Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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i sogni che all'anima son belli,  ti  aleggiano d'intorno al primo albore, quando fuor del verone
cielo il tenebrore. La tua vergine allora, in abbandono,  ti  stringe il core che di gioia piange, e, innebriato, ti
ti stringe il core che di gioia piange, e, innebriato,  ti  risvegli al suono della pioggia che a' tuoi vetri si
cui si specchia la ricciuta fanciulla oppur al vecchia che  ti  guarda ridente. Aneli alla mestizia solitaria per cui
cara: o bimbi, o cenci, o rose. Dove il paffuto ostier  ti  accoglie umano, e la cuoca stringendoti la mano, par che un
umano, e la cuoca stringendoti la mano, par che un bacio  ti  scocchi. Dove ti sveglia all'alba il bue che mugge e la
stringendoti la mano, par che un bacio ti scocchi. Dove  ti  sveglia all'alba il bue che mugge e la giovenca che il
la giovenca che il figlio sugge contempla coi grandi occhi.  Ti  sveglia e allor per l'umido sentiero ti affacci all'alma
coi grandi occhi. Ti sveglia e allor per l'umido sentiero  ti  affacci all'alma nudità del vero, di cui siam casti amanti.
 Ti  son vicino e tu mi sei lontana, mi guardi e non mi vedi, o
vicino e tu mi sei lontana, mi guardi e non mi vedi, o s'io  ti  parlo, pur amando ascolti, non però m'intendi; ti sono
o s'io ti parlo, pur amando ascolti, non però m'intendi;  ti  sono questo corpo e questi suoni, ti sono un nome, ti son
non però m'intendi; ti sono questo corpo e questi suoni,  ti  sono un nome, ti son un dei tanti, come un altro sarebbe
ti sono questo corpo e questi suoni, ti sono un nome,  ti  son un dei tanti, come un altro sarebbe che per nome e per
e la fiducia. Ma fra l'oggi e il domani e questo e quello  ti  dissolvi, e trapassi senza sole la tua selvaggia e forte
cui lo sguardo concedi o la parola, ma d'ogni cosa che  ti  sia vicina, ma del sole, dell'aria, ma del pane, ché di
vicina, ma del sole, dell'aria, ma del pane, ché di loro  ti  nutri e a me sei tolta; gelosia d'ogni giorno, d'ogni
gelsi del mio suolo natio, fanciullo io vidi e ad astro mio  ti  scelsi; fosse felice o in lagrime, da quel giorno, o mia
a te volgea! Come sei bella, o luna, quando il viso  ti  specchi nel mite tremolio della laguna; come bella, fra i
il tuo raggio si bagna! Ma chi dirà, divina, di che fulgor  ti  vesti, se tu sorgi infocata alla marina? Il pelago
e giocondo il tuo disco s'innalza e irradia il mondo! Ed io  ti  amai sul piano, ti amai, luna, sui monti, e nel cupo fragor
s'innalza e irradia il mondo! Ed io ti amai sul piano,  ti  amai, luna, sui monti, e nel cupo fragor dell'oceàno ... ma
a pregar nostro Signore, che, quando il sol ci illumina,  ti  tenga in paradiso, perch'io solo di notte amo il tuo viso!
bambino mio giocondo, perché sei lungi; e col pensier  ti  attorno, e mi par notte il giorno! Bambino mio giocondo,
canta, ridi tra il verde, all'aura fresca; ma poi non  ti  rincresca pensare ch'io non veggo il tuo crin biondo,
veggo il tuo crin biondo, bambino mio giocondo! Ma poi non  ti  rincresca pensar che questi tuoi giorni beati son giorni a
fa' che un sospiro al tuo gioir si mesca, ma poi non  ti  rincresca. aprile 1867.
ben tardi... l'orologio ha sonato mezzanotte; la madre  ti  ha finora aspettato. Testé, vinta dal sonno, andò triste al
il pendolo; e dicea le orazioni. Vuoi che sul focolare  ti  ravvivi i tizzoni ?... Il tuo libro ti aspetta... * * E tu,
che sul focolare ti ravvivi i tizzoni ?... Il tuo libro  ti  aspetta... * * E tu, fratello mio, non hai tu pur pregato,
morisse. * * E sparì quando io venni? * Sparve! * * E nulla  ti  disse? * No, e la madre già, triste, era andata al riposo.
No, e la madre già, triste, era andata al riposo. Vuoi che  ti  avvivi il foco? * * O fanciul, pensieroso, più che non
indugia ancor per poco. Ascoltami: quel mostro che  ti  apparve stasera, tienti bene a memoria, un fantasma non
lo scherno, l'inganno e la minaccia? * Era un mostro  ti  dissi... * * E' per lui che ritorno talvolta a mezzanotte,
solo, rammenta, e dormi solo! * La madre ha sospirato? * *  Ti  attende; e le dirai che pria di coricarmi suò viso ti
* * Ti attende; e le dirai che pria di coricarmi suò viso  ti  baciai; e che verrei, tremando, ad abbracciarla pure se le
che cammina, come pensieri sentlrnentr e vite altrui che  ti  si avvinghiano e con amore, che non finisce mar e trova
non finisce mar e trova sempre nuove contatti, rapimenti e  ti  riporta al punto di partenza: una vita gentile e
uno alla botte per non tornare a Planaval, come del resto  ti  ho visto, anche tu, stampata nella foto, hai la tua rosa.
in giù. - Pensa - il diavol mi dice- alla ridda felice che  ti  farò danzar: sarai del ciel più fulgido, più profondo del
danzar: sarai del ciel più fulgido, più profondo del mar!  Ti  sentirai poeta, ti sentirai profeta, re, satrapo, pascià...
ciel più fulgido, più profondo del mar! Ti sentirai poeta,  ti  sentirai profeta, re, satrapo, pascià... l'illusïon
re, satrapo, pascià... l'illusïon baciandoti per man  ti  prenderà. Vedrai l'Iside austera, fatta mite e ciarliera,
e di coralli e cieli di zaffir; e sarà tanto il gaudio che  ti  parrà morir! Udrai la greca Diana e l'Ondina Ossïana
l'avvenire tu sei, l'ultima legge ormai dei giorni miei.  Ti  lascio, amico mio, molte sciagure di cui farai tesoro: esse
valgono - sai? - nell'ore oscure oh! molto più dell'oro!  Ti  lascio i sogni e le illusïoni, mille imagini gaie, e le
cui non giunsero ancor lemuri immonde dall'anima nei sensi!  Ti  lascio il meglio che mi resta ancora: il pio desir di una
pedanti il disprezzo, e la manìa di cercar perle al lezzo.  Ti  lascio - forse - alcune avite botti, il vecchio Dante onde
di me che ne dici ? Pazzo non sono, e non sono cattivo;  ti  amai nei dì del pianto e nei felici, e ti amerò ancor tanto
non sono cattivo; ti amai nei dì del pianto e nei felici, e  ti  amerò ancor tanto di un amor puro e santo... Ma vi son
è anch'esso un bruto ? Fuggi, fuggi da me; su questo petto  ti  avvinghierei sprezzando il tuo rifiuto, e se il preludio
. . Oh abbassa il velo, fuggi, e prega il Signore che  ti  sorrida, e rassereni il cielo!
sono qui, di fianco a dove passi inchiodata le giornate e  ti  parlo: a raffica, non so bene di cosa, memorie dissepolte,
pieni di luce, con gli occhi azzurri profondi ed al volto  ti  sale una fiamma? Non ha sole la mia giovinezza, non conta
l'anima mia dolorosa non sa le primavere. Fanciulla perché  ti  soffermi? perché t'avvicini al mio core? perché o fanciulla
La notte in breve si farà più bruna: forse al varco  ti  attende un traditore, e cadran tue speranze ad una ad una,
fiorito, un letticciuolo, la portinaia, o un cane che  ti  aspetta, cedi al mesto pensiero, e torna a volo: quanti
sola voce altrettanto salda ma priva di parole  ti  assomiglia e credo che mi avverta, spegne la luce e chiama
caprifoglio, e in un bosco ben noto agli usignuoli condur  ti  voglio. Ti innonderò di mammole il lettuccio ai dì di
e in un bosco ben noto agli usignuoli condur ti voglio.  Ti  innonderò di mammole il lettuccio ai dì di primavera; e
se tu credi, a questo Iddio senz'occhi e senza trono; se  ti  piace e ti serba al tetto mio, anch'esso è buono! Ma lascia
a questo Iddio senz'occhi e senza trono; se ti piace e  ti  serba al tetto mio, anch'esso è buono! Ma lascia al fango e
scuote di uccelli.  Ti  dico: per tutta la notte mi ha inseguito il vento in forma
parlando, alzandomi come un ossesso,  ti  accarezzo la fronte, le guance, pero - nonostante i quasi
RIGHETTI Sole, non io  ti  accuserò di assenza; gli uomini, infin, che mostranti di
la pazienza! Sole, il mondo è un rachitico fratello, di cui  ti  stanca la elegante posa; e tu cali il telone, schiudi i
a un timon neghittoso troverem qualche vecchio nocchiero,  ti  dirà se di pioggia è foriero quel vapore che al sole fa
è foriero quel vapore che al sole fa vel. Vieni meco: io  ti  voglio alla riva per mostrarti l'immenso oceàno, e poi
al lido lontano volerei per poterti fuggir. Vieni meco: io  ti  voglio alla spiaggia perché innanzi a quest'orridi abissi,
al momento, quando s'approssima, mentre sta per toccarti,  ti  vedi nudo, atterrito. Le smorfie dell'agonia, stupore,
Nulla. Un suono che chiama un corpo, un campanello che  ti  aggioga. Ricevere un nome è la prima prova che siamo in
apro solo oggi internet. Ed ecco che  ti  sento dar di cozzo, come quei cerbiatti che nei riti di
 ti  parlo,come uno sparviero sono leggero ; come l'augel che
o fiduciosa nell'infuriar dell'onde, come quando a me che  ti  chiedevo rispondevi: «Per me non è mai tempo di tornare,
invano per le vie della terra ho ricercata - non più così  ti  vidi nel mio sonno, quando la trama più si fa sottile e
a morte l'ultima vita con l'ali ripara, d'un velo bianco  ti  facevi schermo al freddo e alla vicina fredda morte; e in
e nelle occhiaie oscure gli occhi t'eran fatti cavi. Io  ti  parlavo e tu non rispondevi, ma pur col bianco vel
per ridare a te la vita che s'era partita: con le mani non  ti  potea scaldare, con la voce non ti potea svegliare. Come da
partita: con le mani non ti potea scaldare, con la voce non  ti  potea svegliare. Come da lungi nel plumbeo mare che si
qualche vecchio amico, dalla febbre e l'età fatto pudico,  ti  getta il soldo fra le vecchie coscie, ed entra in chiesa, e
il soldo fra le vecchie coscie, ed entra in chiesa, e non  ti  riconosce! Elemosina a lei che, a mane e a sera, vaga in
oltre il mondo, il crocefisso, non entra in chiesa, ma  ti  guarda fisso, e l'ignoto Signor nel tuo lo vede occhio
procede per sorprese tu mi scopri in una stanza e io  ti  scopro e ci baciamo insopportabilmente, come se fosse il
tutto il suo peso, la cosa, la materia. E la resurrezione?  ti  interrompo: ma la resurrezione è solo tregua, spazio vuoto,
è bella la sera in mezzo ai monti! Te ne ricordi?...  ti  ricordi quando si vagheggiava i rapidi tramonti, e
più puri e più beati in quei giorni d'affetto e di mistero?  Ti  ricordi i progetti inargentati dal vago argento che
un angolo di terra. O pace, o solitudine, o dolcezze!  Ti  rivedrò seduta al focolare, sognerò ancora fra le tue
- Eh via - le dissi - vien, vieni a cenare, io stesso poi  ti  voglio confessare, e se vedrò che mi vuoi bene assai,
per teneri cieli lontane chiare ombre correnti E ancora  ti  chiamo ti chiamo Chimera.
cieli lontane chiare ombre correnti E ancora ti chiamo  ti  chiamo Chimera.
mezzo al cor di un tuo fratello inerme, della Sventura che  ti  rode il fianco è nato un germe! - - Ecco un'esequie nella
l'ali, e per morire. Quando, un sorso del calice libato,  ti  assal la pigra voluttà del tosco; quando a tutte le
del tosco; quando a tutte le maschere hai gridato: io  ti  conosco!, amico, i sogni allor sono svaniti, e tu ti
io ti conosco!, amico, i sogni allor sono svaniti, e tu  ti  accorgi che diventi serio... Oh invoca, allora, invoca i
e l'animo pudico, benché, or lungi da me tu sia sepolto,  ti  parlo ancora, e ti riveggo in volto. Ecco il canuto crine,
benché, or lungi da me tu sia sepolto, ti parlo ancora, e  ti  riveggo in volto. Ecco il canuto crine, e il mite sguardo!
Di questi fior che tanto in terra amasti la tua borgata pia  ti  orni la fossa, e nel tempo lontano mesto ancor li coltivi
Ma là, sul lido candido, ahi! forse, o bricconcella,  ti  aspetta nella nota navicella ansioso un giovinetto; e tu
bella; egli sarà pittore, ed io sarò nocchiero, ma  ti  amerò davvero, e sull'oceano ci culleremo, con vela e remo!
pianti ostinati di povero fanciullo incontentato, e nessuno  ti  ascolta.
spalancate, che stan mute aspettando ai camposanti, non  ti  mandan sorrisi innebrianti ?
età con furti siffatti burlando ci va. Oh gatto gentil...  ti  sono simil! Che mai non perdetti da quando fioccò I figli
dico di no! " Povero vecchierello! bevi, bevi, ché il vin  ti  accende un lumicin di fede!... Se il confessor così ti
vin ti accende un lumicin di fede!... Se il confessor così  ti  sente e vede d'ora in poi dall'altar ti caccia via, e ti
il confessor così ti sente e vede d'ora in poi dall'altar  ti  caccia via, e ti manda a buscarti i sacramenti all'osteria.
ti sente e vede d'ora in poi dall'altar ti caccia via, e  ti  manda a buscarti i sacramenti all'osteria. Ma or rincasa ;
e lieto non fia mai: poi quando la tua tela mi darai, io  ti  dirò se ben ritratto avrai il volto di madonna e il
infido! L'aura che vien dagli uomini, dice l'amica voce,  ti  segnerà benevola di canizie precoce; tienti i tuoi canti, o
le lagrime dei primi disinganni; del bisogno la maglia non  ti  comprime il cuore, che eterna, puro e vergine, l'inno del
l'ululato! Bevi al tuo nappo e i cantici svolgi che il ciel  ti  spira, ma sia sommesso ed umile il suon della tua lira,
di banca! Bevi al tuo nappo, e i cantici svolgi che il ciel  ti  spira, ma sia sommesso ed umile il suon della tua lira;
dai polmoni ansanti; centuplica le tue fibre d'amore,  ti  stempra, anima mia, ti stempra in canti! è nato il
centuplica le tue fibre d'amore, ti stempra, anima mia,  ti  stempra in canti! è nato il bambinello, candido, vispo,
Musa mia, tu se' una mummia, nel mio cranio, orsù,  ti  sdraia; tavolozza, si sbadiglia? come un feretro sei
forsennata di stranissimi dolor. Queste spiagge solitarie  ti  rammenti, o giovinetto, quando, in mezzo a donne care, in
ed in fra muti sconsolati avelli sento vibrare E ribollir  ti  sento nel mio sangue mentre il sole m'illumina la faccia e
greggia! Mentre la luna candida in mezzo al ciel veleggia,  ti  accarezza l'arcangelo che veglia, accorto e bello, le tende
Dormi nei letti tiepidi o progenie d'Abele, e al capezzal  ti  piovano sogni di rose e miele, né la beata moglie ti
ti piovano sogni di rose e miele, né la beata moglie  ti  risvegli russando, né il queto bimbo urlando. Dormi: la
e a mani vuote... o fortunate lagrime, o povertà felice!  Ti  sta dell'uomo libero il serto alla cervice, baci un'antica,
cervice, baci un'antica, indomita fede, e un immenso Iddio  ti  canta in cuor : son Io! -
invito: fu certo un cenno della mia sorella che di me  ti  ha invaghito, o un sospir di mia madre! - Ero un intruso di
un'arpa eolia a cui l'aura mancava!... Musa, a mia madre tu  ti  festi ancella, mi apparisti nei dolci occhi dell'ava e
appena il tuo logoro ombrello, e giù d'urti e di inchieste  ti  circonda di pescatori un garrulo drappello, e dura legge è
plebi di altri dì! - O bruna fanciulla che sempre sorridi,  ti  dieder la culla gli iberici lidi? Quegli occhi più fulgidi
la spada, è orgoglio sprecato, nessuno a te bada: a cento  ti  passano davanti i codardi, e impavidi affrontano l'orror
certo fiorivano i pranzi al tuo tetto; oh dimmi lo stomaco  ti  fece difetto? Odor di tue cucine dopo le pingui caccie! ...
belle vendemmie di fiori, sono gelosa della fantasia che  ti  dilunga dalla soglia mia. . . Oh dimmi i fantasimi che
m'affiso lassù, tu in basso guati; io mi faccio gentil, tu  ti  fai strano... oh dove, dove sono i dì volati, i dì che
in mezzo ai boschi...mi ricordo ancora! Quanta speranza  ti  cantava in petto, come ridendo correvamo allora! Davanti
e apoteosi! L'ellera vagabonda, agli ermi amica, tutto  ti  circonda con vago stile! I tuoi merli li fe' la durlindana
ond'è che appari simile a un castello, o mole strana! * * *  Ti  contemplo quaggiù dalla vallata dell'erbe in sullo smalto,
alcun nobile accento, un'armonia che rimi a quelle che  ti  piacquer tanto; mentre mi sdraio nell'inedia mia senz'ira e
lo invoco il Dio! Ché ai dì felici, per guidarti a mèta ben  ti  avrei dato il mio! Mi è fuggito e a te giunge. - Io, da
nella crescente mia ombra perduto, quando, plaudendo,  ti  diran sovrano del tuo duplice liuto, esulterò come un
un silenzio. Cosí li vedi ogni mattina quando su te sola  ti  pieghi nello specchio. O cara speranza, quel giorno sapremo