un’educazione signorile. Quando Webb risponde a quella domanda dicendo che il gusto dei ritratti ha ostacolato la nascita di una pittura di storia
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e francesizzanti del Seicento. Bisognava dunque, come aveva intuito Webb e spiegherà meglio Reynolds, separare il valore o le qualità puramente
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già riconosciuto da Hogarth (e, tra scrittori, da Richardson, da Webb, da Walpole) e sarà solennemente riaffermato da Reynolds. Se la critica è il
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gran frequentatore di teatri e afferma che la propria pittura non è altro che una sorta di teatro; Webb insiste sull’analogia di pittura e teatro e
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possibilità di curvatura ed è quindi infinitamente varia, anzi è la linea stessa della varietà come bellezza. Webb, che adora artisti italiani, la ritrova
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capricci dell’anima, lascia che la tenera brezza della grazia di Webb e quella più ardente dell’entusiasmo di Shaftesbury sciolgano in superficie i ghiacci
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mettersi in relazione, in sintonia con le altre: un movimento continuo o un ritmo, precisa il Webb (An Inquiry into the Beauties of Painting, 1760), che a
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Inghilterra col Richardson, il Webb, i teorici del «pittoresco» e poi del «sublime», nonché con gli scritti di artisti quali Hogarth, Reynolds
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