo sconvolto, colpisco senza volere la mia gatta, urlo.

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344674
Anedda, Antonella 1 occorrenze

La pioggia riga i vetri e le foglie scrosciano a terra. Il caffè brucia nel vano della cucina in lontananza. E il pericolo è buio, buio e polvere misti a desiderio.)

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344685
Anedda, Antonella 1 occorrenze

“Neppure riuscita a lavarmi i capelli...”

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344702
Anedda, Antonella 1 occorrenze

Il tempo mentre scriviamo vola, noi moriamo a noi stessi mentre intorno ci cresce la vita e la realtà si addensa, s'intreccia, diventa una radice che sale fino a un tronco e ridiventa foglio.

Il letto vuoto

344712
Bertoni, Alberto 1 occorrenze

E adesso che, se non faccio in tempo a trovare parole capaci di avvicinare le due parti della mia lacerazione, una sconfitta molto simile al deserto sarà mia e mia soltanto.

Il letto vuoto

344717
Bertoni, Alberto 3 occorrenze

Non so perché ma sento il bisogno di parlarti, a te proprio a te che da anni non dici piu nulla, che nemmeno mi guardi.

Così ogni pochi minuti sono qui, di fianco a dove passi inchiodata le giornate e ti parlo: a raffica, non so bene di cosa, memorie dissepolte, perdite, presagi, fatti strani.

Tu mi rispondi una volta, due volte, guardandomi fisso con gli occhi dai quali sono nato: ed è l'ultimo sguardo, come se non avessi mai smesso, adesso che ho due anni, dieci, quaranta e tutti gli altri, con uno sguardo terribilmente uguale- saettante, vitale - a quel primo nel nido.

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Anedda, Antonella 2 occorrenze

Una domanda a cui rispondo in fretta: sono in un vento che annuncia un temporale, ascoltando una radio notturna che parla di futuro.

Mi oppongo a questa inutile fatica. Amo guardarla in mattine come questa trasformata dal vento e dalla luce. Se srotolo un tappeto o stendo un lenzuolo sul balcone è solo in obbedienza al ritmo di una morte passata, al suo trambusto che cercava nitore scrostando gli angoli, buttando calce sui muri. Adesso c'è silenzio. So che non torna più nessuno ma che esiste una tregua: questa, ora, tra mezzogiorno e l'una.

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344758
Anedda, Antonella 1 occorrenze

Un giorno ho pensato che ci sarebbe voluto tempo, proprio quando mancava il tempo, per cucire lentamente vicino a una finestra. Quello che avevo scritto poteva stare in un lenzuolo. Poesie, foto, qualche pensiero. Immagino chi ha inventato l'ago. Era vicino al fuoco e di colpo ha visto che l'osso più affilato (come la spina) teneva insieme la pelle. Spina e pelle. Osso. Quello che la morte smembrava poteva essere unito di nuovo. Da piccola cucivo foglie di castagno tra loro fino a farne corone. Sognavo di fare vestiti completamente verdi appena rigati di nero dalle spine dei ricci. Sopportavo che mi entrassero nelle mani. Le corone erano perfette, ma fragili. Bastava una folata di vento e si decomponevano volando a caso nel castagneto.

Il letto vuoto

344804
Bertoni, Alberto 1 occorrenze

In fondo sono stato fortunato, perché Antonio Delfini prima di leggerlo l'ho vissuto e il suo spazio è stato anche lo spaziodella mia immaginazione: mio nonno Mario Sighinolfi , nato come me un ventitré di marzo, era appassionato di bocce, ma - per eccesso di pudore - si limitava a guardare le sfide degli altri, tutti i pomeriggi per lunghe ore, a Modena, nella vecchia piazza d 'armi, fra la Cittadella e la via Emilia. Ogni tanto lo accompagnavo, senza sapere che dalla sua mano - calda anche nel gelo dell'inverno - stava per sbocciare un esperto, non di bocce ma di trotto. Come Delfini stesso ha ricordato, “lo spazio della piazza d'armi, oltre che essere segnato nel suo interno dalla pista dell 'ippodromo per le corse dei cavalli al trotto, era delimitato nel suo amplissimo giro: da alte pioppe cipressine che in lunghi filari andavano verso la campagna e il cimitero; dalla ferrovia; più vicino, ultimo baluardo della città, dall 'ampio e lungo edificio del Foro Boario che prendeva tutto un lato della piazza.” Con la sua storia di voci, allora come oggi: “quelle appresso e quelle distanti, voci di donne, di bambini, di mercanti, di soldati, di cavalli, di somari, di cani, di uccelli, le voci dei giuochi delle bocce e la voce del pallone da football... ”.

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344895
Anedda, Antonella 1 occorrenze

A distanza e indietro c'è il sanatorio dove viene ricoverata a vent'anni. Indossa sempre la stessa giacca di lana a quadri ruggine e neri. La neve sferza la sdraio dove resta tutta la mattina con una borsa di acqua calda tra le gambe. Ha paura. Di nascosto si cuoce un uovo in un tegame. Tra la porta e il vento il gas stringe il tuorlo in un fuoco azzurro-rame.

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344901
Anedda, Antonella 1 occorrenze

Non riesco a sentirti, sta passando un camion carico di ferro, ogni parola spenta dalle sbarre di ferro, ogni nome folgorato dal clangore del ferro, lucido e nero di pioggia senza passato o futuro. Il desiderio non è più l'affamato che guarda dalla finestra la casa illuminata.

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344973
Anedda, Antonella 3 occorrenze

La chiesa della Trinità è un piccolo edificio a navata unica appena fuori dal paese e poco distante dal camposanto. Quando vado a visitarla in un tardo pomeriggio immancabilmente ventoso e deserto, se si esclude la presenza malinconica di un asino in un recinto, vedo che dell'antica architettura settecentesca non resta nulla. Tutto è nuovo, di legno chiaro, da uno dei banchi per inginocchiarsi spuntano un paio di pantofole da casa e poco distante un telo bianco più simile a un asciugamano che a un paramento con la scritta ricamata “Trinità”. A questi dettagli se ne aggiunge un altro: la parete opposta all'altare è interamente coperta di ex voto: non cuori d'argento ma fotografie. Un immenso collage di visi e di corpi di epoche diverse, alcuni ancora vivi altri già morti, mescolati tra loro quasi sempre senza cognomi, solo i nomi, le date, le brevi frasi di invocazione o di ringraziamento.

Mi chiedo, osservando le foto più antiche, se tra quei nomi ci siano anche quelli le cui ossa andarono disperse nel trasporto dal vecchio cimitero a quello attuale, quando - come scrive un cronista del tempo - “migliaia di isolani sprofondarono nell'oblio” a causa della sepoltura usata allora. Le bare infatti venivano collocate su delle sbarre di granito e quando il legno marciva le ossa cadevano nello spazio sottostante confondendosi tra loro.

Con un'ostinazione che non doveva conoscere noia, il comandante turco (che ora dà il nome a un ristorante alla moda) fece uccidere le ottocento persone che avevano rifiutato di convertirsi all'Islam. Stipate dietro un vetro che ha molte parti già offuscate, le tibie sono molto più numerose dei minuscoli crani collocati in alto e di cui non sappiamo né il sesso né l'età né il nome.

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345029
Anedda, Antonella 4 occorrenze

Hölderlin corrispondeva a un nome spesso deriso. Scardanelli scardinava il passato.

Se il destino è nel nome, il mio sta impallidendo fino a spegnersi e forse si disfa: una sconosciuta in un posto sconosciuto.

In questo libro i nomi possono essere dati arbitrariamente da chi legge, possono essere associati a vecchie foto di visi che colleziono negli anni e di cui non so il nome.

Ci chiamano, noi rispondiamo, dobbiamo rispondere, dobbiamo voltarci a rischio della follia. Chi e dove sono, cosa succede se decido di disfarmi del nome, di farmi chiamare in un altro modo? E quante persone dovrei ammaestrare?

Il letto vuoto

345038
Bertoni, Alberto 1 occorrenze

Anzi, dopo aver evitato per una premonizione dell 'ultimo momento la strage del 2 agosto 1980, a Bologna, il treno lo prendo solo verso Roma e molto, molto di malavoglia. Non era cosi da bambino, quando mi facevo accompagnare alla Stazione grande di Modena a veder sibilare i settebelli, trattenendo un minuto il respiro annientato dall'impeto di quel vento improvviso, e la voglia di tuffarmici dentro. Per di più, ho sempre abitato dirimpetto a uno scalo minore, la Stazione piccola, destinato ai trenini per Sassuolo. E lì dentro giocavo, certi giorni di primavera dei primi Sessanta, tra vagoni abbandonati, binari morti, depositi misteriosi e inaccessibili, traversine consunte dalle quali spuntavano sterpi, fili d'erba e sassi odorosi di catrame o di ferro. Mi accompagnava la sensazione di stare in bilico sulla prateria, nel buco di questa pianura che penso da sempre inflnita. Di lì a non molto, verso i dieci anni, ho sentito parlare la prima volta di Fossoli. E ha cominciato in me a scavare, molto prima delle mode e dei bilanci secolari, il tarlo di Auschwitz: prima di tutto il resto, un'esperienza ferroviaria priva di ritorno, della quale era stato senz 'altro colpevole - in quanto testimone muto - anche qualche ramo della mia discendenza, capostazione, casellante o semplice passante che aveva osservato, un mattino qualunque, quei vagoni attraversare la linea dell orizzonte, dal cortile o dalla strada di casa verso nord.

Il letto vuoto

345060
Bertoni, Alberto 5 occorrenze

È l'ora dopocena, precoce per le abitudini italiane, ma di luce già un po' incerta, cosi a nord, quasi all'altezza della Norvegia. D'improvviso, in simultanea, accadono due cose: un cane border collie si avventa, a difesa del suo pezzo di giardino, e abbaia, abbaia violento, fatto strano perché il timbro fondo e calmo della mia voce bastaspesso da solo ad acquietarli, i cani.

Sono in Scozia e cammino lungo il fiurne Black Water Acqua Nera, uno di quei rivoli da niente che poi esplodono in un fiordo interminabile, ali di farfalla capaci di provocare a migliaia di chilometri un tornado.

ti interrompo: ma la resurrezione è solo tregua, spazio vuoto, la salvezza di una particola di vita, briciola o nervo, davanti a questo muro.

Dopo che l'ho chiamato, invece, questo fissandomi latra e salta come un pazzo fino quasi a varcare il suo recinto. Allora mi giro per continuare il sentiero e in quel momento preciso dici di aver freddo, che vuoi tornare indietro. Ma è proprio lì che guardo meglio e pochissimo più avanti sento che l 'aria esplode in un buco di buio: vero, metafisico, assoluto. E da quel buco viene gente, molta che non vedo ma che avverto e neanche per sbaglio ci salto, io stasera lì dentro.

Anche se qualcuna, un giorno o l 'altro, dovrà pure spiegarmi cosa vuol dire “adulti” nel primo mondo contemporaneo occidentale: praticare gli acquisti più scaltri, essere un top troppo presto scavalcato o insegnare a dei figli straviziati la correttezza politica e animale?

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