Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Introduzione alla sezione "Dall'idea al fatto (1919)"

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Sturzo, Luigi 14 occorrenze
  • 1955
  • Opera omnia. Seconda serie (Saggi, discorsi, articoli), vol. iii. Il partito popolare italiano: Dall’idea al fatto (1919), Riforma statale e indirizzi politici (1920-1922), 2a ed. Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2003, pp. 3-9.
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Mentre il primo organizzarsi dei cattolici europei sul terreno politico portò l'impronta di difesa delle ragioni morali ed ecclesiastiche del cattolicesimo di fronte alla borghesia anticlericale allora dominante, lo sviluppo del movimento socialista e delle teorie marxiste e la imponenza del movimento operaio a base sindacalista, fecero orientare un'ala importante dei cattolici verso il movimento democratico-sociale. L'enciclica di Leone XIII sulla questione operaia servì di base teorica e di spinta a più larghe attuazioni; mentre nel campo dell'organizzazione si andavano affermando le leghe operaie, le cooperative agricole e le iniziative di mutualità, alle quali si dava un carattere extra-politico ma religiosamente e socialmente formativo; sul terreno politico si tentavano i primi saggi di legislazione sociale.

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L'esperienza, fin dal 1895, nella vita municipale, l'attività nel campo delle opere sociali (leghe e cooperative) e di azione cattolica (circoli, comitati econgressi), portarono chi scrive fuori del cerchio della città natale, a frequenti contatti nel campo politico e ai dibattiti del tempo, riguardo la posizione dei cattolici nella vita del paese.

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In Francia i cattolici sul terreno politico si affermarono più per le teorie e le idee sostenute da uomini quali De La Mennais, Lacordaire, Ozanam e Montalembert; mai arrivarono a organizzarsi in partito autonomo. Il tentativo dell'Actionlibérale,costituito dopo la lettera di Leone XIII del 1892, non ebbe fortuna, fra i cattolici impegnati nella questione monarchica e legati al conservatorismo borghese. Solo nel 1924 si costituì il primo nucleo dei democratici popolari.

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I capi socialisti, fra i quali principalmente Filippo Turati, non potevano avere alcuna posizione direttiva nel paese, perché i socialisti, con la pregiudiziale anti-borghese, avevano volontariamente rinunziato a partecipare a qualsiasi governo che non fosse socialista.

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Dall'altro lato, le dispense caso per caso del non expedit,date attraverso i vescovi a candidati cattolici, e più ancora a liberali moderati, per fronteggiare l'avanzata dei socialisti e opporsi alle candidature anticlericali (sostanzialmente anticattoliche), determinavano un lento ma certo franamento al precedente rigore nell'osservanza del non expedit, e abituavano i pochi cattolici deputati (e non «deputati cattolici») all'esercizio parlamentare, creando speranze in un, più o meno lontano, propizio avvenire. Il patto Gentiloni, da me avversato nella qualità di consigliere dell'unione elettorale cattolica, fu come la lancia di Achille, della quale dice Dante: «soleva esser cagione, prima di trista e poi di buona mancia». Da un lato, quel patto legge ancora di più i cattolici alle consorterie clerico-moderate; dall'altro lato sviluppò due reazioni: l'anticlericale e socialista e quella dei cattolici sociali (organizzatori di leghe operaie e di cooperative contadine) e dell'ala democratica cristiana, ancora diffusa come tendenza pur non avendo una propria organizzazione.

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Riassunsi il mio pensiero in un discorso pronunziato a Caltagirone nel dicembre del 1905, pubblicato in opuscolo e infine in appendice nel volume: Sintesi sociali.Il discorso portava il titolo: I problemi della vita nazionale dei cattolici italiani (*)"(*) Il discorso fu ripubblicato in appendice nel volume"> Dall'Idea al Fatto; qui si omette perché prenderà il suo posto nel volume: Sintesi sociali., e sosteneva la tesi della necessità di organizzarsi in partito, non come cattolici ma come cittadini, sullo stesso piano degli altri, pur avendo ideali, piani, finalità e interessi diversi da quelli degli altri partiti.

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Era naturale che, appena firmato l'armistizio, mi recassi in un centro come Milano a pronunziarvi il discorso (17 novembre 1918) che, collegandosi a quello del 20 dicembre 1905, segnava la prefazione alla costituzione di «un partito fra cattolici».

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A trentasette anni di distanza e dopo tanti avvenimenti, principale il trattato del Laterano dell'11 febbraio 1929, è difficile che il lettore comune si renda conto della difficoltà principale ad attuare il proposito di costituire un partito fra cattolici, voluto, espresso ed attuato da un prete, che mai era venuto meno e mai sarebbe venuto meno ai doveri di disciplina ecclesiastica.

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Durante la guerra la mia posizione personale aveva avuto rilievi, non cercati ma effettivi, quale vice presidente dell'associazione dei comuni italiani (presidente ne era il senatore Greppi sindaco dì Milano, che durante la guerra veniva a Roma molto saltuariamente). Nominato, in rappresentanza dei comuni, membro della commissione per gli approvvigionamenti, vi presi parte attiva. Nominato consigliere delegato della società editrice, che pubblicava il Corriere d'Italia,dovetti per qualche tempo occuparmene fin che trovai opportuno dimettermi. Istituita la giunta direttiva dell'Azione cattolica (marzo 1919) vi fui nominato segretario del Pro-Schola; ne curai l'organizzazione e promossi la fondazione dell'associazione degli istituti di scuola privata. Fondai con don Luigi Boncompagni l'opera per gli orfani di guerra e la propagai in tutta Italia. Fondai con un gruppo di amici il consorzio di emigrazione e lavoro; partecipai attivamente alla fondazione della confederazione dei sindacati cristiani (bianchi) e quella delle cooperative. Tenni conferenze e partecipai a congressi in molte parti d'Italia.

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Attlee, nella sua visita a Washington durante la guerra, ebbe ad assicurare il congresso americano, in un notevole discorso, che il partito laburista era un partito interclassista;e forse era sincero, se vi computava l'élite dirigente in parte di origine borghese con qualche nobile di razza, a parte i laburisti che il re aveva nominato sir e baronet.Ciò non ostante il partito laburista è un partito di classe. Ma dal giorno che i cattolici dei vari paesi si distaccarono dalle coalizioni liberali e cessarono di prendere la figura di cattolici-liberali o di clerico-moderati (sia in Italia che fuori), e svilupparono l'attività sociale in mezzo alle masse, crearono il vero tipo di partito di centro. Il nome centro venne dalla Germania; lo sviluppo da partito di difesa cattolica a partito di iniziativa sociale venne pure dalla Germania, mentre dal Belgio venne il nome di democrazia cristiana, che là si concretezza in lega democratica cristiana divenuta poi l'ala sinistra, non sempre in armonia con quella di destra, del partito cattolico belga; finché dopo più di mezzo secolo si arrivò anche nel Belgio alla formazione del partito cristiano-sociale, simile alla democrazia cristiana d'Italia.

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La varie fasi del partito popolare potranno interessare lo storico; ma l'effetto principale: quello di avere messo i cattolici al centro della responsabilità politica del paese, quale elemento integrativo insopprimibile, ha portato e porterà una filiazione che, comunque vista, rimane intatta, anche quando venga minimizzata o perfino negata con le solite ipotesi dei se,messe avanti a contraddire alla realtà dei fatti.

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Rimane anche intatto l'altro significato, quello di partito di centro, partito di confluenza delle categorie o classi sociali, e quindi, per sua propria essenziale vitalità, basato sulle libertà a carattere democratico. Chi guarda bene le strutture dei partiti, ne può rilevare o la formazione di élites dominanti ed influenti: la militare e la nobile attorno ad una monarchia paternalista; la borghese liberale e i ceti medi negli stati costituzionali dell'ottocento e così via; ovvero la formazione di partiti di classe (lavoratori e proletari).

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Una terza eredità viene ancora dal partito popolare: l'affermazione e la prova di essere un partito di cattolici italiani, e non un partito di tutti i cattolici, che, grazie a Dio, sono in Italia assai di più degli affiliati ad un partito. Questa affermazione fu classificata, da chi scrive, come confessionalismo.La parola non diceva bene l'idea e la realtà impressa al partito popolare, e fu anche criticata in alcuni ambienti ecclesiastici; ma diceva tutto quel che allora era necessario dire. Il papa Benedetto XV nel dicembre 1918 (poche settimane prima dell'appello del partito popolare italiano) aveva sottolineato la distinzione tra la funzione dell'azione cattolica da quella di cittadini cattolici sul terreno della vita pubblica.

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Forse la convinzione e l'esercizio delle autonomie locali e la difesa della economia libera, daranno lo spunto alle rivendicazioni di libertà, che oggi sembrano soffocate dall'incalzare dei problemi sociali, con la illusione, dura illusione, che questi possano venire più rapidamente e più equamente risolti a base di interventi statali e di leggi protettive.

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