Liù ha un grido disperato, s’aggira come pazza cercando, inutilmente, di aprirsi un varco, implorando, supplicando.
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E volge intorno lo sguardo supplichevole. D’improvviso un giovine accorre, si piega sul vecchio, e prorompe in un grido.
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Poi tornano, insieme, a sedere. Nella folla corre un mormorio di stupore, subito represso dal gesto d’un dignitario.
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Rimangono soli, l’uno di fronte all’altra, il Principe e Turandot. La Principessa, rigida, statuaria sotto l’ampio velo, non ha un gesto, non un
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un breve silenzio
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Un breve silenzio.
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D’un tratto è il silenzio.
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Il piazzale è pieno di una pittoresca folla cinese, immobile, che ascolta le parole di un Mandarino. Dalla sommità dello spalto, dove gli fanno ala
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Si fa un grande silenzio, pieno di terrore.
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Allora un terrore superstizioso prende la folla: il terrore che quella morta, divenuta spirito malefico perché vittima di una ingiustizia, sia
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Le fanciulle, sospinte, circondano il Principe, che con un movimento di ribellione grida:
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Nel tumulto molti cadono. È un confuso vociare di gente che arretra impaurita.
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È l’ultima invocazione del Principino di Persia morente. Poi un colpo sordo.
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Turandot ha un gesto imperioso: è la condanna. Il carnefice piega il capo, annuendo.
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Un raggio di luna la illumina. La Principessa appare quasi incorporea, come una visione.
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Ai piedi del loggiato, sostenuto da due archi, è un gong di sonorissimo bronzo.
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I tre Ministri stendono a terra un manto d’oro mentre Turandot ascende la scala.
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Il Principe Ignoto per un momento esita. Poi la sua ossessione lo riprende. Il gong sfolgora sempre.
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Un chiaro corteo di donne appare dalla Reggia e si distende lungo la scalèa: sono le Ancelle di Turandot.
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Timur e Liù non sanno staccare gli occhi e l’anima dal Principe. Fra un solenne silenzio Turandot dice:
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Il Principe esita. Lo sguardo di Turandot sembra smarrirlo. Egli cerca. Egli non trova. La Principessa ha un’espressione di trionfo.
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Appare il vasto piazzale della Reggia. Quasi al centro è un’enorme scalèa di marmo, che si perde nella sommità fra archi traforati.
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A un cenno di Ping gli sgherri l’afferrano, le torcono le braccia. Liù grida. Ed ecco Timur si scuote dal suo terribile silenzio.
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L’oro degli sfondi s’è tramutato in un livido colore di argento. La gelida bianchezza della luna si diffonde sugli spalti e sulla città.
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Un gruppo di sgherri trascina il vecchio Timur e Liù, logori, pesti, affranti, insanguinati. La folla ammutolisce nell’ansia dell’attesa. Il Principe
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E sale d’impeto la scala, e i due amanti si trovano avvinti in un abbraccio, perdutamente, mentre la folla tende le braccia, getta fiori, acclama
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E tendono contemporaneamente l’indice verso la sommità degli spalti, dove in questo momento appare il gigantesco carnefice che pianta sopra un
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Si tendono alti e minacciosi i pugnali verso il Principe, stretto nella cerchia feroce e disperata. Ma d’un tratto s’odono grida tumultuose dal
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Appare un padiglione formato da una vasta tenda tutta stranamente decorata da simboliche e fantastiche figure cinesi. La scena è in primissimo piano
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nudo, lo sguardo assente, la ferocia della folla si tramuta in un’indicibile pietà.
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Principessa muto, con gli occhi sbarrati e un’espressione di supplica disperata.
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anima ferocemente accompagnato da un canto sguaiato cui la folla fa eco:
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A destra sorge un padiglione a cui si accede per cinque gradini, e limitato da una tenda riccamente ricamata. Il padiglione è l’avancorpo d’uno dei
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Il Principe che s’era dominato per non tradirsi, ora, a udir lo scherno crudele e la minaccia, ha un movimento di impetuosa ribellione. Ma Turandot
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L’esterno del palazzo imperiale, tutto bianco di marmi traforati, sui quali i riflessi rosei dell’aurora s’accendono come fiori. Sopra un’alta scala
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è rotto da un grande loggiato tutto scolpito e intagliato a mostri, a liocorni, a fenici, coi pilastri sorretti dal dorso di massicce tartarughe.
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C’è in tutti un senso di pietà, di turbamento, di rimorso. Sul volto di Turandot passa una espressione di tormento. Se ne avvede Ping, che va
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Turandot fissa Liù stesa a terra; poi con gesto pieno di collera strappa ad un aiutante del boia che le è vicino una verga e percuote con essa in
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della scala appare, seduto sull’ampio trono d’avorio, l’Imperatore Altoum. È vecchissimo, tutto bianco, venerabile, ieratico. Pare un dio che apparisca di
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una lanterna rossa, una lanterna verde e una lanterna gialla, che poi depongono simmetricamente in mezzo alla scena sopra un tavolo basso, circondato
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