CARDELLO
i lavori di collocamento dei tubi di ghisa, di saldatura e copertura con piccole lastre di pietra. Il Piemontese e Cardello erano sul posto da
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lavorare. Quando arrivarono sul luogo il Sindaco, il Pretore, i carabinieri, tre cadaveri erano stesi al sole neri, gonfi, quasi irriconoscibili. La gente
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don Carmelo, con gli occhiali a cavalcioni sul naso, vi scriveva a grossi caratteri: GRANDE SERATA TUTTA DA RIDERE BALLO E CANTO. - Domani sera
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su, anche lui. Per ora, una sola fornace e non molto grande; le altre due rimanevano in progetto, ma erano segnate sul terreno con cerchi di grosse
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lo conosceva, li aveva presi sul suo carro vuoto, ed era stato un ristoro. La morticina avea dovuto rimanere quasi mezza giornata nello stanzone prima
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una frana e, tra un boccone e l'altro, faceva calcoli, col lapis, sul libretto degli appunti e tentennava la testa, e borbottava contro l'ingegnere
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bruciargli i baffi ispidi e folti e i peli della barba che gli si arricciavano e arruffavano sul mento. I ragazzi lo avevano soprannominato Orso peloso sin dal
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di riposto per tutti gli arnesi resi inservibili dall'uso. Leggeva e rileggeva il Libro dei Cuochi che il signor Decano teneva sul tavolino, accanto
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accanto all'altra, sul fianco della collina. Sembrava che Cardello avesse un fiuto speciale. Diceva: - Io scaverei da questo lato. - E infatti la nuova
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fuoco, di continua commozione; e anche digiuno! La sera si era buttato sul letto, sfinito, dopo aver mangiato soltanto due bocconi di pane con un po
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cuoio, vicino alla grata che aveva una piccola ruota in un angolo. Sul tavolino, il vassoio con la tazza vuota, il bricco e un altro vassoio con un