Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Transito e protezione dell'ambiente marino negli stretti utilizzati per la navigazione internazionale - abstract in versione elettronica

155829
Fornari, Matteo 1 occorrenze
  • 2015
  • DoGi - Dottrina Giuridica
  • diritto
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La disciplina della navigazione attraverso gli stretti è prevista in maniera abbastanza articolata dalla Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (CNUDM) (Montego Bay, 1982), entrata in vigore nel 1994. Molte parti della CNUDM sono state adottate, peraltro, dopo accesi dibattiti durante i negoziati, e rispecchiano quindi, sovente, delle soluzioni di compromesso. Ne è un esempio la Parte III della CNUDM, dedicata al passaggio negli "stretti utilizzati per la navigazione internazionale". Questa Parte introduce una importante novità per quanto concerne la navigazione negli stretti. La regola principale è ora il c.d. " passaggio in transito", una modalità di navigazione che si avvicina alla libertà di navigazione in alto mare. Il passaggio in transito si applica agli stretti di particolare rilevanza per la navigazione commerciale e militare, in quanto essi costituiscono la sola rotta per raggiungere determinati mari o in quanto non vi sono altre rotte comparabili dal punto di vista della navigazione e delle loro caratteristiche idrografiche. Ne sono un esempio le Bocche di Bonifacio, lo stretto di Dover, lo stretto di Malacca, lo stretto di Torres. Appare però evidente come il regime del passaggio in transito sia palesemente favorevole agli interessi degli Stati utilizzatori, nonostante sia generalmente considerato il risultato di un compromesso raggiunto durante i negoziati tra Stati costieri di stretti e Stati utilizzatori. È in questo contesto - evidentemente insoddisfacente dal punto di vista della tutela dell'ambiente marino e costiero degli stretti - che devono essere inquadrate le azioni degli Stati volte a garantire una tutela ottimale dell'ambiente marino e costiero degli stretti rientranti nella loro giurisdizione.

Problemi di costituzionalità (e di conformità al diritto dell'unione) della "nuova" mediazione civile obbligatoria: diritto alla tutela giurisdizionale e principio di proporzionalità - abstract in versione elettronica

156209
Zampetti, Giovanni 1 occorrenze
  • 2015
  • DoGi - Dottrina Giuridica
  • diritto
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Il contributo intende mettere in luce alcuni problemi di legittimità costituzionale e di conformità al diritto dell'Unione che interessano la disciplina della mediazione civile obbligatoria contenuta nel d.lgs. n. 28 del 2010. In particolare, prendendo le mosse dai caratteri intrinseci dei mezzi alternativi di risoluzione delle controversie civili, si evidenzia come nell'ottica del legislatore nazionale la mediazione introdotta in attuazione della Direttiva 2008/52/CE sia concepita in prevalenza come strumento idoneo alla deflazione del contenzioso giudiziario. Dopo la sentenza n. 272 del 2012 con la quale la Corte costituzionale ha dichiarato incostituzionali le disposizioni sulla mediazione obbligatoria per eccesso di delega, il legislatore ha reinserito il meccanismo della obbligatorietà con il d.l. n. 69 del 2013 convertito, con modificazioni, in legge n. 98 del 2013, riproponendo nella sostanza l'impianto della previgente disciplina. Nello specifico, infatti, la mediazione obbligatoria è stata nuovamente concepita come onerosa e per essere applicata ad una tipologia davvero ampia di controversie, a differenza delle forme settoriali di conciliazione obbligatoria già esistenti nell’ordinamento. Molti dei dubbi di costituzionalità che erano stati avanzati dalla dottrina, e che non sono stati direttamente affrontati dalla Corte costituzionale, si ripresentano pertanto rispetto alla nuova disciplina. In particolare, nel contributo, vengono evidenziati i profili di incostituzionalità e di incompatibilità con il diritto dell'Unione rispetto ai limiti alla compressione del diritto fondamentale alla tutela giurisdizionale, con riguardo alla onerosità della mediazione obbligatoria e alla ipotizzata violazione del principio di proporzionalità. Sotto quest'ultimo profilo si rinviene la possibilità dell'applicazione del principio attraverso un test abbastanza solido, tenuto conto degli orientamenti della Corte costituzionale, anche sulla base delle affermazioni contenute nella stessa sentenza n. 272 del 2012, e della Corte di giustizia.

Sul titolo delle leggi di revisione costituzionale. Prime riflessioni a margine del disegno di legge di riforma della seconda parte della Costituzione attualmente "in itinere" - abstract in versione elettronica

156303
Carnevale, Paolo 1 occorrenze
  • 2015
  • DoGi - Dottrina Giuridica
  • diritto
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Lo studio si occupa di una questione che, assai trascurata dal nostro diritto positivo, è stata invece al centro di una certa attenzione sia della letteratura giuridica che della giurisprudenza. Si tratta del problema del senso e del valore da attribuire al titolo della legge, risolto per lo più escludendo la sua appartenenza al testo dell'atto e negando, per conseguenza, la possibilità di riconoscere ad esso qualità normativa, per ammetterne semmai una certa qual valenza sul piano ermeneutico. Mai tuttavia sino ad ora il tema era stato affrontato con riferimento a quella particolare categoria di leggi formali costituita dalle leggi costituzionali, anzi più specificamente di revisione costituzionale. La scelta del nuovo orizzonte prospettico in cui si muove lo scritto è stata in qualche modo sollecitata dal disegno di legge di revisione della intera seconda parte della Costituzione attualmente in discussione, il quale reca un titolo generale inusitatamente articolato. Nell'interrogarsi sulle ragioni di questa opzione abbastanza inconsueta nella nostra tradizione - che si è fondamentalmente orientata in favore del c.d. titolo "muto", sostanziato dal solo richiamo in termini formali dell'oggetto della legge - l'A. mostra, in particolare, come la specifica vocazione funzionale delle leggi di revisione finisca per far perdere di significato ai termini tipici della "querelle" sul titolo delle leggi, senza tuttavia spingere necessariamente verso l'affermazione della giuridica irrilevanza del titolo. Questa, infatti, può essere rintracciata nel ruolo che il titolo delle leggi di revisione costituzionale può giocare nell'eventuale referendum confermativo previsto dall'art. 138 Cost., stante la prassi di ricorrere per il quesito referendario alla formula prevista dall'art. 16 della legge n. 352 del 1970 per le leggi costituzionali (e non di revisione), secondo la quale a finire sulla scheda è proprio il titolo della legge approvata che finisce così per svolgere l'influente ruolo di indicatore sintetico del "thema decidendum" della consultazione popolare.

Crisi economico-finanziaria, globalizzazione, teoria dei cicli funzionali (in margine a "La separazione dei poteri" di Gaetano Silvestri) - abstract in versione elettronica

156345
Grasso, Giorgio 1 occorrenze
  • 2015
  • DoGi - Dottrina Giuridica
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Il saggio riprende i risultati più significativi degli studi compiuti da Gaetano Silvestri sul principio della separazione dei poteri e in particolare la tesi secondo la quale, nei sistemi costituzionali contemporanei, l'incompatibilità di più funzioni in capo allo stesso potere sia tuttora vigente e valida, in modo abbastanza rigoroso, soltanto all'interno di ciascun ciclo funzionale dell'ordinamento costituzionale. La tenuta di tale teoria, in grado di salvaguardare le medesime istanze di garanzia e di libertà che erano proprie della dottrina originariamente elaborata da Montesquieu, è misurata considerando da vicino i fenomeni di mondializzazione e le ricadute sull'assetto costituzionale complessivo della crisi economico-finanziaria ancora in corso. Le conclusioni cui si perviene portano a confermare la persistente attualità della formula del non cumulo delle funzioni nelle singole sequenze della vita dell'ordinamento, come quelle assai problematiche dell'indirizzo politico o della revisione costituzionale, ribadendo tutta l'utilità dell'intuizione per la quale, anche nei confronti della sostanza autoritaria tipica delle istituzioni della globalizzazione, si debbano necessariamente costruire argini alle diverse forme di esercizio del potere.

L'approccio più economico nel diritto comunitario della concorrenza. Il più è troppo o non (ancora) abbastanza? - abstract in versione elettronica

156736
Van Den Bergh, Roger; Giannaccari, Andrea 2 occorrenze
  • 2015
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L'approccio più economico nel diritto comunitario della concorrenza. Il più è troppo o non (ancora) abbastanza?

Il diritto della concorrenza UE testimonia un utilizzo crescente dell'analisi economica. Ma più economia non implica necessariamente un migliore diritto della concorrenza. Anzitutto, il rilievo degli approcci economici dipende dagli obiettivi che la disciplina si suppone debba traguardare. Se l'obiettivo è raggiungere il benessere totale, non c'è ancora abbastanza economia nel diritto comunitario della concorrenza, come mostrano il divieto agli accordi verticali di fissazione dei prezzi e la mancata compensazione della perdita secca nelle azioni di risarcimento danni. Inoltre, il benessere totale può entrare in conflitto con altre finalità economiche, come in particolare la massimizzazione del benessere dei consumatori e la tutela del processo concorrenziale in sé. In secondo luogo, l'approccio più economico della Commissione europea può essere criticato poiché trascura approcci economici alternativi. Un'insufficiente considerazione è rivolta alla possibilità di rivitalizzare i principi di matrice ordoliberale del diritto comunitario della concorrenza, così come l'enfasi sugli effetti di prezzo di breve termine trascura il profilo dell'efficienza dinamica. Infine, gli approcci economici devono innestarsi sul quadro giuridico esistente. In tale prospettiva, ci può essere troppa (o una fallace) analisi economica nel diritto europeo della concorrenza. I modelli economici devono essere tarati per comprendere i mercati reali, e le specificità del sistema giuridico devono parimenti figurare nell'analisi economica. In definitiva, a seconda degli obiettivi da raggiungere vi può essere troppa o non ancora abbastanza economia nel diritto della concorrenza UE.

Aggiornamenti sul ricorso straordinario al Capo dello Stato: l'ircocervo esiste - abstract in versione elettronica

157191
Battini, Stefano 1 occorrenze
  • 2015
  • DoGi - Dottrina Giuridica
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Esso è "abbastanza giurisdizionale" da giustificare la facoltà dell'organo decidente di sollevare questioni di legittimità costituzionale e l'esperimento di rimedi effettivi per garantire l'esecuzione delle decisioni; ma è anche "abbastanza amministrativo" per poter conservare quelle caratteristiche di snellezza, rapidità, informalità, economicità, che gli consentono di rispondere a una quota rilevante della domanda di giustizia amministrativa. Il ricorso straordinario, dunque, è necessariamente ambiguo: deve essere giurisdizionale; ma non troppo. Non può esistere, se non come ircocervo.

Sull'opponibilità a un "terzo" di una clausola di scelta del foro contenuta nell'atto istitutivo di un trust - abstract in versione elettronica

158769
Lupoi, Michele Angelo 1 occorrenze
  • 2015
  • DoGi - Dottrina Giuridica
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Preliminarmente, peraltro, l'A. affronta alcuni aspetti processuali relativi all'ammissibilità del regolamento di giurisdizione in una fattispecie abbastanza peculiare. Nel merito, viene condivisa la decisione della Corte che ritiene non applicabile una clausola di proroga della giurisdizione nei confronti di un soggetto estraneo ai rapporti interni del trust e questo anche qualora tale soggetto rientri tra i potenziali beneficiari del trust stesso ma abbia proposto un'azione incompatibile con la volontà di avvalersi di tale posizione beneficiaria e volta anzi ad attaccare l'atto istitutivo di trust in quanto lesivo dei suoi diritti ereditari.

"In house" e anticipata efficacia della direttiva 2014/24/UE - abstract in versione elettronica

158837
Veltri, Giulio 1 occorrenze
  • 2015
  • DoGi - Dottrina Giuridica
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Ne deriva un quadro abbastanza complesso in cui l'evidenza del diritto scritto, non ancora applicabile negli Stati membri, stride con il carattere notoriamente vincolante delle statuizioni della Corte di Giustizia.

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