(Loris obbedisce come un fanciullo; Fedora gli prende il capo con le mani tremanti, e cerca con la bocca la sua.)
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(Olga va a staccare la sua bicicletta deposta sul fianco della gradinata. – Fedora ricade nel suo abbattimento: De Siriex, tra le due, non sa
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(Fedora s’è strappata dal collo la croce bizantina: ne apre vivamente il castone, e ne versa il contenuto nella sua tazza da thè, rimasta ancor piena
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(Egli s’alza e va a frugare nella tasca della sua pelliccia: e, toltone un pacco di lettere, lo getta sulla piccola scrivania. – Fedora lo afferra
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vi lascia cadere alcune goccie d’una fialetta estratta dalla sua busta di medico.)
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(Olga risale, rotolando la bicicletta, fino al fondo del gran viale: De Siriex la segue, e stacca la sua dall’albero, cui era addossata: poi entrambi
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. – Lazinski, squassando la sua criniera, distribuisce sorrisi e strette di mano. – Fedora è rimasta immobile e come trasognata presso la piccola scrivania.)
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, mentre ella fa respirare ad Olga la sua boccettina di sali, De Siriex le sventola il fazzoletto sul viso.)
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(Condotto da Basilio, entra dal cancello De Siriex in costume da ciclista, e depone la sua macchina contro un albero. Il servo gli addita il gran
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. Dapprima ella ascolta distrattamente: indi man mano la sua attenzione si ridesta e ingrandisce.)
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riso di contentezza e di ansia felice che le illumina il viso, gridando con tutta la sua voce, la sua anima:
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Ecco fuori il Yoshiwara; la via ampia, diritta, uguale, colla sua luce multicolore dei mille e mille palloncini, riflettori, trasparenti e rosarie!
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E Kyoto sogghigna, sporgendosi sul parapetto della sua verandah, bonariamente ammiccando degli occhi scaltri all’amico suo e suo padrone, il pubblico!
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E il taïkomati riflette! – La fronte sua corrugata a poco a poco si spiana e finalmente la bocca si impronta ad un sogghigno di soddisfazione!
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Ancora i suoi primi raggi tremuli sussurrano lontanissimi l’annunzio della sua discesa benefica al mondo; – e l’aria già tutta intorno vibra armonie
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Il Cieco crolla sdegnosamente il capo; il dramma non inganna la sua esperienza, ma l’armonia suo malgrado lo vince benché egli non lo voglia… non lo
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Iris non sente più le sue torture; – già vive, la fanciulla, di una vita tutta luce; – e al Grande amico che la guarda essa eleva la sua anima:
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La Luce è l’idioma degli eterni. E Iris, già eterna, sente la sua anima divenire fulgida come un raggio, alla voce ben nota del suo Sole che la
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Ultimo appare egli, fantastica visione; ma sull’alta sua cervice, immacolata per eternità di neve, reca esso pel primo, alla vallea dove vive Iris
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fieramente nel suo candore e colla sua ingenuità il bisogno delle passioni di tutti.
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(allora tutto l’orgoglio di Osaka si scuote. È una sfida? – Egli la raccoglie e dominando tutto, tutti con la potenza della sua voce, si rivolge a
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impersona in quella – mousmé uguale ai Re davanti al Sole – è Iris, la figlia del cieco, quella che accorre sul limitare della sua casetta).
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sorriso e l’altro, colla sua faccia strana e buffona, comunichi una allegrezza bonaria, quella che tanto sa ingannare i fanciulli e gli esseri miti.
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Sono voci che rassembrano quelle dei tre personaggi della sua breve esistenza, il Giovane delle voluttà, il Taïkomati, il Padre cieco, ma, in quella
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divide dalla piccola casa di Iris mormora la sua cadenza senza scopo, mesta o gaia secondo che la luce, che scende e vi pènetra, effonde nelle sue
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suo capriccio, come iddii, le rivelate l’angoscia dell’anima sua!
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’orrore di quel silenzio!… E il vecchio si agita e cammina! Vuole entrare nella sua casa e se ne allontana! – Urta nella siepe di biancospine, vi si
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montagna, i tuoi grotteschi, bonarii o perversi folletti dalle facce sinistramente buffone? È Bènkei a cavallo della sua gran campana di bronzo? È
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E il Cieco, giunto sotto alla verandah, si abbassa a terra e, raccolto del fango a piene mani, lo gitta alto verso dove gli viene la voce di sua
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