prodigava i suoi sorrisi e le sue grazie, non moltiplicava al momento delle chiamate di fine di atto i suoi inchini, che per quel palchetto di proscenio a
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risolutamente sino alla fine, attendendo da un momento all'altro — mi raccontò egli dopo - che il Congresso rumoreggiasse o commentasse clamorosamente la
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d'agosto o di settembre, alla fine di tre settimane infernali di grandi manovre che aveva dovuto pur troppo conoscere quando, principe ereditario
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meno, gli tendeva con regale urbanità. Ma per evitare di dar la mano due volte Sua Maestà volle che quel saluto fosse anche la fine della conversazione
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