un principio di verità, razionale o dommatica che fosse, pesa tutto sull’arte. La scienza non ha ancora elaborato una prassi al di la del proprio
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Malgrado le insinuazioni del Bernini, il Borromini è tutto altro che un eretico: semplicemente non crede che la salvezza sia lì, a portata di mano
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Da tutto ciò si deduce: 1) che il progetto borrominiano fu approvato da Innocenzo X e quindi non era in contrasto col suo proposito di conservare la
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celebrazioni giubilari, non si sentisse più l’urgenza di completare il restauro. Ed è poi del tutto normale che, morto Innocenzo e succedutogli Alessandro VII
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tutto nuovo per l’attuale ed il contingente, per l’effetto immediatamente emotivo e intensamente eccitante, per una fede religiosa non più intesa come
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delle prime navate laterali. In tutto il lessico borrominiano la soluzione, che potremmo chiamare delle membrature negative cioè sfuggenti e incavate
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quell’elemento il tema del sacro, sia per liberarsene, e per poter sviluppare liberamente come decorazione festosa o addobbo cerimoniale tutto il resto
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grande tamburo, in uno spazio tutto aria e luce, dove i volumi sono come sottratti alla gravità, alla concretezza materiale del loro essere; e che le
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, cioè una «perspecitiva artificialis», il secondo. È vero che, per tutto il Quattrocento e gran parte del Cinquecento, si è cercato di associare o
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Tutto il progetto subisce però, nel giro di pochi anni (la costruzione fu iniziata nel 1662), una trasformazione radicale: e la trasformazione è
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, Michelangiolo cambia tutto), dal programma iconografico alla concezione formale.
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maggior vano, in moderata penombra, immette nel secondo, tutto chiaro nel1’alta luminosità della cupola, e dove questo, a sua volta, introduce alla
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Soggetto»; ma soprattutto si preoccupa della forma generale, che «né in tutto fatta a misura di versi, né in tutto senza numero convien che sia», dacché l
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in cielo con tutto il fardello della carne, delle passioni, dei peccati. Ciascuno trova nella macchina la spinta che gli occorre, purché regga allo
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»: dissacra anche, ed anzi tutto, il binomio immaginazione-tecnica, negando al primo termine ogni valore rivelatorio ed al secondo la funzione di
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Condizione fondamentale della progettazione è «fare il tutto colla minore spesa possibile» (T. 1°, cap. III, osser. 11). La posizione ideologica del
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, l’attuazione del progetto perde ogni ragione d’urgenza e viene perciò sistematicamente posposta ai nuovi impegni di lavoro: se tutto si riducesse a
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«modernista» in tutto il resto.
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più, vi aggiunge altri ordini, come il gotico e l’atlantico, che naturalmente buttano all’aria tutto il sistema; ed ammette tranquillamente che, una
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’architettura giudica l’occhio e non la ragione, la distinzione cade: se tutto è fenomeno, non si può distinguere tra fenomeni principali e accessori, tra
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’artista vive nel fervore della «riforma cattolica» di Juan de Valdes e del circolo di Vittoria Colonna. Ha rinunciato a tutto ciò che è «mondano
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, architettonico o naturale, che non sia anch'esso tutto esterno, spiegato. Nel ragguaglio di società e natura, l'aristocrazia e la corte stanno al resto del
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del Juvarra è un’architettura da eseguire, come una partitura musicale. E qui è l’aspetto illuministico della sua opera. Tutto, ormai, si può dire con
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guariniana di San Lorenzo. Ma quello che il Passanti definisce benissimo «un intreccio d’archi tutto filtrante luce» e che sembra reggersi sfidando tutte le
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necessariamente ridotto il campo d’azione dell’arte figurativa: i cui compiti «civili», salvo qualche decorazione, s’erano ristretti, per tutto il Seicento
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Le circostanze esterne che, per tutto il Seicento, limitano la figurazione ai temi civili, non mutano sostanzialmente nel corso del Settecento
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anzi con la lucida consapevolezza d’una nuova funzione storica, alla cerchia ristretta delle grandi famiglie. Né vi fu, per tutto il Settecento
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paesaggio, indefinito e lontano, o tra la singola persona e la società come un tutto o tra società e natura, è ancora la ricerca di un’associazione di
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cose che servono alla descrizione e allo sviluppo della situazione drammatica. È una regola del giuoco: lo spettatore deve sapere che tutto ciò che
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il prodotto dell’ignoranza o dell’arbitraria interpretazione di esse. È uno spazio tutto fatto di cose, puramente fenomenico, benché cose o fenomeni
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come occupata da esse, ben poco peso possono avere, nel corso del processo, le percezioni e le sensazioni. Infatti non v’è, in tutto quel processo, uno
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fenomeni, una struttura razionale, una logica matematica in tutto simile a quella della mente umana, mentre il giardino «all’inglese» nasce dal
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attuarsi nella società, ma solo contro di essa: è esperienza individuale e universale, ad un tempo, ma il rapporto tra l’uno e il tutto è univoco
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cose, luce e colore, il «sublime» è segno puro, perentorio, incancellabile; il «pittoresco» ò tutto terreno, contingenza, incontro, il «sublime» è
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società-umanità ad un’umanità pensata come contraddizione alla società, come un tutto unitario che potrà perdersi o salvarsi (poiché così sta scritto
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al ruolo di vittima, che l’artista s’è scelto. Poiché tutto il valore dell’arte dipende dalla grazia di un’illuminazione interiore, che l’artista non
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sulla propria storia, e non già per trovare una soluzione, ma per scoprire il segno della contraddizione anche là dove tutto pareva chiaro come il
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esito; e tutto conclude e pacifica, come nelle antiche tragedie, la morte. La scuola di Fontainebleau che stranamente ripete la vicenda cortese del
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soggetto seguendo la trama disegnata da una mano invisibile, la stessa che altre volte scompiglia tutto il contesto facendone una aggrovigliata matassa di
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architettonici se «quando la pianto muta dei tutto forme, è non solamente lecito, ma necessario, mutare dal detto ancora gli adornamenti». Come arte
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poteva non nascere da un modo particolare di concepire la rappresentazione drammatica. Questo modo non fu tutto inventato da Fuseli, ma è
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legittimo di Shakespeare; capace come lui di percorrere, con un solo abilissimo arpeggio, tutto il registro di effetti, dal basso brontolio del comico agli
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immobili, fatti come di sale nel raggio crudo del riflettore. E tutto è artificio, dal gruppo statuario d’immagini che riflette il gusto sociale del
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trova in Shakespeare il tema più appropriato al proprio moralismo ribelle e sconfitto: tutto è sogno nel mondo, aveva ragione Calderon, ma ogni sogno
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di penne applicate su un supporto di cera plasmata, il tutto rinforzato da legature fitte; ed ora le sta mettendo in opera, con i gesti misurati e la
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sorride de]l’inutile armeggiare del vecchio, è tutto assorto nella visione, che già sembra abbacinarlo, della gran luce del sole, in cui volerà tra
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essere rappresentato in scultura, cioè in un contesto formale che si dà all’occhio come un tutto unitario e che dunque deve risultare da un sistema di
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tutto il primo piano a delimitare geometricamente il vuoto tra le due figure vale come modello o principio ideale di tutto lo sviluppo formale del
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frontespizio la riproduzione a stampa dell’autoritratto del 1745, che era una vera e propria dichiarazione di poetica, la chiave di tutto il discorso. In
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Non v’è irrelatività se non oltre l’esaurimento delle relazioni possibili. Il sistema formale del rococò era aperto e continuo: tutto un intreccio e
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