stoffa. Giacinta stava zitta. E quando la signora Villa rivolgevasi a lei, rispondeva con un sorriso sforzato, con un monosillabo, sí o no; nauseata
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, sorrideva imbarazzato. Ella comprese l'intimo linguaggio di quel sorriso, e di quella calda stretta di mano: - Mi perdoni! - gli disse con voce tremante
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, lavora tanto! Bisogna compatirlo. Giacinta, guardandola, con un sorriso di diffidenza sulle labbra, la lasciava dire. - Ho i miei difetti anch'io
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signora Villa, sul tappeto, sui mobili, su le pareti, sui cristalli, su le doppie tende, bianche e grigie, che moderavano il luminoso sorriso di
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; voleva, a tutti i costi, vederlo arrivare. - Ah! Finalmente, la sua povera vita aveva un sorriso! Si paragonava a quei fiori che aspettano la notte
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ben altro, era stupito. Sentendo quella voce fatta di singhiozzi repressi; osservando quelle labbra contratte a un sorriso desolato, e quelle dita
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le mani nelle tasche del grembiule bianco, domandando: - La signorina ha dormito bene? O pure stava ad aspettare, zitta, con un benevolo sorriso
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sarcastico sorriso, Giacinta si sentì agghiacciare. - Perché? - domandò. - Pranzo, alle quattro ... Alle otto, riunione degli azionisti della Banca
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fatti! Paiono due stelle! ... E ... non l'ha avvertito? anche la voce le si è cambiata. - Ho fatto la muda - diceva Giacinta con un leggiero sorriso che
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era in piena fioritura: ne convenivano tutti. I suoi occhi non erano mai stati cosí scintillanti: mai la sua voce e il suo sorriso non avevano
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a questa insistenza Giacinta non poté trattenere un sorriso, il Ranzelli, per ricambio, voleva darle una stretta di mano. - Oh, no! - ella disse
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