Promessi Sposi, E benché se allo scritto mi tornasse efficace, Io pure vi confessi che ne sarei capace, Tuttavia questa volta vi prego, e son sincero
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sono. No, non son questo corpo, queste membra prostrate qui fra l'erbe sulla terra, più ch'io non sia gli insetti o l'erbe o i fiori o i falchi su
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Ti son vicino e tu mi sei lontana, mi guardi e non mi vedi, o s'io ti parlo, pur amando ascolti, non però m'intendi; ti sono questo corpo e questi
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sei ora, mia non saresti più che s'altra mano ti possedesse. Che pur del mio corpo sarei geloso come or son d'altrui. Non più sarei per te la vita
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pallida cui l'oro non monta; fratello, racconta, l'affronta senz'or! - - Son muto, son gelido, scordai la mia vita; è nebbia, è caligine la landa
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Pel ragno sospeso tra fila d'argento i baci del zefiro son sbuffi di vento. Al verme indifeso togliete la fede che il fango non l'odia che l'astro lo
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Epifanìa, o son morti di freddo, o son malati, nei paesi del sole, i bei vegliardi dallo scettro d'oro! Quando la mia scarpetta in sul verone tutta
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che l'Adamo indura; e l'altro silfide educata ai pudor della natura. Son mille secoli che i due chèrubi insiem corron la terra, fra rose e triboli, in
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.. - Son io la locanda dei queti villaggi... - Io son la valigia dei garruli viaggi... - Rammenti ?...la cattedra son io della scuola... - Io son del
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Nelle eterne solitudini ride il sole come un pazzo, e le fervide risate son di raggi immense ondate; per le selve e i precipizi, lungo i solchi e
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Qui a bu, boira. Come, come restar fra queste mura quando sapete che son fioriti il monte e la pianura, e conoscete, conoscete le valli e le pendici
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Stanco son io di splendidi cieli e fronzute piante; mi annoia lo spettacolo di una beltà costante; venga il dicembre, ed operi un cambiamento a vista
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poeta, e son gelosa! Son gelosa de' tuoi vaghi dolori delle tue belle vendemmie di fiori, sono gelosa della fantasia che ti dilunga dalla soglia mia
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guarda, e t'indora; gli innonda d'aurora l'astruso cammin. Se il peso del genio, se il marchio del vate son l'onta e la gloria che Iddio gli ha
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farfalla è qui la settimana un bimbo il mese. Era ben mesto, o miei poveri amori, ché sulla strada, quando son venuto, mi seguiva un convoglio di dolori
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macilento le ragnatele che vi scuote il vento. Ed io siedo a un gradino ove devoti innumeri han pregato, ove ginocchia che or son fango o fiori una traccia
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andare, io voglio ammazzare - la fame con me. Quei soldi eran gli ultimi - ed or son bevuti; accetti i saluti - lasciatemi andar. Quel bruto d'orefice
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tiepide tane fa ogni sbuffo assassino delle speranze dell'april bottino, e alle rive lontane caccia un popol di morti e di feriti. Son sibili e
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non sono cattivo; ti amai nei dì del pianto e nei felici, e ti amerò ancor tanto di un amor puro e santo... Ma vi son giorni che il mio cor vien meno, e
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vergini, e le pietose donne? Ove son iti i bamboli e le povere nonne? Mentì il profeta o l'augure, l'apostolo, o il bramino? Chi giunse al Dio divino? O
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vedrai venir ridendo a te; e dirti: il ciuco e il ninnolo, il masso e la beghina, son scesi a conciliabolo, una bella mattina, e han giurata impossibile
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. Dimenticato anch'io, son mesi e mesi che ho mutato cammin, come gli uccelli che sul miglio infedel piansero molto, poi decretar lo sfratto. I fiorellini
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notte, o pudica, a mormorar: Qui abbiam l'azzurro, la manna e l'aprile, son rime e strofe e non le voglio dar! Condurrò l'Ira anch'essa al mio
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di teschi al sol risorti!... Le croci, pinte ad olio, o sculte in marmo e in oro, son là, delle famiglie miserrimo decoro, alla neve, alla pioggia
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prete, tanto, da fargli dir che le comete son ostie accese, e che il mangiare a messa è un crimenlese! L'altro la sete stupida del bello, l'invidia
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l'ebete mondo gli appar giulivo, che ha sulla faccia immobile un punto ammirativo: che i nostri mar son lucidi, le nostre case bianche, e che dell'ali
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belle, e le sorelle, e la mamma, e la nonna, già da un anno sdrusciscono una gonna: Nina, se m'ami, non cercar denaro, son povero, lo sai, non sono
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Coppie eleganti della vaga festa, c'è alla porta una folla di signori di vario sesso, di diversa vesta, amici che vi aspettano di fuori. Son tanti i
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Spesso i sogni che all'anima son belli, ti aleggiano d'intorno al primo albore, quando fuor del verone i mesti augelli sospirano del cielo il
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in questo suolo; e gli stenti, e glí sconforti, e gli amici che son morti! E direte: Auretta tiepida, il Signor t'ha benedetta: son pur belli in
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festa: avea candida la vesta e danzava in mezzo ai fior! Vidi al corso un cocchio splendido: son gli eredi di un marchese, che di qui, non corse un mese
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Son solo: il portico dell'osteria mi manda i cantici dell'allegria, qui, dove mesto tra stranie mura, penso alla incerta e fosca età ventura. Quei
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avessi la voglia di farti arrossire, fanciulla, dicendoti la prosa del vero: - Ho d'oro penuria, son grullo se spero. -
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, son semplici ancora, ché del mondo non vider finora che quest'acque, e le stelle del ciel! E se fermo a un timon neghittoso troverem qualche vecchio
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, e lieto si apparecchia alla discesa in mar! Or che son muti i cembali nell'aule dei palazzi, e, in larghe pieghe, immobili riposano gli arazzi, né
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gelosie di mestiere, e vivono in famiglia codice e canzoniere. Vi son volumi fracidi dei secoli passati, dal tabacco degli avoli dipinti e consacrati, vi
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; son come i fior che la rugiada imperla ai dì d'aprile. Versate, amici, il nettare divino! Bruna è la notte, e la face scintilla: spumeggi in cor
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Nella mia stanza squallida, nell'asil mio negletto, oh! quante volte ho detto : sono tranquilli i dì! Son solitario e povero, non ho sorrisi intorno
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Il bambin che cantai nelle canzoni che son piaciute ai buoni, è malato, e, tuttor, nel contemplarlo, nell'indagar sulle sue guancie smorte se al
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restate a me; la sorella e la madre son lungi - e lungi è il padre! Pur versi il soffio creatore a questo ingegno infermo, angelo tutelar dì e notte
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si sarebbe detto fosse per lui la vita un dì festivo. Amo i vecchietti allegri, i bei sorrisi fra i capelli bianchi, gli entusïasmi che son giunti
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giocondo! Ma poi non ti rincresca pensar che questi tuoi giorni beati son giorni a me rubati; fa' che un sospiro al tuo gioir si mesca, ma poi non ti
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accordano occhiate, mi danno del tu. Vi piaccion le musiche dei chioschi orientali? Ne ho chiuse nell'anima le note fatali; son rose, son mammole che Voi
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Io son povero al par di un fraticello; ma tu sei vispo, rubicondo e bello, l'avvenire tu sei, l'ultima legge ormai dei giorni miei. Ti lascio, amico
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nostra cortina da cui, stanchi e lividi, ci assal la mattina! Tu dici: " O amatissimo, sei Giove, e io son Frine!... " scotendo sugli omeri le chiome
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Fosti eretto da uomini orgogliosi in un'età di ferro! Nelle viscere tue stan marmo e cerro, bel campanile! I tuoi merli son gloria e apoteosi
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brami. Qui vendemmian. Bei giorni, allegre notti. Tripudiano le valli e le pendici; si arrotondan nel gaudio, al par di botti, mille pancie felici. Son
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tiepide tane fa ogni sbuffo assassino delle speranze dell'april bottino; e alle rive lontane caccia un popol di morti e di feriti. Son sibili e
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senza scorta e a piedi scalzi. Fra un sì ed un no tutto quaggiù tentenna: la nube, il vento, il cuor dell'uomo e il mare... Io mi son un che quando
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genio allor nell'interezza, veggon Dio che all'azzurro il riconduce, lasciando ai vivi un po' più di tristezza, e un po' meno di luce. Volgo io non son
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