Un raggio di luna la illumina. La Principessa appare quasi incorporea, come una visione.
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Tornano a sedere. Solo Ping rimane in piedi, quasi a dar più valore alla sua invocazione.
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E allora, quasi per affascinare e stordire il Principe, scende rapida fino a metà della scala. E di là propone il secondo enigma.
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Ed ecco nel silenzio dei giardini dove le ultime ombre già accennano a dileguare, delle voci sommesse sorgono lievi e si diffondono quasi irreali.
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Appare il vasto piazzale della Reggia. Quasi al centro è un’enorme scalèa di marmo, che si perde nella sommità fra archi traforati.
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Adagiato sui gradini del padiglione è il Principe. Nel grande silenzio notturno egli ascolta i richiami degli Araldi, come se quasi più non vivesse
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Il Principe è afferrato dagli sgherri e tenuto fermo, legato. Allora Turandot riprende la sua attitudine ieratica, quasi assente, mentre Liù
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Attende sicura, quasi indifferente. Ma il vecchio tace. Intontito dal dolore, scompigliata la sua veneranda canizie, pallido, lordo, pesto, guarda la
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E finalmente, bellissimo, quasi infantile, appare il Principino di Persia. Alla vista della vittima che procede smarrita, trasognata, il bianco collo
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Sul sommo della scala, altissimi e pomposi si presentano gli otto sapienti. Sono vecchi, quasi eguali, enormi e massicci. Il loro gesto è lentissimo
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Le mura della grande Città Violetta: la Città Imperiale. Gli spalti massicci chiudono quasi tutta la scena in semicerchio. Soltanto a destra il giro
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quasi infantile, mormora:
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Il Principe non ha quasi più la forza di reagire. Ma ecco richiami incerti, non voci ma ombre di voci, si diffondono dall’oscurità degli spalti. E
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